GUINDANI, Giuseppe
Nacque a Mantova il 29 marzo 1886 da Lucio e Carlotta Baratti. Con V. Nodari Pesenti, A. Bresciani, M. Moretti Foggia, A. Monfardini e M. Lomini fece parte, insieme con pochi altri artisti mantovani, della cosiddetta "generazione dell'Ottanta" (Bartoli, p. 17). Dopo aver intrapreso gli studi tecnici, sulle orme del padre ingegnere, nel 1908 si iscrisse alla R. Accademia di belle arti di Brera e nel 1909-10 alla scuola libera di nudo del R. Istituto di belle arti di Venezia.
A Milano frequentò i corsi di C. Tallone, G. Mentessi e le lezioni di scultura di E. Buti; ebbe come compagni di studi A. Bucci, A. Bonzagni, A. Carpi, L. Dudreville, i mantovani Bresciani e Lomini; si legò con vincoli d'amicizia a C. Carrà, A. Funi, U. Nebbia e A. Costantini. A Venezia seguì i corsi del pittore L. Nono ed entrò in contatto con il gruppo di giovani secessionisti legati a C. Barbantini e alla galleria di Ca' Pesaro.
In quegli anni il G. si affrancò dalla pittura naturalista ancora impastata dai chiaroscuri del colore lombardo, pur rivisitato dall'esempio virtuosistico del maestro Tallone, per privilegiare una tavolozza chiara, dalle tinte calde e sature di luce impiegate in una pittura ariosa, vibrante, libera da intonazioni accademiche. Opere come Barconi a Venezia (1910), Contadino al sole (1911) e Riposo (1911), tutte in collezione privata mantovana, denunciano i modelli culturali di riferimento, che fondono la lezione costruttivista di P. Cézanne con quella sintetica di P. Gauguin, senza rinunciare alla restituzione emozionale dei soggetti di natura reinterpretati attraverso la lezione fauve.
Nel 1911 tornò a Mantova dove, fatti salvi alcuni soggiorni in Engadina (1913, 1921) e sul lago di Garda, si dedicò alla pittura che, nutrita dalla conoscenza critica dell'arte europea, concepì come una serie di "studi", fondendo in un linguaggio autonomo e franco istanze simboliste e secessioniste di marca nordica al servizio dell'introspezione psicologica dei personaggi ritratti (Professoressa dimatematica, 1910; Ragazza nell'aia, 1911; Signora in poltrona, 1916: Mantova, collezione privata).
Il segno che perimetra la figurazione espansa, la rinuncia all'ombra, il sicuro dettato plastico e la vibrante cromia danno luogo a una condensazione di linea, colore e immagine costante della sua produzione (Il montanaro, 1912; Giovinetta in bianco, 1913: ibid.). Lo sguardo indagatore e lucido con il quale il G. guarda la realtà si nutre di una vena ironica e di una superiorità di giudizio che lo apparenta a H. de Toulouse-Lautrec o a G. Boldini, secondo suggestioni dovute alla frequentazione di Bonzagni.
Nel dicembre 1915 partecipò con trentadue dipinti alla Mostra artistica mantovana pro mutilati e orfani di militari caduti in guerra, allestita a palazzo ducale, attirando l'attenzione di U. Boccioni, che negli Avvenimenti (1916) invitava l'artista a penetrare il volume e la forma, a frenare la naturale disposizione alla vena coloristica. Il risultato di tale processo di condensazione plastica avvenne negli anni Venti, in coincidenza con alcune esposizioni. Fra le tante si segnala nel 1921 la personale, con Monfardini, nelle sale delle Società del Casino a Mantova, circostanza nella quale il Comune acquistava per la costituenda Galleria d'arte moderna il dipinto Mantova dalla finestradello studio (1920: Mantova, Museo civico di Palazzo Te). Nello stesso anno espose alla Mostra artistica mantovana in palazzo ducale; la primavera seguente fu presente alla Permanente di Milano. Nel 1922 si presentò con Mele alla XIII Biennale di Venezia (Milano, collezione privata); e partecipò a quella del 1924 con Le amiche (1922), oggi nella sezione moderna dei Musei Vaticani.
In questi dipinti il colorismo di stampo veneto si contamina con la ricerca formale di Valori plastici, annunciando il precipitare della sua pittura in un "novecentismo" autonomo. Il G. mira alla costruzione plastica e insieme alla resa obiettiva della veduta che inclina a valenze metafisiche, per sospensioni narrative che imprigionano lo sguardo in interni dove di figura in figura si dipana il racconto intimistico degli affetti famigliari. Alcune opere - La bimba e il Pierrot (1924: Mantova, collezione privata), presentata alla I Esposizione fiumana internazionale di belle arti nel 1925, nel 1927 alla IV Mostra d'arte del Sindacato artisti mantovani a palazzo ducale, oltre che alla Fiera d'arte mantovana curata l'anno seguente dalla Camera di commercio di Mantova; La vestina nuova (ibid.), accettata alla XV Esposizione internazionale d'arte della città di Venezia; Tentazioni (ibid.), ultima presenza del G. alla XVI edizione della Biennale del 1928; Il cieco all'osteria (Mantova, Museo civico di Palazzo Te) - condividono la tensione metafisica di Bucci, F. Casorati, U. Oppi, A. Tosi, E. Malerba, con in più un'inquieta propensione simbolista che si ritrovò nella pittura degli anni Trenta.
