MAZZETTI, Giuseppe Maria
MAZZETTI (Mazzetta), Giuseppe Maria (al secolo Giacomo). – Nacque a Chieti il 30 dic. 1778 da Francesco Antonio e da Anna Leone.
Dopo aver frequentato nella città natale le scuole degli scolopi sotto la guida del padre P. Aquila, per compiacere la famiglia che osteggiava fortemente la sua aspirazione per la vita sacerdotale si iscrisse nel 1794 alla facoltà di medicina dell’Università di Napoli dove si laureò nel 1801.
L’anno dopo pubblicò un’opera in due volumi dal titolo La materia medica esposta secondo i principii delle antiche e nuove dottrine (Napoli 1802), in cui riproponeva in chiave critica le dottrine scientifiche dei suoi maestri napoletani.
Solo dopo la morte del padre il M. poté seguire liberamente la vocazione, trasferendosi a Roma dove frequentò il corso di teologia che si concluse con il dottorato nel 1807, anno in cui ricevette anche l’ordinazione sacerdotale. Il 30 dic. 1815 entrò nell’Ordine dei carmelitani calzati presso il convento di S. Martino ai Monti di Roma.
Incline al magistero e attratto dalla intensa vita culturale romana, dopo la nomina, nel 1816, a reggente del convento di S. Martino, il M. ricevette l’affidamento della cattedra di teologia nello Studio generale di S. Maria in Traspontina. Tale incarico accrebbe notevolmente l’apprezzamento della Curia nei suoi riguardi, tanto che fu nominato, nel 1821, consultore delle congregazioni dell’Indice, dei Vescovi e regolari, dei Riti, della Correzione dei libri orientali e dell’Inquisizione.
Assunse in seguito le cariche di segretario dell’Accademia di religione cattolica e di presidente dell’ospizio di S. Michele a Ripa Grande. Laureato in medicina, docente di teologia, sacerdote secolare, studioso di filosofia, letterato e giusperito, il M. non abbandonò mai il suo originario interesse per gli studi pedagogici e per le scienze educative, tanto da richiedere espressamente a papa Leone XII l’esonero dalla nomina di generale dell’Ordine dei carmelitani, che conservò solo ad honorem, per potersi ritirare nel 1825 nell’istituto politecnico di Tuscania, dove si dedicò con passione alla redazione degli statuti del centro educativo. Nonostante il volontario esilio, gli ambienti ecclesiastici non tardarono a manifestare stima e considerazione nei suoi confronti.
Nel concistoro del 7 nov. 1836 fu nominato vescovo delle diocesi di Aquino, Sora e Pontecorvo, nomina che il M. accolse volentieri (v. la Epistola pastoralis ad clerum et populum Aquini, Sorae et Pontiscurvi, Romae 1836). Dalla sede vescovile fu poi richiamato a Napoli nel 1838, dopo dispensa dagli uffici ecclesiastici richiesta al papa dal re Ferdinando II, che lo nominò presidente della Pubblica Istruzione, consultore di Stato e presidente della giunta della Biblioteca Borbonica. In questi uffici il M. avanzò coraggiose proposte, mai approvate dal Consiglio di Stato, per ottenere la conversione in rendita pubblica degli stabili e dei luoghi pii e conseguire così una più efficiente gestione delle risorse pubbliche.
Il 15 febbr. 1838 il M. fu elevato da Gregorio XVI alla dignità di arcivescovo titolare di Seleucia.
Nel quadro di un timido riformismo borbonico va collocata l’azione del M. per il rinnovamento degli studi nell’Università di Napoli: speciali commissioni pubbliche per la valutazione degli alunni, aggregazione degli studenti in un’Accademia delle scienze, cooperazione intellettuale di tutti gli studiosi del Regno e formazione di nuove cattedre di insegnamento (come quella di economia politica che egli volle introdurre a Napoli, assegnata ad A. Scialoja) erano solo alcune delle novità proposte dal M., che nel Progetto di riforme pel regolamento della Pubblica Istruzione (Napoli 1838) espresse l’esempio più rappresentativo, in materia pedagogica, della mediazione possibile tra l’immobilismo conservatore borbonico e un timido riformismo amministrativo.
Nel disegno normativo, composto da 12 sezioni e 119 articoli, il M. non introduceva mutamenti significativi nel sistema di istruzione pubblica; dividendo il curriculum scolastico nelle tre sezioni delle scuole dei primi rudimenti (le uniche riservate a tutti), delle scuole elementari e delle scuole di perfezionamento, sanciva la fondamentale distinzione tra istruzione popolare, riservata ai futuri artigiani e operai, e alta istruzione, riservata ai letterati e agli scienziati. La riforma presentata dal M. era in realtà piuttosto conservatrice e veniva definita dallo stesso autore «necessaria» sebbene incentrata solamente sugli aspetti istituzionali «pei quali di un miglioramento è maggiore il bisogno» (Progetto, pp. V-VII).
