LAGRANGE (o Lagrangia), Giuseppe Luigi
Matematico italiano, nato a Torino il 25 gennaio 1736, morto a Parigi il 10 aprile 1813. Dal 1755 professore nella R. Scuola di artiglieria a Torino, fondò quivi, insieme con altri scienziati torinesi, una società scientifica privata, che più tardi si trasfomiò nell'attuale R. Accademia delle scienze di Torino. Le pubblicazioni da lui fatte negli atti di questa società, che uscivano col titolo di Miscellanea Taurinensia, e il conseguimento di due premî, conferitigli dall'Accademia di Francia, fecero noto il suo nome ai dotti, e gli procurarono l'amicizia del d'Alembert, per intercessione del quale ottenne la nomina a direttore dell'Accademia di Berlino. Si recò in quella città e occupò quella carica, in sostituzione di Eulero, nel 1766 e rimase colà per 21 anni, che furono i più fecondi di produzione matematica. Nel 1787 fu chiamato a Parigi, dove rimase fino al termine di sua vita, membro pensionato di quell'accademia e del Bureau des Longitudes. La bufera rivoluzionaria, che si scatenò nel tempo della sua residenza a Parigi, non lo colpì direttamente: gli fu salvaguardia l'alta fama scientifica; e un decreto del Comitato di salute pubblica sospese per lui l'applicazione del bando che colpiva tutti gli stranieri residenti in Francia: gli furono conservate le cariche e gli emolumenti, e fu inoltre nominato professore nella École Normale e nell'École Polythéchnique. Sotto l'impero fu fatto senatore, conte e grande ufficiale della Legion d'onore.
Ha lasciato l'impronta del suo genio in ogni ramo delle scienze matematiche, dall'aritmetica pratica alla meccanica celeste. S'inaugura con lui la fase più moderna dello sviluppo della scienza, con l'avvento del metodo analitico, non solo nella ricerca scientifica, ma anche nella sistemazione logica dei trattati e nell'insegnamento. Prima di lui non sembrava lecito il prescindere dal caso concreto, dal fatto fisico o meccanico che avevano dato lo spunto alle meditazioni analitiche, e pareva che gli sviluppi algoritmici non dovessero essere scompagnati dalla rappresentazione geometrica; la struttura dei trattati presentava ancora la sistemazione logica, prevalentemente sintetica, caratteristica delle opere classiche. L. invece, anche quando deve studiare un particolare problema, cerca anzitutto le leggi generali, i primi principî cui esso può essere riferito, risolve il quesito nel suo aspetto più generale, e dalla soluzione trovata fa discendere, come caso particolare, quella del problema proposto. Non si cura della rappresentazione, né della rappresentabilità, mediante costruzioni geometriche, degli enti analitici da lui considerati, ma studia le leggi del pensiero, in quanto possono essere tradotte in formule algebriche, ed esprimono proprietà formali di enti analitici esistenti nel mondo delle idee come pure immagini, create con processo di astrazione, dalla contemplazione di enti materiali. Nella sua Mécanique analytique (Parigi 1787) espressamente dichiara che: "On ne trouvera point de figures dans cet ouvrage. Les méthodes que j'y expose ne demandent ni constructions, ni raisonnements géométriques ou mécaniques, mais seulement des opérations algébriques, assujetties à une marche régulière et uniforme. Ceux qui aiment l'analyse verront avec plaisir la mécanique en devenir une nouvelle branche, et me sauront gré d'en avoir étendu ainsi le domaine".
Questo modo d'intendere la scienza non era nuovo nella tradizione italiana; ci basti il ricordare che il Torricelli, fin dal 1645, scriveva a Michelangelo Ricci: "Io fingo, o suppongo che qualche corpo o punto si muova all'ingiù et all'insù con la nota proportione, et horizontalemente con moto equabile. Quando questo sia, io dico, che seguirà tutto quello che ha detto il Galileo et io ancora. Se poi le palle di piombo, di ferro, di pietra non osserveranno quella supposta proportione, suo danno, diremo che non parliamo d'esse". Ma questa aspirazione a una trattazione deduttiva e assiomatica della scienza non era stata realizzata effettivamente prima del L. La meccanica analitica ne è l'esempio più cospicuo e completo: considerata come uno dei capolavori della scienza di tutte le epoche e di tutte le nazioni. Vive tuttora quasi intatta, non solo come opera classica, ma, nelle sue linee generali, come testo, ed è modello di unità e rigore di metodo, di eleganza e perspicuità di sviluppi algoritmici, di semplicità e chiarezza di forma espositiva.