Sono questi gli anni del ritiro a Malcesine, sul lago di Garda, nel mondo privato degli affetti. Il G. trovò nelle trasparenze del lago e nell'Engadina segantiniana il luogo della pittura, dove coniugò nitore plastico con improvvise luci e distensioni tonali derivate dal Gauguin visto alla XVI edizione internazionale veneziana. Tuttavia non si può parlare in questi anni di chiusura alla ricerca: il G. perseverò nei suoi "studi" ed espose nel corso del terzo decennio del Novecento alle rassegne d'arte del Sindacato regionale fascista belle arti di Lombardia, allestite alla Permanente di Milano e alle mostre provinciali di pittura e scultura promosse dal 1931 al 1944 nell'ambito delle Settimane artistiche mantovane. Nel 1939 partecipò al premio Cremona, sostenuto da R. Farinacci, con il grande dipinto A Monaco noiabbiamo operato per la pace e la giustizia, sotto il motto Ardere (ubicazione ignota: ripr. in occasione di una manifestazione a Cremona sulla rivista Il Regime fascista, 4 giugno 1939). Sempre nello stesso anno ordinò con Nodari Pesenti la Mostra dei pittori, scultori e incisori mantovani dell'800 e '900, nella quale la critica segnalò i suoi dipinti di paesaggio, di pura impressione visiva.
Poi sino alla fine della guerra fu il silenzio pubblico: non quello della pittura, però, che in quel momento significò sfondamento dei piani, allargamenti delle luci e compenetrazione della visione del naturale con quella pittorica, di estrema liquescenza del colore nella forma, senza tuttavia far pensare a una produzione di marca chiarista.
Nel 1945, al termine della seconda guerra mondiale, il Comitato di liberazione nominò il G. commissario dell'Associazione artisti mantovani insieme con lo scultore A. Bergonzoni; allo stesso anno risale la sua ultima partecipazione pubblica, alla collettiva organizzata alle Concole di Mantova.
Il 17 dic. 1946 il G. morì improvvisamente a Mantova.
La sua opera iniziò a essere sistemata criticamente in occasione di personali (galleria Bolzani di Milano del 1949, rassegna del palazzo della Ragione a Mantova del 1951) e dell'antologica inaugurata alla presenza di Carrà alla Barbaroux di Milano (1957). Oltre a diverse personali degli anni Sessanta, si ricordano nel 1975 l'antologica con opere dal 1910 al 1931, promossa dall'Ente manifestazioni mantovane, e nel 1980 quella nel chiostro di S. Francesco di Mantova, in occasione della quale uscì la monografia sul G. di F. Solmi. Nel 1999 il G. fu incluso nella rassegna storica Arte a Mantova 1900-1950, curata da Z. Birolli al Palazzo Te.
Dipinti dell'artista figurano nelle collezioni pubbliche mantovane del Museo civico di Palazzo Te, della Galleria d'arte moderna della Provincia (Autunno a Garda e Porto a Garda, s.d.), della collezione della Banca agricola mantovana (La pozza e Il rio, 1943), del Museo diocesano Francesco Gonzaga (Ritratto di don Igino Rossini, 1930; Ritratto di mons. Anacleto Trazzi, 1938), della Camera di commercio (Porto Catena, 1928; Tremosine, 1937); ma anche nella Galleria d'arte moderna di Milano (Nel giardino, 1936).
Fonti e Bibl.: U. Boccioni, Le arti plastiche. Mostra artistica mantovana, in Gli Avvenimenti, 5-12 marzo 1916, pp. 5 s.; G. G. (catal.), a cura di A. Carpi - V. Costantini, Mantova 1951; E. Farina, G.G. (catal.), Mantova 1975; F. Solmi - M. Pasquali, G. G., Bologna 1980; F. Bartoli, Pittura a Mantova nei primi cinquant'anni del Novecento, Mantova 1998, pp. 17, 19 s.; A. Righetti - G.M. Erbesato - C. Bondioli Bettinelli, Il Garda e la pittura mantovana tra le due guerre (catal.), Mantova 1999, pp. 6 s., 18, 21, 42 s.; Arte a Mantova 1900-1950 (catal.), a cura di Z. Birolli, Milano 1999, pp. 14, 16, 34 s., 102, 140; R. Casarin, ibid., pp. 175 s.; Id., in Arte e arti. Le collezioni camerali, a cura di G. Algeri - G.M. Erbesato, Mantova 2001, pp. 106-109; Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Diz. biografico, a cura di Ad. Sartori - Ar. Sartori, III, Mantova 2001, pp. 1487-1502 (con ampia bibliografia e riferimenti alle opere conservate in collezione privata).