GARUFFI, Giuseppe Malatesta
Nacque a Rimini intorno alla metà del secolo XVII (nel 1655 o, come retrodatano alcuni biografi, nel 1649) da Giovanni, che avrebbe voluto avviare il figlio alla professione dell'orafo. Manifestata un'accentuata propensione verso gli studi, ottenne invece dalla famiglia il permesso di recarsi a Roma, dove si dedicò allo studio della giurisprudenza, della filosofia e della teologia. Negli anni della sua formazione fu introdotto nei circoli letterari e aristocratici romani, dai quali ricevette numerose offerte di incarichi. Non si conosce l'anno in cui divenne sacerdote.
Ascritto all'Accademia degli Infecondi (col nome di Dimesso) e all'Arcadia (col nome pastorale di Agamede Sciatio), il G. avviò proprio durante la permanenza a Roma la sua produzione poetica, successivamente proposta in una raccolta di Rime e poesie (Rimini 1682). I contatti con tale ambiente culturale rimasero sempre piuttosto assidui, come sembra confermare, alcuni anni dopo, la presenza di alcuni suoi componimenti tra le rime degli Infecondi. Tra questi il sonetto "Ad un colpo fatal di cieca morte" (nelle Pompe funebri celebrate… per la morte dell'illustrissima signora Elena Lucrezia Cornara Piscopia, Padova 1686, p. 105) e l'ode "Oh, quindi ove su'l Tebro" (nelle Poesie de' signori accademici Infecondi, Venezia 1688, p. 237), nella quale il G. manifesta il proprio disinteresse verso le glorie terrene.
In precedenza egli aveva dato prova delle proprie capacità letterarie pubblicando la raccolta di versi latini Poetici musaei tesselatio (della quale non si conosce l'anno di pubblicazione, sicuramente anteriore al 1677) e Il Rodrigo, un dramma per musica caratterizzato (sembra per la prima volta) dalla presenza di un solo personaggio (Roma 1677): vi si narrano infatti le disavventure del perfido re dei Goti che, dopo aver tentato di uccidere il nipote Sancio, futuro erede al trono, riesce a penetrare nel palazzo incantato costruito da Ercole in un'orrida selva vicino Toledo, nel quale egli viene però assalito da geni cattivi e minacciose statue animate.
Non si conosce l'anno di composizione della raccolta di sonetti In encomio del miracolosissimo s. Antonio di Padova, dedicata a Giovanni Francesco Albani, il futuro Clemente XI (Rimini s.d.).
Nonostante l'ottimo esordio, al termine degli studi il G. preferì tornare a Rimini. Qui ebbe inizialmente l'incarico di pubblico lettore di diritto. Dal 1678 al 1694 fu conservatore della Biblioteca Gambalunghiana (istituita da Alessandro Gambalunga nel secondo decennio di quel secolo) e nel 1687 ottenne una cattedra di filosofia, probabilmente presso le scuole pubbliche. È questo il ventennio in cui il G., probabilmente favorito dall'incarico di bibliotecario, si dedicò alla composizione di opere di erudizione e tra queste, in particolare, a L'Italia accademica, o sia Le accademie aperte a pompa e decoro delle lettere più amene nelle città italiane (la prima parte fu pubblicata a Rimini nel 1688; la seconda, manoscritta, è conservata presso la Biblioteca civica Gambalunga di Rimini).
Nella prima parte dell'opera il G. ricostruisce il profilo storico-letterario di 41 accademie italiane (anno di fondazione, impresa, intenti, ecc.) sorte in 19 centri e dell'Università di Perugia. Nell'inedita seconda parte sono annoverati e descritti gli istituti accademici di venti tra le più importanti città italiane. Lo studioso dichiara nell'Introduzione di non aver seguito l'ordine geografico nella disposizione delle città in quanto le notizie gli sono giunte in maniera spesso frammentaria. In linea con la tendenza prevalente alla fine del Seicento, il G. aspira a realizzare una sorta di discontinua storia nazionale, anticipando così l'impostazione delle compilazioni erudite settecentesche. L'opera fornisce una notevole quantità di informazioni, in seguito largamente utilizzate da M. Maylender per la compilazione della sua Storia delle accademie d'Italia (Bologna 1926). Le ricerche effettuate sulle accademie italiane offrirono inoltre al G. l'opportunità di entrare in contatto con i più famosi studiosi ed eruditi dell'epoca, tra i quali A. Zeno.