Il medesimo spirito, del resto, anima tutta l'opera scientifica del L. E a questo riguardo sono da ricordare la Théorie des fonctions analytiques (Parigi 1797) e le Leåons sur le Calcul des fonctions (in Séances de l'école normale, 1801, Parigi 1806) nelle quali opere, sviluppando un concetto che già dal tempo della sua giovinezza aveva espresso nei Miscellanea Taurinensia, estrinseca il concetto generale di funzione nello sviluppo in serie di potenze, costruendo così un modello, che egli riteneva atto a rappresentare tutte le funzioni che intervengono nei calcoli; e operando su questo modello, con suprema genialità di sviluppi algoritmici, giunge nel modo più perspicuo a tutti i risultati che si erano ottenuti nel calcolo differenziale e integrale e nella geometria differenziale, con considerazioni di ordine piuttosto metafisico che matematico, e strettamente connesse con un'interpretazione geometrica, che limita al reale il campo di validità dei risultamenti ottenuti. Il procedimento, interamente analitico, seguito dal L., il concetto di derivata e il calcolo delle derivate, da lui introdotto in sostituzione del calcolo degl'indivisibili, delle flussioni, dei differenziali, prescindono da qualsiasi interpretazione geometrica o meccanica, e ne consentono l'applicazione a quantità complesse, e a enti analitici, comunque definiti. Le cautele posteriormente introdotte, per garantire effettiva validità agli sviluppi formali da lui considerati, valsero a soddisfare il senso logico, ma non a infirmare i risultati da lui ottenuti con sicura intuizione matematica; e le funzioni analitiche, nel senso di funzioni di variabili complesse, costituiscono oggi uno dei più potenti strumenti di analisi matematica.
Non diverso è lo spirito che anima le sue ricerche sulla teoria dei numeri, contenute in memorie composte a Berlino intorno agli anni 1766-70 (Sur la solution des problèmes indéterminés du second degré); e nelle Additions alla versione francese dell'Algebra di Eulero (Lione 1774), il L. ha riconosciuto che la maggior parte dei problemi di teoria dei numeri, proposti e risoluti con peculiari artifizî nel tempo passato, da Diofanto al Fermat, si potevano ridurre a equazioni indeterminate dei primi due gradi. Egli affrontò quindi il problema generale della risoluzione in numeri interi di tali equazioni, e, primo fra tutti, ne ottenne la soluzione completa, con metodo elegante e uniforme, fondato sulle leggi formali degli sviluppi in frazione continua. La teoria delle frazioni continue è stata da lui completata ed estesa, ed è, in particolare, suo merito precipuo l'avere scoperto e dimostrato che nella sviluppabilità in frazione continua periodica risiede la proprietà caratteristica degl'irrazionali quadratici.
Non meno importanti né meno generali sono i risultati che egli ottenne in entrambi gli indirizzi cui sono rivolte le ricerche algebriche, e cioè, come egli dice: "Trouver pour toutes les équations d'un même degre les fonctions des coéfficiens de ces équations qui peuvent en représenter toutes les racines. Etant donnée une équation numérique sans aucune notion préalable de la grandeur ni de l'espèce de ses racines, trouver la valeur numérique exacte, s'il est possible, ou aussi approchée qu'on voudra de chacune de ses racines".