Altre novità riguardavano il diritto all’istruzione primaria per tutti, la previsione di un istituto centrale da cui nominare e controllare i precettori scelti dal re, l’obbligo di pubblici esami anche per le scuole private: il M., anticipava così un diffuso controllo pubblico sull’istruzione, ricercando un equilibrio tra le caute innovazioni e la conservazione del precedente sistema pubblico di formazione (ibid., pp. VIII s.). Più vicine alla ratio studiorum dei gesuiti che alle formulazioni idealiste e postkantiane, le posizioni del M., attente alla valorizzazione degli studi di cultura generale e di apprendimento progressivo, furono ulteriormente chiarite con la pubblicazione del Quadro di studi rudimentali ordinati ed esposti con opportune dichiarazioni giusta la prima sezione del nuovo progetto di riforme per la Pubblica Istruzione (in Giorn. di scienze morali, legislative ed economiche, 1842, nn. 5-6, pp. 289-311) e delle Considerazioni intorno al metodo degli studi del progetto di riforme per la Pubblica Istruzione (ibid., nn. 7-9, pp. 65-95). Nonostante il carattere moderato delle sue proposte, il progetto del M. non venne approvato, con l’accusa, contenuta in una memoria segreta dell’epoca (Broccoli), di aver formulato troppo frettolosamente un programma scolastico, senza conoscenze profonde del reale stato degli istituti scolastici, dei programmi applicati e del personale impegnato nelle attività di docenza.
Il M. fu anche attivo e critico membro della Consulta teologica istituita da Pio IX per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. Durante i lavori preparatori espresse coraggiosamente, con il sostegno del cardinale P. Ostini, sinceri dubbi sulla promulgazione del dogma, non tanto per ragioni teologiche (era infatti fermamente convinto del principio religioso che si intendeva affermare) quanto per ragioni di opportunità storica, volte a evitare ulteriori fratture con i cristiani delle Chiese separate, in particolare con i protestanti.
Terminati i lavori della Consulta teologica e prima dell’abbandono della carica di presidente della Pubblica Istruzione, avvenuto su richiesta del sovrano solo nel 1848, il M. accogliendo la denuncia di L. Palmieri chiuse nel 1847 la scuola privata di B. Spaventa organizzata nei locali dell’ateneo napoletano. Il gesto, che passò alle cronache come atto antiliberale per eccellenza, fu motivato dal M. con l’insofferenza profonda nei confronti di un utilizzo dell’università pubblica a fini di lucro personale.
Il M. morì a Napoli il 14 luglio 1850.
Fonti e Bibl.: R. Zarlenga, Effemeridi patrie: istruzione pubblica, in Giorn. abruzzese di scienze, lettere e arti, V (1840), 46, pp. 51-54; 47, pp. 116-119; 48, pp. 179 s.; I. Rozzi, Di un progetto di riforma nell’attual sistema, de’ collegi del Regno…, in Il Gran Sasso d’Italia (L’Aquila), VI (1843), 1, pp. 3-14; P.S. Mancini, Rapporto della Commissione permanente incaricata di compilare una statistica della istruzione popolare degli Stati italiani, in Continuazione delle Ore solitarie (Napoli), 1846, n. 3, p. 148; A. Racioppi, Corso di studi secondo il piano d’istruzione di mons. arcivescovo di Seleucia, in Il Lucifero: giorn. scientifico, letterario, artistico, industriale (Napoli), IX (1846), p. 192; G. Gallo, Orazione funebre di mons. G.M. M., Napoli 1851; V. Sardi, La solenne definizione del dogma dell’Immacolato Concepimento di Maria Ss.ma. Atti e documenti, I, Roma 1904, pp. 559, 562; G. Gentile, Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi, Firenze 1930, pp. 156-159; A. Grammatico, Mons. G.M. M., arcivescovo di Seleucia, in Il Monte Carmelo, XVII (1931), pp. 270-275; P. Isidoro Sebastiano, Cenni biografici di mons. G.M. M., ibid., XXIX (1943), pp. 171-175; D. Bertoni Jovine, Storia della scuola popolare in Italia, Torino 1954, pp. 74, 107, 121, 143, 167, 171-173; A. Zazo, Polizia e censura borbonica nel 1840, in Samnium, XXVIII (1955), pp. 194-199; A. Broccoli, Educazione e politica nel Mezzogiorno d’Italia (1767-1860), Firenze 1968, pp. 140-146, 160; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, p. 292; G. Broccolini, Pedagogisti ed educatori d’Abruzzo dal ’700 ad oggi, II, G.M. M., Bologna 1968.