GRAZIOLI (sino al 1842 anche Graziolli), Giuseppe
Nacque a Lavis, presso Trento, il 28 dic. 1808, primogenito di Andrea e Paola Brugnara. Perso a cinque anni il padre, "possidente di professione contadina", riuscì a proseguire gli studi grazie a quanto aveva ereditato.
Dal 1823 al 1829 il G. frequentò il ginnasio di Rovereto. Nel frattempo maturò in lui la vocazione religiosa e il 15 ag. 1829 ricevette la tonsura. Passò quindi a Trento, sino al 1833, per frequentare l'I.R. Istituto filosofico e continuare gli studi nel seminario trentino, concludendoli nel 1835. Fu ordinato sacerdote il 13 dicembre, il 10 genn. 1836 fu nominato secondo cooperatore, con compiti di organista, del decanato di Strigno, in Valsugana. Qui mise in mostra un impegno pastorale profondo quanto l'interesse verso il restauro dei vecchi organi dei paesi vicini.
Tra l'agosto e l'ottobre del 1841 il G., accompagnato dall'amico A. Strosio, compì il suo primo viaggio all'estero, visitando l'Italia attraversandola da Nord a Sud, alternando luoghi storici e religiosi: un itinerario che rese più profonda da un lato la sua vocazione ecclesiastica, a contatto con la povertà delle popolazioni di Napoli e Roma (qui in contrasto con lo sfarzo della corte pontificia), dall'altro quella "nazionale", che lo portò progressivamente a identificare la patria con la nazione italiana.
Al rientro, nel 1842, il G. fu nominato curato di Ivano-Fracena, piccolo borgo nei pressi di Strigno, dove non vi era né una chiesa, né tanto meno una scuola, e le cerimonie religiose venivano officiate in una cappella all'ingresso del paese; qui ebbe modo di mettere in evidenza la sua abilità organizzativa, ingrandendo la canonica al punto da contenere un locale per la messa e un altro da adibire ad aula scolastica, non senza trovare spazio per la coltivazione di bachi da seta cui negli anni successivi si sarebbe dedicato a fondo.
Furono probabilmente la sua decisa intransigenza e la fede patriottica a renderlo inviso ad alcuni vicini e, soprattutto, alle autorità politiche, causandogli, nell'aprile 1848, in concomitanza con l'insurrezione nel Lombardo-Veneto, la breve deportazione nel carcere di Innsbruck.
Il G. fu definito, da una nota di polizia del 1° giugno, "caldo e fanatico sostenitore della causa italiana". Dopo molti inviti del tribunale criminale e del capitanato circolare perché moderasse la sua "simpatia verso la ribellione in Italia e […] l'avversione contro il governo austriaco" abbandonando Ivano-Fracena, il 27 luglio, su imposizione dell'ordinario, il G. si recò presso i cappuccini di Trento per evitare di provocare scandalo e sgomento, essendo imminente il suo arresto per alto tradimento. La cattura, infatti, avvenne il 14 agosto.
La detenzione fu breve: già il 28 agosto tutti gli arrestati vennero liberati. L'azione pastorale del G. riprese a tutto campo, come si vide tra il 1855 e il 1856 durante l'epidemia di colera scoppiata a Strigno. Ma ormai la sua attività si stava indirizzando verso Oriente: i suoi primi esperimenti sui bachi da seta, infatti, avevano dato ottimi risultati, tanto che già nel 1857 era stato premiato all'Esposizione agraria di Trento. In lui l'interesse per la bachicoltura si saldava con un atteggiamento filantropico, dato lo stretto collegamento tra l'allevamento del baco da seta, la coltivazione del gelso e la lavorazione dei bozzoli con l'economia e il tenore di vita della società contadina e preindustriale.
Tra il '56 e il '57, comparve anche in Trentino la pebrina, una malattia del baco da seta, le cui conseguenze furono subito nefaste. Il 1858 fu un anno assai difficile per l'agricoltura, con la vite colpita dalla crittogama e gli altri raccolti falcidiati dal maltempo. L'apparizione nel 1858 della crittogama favorì la costituzione nello stesso anno - nel '57 era nata a Rovereto la prima Società bacofila di A. Pedrini - del Comitato circolare seme-bachi, col compito di studiare rimedi igienico-sanitari e individuare un seme sano per ripopolare le colture trentine.
A riprova della sua affidabilità scientifica e umana, il G. venne investito del compito di svolgere tali missioni. Risale appunto al 1858 il primo dei suoi undici viaggi di studio, compiuto in Dalmazia e privo di risultati perché conclusosi con il ritrovamento di esemplari di seme già infetto. Infruttuoso, anche a causa dell'imperizia di altri compagni di viaggio, fu quello dell'anno successivo, in direzione di Bucarest. Nel 1860, partito con il solo ausilio di un servitore e diretto nuovamente a Bucarest, il G. riuscì a trovare un seme che, dopo un travagliato rientro da Costantinopoli a Trieste, si rivelò non completamente sano. I guadagni ottenuti dalla vendita del seme rumeno convinsero il comitato a inviare, il 1° apr. 1861, il G. in Asia minore, dove la pebrina non aveva ancora attecchito e dove furono conclusi buoni acquisti a Smirne (2 maggio) e a Salonicco (4 luglio). La quinta spedizione, iniziata a metà maggio 1862, consentì al G., in condizioni particolarmente difficili per i lunghi spostamenti a dorso di mulo o a cavallo, approvvigionamenti in Macedonia e a Bucarest. Con il sesto e ultimo viaggio (1863) furono raccolte 17.000 once di seme tra i circassi del Caucaso, in Georgia e in Russia.
