LEVATI, Giuseppe
Nacque a Concorezzo, piccolo borgo alle porte di Milano, il 19 marzo 1739. Cominciò a lavorare giovanissimo presso il padre, falegname, di cui si ignora il nome. Trasferitosi con la famiglia in città, fu accolto, in qualità di praticante, prima nella bottega di A. Agrati e poi in quella del pittore quadraturista e decoratore G. Vincenzi detto il Comaschino (Fumagalli, p. 19). Cultore di Vitruvio e dei trattatisti del Cinquecento (S. Serlio, A. Palladio, V. Scamozzi), il L. si dedicò in principio alla pratica prospettica. Tra la metà e la fine degli anni Sessanta si collocano i fondamentali incontri con l'ebanista G. Maggiolini, del quale sembra essere stato lo scopritore (Beretti, 1994, pp. 11 s.), e con il pittore ornatista A. Gerli che, reduce da un quinquennale soggiorno parigino, si stava facendo promotore del rinnovamento dello stile in senso antibarocco e antirococò verso un classicismo archeologico e funzionale. Fu già quest'ultimo a celebrare il L. nei suoi Opuscoli come "il Giovanni da Udine de' nostri tempi" (p. 40) e come riformatore e propagatore del rinato buon gusto, esemplato sullo studio delle decorazioni parietali romane (in particolare gli encausti di Ercolano e Pompei e gli stucchi policromi includenti rilievi ispirati alla storia antica).
Nei cantieri pubblici diretti a Milano da G. Piermarini il L. ebbe l'opportunità di entrare in contatto con gli artisti gravitanti intorno al conte Carlo di Firmian, quali G. Traballesi, M. Knoller e il giovane A. Appiani, assurgendo a un ruolo pari a quello rivestito dall'ornatista G. Albertolli. Dal 1773 fu impegnato nella progettazione di alcune sale del palazzo arciducale: apprestò nella galleria una perduta decorazione in "stucco e pitture, invenzione tutta sua" (Gerli, p. 40); fornì disegni per i pavimenti lignei realizzati da Maggiolini; ornò, in collaborazione con Appiani, le pareti delle tre sale degli arazzi con pitture a tempera improntate al recupero della grottesca, sul tipo, allora tornato in auge, delle logge vaticane di Raffaello. Il successo fu tale che giunse la nomina a "pittore generale dei palazzi di corte". Fu così impegnato nell'ornamentazione dei parapetti esterni dei palchi del teatro alla Scala (distrutta dagli interventi ottocenteschi) e nella decorazione, scomparsa, dell'altro teatro della Canobbiana (1778).
Introdotto nei circoli dell'aristocrazia riformista e della borghesia locale, il L. svolse un ruolo non marginale nella decorazione dei palazzi Greppi, Anguissola e Mellerio, per una stanza del quale dipinse tre sovrapporte, modellate sull'esempio piranesiano, raffiguranti antiche rovine.
A partire dal 1778 si collocano gli interventi nelle ristrutturate ville di G.B. d'Adda a Cassano d'Adda, di E. Silva a Cinisello Balsamo e di P. Litta a Lainate, vertici massimi del neoclassicismo lombardo, caratterizzate da unitarietà progettuale e convergenza di pittura, scultura, plastica in stucco e arredo.
Brillante estro il L. seppe dimostrare tanto nella decorazione degli interni quanto negli interventi all'aperto, dominati da una tendenza a creare effetti pittoreschi, come i labirinti di grotte artificiali, i giochi idraulici, la galleria di ciottoli colorati e incrostazioni tufacee del ninfeo di villa Litta (1785-90) o le finte rovine, i frammenti architettonici e i pezzi archeologici del giardino di Cinisello Balsamo (1787 circa), per il quale si è supposto (Villa Ghirlanda Silva…, p. 78) un ruolo di regista al fianco del proprietario, più tardi autore del trattato Dell'arte de' giardini inglesi (1813).
Dal 1782, e per i successivi venti anni, è documentata la presenza dell'artista come ornatista al servizio dei Borromeo: nel 1794 la marchesa Margherita Gentili Sparapani Boccapaduli, in visita all'Isola Bella, annotava la novità dell'arredo dell'alcova della regina, eseguito dalla bottega Maggiolini su disegni del L. (in Mazzocca - Morandotti - Colle, p. 549).
La stima guadagnata a corte fu confermata dall'incarico di decorare gli ambienti della villa reale di Monza, realizzati (1789) in collaborazione con l'équipe già attiva nel palazzo arciducale. Certi sono gli interventi del L. nel salone d'onore, nel salone da ballo, nel salottino cinese e nella stanza da letto dell'arciduchessa Maria Beatrice d'Este. È stato ascritto all'artista anche il progetto della decorazione pittorica di palazzo Langhi (oggi Leonardi) a Novara (Pescarmona, p. 71).
