GOVONE, Giuseppe
Nacque il 19 nov. 1825 a Isola d'Asti da una famiglia della piccola nobiltà, secondogenito di Ercole e di Francesca Mussi. Allievo della R. Accademia militare di Torino dal 16 marzo 1836, il 27 ag. 1844 venne nominato sottotenente, trattenendosi, poi, in Accademia un altr'anno "per compiere i suoi studi nelle Armi Dotte" e uscendone il 28 sett. 1845 come luogotenente in soprannumero nel corpo reale di stato maggiore. Luogotenente effettivo dal 1847, partecipò alla campagna del 1848, dapprima con la brigata "Bes" e poi con la divisione "De Sonnaz", distinguendosi all'assedio di Peschiera e poi negli scontri di Volta e di Cerlungo. Ottenne così una prima medaglia d'argento al valor militare, e dopo l'armistizio, promosso capitano il 14 ott. 1848, fu incaricato di missioni politico-militari in Toscana e a Bologna. Alla ripresa delle ostilità, addetto alla divisione "La Marmora", appena giunsero le prime notizie dell'infausto scontro venne inviato al quartier generale di Novara che riuscì a raggiungere, attraversando lo schieramento nemico, soltanto al termine della battaglia. Tornato alla sua divisione, si diresse con questa contro Genova insorta contro il governo regio. La città fu riconquistata in due giorni e il G. che, assegnato alle avanguardie, aveva alternato audacia e diplomazia, fu uno degli artefici del successo. Una seconda medaglia d'argento al valor militare ne avrebbe successivamente ricompensato i meriti. In quello stesso 1849 era poi inviato in missione presso il corpo di spedizione francese che assediava Roma.
Posto in aspettativa dal 27 nov. 1849, ufficialmente per motivi di famiglia, il G. si recò a Vienna e a Berlino per studiarne le istituzioni militari: le sue relazioni, tenute in considerazione a Torino, non mancarono di influenzare la riforma dell'esercito sardo attuata da Alfonso Ferrero della Marmora, riforma cui contribuì anche direttamente dopo il rientro in servizio alla fine del 1850.
Nel 1853 il G. fu inviato in missione presso l'esercito turco che stava per essere impegnato contro la Russia nei Principati danubiani. Oltre a conferirgli due decorazioni, il governo ottomano apprezzò i suoi suggerimenti, specie per quanto atteneva alle fortificazioni di Silistria, e gli propose di passare al suo servizio con il rango di generale. Entrate nel conflitto anche Francia e Gran Bretagna, il G., che il 9 ott. 1854 era stato promosso maggiore di fanteria, fu posto al seguito delle truppe franco-inglesi in Crimea e il 25 ottobre partecipò alla carica della brigata leggera britannica a Balaclava, restando contuso e meritando la croce di cavaliere dell'Ordine del Bagno. Dopo un breve ritorno in patria nel febbraio 1855, ai primi di maggio era di nuovo in Crimea come addetto allo stato maggiore del corpo di spedizione sardo, che era stato organizzato tenendo presenti anche le osservazioni e i suggerimenti da lui in precedenza inviati a Torino. Il 16 agosto, alla Cernaja, meritò per il suo comportamento una "menzione onorevole"; l'8 settembre, distaccato presso le truppe francesi sotto Sebastopoli, restò nuovamente contuso. Al ritorno in Piemonte (maggio 1856) le "militari benemerenze" della Crimea gli valsero la croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia e, il 29 ottobre successivo, la nomina a vicedirettore dell'ufficio militare dello stato maggiore.
Nella preparazione della campagna del 1859 contro l'Austria fu notevole il peso del G. sia per quanto riguardava il coordinamento con i Francesi sia in merito al servizio informazioni- che gli fu affidato ufficialmente il 24 aprile, subito dopo la promozione a tenente colonnello-, e che durante la fase iniziale della campagna, con le zone di confine invase dal nemico, avvalendosi di carabinieri in borghese e di contrabbandieri, di messi a cavallo e di piccioni viaggiatori, rese servizi di eccezionale utilità.
Nella seconda fase, offensiva, della campagna, cui presero parte anche tre dei suoi fratelli, il G. fu presente a Magenta e poi a San Martino, dove ebbe modo di distinguersi nell'attacco alla Controcania, ottenendo la promozione a colonnello per merito di guerra. Il re, che lo apprezzava, aveva già scritto di lui al Cavour: "ho già Govone […] famoso soldato, riunendo la scienza col coraggio".
Il 15 marzo 1860 il G., che il 20 sett. 1859 aveva sposato Laura Vicini, venne nominato capo di stato maggiore del corpo misto dell'Etruria, divenuto subito dopo 3° gran comando militare di Firenze. Il 14 giugno fu nominato comandante della brigata "Forlì", della quale doveva curare l'effettiva costituzione, e, promosso maggiore generale il 15 ottobre, fu inviato nel maggio successivo, con la sua brigata, nelle province meridionali da poco annesse. Dopo una iniziale dislocazione nell'Aquilano, il G., al comando delle truppe schierate lungo la frontiera pontificia, da Gaeta, sede del suo comando, fino a Tagliacozzo, si trovò a operare contro il brigantaggio in una zona particolarmente delicata. Qui infatti il fenomeno vantava precedenti insigni fin dal 1799 e la situazione era resa più difficile dalla linea di confine, ardua da controllare per la facilità con cui i briganti, col favore delle autorità pontificie e degli aiuti forniti dalla corte borbonica riparata a Roma, la attraversavano. Nel periodo di permanenza all'Aquila e a Gaeta il G., oltre a operare con grande rigore e con indubbia efficacia sul piano militare, prese conoscenza della realtà politica e sociale delle regioni meridionali.
