ISOLA, Giuseppe (Tommaso Giuseppe)
Nacque a Genova il 7 apr. 1808 da Gaetano e da Maria Annunziata Rolleri. Il padre era proprietario, nelle vicinanze della parrocchia di S. Giorgio, di una bottega di mobili presso la quale l'I. esponeva le prime prove pittoriche, tra cui alcune caricature. Il marchese G.C. Serra, notate le capacità del giovane, gli accordò la propria protezione, consentendogli di frequentare negli anni Venti dei corsi presso l'Accademia ligustica di belle arti, sotto la guida di F. Vinelli e M. Cerruti.
La sua produzione pittorica fin dagli esordi si contraddistinse per la trattazione di temi storici e letterari, in linea con quel romanticismo storico che si attestò in Liguria tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta. Svariati, per esempio, gli episodi della vita di T. Tasso cui diede vita la pittura dell'I., tra cui Tasso alla tomba di Eleonora (Genova, palazzo Podestà), e Tasso alla corte di Ferrara; tra le illustri figure emblematiche del passato dipinte dall'I. si ricorda Giotto bambino e Cimabue, opera esposta nel 1857 alla VII Mostra della Società promotrice di belle arti di Genova.
L'annessione di Genova al Regno di Sardegna, stabilita dal congresso di Vienna, aveva determinato presso la committenza nobiliare il fiorire di una cospicua messe di tematiche che esaltavano le passate glorie repubblicane e i grandi personaggi della tradizione ligure, arricchendole di contenuti nazionalisti e antisabaudi (Sborgi, 1987 e 1991). Nella produzione dell'I. si trovano, per esempio, l'Andrea Doria rifiuta la corona, composizione che decorava il sipario del teatro A. Doria, ora distrutta, ma di cui si conserva il bozzetto nella Civica Galleria d'arte moderna di Genova-Nervi, o il Colombo in catene del 1863 circa (Genova, Palazzo Rosso).
L'apertura alle novità linguistiche del movimento romantico si attuò in Liguria attraverso un conservatorismo di fondo dettato tra l'altro dai gusti di una committenza proiettata culturalmente verso il passato. È in questo contesto che la formazione dell'I. si compì attraverso il recupero di modi della pittura del Cinquecento e del Seicento, con lo studio della produzione ad affresco presente in Genova, da cui derivò una preparazione tecnica come pittore di cavalletto, frescante e restauratore.
I suoi primi dipinti, memori per l'impostazione disegnativa di L. Sabatelli, le cui opere poté conoscere grazie ai viaggi in Lombardia e in Toscana, rivelano anche l'influsso di F. Hayez. L'I. esordì nel 1834 nella mostra dell'Accademia ligustica esponendo La congiura di Gian Luigi Fieschi; nella stessa sede espose nel 1836 Il conte di Carmagnola condannato a morte dal Senato di Venezia si congeda dalla famiglia (già Genova, collezione Mario Carena: ripr. in Mostra di pittori liguri…, n. 9). Ancora nel 1836 presentò l'Assassinio di Alessandro de' Medici, che, insieme con Il conte Ugolino del 1850, venne acquistato da collezionisti russi. Nel 1837 il dipinto La morte di Opizzino d'Alzate, che rappresentava la morte del tiranno avvenuta nel 1436 per mano del popolo genovese, generò un caso rivelatore delle posizioni giovanili dell'I. e del particolare momento storico vissuto dalla città.
Da una lettera del 1838 della madre di G. Mazzini, Maria Drago, al figlio si apprende come quell'opera avesse causato l'arresto dell'I., che venne tradotto a Torino ove fu sottoposto a lunghi interrogatori, in quanto nelle fattezze dei personaggi del dipinto erano state riconosciute quelle di vari ufficiali piemontesi, mentre nel gruppo dei congiurati era stata ravvisata l'identità di alcuni giovani patrioti. Vivo interesse aveva suscitato questo avvenimento in Mazzini che nella corrispondenza avrebbe interrogato ancora la madre per conoscere l'esito del fatto.