Dopo sei anni di ricerca i risultati non erano ancora definitivi: nel 1864 scoppiò una protesta tra i contadini, che, a causa del persistere di situazioni di contagio anche negli allevamenti più isolati, giunsero a sradicare i gelsi. Il G. e il comitato vennero messi sotto accusa per aver sottovalutato l'estensione dell'area infetta, ormai giunta anche in Oriente. La notizia che, al contrario, in Lombardia aveva avuto successo l'impianto di un seme giapponese, convinse il G. a volgersi verso l'Estremo Oriente, vincendo le difficoltà economiche dell'organizzazione del lungo viaggio: un viaggio inteso come una necessità pastorale, "chiamato dal paese ed esortato dal vescovo", che iniziò ad Ancona, dove il G. si imbarcò alla volta del Giappone nel luglio 1864. Non si hanno particolari notizie su questo viaggio; delle quattro spedizioni seguenti, effettuate tra il 1865 e il 1868 in Giappone, restano invece maggiori notizie.
Si tratta di itinerari di durata relativamente breve (4-6 mesi), finalizzati all'acquisto del seme-bachi, con tappe a Suez, Ceylon, Singapore, Hong Kong, Shanghai, con meta finale Yokohama, vicino a Tokyo. L'unica eccezione venne dalla quarta escursione (aprile-dicembre 1867), compiuta in senso opposto per poter visitare l'Esposizione universale di Parigi: di qui il G. arrivò a Londra, quindi si imbarcò a Liverpool per New York, proseguendo, per Panama e San Francisco, sino in Giappone. Nel 1868, invece, arrivato ad Alessandria d'Egitto, fece una veloce digressione a Gerusalemme per visitare la Terrasanta.
Dopo undici anni di viaggi, il G. poté considerare esaurita la sua missione (lo stesso Comitato seme-bachi si sciolse nel 1875), rivolgendosi verso altri obiettivi, come il "fondo per la futura scuola di agricoltura del Trentino", istituito nel 1869 con donazioni personali e atti di liberalità di privati. In seguito, oltre che per la scuola di agricoltura, attiva poi dal 1873 al 1882, il G. si adoperò per la creazione di una "casa di correzione per discoli" e per isolare la cattedrale di Trento dalle abitazioni vicine, ipotesi poi stornata a favore della costruzione del monumento a Dante Alighieri, eretto in città nel 1896.
Pur nominato alla Dieta del Tirolo per i distretti di Borgo, Levico e Strigno, il G. non vi partecipò mai, preferendo dedicarsi a incarichi più immediati, come quello di ispettore scolastico della sua zona (1870-80). Sin dal rientro dopo l'ultimo viaggio, si trasferì a Villa-Agnedo, nella residenza che aveva acquistato nel 1859 nei pressi di Ivano-Fracena, rinunciando alla cura d'anime.
Il G. morì, ormai cieco, a Villa-Agnedo il 27 febbr. 1891.
Fonti e Bibl.: La gran parte delle note e dei manoscritti del G. sono conservati presso la Biblioteca civica di Trento (mss. 2671-2684, 2703, 3633); un'indicazione complessiva delle fonti archivistiche e della bibliografia in E. Pontello Negherbon, Per una ricostruzione della vicenda di don G. G., in Studi trentini di scienze storiche, LXIV (1985), 3, pp. 289-342 e L'eredità di don G. G., ibid., 4, pp. 495-540; Id., G.: un prete per il riscatto del Trentino (1808-1891),gli scritti, le opere, i viaggi, Trento 1991. Cfr. inoltre: O. Brentari, Il cieco di Villagnedo, in L'Illustrazione italiana, 20 apr. 1890; L. Canella, Contributo per la storia dell'industria serica austriaca, II, Trento 1901, pp. 3-25; A. Pasolli, Don G. G., Rovereto 1902; Alpinus [C. Battisti], Un buon prete, in Il Popolo, 1° giugno 1912; A. Zieger, Un diario sconosciuto di don G. G., Trento 1926, pp. 1-19; L. Bonomi, Naturalisti medici e tecnici trentini, Trento 1930, pp. 71 s.; B. Rizzi, Nel cinquantenario della morte di G. G., in Trentino, XIX (1941); A. Zieger, L'agitazione politica nel Trentino dal maggio 1848 al gennaio 1849, Trento 1949, pp. 1-40; A. Leonardi, Il setificio austriaco tra crisi e intervento pubblico (1870-1914), in Studi trentini di scienze storiche, LXIII (1984), pp. 361-400 (in partic. pp. 372 s.).