Nei riguardi del primo di questi indirizzi, "indirizzo algebrico", il L., in una sua memoria, composta intorno all'anno 1770, pubblicata nelle Memorie dell'Accademia di Berlino per gli anni 1770-71 (Berlino 1772-73), riportata anche nella nota XIII del Traité de la résolution des équations numériques, esamina i principali metodi conosciuti per la risoluzione delle equazioni algebriche e vede che tutti si possono ridurre alla costruzione di un'equazione ausiliaria, detta "risolvente", le cui radici sono della forma: x′ + a′x″ + a″x‴ + . . ., dove x′, x″, x‴, . . . indicano le radici dell'equazione proposta. Ha visto che si poteva a priori determinare il grado della risolvente mediante una specie di calcolo combinatorio, di cui egli trova alcune proprietà fondamentali. In particolare trova che se una funzione razionale delle radici x′, x″, x‴, . . . assume r valori diversi per tutte le sostituzioni fra le m radici, si può considerare come radice di un'equazione di grado r i cui coefficienti sono razionalmente esprimibili come funzioni dei coefficienti della proposta; e che, se due funzioni ϕ, ψ, sono invariabili per le stesse sostituzioni fra le x′, x″, x‴, . . ., si possono esprimere razionalmente l'una in funzione dell'altra. Come conclusione di questi studî, trova che si può costruire una risolvente di grado 1.2.3. . . . (m − 2) di un'eequazione algebrica generale di grado m: "Le problème se trouvera donc réduit à la résolution de l'équation du degré 1.2.3. . . . (m − 2), laquelle sera toujours d'un degré plus haut que la proposée, lorque m sera au-dessus de 3. Il est possible que cette équation puisse etre abaissée à un degré moindre; mais c'est de quoi il me paraît très difficile, si non impossible de juger à priori". Questi risultati hanno una grande importanza storica perché essi promossero, 30 anni dopo, le ricerche di P. Ruffini, che seppe rispondere a quell'imbarazzante questione, e costruire, nell'indirizzo segnato dal L., i fondamenti di una teoria generale dei gruppi di sostituzioni (v. gruppo).
Anche nella risoluzione numerica delle equazioni il Lagrange ha fatto un passo decisivo, insegnando, con l'ausilio della trasformata ai quadrati delle differenze, a separare le radici di un'equazione numerica, e, con la rappresentazione in frazione continua, a calcolare, con data approssimazione, il valore numerico di ciascuna radice. Lo sviluppo in serie (Serie di Lagrange), che egli ha dato per le radici di equazioni algebriche, è anche oggi oggetto degli studî più profondi.
La scoperta del calcolo infinitesimale eccitò gli scienziati ad applicare questo nuovo strumento di analisi alla risoluzione dei problemi che gli antichi avevano lasciati insoluti. Fra questi ebbe gran voga quello della ricerca dei massimi e dei minimi, e in particolare il cosiddetto problema della brachistocrona, o della minima discesa. Eulero aveva dato di questo problema una soluzione abbastanza semplice nei risultati, ma artificiosa nel metodo. Il L. osservò che l'analisi di Eulero non era conforme allo spirito del calcolo differenziale, e si propose di piegare tale calcolo a quel nuovo genere di problemi; e nelle memorie del 1762 (t. II dei Miscellanea Taurinensia), e del 1770 (t. IV dei detti Miscellanea) riconosce l'opportunità di adoperare una caratteristica nuova per indicare le variazioni - la caratteristica è diventata poi di uso generale - e stabilisce le leggi del calcolo di questa nuova caratteristica, in relazione con l'antica caratteristica δ pertinente al calcolo differenziale. Il L. può dunque essere chiamato, in questo senso, fondatore del calcolo delle variazioni, e tale appunto è considerato dai cultori di questa materia.
Troppo lungo sarebbe il noverare tutte le scoperte fatte dal L. nei varî campi delle teorie matematiche; ricorderemo solo, perché registrate nei libri scolastici, la formula di interpolazione, che egli trovò in occasione delle sue ricerche sull'astronomia, e divulgò nel corso di Leçons elémentaires sur les mathématiques données à l'école normale en 1765 e il metodo della variazione delle costanti arbitrarie, scoperto nella rielaborazione della sua Meccanica analitica e pubblicato nei Mém. de l'Institut per gli anni 1808 e 1809. Sono, infine, da ricordare anche i suoi studî sulla risoluzione delle equazioni lineari differenziali ed alle differenze, e i contributi che egli ha recati alle ricerche sulla librazione della Luna e sulle variazioni secolari e periodiche del moto dei pianeti.
Il L. s. è pure interessato di scienze naturali, e specialmente di chimica fisiologica, campo nel quale ha lasciato durevole traccia, ed è ricordata col suo nome l'ipotesi o la teoria della combustione respiratoria profonda.
Opere: Œuvres de Lagrange, a cura di J.-A. Serret, sotto gli auspici del ministro dell'Istruzione pubblica, Parigi, tomi 14, 1867-1892.
Bibl.: P. Cossali, Elogio di L. L., Padova 1813; J.-B. Delambre, Notice sur la vie et les ouvrages de M. Le Comte L., in Mém. classe sc. Insittu (1812), Parigi 1816.