Nel 1841 l'I. era stato nominato pittore storico onorario di Carlo Alberto. Della sua produzione come pittore di corte in Torino restano poche opere: il dipinto Alcuni drappelli de' dragoni del re sbaragliano i Francesi sotto Mondovì del 1844 (Torino, basilica di Superga: Rosci, 1980) e una Strage degli innocenti del 1851 (Torino, palazzo reale); mentre assai più cospicuo fu il suo ruolo nell'ambito della politica di promozione delle arti, fortemente autocelebrativa, cui i Savoia diedero vita in Genova, convocando quella "graziosa elezione di artefici, che tutti si vollero nostri, e d'ingegno provato e capaci di nobile emulazione" (Alizeri, 1875, p. 437) per la decorazione del palazzo reale. L'acquisto da parte dei Savoia del palazzo di M. Durazzo era avvenuto nel 1822; per gli interventi decorativi degli anni Quaranta - in coincidenza con le nozze di Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena (1842) - furono chiamati a partecipare all'impresa, oltre all'I., M. Canzio, S. Varni, G. Frascheri, N. Traverso, G. Ghezzi. L'I. vi realizzò affreschi con soggetti mitologici, ove più sensibile è l'influsso della pittura di L. Sabatelli, estendendo il proprio intervento tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta dell'Ottocento. Del 1843, firmato e datato, è l'affresco con Giano che consegna a Giove le chiavi del tempio della Guerra nel soffitto della sala delle udienze; ancora degli anni Quaranta, nel salone da ballo, su progetto di Canzio e in concomitanza con la ricca decorazione in stucchi di Varni e Ghezzi, è la composizione con Giove che manda sulla terra la Giustizia e la Prosperità, nel cui soggetto è contenuto il riferimento all'azione riformatrice di Carlo Alberto. Nella volta dello studio trovò luogo il Riposo di Giove accanto agli ornati di Canzio; mentre è del 1864 l'intervento nella loggia del palazzo, su commissione di Oddone di Savoia duca di Monferrato, con un Nettuno con Tritoni.
Altre sue partecipazioni a imprese decorative pubbliche furono, nel 1865, l'affresco raffigurante il Commercio dei Liguri nel salone del Maggior Consiglio di palazzo ducale (Sborgi, 1987, fig. 342) e, nel 1871, il Trionfo della Scienza in Liguria per il soffitto dell'aula magna dell'Università di Genova, in cui il linguaggio accademico è volto al recupero di schemi neobarocchi. Dell'affresco semidistrutto nel corso della seconda guerra mondiale si conservano alcuni frammenti presso la stessa Università. Il recupero di stilemi neobarocchi si può ritrovare nelle numerose decorazioni di edifici religiosi, tra cui si ricordano gli affreschi per la cappella Serra nella chiesa dell'Annunziata del Guastato, del 1840 circa; gli affreschi nella chiesa di S. Giorgio, del 1857; quelli in S. Francesco da Paola; e quelli in S. Maria della Consolazione, del 1874.
L'I. consolidò una posizione di vera e propria egemonia culturale nell'ambiente artistico genovese, divenendo nel 1845 accademico di merito dell'Accademia ligustica di belle arti, presso la quale detenne un incontrastato dominio per oltre un ventennio, dirigendo dal 1848 al 1851 la scuola elementare di disegno, quella di disegno dal rilievo e dal nudo dal 1851 al 1871 e di studio dal vero dal 1872. Accademico di S. Luca e socio delle Accademie di Bologna e di Perugia. Fu pittore domestico di Maria Brignole Sale De Ferrari duchessa di Galliera (presso la Biblioteca Berio di Genova è conservata la corrispondenza scambiata tra il 1867 e il 1888 con la duchessa su argomenti inerenti l'attività di collezionismo, la tutela e la conservazione, l'esecuzione di dipinti e affreschi, come nel caso del Samaritano per l'atrio dell'ospedale Galliera in Carignano, la ricerca di notizie storico-artistiche) e primo conservatore delle Gallerie dei Palazzi Rosso e Bianco. Fu legato da stima e amicizia a M. d'Azeglio e G. Verdi. Tra le sue lettere conservate presso la Biblioteca Berio si ricordano quelle scambiate con N. Barabino, suo allievo, e con G. Monteverde, oltre alla corrispondenza intrattenuta tra il marzo e il luglio del 1858 con F.D. Guerrazzi - presente a Genova tra il 1856 e il 1862 - per dar vita a un "giornale e biografico e fotografico" di artisti italiani. Fu inoltre amico di G. Duprè, che, da Firenze il 15 genn. 1861, lo ringraziava per la solidarietà dimostratagli nella circostanza di una "persecuzione di colore politico mossagli contro per aver accompagnato il Ss. Sacramento" (Genova, Bibl. civica Berio, m.r. I.7.1/11).
