Giuseppe II d'Asburgo
Un riformatore sul trono imperiale
Figlio e successore di Maria Teresa d'Austria, è considerato uno dei protagonisti del periodo dell'assolutismo illuminato, espressione usata dagli storici per sottolineare la politica adottata nella seconda metà del Settecento dai sovrani di molti paesi europei con l'obiettivo di risanare le finanze, imprimere sviluppo all'economia e rafforzare lo Stato attraverso un vasto programma di riforme
Figlio di Francesco I di Lorena-Toscana e di Maria Teresa d'Asburgo, Giuseppe II (nato a Vienna nel 1741) fu eletto imperatore del Sacro Romano Impero nel 1764; alla morte del padre (1765) venne associato al trono d'Austria dalla madre, alla quale nel 1780 subentrò come unico sovrano.
In politica estera Giuseppe II tentò di rafforzare i confini orientali e balcanici del suo vasto ed eterogeneo dominio che comprendeva, oltre ai territori austriaci, la Boemia, l'Ungheria, i Paesi Bassi, il ducato di Milano e diverse aree dei Balcani. In accordo con il re di Prussia Federico II, partecipò alla prima spartizione della Polonia, un regno tanto ampio quanto debole sul piano della direzione centrale, annettendo all'Austria le regioni della Galizia e della Lodomiria (1772-73). Condusse quindi una breve guerra contro i Turchi, ai quali sottrasse la Bucovina (1775), regione dell'Europa orientale oggi divisa tra Romania e Ucraina e compresa tra il fiume Dnestr e i Carpazi orientali. Esiti negativi diede invece una successiva guerra antiturca condotta in alleanza con la zarina di Russia Caterina II (1788).
In politica interna, proseguendo l'opera intrapresa da Maria Teresa, procedette nella riorganizzazione dello Stato, che sotto di lui assunse una struttura di tipo burocratico, ossia centralizzata e gerarchica. Nel 1787 adottò un codice penale ispirato, secondo alcuni, ai valori dall'Illuminismo in quanto prevedeva un uso limitato della pena di morte, l'abolizione della tortura e l'eguaglianza delle pene per tutti i sudditi. Con provvedimenti clamorosi presi tra il 1781 e il 1785 abolì la servitù della gleba, che esisteva in Boemia e in Ungheria, concedendo ai contadini la libertà di movimento, e soppresse sia le decime, ossia le percentuali di raccolto che i coltivatori erano obbligati a versare al clero, sia le corvée, che consistevano in lavoro gratuito eseguito nelle terre dei signori.
Grande scalpore suscitò la politica nei confronti della Chiesa cattolica, condotta nello sforzo non solo di sottoporre il clero al controllo dello Stato, ma anche di stabilire l'intervento diretto dello Stato nella sfera spirituale in vista di una semplificazione delle devozioni (prediche, Messe, sepolture, processioni). Tale fu il senso dei decreti con cui furono sciolti interi ordini religiosi perché giudicati inutili alla società, aboliti molti privilegi del clero e soppresse diverse festività religiose, ridotto il numero delle processioni, vietato il culto delle reliquie e semplificato tutto l'apparato cerimoniale. Nel 1781 Giuseppe II emanò un Editto di tolleranza con cui concedeva la libertà di culto ai sudditi protestanti e greco-ortodossi e garantiva agli ebrei, fino allora discriminati, gli stessi diritti di tutti gli altri sudditi. Fu un evento di portata rivoluzionaria perché la tolleranza religiosa diventava per la prima volta in Europa una norma di legge.
La politica di Giuseppe II suscitò l'opposizione di tutti i gruppi sociali: non soltanto dei ceti nobiliari colpiti nei loro privilegi, ma anche delle masse popolari, malcontente delle riforme in materia di religione che le privavano delle tradizionali pratiche di culto. Il tentativo di imporre l'accentramento in tutto l'impero, sopprimendo le autonomie locali, finì col provocare la rivolta dell'Ungheria e la rivoluzione nei Paesi Bassi austriaci, che si separarono da Vienna costituendosi negli Stati Uniti del Belgio (1789). Alla sua morte, nel 1790, la maggior parte della legislazione giuseppina fu revocata dal successore, il fratello Leopoldo II.