MARCOTTI, Giuseppe
– Nacque a Campolongo al Torre, in Friuli, il 21 ott. 1850. Il padre Pietro, facoltoso proprietario terriero interessato alle innovazioni nella viticoltura e bachicoltura, fu tra i fondatori dell’Associazione agraria friulana; la madre, Elena, era figlia di Raimondo Cortellazzis, che fu sindaco di Udine.
Nel 1859 il M. lasciò la grande villa settecentesca di famiglia – ora sede del municipio di Campolongo – per frequentare il collegio dei barnabiti di Monza, dove a diciassette anni conseguì la licenza liceale. Seguì poi gli studi di lettere e giurisprudenza a Bologna e a Firenze, dove si stabilì e dove preferì dedicarsi all’attività giornalistica piuttosto che alla carriera forense: partecipò al movimento della Scapigliatura toscana integrandosi nei circoli dell’aristocrazia fiorentina e inserendosi nell’ambiente de Il Fanfulla tramite F. Martini. Nel 1877 fu inviato dal Fanfulla in territorio russo come corrispondente della guerra russo-turca, esperienza che descrisse nel volume Tre mesi in Oriente (Firenze 1878), con cui avviò una produzione di resoconti di viaggio, particolarmente mirata ai territori dell’Adriatico orientale e balcanici. Nel 1879 il M. si unì in matrimonio con Elena Arnaldi. Insieme con sir John Temple Leader, il M. lavorò al ripristino del castello di Vincigliata, acquistato da Temple Leader. Divenuto il castello meta di visitatori dell’aristocrazia internazionale, il M. ne illustrò i tesori nel volume Il castello di Vincigliata ed i suoi contorni (ibid. 1879), in cui mostrò un’attitudine per la descrizione di località artistiche e bellezze naturali.
A Vincigliata è ispirato anche Simpatie di Majano: lettere dalla villa Temple-Leader (ibid. 1883). Sempre con Temple Leader pubblicò una biografia storica sulla figura del condottiero John Hawkwood (Giovanni Acuto, ibid. 1889), in cui espresse particolare accuratezza e sensibilità nella ricostruzione dell’epoca delle compagnie di ventura, attraverso la descrizione degli scontri bellici e dei protagonisti.
Le narrazioni a sfondo storico costituiscono in effetti la porzione più cospicua e significativa della sua produzione letteraria. B. Croce ha raccolto nella Letteratura della nuova Italia pagine di apprezzamento per il rigore documentario, l’intelligenza dell’informazione e l’originalità dei principali romanzi del M. – in particolare I dragoni di Savoia (Milano 1883), Il conte Lucio (ibid. 1888), La Giacobina (ibid. 1913) e Le spie (ibid. 1922) –, considerando tali prove esempi riusciti di romanzo storico, non a caso tutti apparsi presso la casa editrice Treves, che garantiva una certa ampiezza di pubblico.
Nei Dragoni di Savoia – che Croce vedeva modellato sull’esempio delle Confessioni di un ottuagenario di I. Nievo – si narrano le vicende dell’assedio di Vienna da parte dell’esercito ottomano nella seconda metà del Seicento. Spiccano per interesse le descrizioni delle costumanze di vita delle popolazioni soggette agli Imperi asburgico e ottomano, e dell’assetto degli eserciti in conflitto. Anche Il conte Lucio è ambientato fra il territorio asburgico, in particolare la corte di Vienna, e Venezia, passando per le grandi casate feudali del Friuli, di cui il M. tratteggia a forti tinte la violenza e la prepotenza dei costumi nella prima metà del Settecento, offrendo nel contempo un ritratto convincente della società viennese e delle tradizioni di vita nobiliare all’epoca dell’imperatore Carlo VI, come anche della vita pubblica e mondana della Serenissima. Di particolare interesse fu, a giudizio di Croce, La Giacobina: «uno dei più notevoli quadri storici sotto specie di romanzo che la letteratura italiana possegga, e anche dei più originali per il modo in cui è condotto» (La letteratura della nuova Italia, VI, p. 34). Nel romanzo si narrano le vicende di un esule napoletano, giunto a Firenze dopo la caduta della Repubblica partenopea (1799), e della giovane moglie (chiamata la Giacobina) negli anni successivi alla caduta di Napoleone fino alle rivoluzioni del 1820-21, tra cospirazioni carbonare, fratellanza massonica, peregrinazioni nei diversi Stati italiani e prigionia nelle carceri papaline, fino all’esilio dei coniugi che, perduto il figlio, prendono la via delle Americhe. Accurati e ben tratteggiati sono gli ambienti politici e culturali della cospirazione, i retaggi napoleonici, i costumi e gli spazi sociali nobiliari: risaltano, in particolare, il carattere retrivo delle gerarchie ecclesiastiche e dello Stato della Chiesa. Anche nelle Spie, che sviluppa la vicenda precedente negli anni di più dura repressione da parte delle polizie asburgica e papale, la rappresentazione degli oscuri moventi dello spionaggio e del tradimento politico è insistentemente ricondotta alla perversa corruzione degli ambienti ecclesiastici. Nella produzione romanzesca del M. le tinte forti dell’intreccio a sfondo passionale, su cui si dipanavano le peripezie dei protagonisti, costituiscono, sempre a giudizio di Croce, la parte più caduca dell’invenzione narrativa, meno evidente nella Giacobina, dove la motivazione politico-patriottica era più sostenuta, e più marcata nel Conte Lucio e Le spie, in cui l’intento di descrivere la corruzione di costumi e gli ambienti indulgeva a una predilezione per le passioni morbose dei personaggi. Si vedano, a tal proposito, in particolare Il tramonto di Gardenia (Roma 1884), Rosignola (Milano 1891) e, soprattutto, L’oltraggiata (Bologna 1901), di ispirazione patriottica e antislava, dove l’onore di una giovane nobildonna friulana, violato da un prete sloveno, viene riscattato da un giovane italiano attraverso la giustizia asburgica: il libro ottenne un certo successo in area giuliana, tanto da vederne proibita la vendita a Trieste.
