JOZZI (Yozi, Jossi, Jozze), Giuseppe
Nacque probabilmente a Roma intorno al 1710. Qui studiò clavicembalo, fu avviato allo studio del canto e intraprese la carriera teatrale come sopranista evirato. Calcò le scene dei principali teatri capitolini dal 1729 al 1740 interpretando dapprima ruoli comici negli intermezzi (l'intermezzo in Arianna e Teseo di L. Leo al teatro della Pace nel 1729 ne è la prima testimonianza), poi specializzandosi in ruoli seri, senza però abbandonare le commedie per musica. Nel 1730 il suo nome compare nell'elenco dei soci della Congregazione di S. Cecilia. Nel 1740 lasciò Roma per trasferirsi a Venezia, dove ebbe modo di esibirsi fino al 1745 entrando, nello stesso tempo, nel "circuito operistico padano", specializzandosi in ruoli seri di opere metastasiane con esibizioni nei teatri di Milano, Crema, Torino, Bologna.
Nel 1745 si recò a Londra dove, oltre a calcare assiduamente le scene, mise a frutto le sue doti di clavicembalista. Esordì in qualità di secondo soprano al Haymarket theatre; in quell'occasione fu ascoltato da Charles Burney che, nella sua Storia generale della musica, lo descrive come un "good musician with little voice". Lo J. si distinse però soprattutto come strumentista raffinato: lo stesso Burney notò nelle sue interpretazioni "neatness and precision that were quite new in England at that time", nonché "an accent, a spring and smartness in Jozzi's touch" (cit. in The New Grove, p. 273). La carriera del musicista romano a Londra fu turbata da una controversia. Lo J. fu infatti accusato di essersi appropriato di alcune sonate per clavicembalo di Alberti, del quale si dichiarava allievo, con le quali diede numerosi concerti che incontrarono un certo successo. La vicenda attende tuttora un chiarimento, tuttavia dagli studi condotti da B. Cooper sembra emergere che lo J. fosse l'autore di almeno 7 dei 16 movimenti di cui si compongono le Sonate op. 1 di Alberti, e questo in qualche modo legittimò forse lo J. a pubblicare le sonate del maestro sotto il proprio nome. Il plagio fu però subito scoperto, e l'editore Walsh fece stampare nel 1748 le stesse sonate restituendone l'intera paternità ad Alberti. Forse anche a seguito dello scandalo causato dalla vicenda, lo J. lasciò Londra nel 1750 per recarsi a Stoccarda, ove si fermò fino al 1756 con qualche breve puntata in Italia (a Venezia nel 1753, per la rappresentazione della Salustia di A. Bernasconi, in cui vestì i panni di Alessandro). Nella città tedesca divenne ben presto protagonista delle scene teatrali, partecipando a numerose opere serie soprattutto su testo di Metastasio, ricoprendo l'incarico di virtuoso di camera di corte con lo stipendio annuo di 1800 fiorini.
Negli anni Sessanta si recò in Portogallo, dove ebbe modo di esibirsi in qualità di cantante. È probabile una sua associazione alla cappella musicale di corte, poiché in vari libretti egli si fregia del titolo di "virtuoso della Real Cappella", e compare tra gli interpreti di componimenti encomiastici rappresentati presso i teatri reali. Fino al 1768 gli vennero affidati i ruoli principali delle opere rappresentate al teatro di Salvaterra a Lisbona: Alceste nel Demetrio con musiche di D. Perez (Carnevale 1765), e protagonista in Enea nel Lazio (Carnevale 1767) e in Pelope (Carnevale 1768), opere musicate da N. Jommelli. Negli ultimi anni della sua vita, forse dopo un'ultima parentesi londinese, lo J. si stabilì ad Amsterdam, dove nel 1761 e nel 1765 erano state pubblicate ancora una volta le sonate di Alberti sotto il suo nome. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove forse morì nel 1784.
Le sonate attribuibili con certezza allo J. appaiono comunque strettamente correlate a quelle del suo maestro Alberti, e possono essere inserite appieno nella corrente dello stile galante italiano particolarmente in voga in Europa negli anni Cinquanta e Sessanta del Settecento. L'unico tratto personale da segnalare è una certa freschezza che di tanto in tanto fa capolino in uno stile strumentale particolarmente segnato da una consueta routine.
Diversi manoscritti di sonate di Alberti attribuite allo J. sono conservate presso la Deutsche Staatsbibliothek di Berlino e alla Fondazione Levi di Venezia.
Opere a stampa: 1 concerto per cembalo e orchestra nella raccolta IV concerti per cembalo composti da vari autori (Paris 1758); varie sonate per cembalo nella raccolta XX sonate per cembalo composte da vari autori op. 2 (ibid., 1760); A collection of lessons for the harpsicord (I-II, London 1761-62); Six selected sonatas, per clavicembalo o pianoforte (ibid., circa 1769).
Fonti e Bibl.: J. Sittard, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am württembergische Hofe, Stuttgart 1890-91, pp. 230-265; W. Wörmann, Die Klaviersonate Domenico Albertis, in Acta musicologica, XXVII (1955), pp. 84-112; C.E. Giles, An edition of six select sonatas for the harpsicord or forte piano composed by Galuppi, Mazzinghi, Martini and J., diss., Indiana Univ., 1970, pp. 150-156; B. Cooper, Alberti and J.: another view, in The Music Review, XXXIX (1978), pp. 160-166; S. La Via, Il cardinale Ottoboni e la musica: nuovi documenti, in Intorno a Locatelli, a cura di A. Dunning, Lucca 1995, pp. 319-526; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 40; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XIII, p. 273.