Il L. svolse a Milano un ruolo determinante nell'affermazione della bottega dell'intarsiatore Maggiolini. Lo studio del corpus di incisioni intitolato Raccolta di carte diverse di Giuseppe Maggiolini (Milano, Civica Raccolta di stampe A. Bertarelli) e dei disegni del Fondo Maggiolini (Milano, Civico Gabinetto dei disegni del Castello Sforzesco) ha reso possibile l'attribuzione al L. di decine di disegni, tradotti in tarsie colorate, atte a decorare ogni sorta di oggetti. I fogli del L., che coprono un arco cronologico compreso tra il 1770 e il 1800 circa e che furono utilizzati da almeno due generazioni di ebanisti, hanno permesso di riscrivere in anni recenti l'evoluzione del gusto lombardo da un iniziale rococò, testimoniato dall'ampio ricorso alle chinoiseries, al motivo delle rovine e delle architetture in prospettiva, agli esiti neoclassici di fine secolo, con l'avvento dello scomparto geometrico e l'inserzione di scene mitologiche o allegoriche e di episodi tratti dalla letteratura classica. Celebrata al pari di un dipinto fu la tarsia in legni orientali intitolata La galleria del re di Polonia del 1783 (collezione privata: González-Palacios, II, p. 305, fig. 605), commissionata da Ferdinando d'Asburgo per farne dono al sovrano polacco Stanislao II Poniatowski, protagonista della scena narrata.
A partire dal 1802 al L. fu affidata la neonata cattedra di prospettiva dell'Accademia di Brera, che detenne fino al 1825, introducendo agli studi in materia A. Sanquirico, G. Perego, D. Gilardi, G. Besia e F. Durelli, succedutogli nell'insegnamento.
Numerosi furono gli interventi architettonici operati dal L. nelle chiese milanesi, all'insegna della rimozione delle tracce barocche. Altari a tempietto furono collocati in S. Stefano Maggiore, S. Babila, S. Maria Segreta, al Carmine e, fuori città, nella parrocchiale di Cassano d'Adda (1802) e nell'oratorio dell'Addolorata ad Abbiategrasso (1818).
Va segnalata inoltre, ad apertura di secolo, la partecipazione dell'artista ai dibattiti sull'edificazione della facciata del duomo e sui restauri dell'Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
Il L. morì a Milano il 28 dic. (o il 28 ottobre) 1828. Nello stesso anno D. Cesari ne eseguì un ritratto bronzeo (Milano, Galleria d'arte moderna).
Fonti e Bibl.: A. Gerli, Opuscoli, Parma 1785, pp. 37-40; I. Fumagalli, Elogio di G. L.…, in Atti della I. R. Acc. di belle arti in Milano, Milano 1836, pp. 3-27; G. Calvi, in Biografia degli italiani illustri…, a cura di E. De Tipaldo, IV, Venezia 1837, pp. 162-165; G.A. Mezzanzanica, Genio e lavoro, biografia… dei celebri intarsiatori Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini…, Milano 1878, pp. 9 s.; G. Morazzoni, I palchi del teatro alla Scala, in Dedalo, XI (1930), 7, p. 429; E. Tea, L'Accademia di belle arti a Brera, Milano-Firenze 1941, pp. 57 s.; F. Mompellio, La musica a Milano nell'Età moderna, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, p. 697; A. Finocchi, in Mostra dei maestri di Brera (catal.), Milano 1975, pp. 86-88, 156 s.; A. Scotti, Brera 1776-1815…, Firenze 1979, pp. 49-53; C. Alberici, Acqueforti inedite di G. L., in Rass. di studi e di notizie, XV (1989-90), pp. 25-32; G. Beretti, Appunti per uno studio sull'opera della bottega Maggiolini, ibid., pp. 89-111; E. Colle, Modelli d'ornato per Giuseppe Maggiolini, in Prospettiva, 1992, n. 65, pp. 78-84; A. González-Palacios, Il gusto dei principi…, Milano 1993, I, pp. 340-344; II, p. 305, fig. 605; G. Beretti, Giuseppe e Carlo Francesco Maggiolini. L'officina del neoclassicismo, Milano 1994, ad ind.; D. Pescarmona, Neoclassicismo e pittura di storia…, in Miti e arabeschi nelle dimore novaresi…, Novara 1994, pp. 69-76; E. Colle, "Dipingere coll'intarsiatura in legno": appunti sul mobile intarsiato lombardo, in Rass. di studi e di notizie, XIX (1995), pp. 105-146; G. Maluzzani, Gli interventi figurativi, in Il palazzo di Antonio Greppi in Milano…, Milano 1995, pp. 96 s.; E. Bianchi, Committenze milanesi per Francesco Corneliani…, in Nuovi Studi. Riv. di arte antica e moderna, I (1996), 2, pp. 105-112; S. Righini Ponticelli, Agostino Gerli e le decorazioni di palazzo Mellerio, in Palazzo Mellerio…, Cinisello Balsamo-Milano 1996, pp. 68-97; Y. Panin, Gli interventi decorativi. L'età neoclassica…, in La villa reale di Monza, a cura di F. De Giacomi, Cinisello Balsamo 1999, pp. 124 s.; C. Salsi, Nascita e sviluppo del progetto di recupero degli arredi…, in Palazzo reale di Milano, a cura di E. Colle - C. Salsi, Milano 2000, pp. 20 s.; Villa Ghirlanda Silva…, a cura di G. Guerci, Cinisello Balsamo 2000, pp. 34 s., 78; F. Mazzocca - A. Morandotti - E. Colle, Milano neoclassica, Milano 2001, ad ind.; Il neoclassicismo in Italia. Da Tiepolo a Canova (catal., Milano), a cura di F. Mazzocca et al., Ginevra 2002, pp. 335-345, 511-515; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 150.