In questo gruppo di romanzi si rinviene un nucleo di motivi caratteristici della cultura politica del M.: il patriottismo unitario, un anticlericalismo di matrice massonica, un’ispirazione progressista moderata (precisata da un attaccamento alla dinastia Savoia, che si espresse per esempio nella biografia sulla regina Maria Teresa di Toscana, madre di Carlo Alberto: La madre del Re galantuomo: le corti di Firenze e di Torino, da documenti inediti, Firenze 1897), uniti a un interesse costante per la ricostruzione dei costumi sociali, particolarmente dei territori conosciuti di prima mano (la Toscana e i territori friulani e asburgici), condotta sempre con rigore documentario e attenzione ai particolari. Accanto a questo gruppo relativamente omogeneo, la narrazione di impianto storico del M. mostrò un certo eclettismo, pur essendo sempre rigorosamente documentata, anche attraverso ricerche d’archivio: è il caso di Donne e monache (ibid. 1884), basato su una vasta ricognizione di fonti inedite reperite in collezioni private e negli archivi di Udine e di Venezia, in cui veniva esposta la ricostruzione dei costumi religiosi e civili di donne vissute in territorio friulano, dall’epoca di Aquileia romana fino a Caterina Percoto, e di Cronache segrete della polizia toscana (ibid. 1898), dove tornò agli anni 1814-15 per raccontare episodi della restaurazione del potere granducale dopo la caduta di Napoleone basandosi su un’attenta documentazione archivistica. Se, con Tiberio a Capri. Scene di Roma cesarea (Torino 1909), il M. affrontò la vita dissoluta della corte imperiale dopo la fine dell’età repubblicana, di impianto biografico furono, invece, Un mercante fiorentino e la sua famiglia nel secolo XV (Firenze 1881), Santa Caterina da Siena proposta come esempio alle nostre donne (ibid. 1888), e Il generale Enrico Cialdini, duca di Gaeta (ibid. 1891).
In ambito giornalistico, a Firenze il M. fu segretario di redazione del quotidiano politico di orientamento moderato La Nazione; scrisse, inoltre, per alcuni fra i principali quotidiani nazionali (Il Fanfulla, La Stampa, Il Corriere della sera, Il Resto del Carlino) e fu corrispondente di Le Figaro di Parigi. A Roma, tra il 1900 e il 1906, fu segretario generale della Società Dante Alighieri per la diffusione della lingua italiana fuori dal Regno, sotto la presidenza di P. Villari.
La Dante Alighieri svolgeva allora attività culturale e politica criptoirredentista, sostenendo le iniziative della minoranza italiana nei territori asburgici.
La produzione relativa ai resoconti di viaggio, dedicati prevalentemente all’area adriatico-balcanica – con l’eccezione di Pellegrinaggio (Firenze 1896), che verte sui Pirenei franco-iberici e la costa atlantica fino a Biarritz –, testimonia degli interessi patriottici e irredentisti del Marcotti.
Pubblicò In Oriente d’estate. Impressioni e riflessioni d’un viaggio (ibid. 1879), in cui descrisse i territori balcanici fra Impero Ottomano e Austria-Ungheria. Della medesima area geografica tornò a occuparsi dopo l’ingresso della Bosnia-Erzegovina in ambito asburgico con La nuova Austria (ibid. 1885). Attento ai dettagli d’ambiente fu Il Montenegro e le sue donne (Milano 1896), dato alle stampe in occasione delle nozze del principe Vittorio Emanuele con la principessa Elena di Montenegro. Impostato come una guida di viaggio fu, invece, L’Adriatico orientale: da Venezia a Corfù (Firenze 1899), che illustra la zona costiera della Dalmazia. Una più contenuta guida al paesaggio, infine, fu anche Col tram da Firenze a Fiesole e le colline fiesolane (ibid. 1892).
Dopo il 1906, rimasto vedovo, il M. si ritirò nella sua villa di Cuciliana, presso Pisa, continuando la sua attività di giornalista e scrittore. Al termine della Grande Guerra tornò in Friuli, dove si trovava in occasione dell’invasione austriaca seguita alla rotta di Caporetto (1917), e vi si stabilì per gli ultimi anni di vita.
Il M. morì a Udine il 12 marzo 1922.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Udine, Giuseppe Marcotti, bb. 1-6 con inventario analitico. Sul M. si vedano: F. Fattorello, Storia della letteratura italiana e della cultura nel Friuli, Udine 1929, pp. 231-235; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, VI, Bari 1974, pp. 32-38; U. Capsoni De Rinoldi, Vita e opere di G. M. nel 40° anniversario della morte, Udine 1962; Diz. biografico friulano, a cura di G. Nazzi, Udine 1992, p. 312.