GRANNIELLO, Giuseppe Maria
Nacque a Napoli il 4 febbr. 1834 da Luigi e da Emanuela Madamigella. Dopo i primi studi nel collegio di S. Maria di Caravaggio, dove fu ammesso nell'agosto 1850 nella Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo (barnabiti), cominciò il noviziato nel collegio di S. Agostino a Resina, vestendo l'abito religioso il 27 ottobre. Emessi i voti semplici il 28 ott. 1851, venne inviato a studiare filosofia nel collegio di S. Filippo di Macerata e vi dimorò sino alla fine dell'anno scolastico 1853. Trasferito quindi a Roma a S. Carlo ai Catinari, vi attese allo studio della teologia ed emise la professione solenne dei voti il 15 ag. 1855. Due anni più tardi, il 6 giugno 1857, ricevette l'ordinazione sacerdotale e fu poi nominato lettore di teologia per gli studenti barnabiti. Fissata ormai la sua residenza in S. Carlo ai Catinari, il G. iniziò la sua lunga carriera di docente. Parallelamente il G. pubblicò vari scritti, il primo dei quali fu l'edizione, non firmata, di alcuni Frammenti teologici del cardinale, anch'egli barnabita, Sigismondo Gerdil, apparsa a Roma nel 1861 per i tipi della congregazione di Propaganda Fide (Boffito, II, pp. 274 s.). Più impegnativa fu la compilazione (insieme con i confratelli L. Bilio, poi cardinale, e A. Baravelli) della parte relativa ai secoli VIII-XII delle Tavole cronologiche critiche della storia della Chiesa universale illustrate con argomenti d'archeologia e geografia, Roma 1861-67 (cinque fascicoli), iniziate da I. Mozzoni.
L'opera presentava in dodici colonne i fatti relativi ai papi, ai "vescovi più illustri", agli "scrittori ecclesiastici", ai "personaggi per santità cospicui", agli "eretici e scismatici", ma anche alle "glorie di Maria", ed era corredata da un prolisso apparato di citazioni, di digressioni erudite, di note e di illustrazioni. Il G. si occupò anche di altre questioni di storia ecclesiastica, di liturgia, di teologia morale e di diritto canonico, pubblicando in quest'ultimo campo nell'Archivio dell'ecclesiastico un articolo sulla Dottrina di Melchiorre Cano sull'elevazione del matrimonio cristiano alla dignità di sacramento (1866; Boffito, II, p. 276). Ma l'impegno maggiore del G. è rappresentato dalla stesura di vari "voti" e pareri per le congregazioni romane, in particolare quella delle Indulgenze e reliquie (di cui era consultore dal 1867), del Concilio, degli Affari ecclesiastici straordinari, dell'Indice e del S. Uffizio, della quale fece parte in veste di "qualificatore" dal 1867, e di consultore dal 1873 (Roma, Arch. storico dei barnabiti, Stato del personale, X.d.9, pp. 383 s.; Carte Granniello, b. 10). Uno di questi voti, completato nel febbraio 1870 e dedicato all'Oggetto dell'infallibilità della Chiesa, abbraccia ben 1149 pagine a stampa, e venne esaminato nel corso del concilio Vaticano I (se ne conservano quattro esemplari: Arch. segr. Vaticano, Concilio Vaticano I, 156, 184, 198, 240). Sempre per il S. Uffizio il G. stese nel 1887 un parere sulla Relazione e disegno di legge sull'ordinamento degli enti morali e civili del culto cattolico e sull'amministrazione dei loro beni del presidente del Consiglio di Stato Carlo Cadorna, che aveva suscitato forti polemiche e allarmato la Curia.
Fortemente legato alla Congregazione barnabitica, il G. si dedicò con particolare zelo alla reintegrazione del titolo e culto di beato del fondatore A.M. Zaccaria, sospeso con i decreti del 1625 e del 1634 di Urbano VIII, e compilò una memoria ad hoc presentata alla congregazione dei Riti nel gennaio 1888, che ebbe un risultato positivo giacché il dicastero ne autorizzava nuovamente il culto con decreto 3 genn. 1890. Una voluminosa biografia dell'erudito barnabita francese J.-P. Niceron (1685-1738) rimase invece inedita, come vari altri scritti del G. (Boffito, II, p. 277; III, p. 39).