Molto intensa fu la sua attività di ritrattista, di cui veniva celebrata la verosimiglianza e la freschezza d'impronta dell'effigie, come è evidenziato in un sonetto di ringraziamento composto nel 1882 dal poeta G.C. Daneo, ritratto dall'I. (ibid., m.r. I.7.5). Di questa attività si ricordano il Ritratto di Pio IX eseguito nel 1847 durante un suo soggiorno romano e donato all'Accademia ligustica, quello di Nicolò Paganini del 1835 e quelli del Dottor Guasconi, di Monsignor Ridolfo Brignole Sale, tutti conservati presso la Civica Galleria d'arte moderna di Genova-Nervi; un Ritratto d'uomo del 1860 (Genova, Palazzo Rosso); e un Ritratto di bambina (Rocchiero, fig. 92). Spicca, se messo a confronto con l'aulico linguaggio della sua vasta produzione ufficiale, il dipinto Lo studio del pittore (Genova, palazzo della Provincia: Sborgi, 1987, fig. 341) per la freschezza verista che lo avvicina a prove pittoriche di G. Migliara e G. Canella.
Già nel 1857 l'I. aveva inoltrato richiesta alla Galleria dei ritratti degli Uffizi di Firenze di poter inviare un proprio autoritratto; ed è da ritenersi di questo periodo il dipinto che venne donato il 13 ag. 1863 dall'I. all'Accademia ligustica (inv. 457). Esposto alla mostra della Società promotrice genovese del 1864 e all'Esposizione artistico-archeologico-industriale di Genova del 1868, l'Autoritratto spicca per la sua forte caratterizzazione verista, lodato da A. Merli e da F. Alizeri. La richiesta dell'opera da parte degli Uffizi giunse all'I. nel 1868; nel 1870 l'I. inviò a Firenze un Autoritratto che è da ritenersi replica del dipinto esistente presso le collezioni dell'Accademia ligustica.
L'I. morì a Genova il 21 luglio 1893.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. civica Berio, Archivio Isola, m.r. I.7.5: Dattiloscritto "G. I."; m.r. I.7.1/11: Elenco manoscritto "Documenti sul pittore G. I. (1808-1893) e lettere di personalità a lui indirizzate"; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno della Liguria dalla fondazione dell'Accademia, III, Genova 1866, pp. 427-429, 434; Id., Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, p. 437; Maria Mazzini Drago. La madre di Giuseppe Mazzini: carteggio inedito, a cura di A. Luzio, Torino 1919, p. 189; Mostra di pittori liguri dell'Ottocento (catal.), a cura di O. Grosso, Genova 1938, pp. 45 s.; M. Rosci, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del re di Sardegna 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, Torino 1980, I, p. 426; M.C. Gozzoli, ibid., III, p. 1453; V. Rocchiero, Scuole, gruppi, pittori dell'Ottocento ligure, Genova-Savona 1981, pp. 111 s.; F. Sborgi, L'Ottocento, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1987, ad indicem; Il Museo dell'Accademia ligustica di belle arti, Genova 1988, p. 130; F. Sborgi, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, ad indicem; C. Olcese Spingardi, ibid., II, pp. 872 s.; L. Malfatto, Fondi manoscritti contemporanei della Biblioteca civica Berio, in Archivi letterari in Liguria fra '800 e '900, Genova 1991, pp. 64-66; Palazzo reale di Genova. Studi e restauri 1993-1994, a cura di L. Leoncini, Genova 1997, p. 72.