Nello stesso periodo il G. compose altre opere di erudizione. In occasione della vittoria cristiana sui Turchi (la liberazione di Vienna avvenuta nel 1683) e in seguito alla rivendicazione delle province ungariche, egli aveva in precedenza dato alle stampe una Topografia alfabetico-istorica di tutti i comitati dell'Ungheria (Bologna 1684), dedicandola a papa Innocenzo XI. Seguirono la Lucerna lapidaria (Rimini 1691), una raccolta in latino degli epitaffi, delle iscrizioni e dei sepolcri presenti sulla via Flaminia, la cui attendibilità fu in seguito confutata dagli archeologi, e la Bibbioteca manuale degli eruditi (Venezia 1704), nella quale il G., uniformandosi al gusto dell'epoca, raccolse citazioni tratte dalle opere di scrittori e filosofi di ogni tempo inerenti a ben centotrenta argomenti religiosi, scientifici, letterari e di costume.
Intanto, e almeno dal 1698, il G. era stato nominato arciprete della chiesa dei Ss. Biagio ed Erasmo, a Misano. In linea con la natura e la gravità degli impegni assunti, gli studi e le opere ai quali egli si dedicò a partire dall'ultimo decennio del Seicento sono dunque principalmente di ambito religioso e catechetico. Tra le numerosissime opere pubblicate in questi anni si ricordano alcune agiografie (Della vita di s. Giuseppe, Venezia 1692; Vita e miracoli del beato Amato, ibid. 1693). Richiamato a Rimini nel 1700, fu nominato parroco della chiesa di S. Maria a Mare e, dal 1712, di quella di S. Maria in Argumine. In questo periodo aprì nella sua casa una scuola di sacre lettere per i giovani intenzionati a diventare sacerdoti, e probabilmente a tale attività si collegano i numerosi catechismi da lui pubblicati nei primi anni del Settecento e in seguito più volte ristampati. Infine, divenuto un famoso predicatore (svolse la sua attività principalmente a Venezia e Bologna), progettò, senza mai consegnarla alle stampe, una raccolta dei suoi sermoni.
Dal 1705 al 1708 accettò di curare per lo stampatore G.P. Dandi di Forlì Il Genio de' letterati, giornale letterario nel quale si pubblicavano recensioni o curiosità erudite, tratte perlopiù da altri, più famosi giornali europei.
Gran parte della produzione saggistica e letteraria del G. (commedie, opere scientifiche e di varia erudizione) rimase manoscritta.
Il G. morì a Rimini nel 1727 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Argumine.
Fonti e Bibl.: La seconda parte de L'Italia accademica e gli altri inediti del G. sono conservati, per sua disposizione testamentaria, nella Biblioteca civica Gambalunga di Rimini, mss. D.IV.1-11; 20-21; 66-75; 263; 266-272; 276-304; 307. A. Zeno, Lettere, I, Venezia 1752, pp. 4-6; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia 1746-47, p. 15; Biographie universelle ancienne et moderne, XV, Paris 1856, p. 612; L. Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità posseduti dal conte Cicognara, II, Pisa 1821, p. 100; L. Tonini, Del riminese Alessandro Gambalunga, della Gambalunghiana e de' suoi bibliotecari, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, VIII (1869), p. 19; C. Tonini, La coltura letteraria e scientifica in Rimini dal secolo XIV ai primordi del XIX, II, Rimini 1884, pp. 98, 113 s.; M. Parenti, Aggiunte al Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani di Carlo Frati, II, Firenze 1959, p. 115; G. Ricuperati, Giornali e società nell'Italia dell'ancien régime, in V. Castronovo - G. Ricuperati - C. Capra, La stampa italiana dal Cinquecento all'Ottocento, Roma-Bari 1976, p. 112; A. Quondam, L'accademia, in Letteratura italiana (Einaudi), I, Il letterato e le istituzioni, Torino 1982, pp. 841, 850, 875; Gli autori. Dizionario bio-bibliografico…, I, ibid. 1990, p. 864; T. Di Zio, Dondi, Giovanni Pellegrino, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXII, Roma 1986, p. 403; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, II, p. 155.