Povera di avvenimenti esteriori e tutta concentrata nella faticosa elaborazione dei lavori che i vari organi della Curia gli andavano richiedendo, e in cui dava prova, secondo l'estensore del suo necrologio, di "maravigliosa alacrità", di "acutezza d'ingegno", e di "analisi minuta che esigeva laboriose indagini" (Nisser, p. 3), la vita del G. non registrò fino al 1891 che due episodi di rilievo, la nomina a procuratore generale dei barnabiti, decisa dal capitolo generale del 1877 e confermatagli più volte, e la visita canonica dei collegi della provincia napoletana, compiuta nel 1885 in veste di delegato del preposito generale. La grande laboriosità del G. e la sua perfetta adesione all'ortodossia romana lo avevano messo in luce nella Curia di Pio IX e ancor più di Leone XIII. Arrivò cosi il 31 dic. 1891 la nomina a segretario della congregazione dei Vescovi e regolari, formalizzata con breve dell'8 genn. 1892; il 29 marzo 1892 il G. venne promosso alla sede vescovile titolare di Cesarea del Ponto e consacrato il 3 aprile, nella chiesa di S. Carlo ai Catinari, dal cardinale R. Monaco La Valletta, segretario del S. Uffizio. Infine, il 12 giugno 1893 Leone XIII lo creò e pubblicò cardinale in concistoro segreto e gli rimise il cappello nel concistoro pubblico del 15 dello stesso mese, assegnandogli il titolo dei Ss. Quirico e Giulitta. Dopo aver ricevuto la porpora cardinalizia (onore che sembra egli avesse cercato di scongiurare anche a causa della sua malferma salute), il tenore di vita del G. non mutò e continuarono immutati anche i vari impegni curiali, essendo stato assegnato in qualità di membro alle congregazioni dei Vescovi e regolari, del Concilio, dell'Indice, del Cerimoniale e del S. Uffizio, e nominato altresì protettore dei minimi e dei cinque monasteri femminili detti "farnesiani", rispettivamente l'11 luglio 1893 e il 5 sett. 1894. In seguito il G. avrebbe anche fatto parte della congregazione per la Revisione dei concili provinciali e avrebbe pure assunto, su richiesta della segreteria di Stato, la presidenza delle "adunanze dei Consultori per la revisione delle costituzioni degl'Istituti di voti semplici". Finalmente, un anno prima della sua morte Leone XIII lo assegnò alla commissione cardinalizia per promuovere la riunione delle Chiese dissidenti, probabilmente a causa della sua intima amicizia con il barnabita C. Tondini de' Quarenghi, "specialista delle questioni russe" (Verbali, pp. 11, 83) e di qualche suo precedente studio sulla "communicatio in sacris" (ibid., p. 631). Malgrado il declino delle forze, il G. intervenne alle sedute del 7 aprile, 5 maggio, 9 giugno, 11 agosto, 13 ottobre e 17 nov. 1895, illustrando pure, nell'adunanza del 9 giugno, il contenuto di un opuscolo redatto dall'abate dei mechitaristi armeni di Venezia su argomenti liturgici.
Il G. spirò a Roma l'8 genn. 1896.
Fonti e Bibl.: Le carte personali superstiti del G. si conservano, non ordinate, in dodici scatole, a Roma presso l'Archivio storico dei barnabiti a S. Carlo ai Catinari, e contengono numerosi manoscritti e appunti autografi, un certo numero di voti a stampa destinati a vari dicasteri romani, corrispondenza (da segnalare quella con la segreteria di Stato) e carte miscellanee; nella scatola 3 si trova un fascicolo di documenti relativi all'attività del G. come procuratore generale. G. Boffito, Scrittori barnabiti…, II, Firenze 1933, pp. 274-277 (con indicazioni, a p. 274, sulla lettera necrologica di B.M. Nisser, datata Roma 24 genn. 1896 e stampata a Roma nel 1896, e con l'elenco, non esaustivo, dei voti del G.); III, ibid. 1934, p. 39; Verbali delle conferenze patriarcali sullo stato delle Chiese orientali e delle adunanze della Commissione cardinalizia per promuovere la riunione delle Chiese dissidenti tenute alla presenza del s.p. Leone XIII (1894-1902), con note illustrative e appendice di documenti, a cura di C. Korolevskij, Città del Vaticano 1945, pp. 11, 83, 96, 109, 115 s., 124, 137, 141, 152 s., 159, 174, 177, 182, 191, 195, 202-206, 236, 631; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VIII, Patavii 1978, ad ind.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, coll. 1171 s. (R. Aubert).