Una sua memoria inviata nel 1863 alla Commissione parlamentare sul brigantaggio era assai precisa e circostanziata per quanto riguardava le cause di questo fenomeno che il G. attribuiva, in primo luogo, al "misero stato del proletariato", poi all'amministrazione corrotta, alle rivalità locali tra i galantuomini e a una magistratura lenta e iniqua. Se per rimediare alla prima causa, soprattutto attraverso i lavori pubblici e un miglioramento delle retribuzioni, sarebbe occorso del tempo, il G. proponeva invece soluzioni più rapide per quanto atteneva agli altri punti: epurazione nelle file della magistratura e della pubblica sicurezza e concentramento dei compiti demandati ai prefetti nelle mani di tre o quattro commissari.
Il 27 sett. 1862 il G. fu destinato in Sicilia come comandante della 9ª divisione attiva, divenuta divisione militare territoriale di Palermo. Anche le condizioni della Sicilia erano assai difficili: a differenza delle province continentali del Mezzogiorno non c'era il brigantaggio politico, ma la situazione dell'ordine pubblico era ugualmente precaria. Le agitazioni, nate nel clima arroventato seguito ai fatti dell'Aspromonte, si sommavano all'attività di numerose e agguerrite bande di malfattori che imperversavano nelle campagne e che, data l'avversione che nell'isola aveva incontrato la coscrizione, si erano via via accresciute di diverse migliaia di disertori e renitenti alla leva. Per operare contro i malviventi e per procedere alla cattura di renitenti e disertori il G. utilizzò colonne mobili che rastrellavano le campagne e circondavano, isolandoli, paesi e cittadine, sospendendo talvolta l'erogazione dell'acqua e procedendo poi, nell'impossibilità di servirsi della collaborazione delle autorità municipali, a perquisizioni casa per casa. Il sistema dette discreti risultati nelle province occidentali dell'isola, con la cattura di circa 4000 renitenti e l'arresto o la costituzione di circa 1350 malviventi, ma provocò anche rimostranze giunte fino in Parlamento. Qui il G., che nel 1861 era stato eletto deputato per il collegio di Cittaducale, difese il proprio operato e vide approvata a larga maggioranza la propria linea di condotta in occasione di un'interpellanza presentata dall'onorevole V. D'Ondes Reggio il 5 dic. 1863. Alcune sue espressioni poco felici sulla Sicilia gli causarono però, al ritorno a Palermo, più di un problema, con manifestazioni ostili e un'ondata di duelli tra esponenti dell'opposizione e ufficiali che lo coinvolsero anche personalmente, ma che non gli furono d'impedimento alla promozione a luogotenente generale il 13 dicembre successivo e alla rielezione a deputato, sempre per il collegio di Cittaducale, il 10 genn. 1864. Venne poi trasferito al comando della divisione militare territoriale di Perugia il 14 settembre dello stesso anno.
Nel 1866 fu inviato in Prussia per concordare i termini di un'alleanza in funzione antiaustriaca, ciò che comportò trattative protrattesi per settimane e culminate l'8 aprile con la sottoscrizione di un trattato militare, siglato per l'Italia dal G. e dal conte G.C. Barral de Monteauvrard e per la Prussia dal cancelliere O. von Bismarck.
Al rientro in Italia il G. manifestò inutilmente la propria opposizione al piano operativo che prevedeva l'attacco di due masse separate, sul Mincio e sul Po. La mattina del 24 giugno le truppe della 9ª divisione, poste al suo comando, erano inizialmente di riserva; battuta però la divisione "Brignone", il G., senza attendere ordini, le fece avanzare e, sul finire della mattina, riprese monte Torre, l'abitato di Custoza e il Belvedere, resistendo poi sulle posizioni conquistate e respingendo per tre volte il nemico, senza però ottenere dal generale E. Della Rocca i rinforzi che, probabilmente, avrebbero potuto capovolgere l'esito finale dello scontro. Nel tardo pomeriggio l'attacco austriaco condotto con forze più che doppie ebbe lentamente la meglio: obbligato a iniziare il ripiegamento, il G. riuscì a sottrarsi all'inseguimento nemico. Nei giorni immediatamente successivi il G. si impegnò, sfiorando l'insubordinazione, per impedire la ritirata sull'Oglio e caldeggiò una spedizione su Trieste già da lui precedentemente proposta; fu invece destinato a una missione presso il quartier generale prussiano per cercare di ritardare l'applicazione dell'armistizio austro-prussiano, così da permettere all'esercito italiano di avanzare nel Veneto.
Alla pace il G. ottenne la croce di grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia "pel valore spiegato a Custoza" e la nomina a comandante della divisione militare di Ancona e successivamente di quella di Piacenza. Nel luglio del 1868 venne eletto deputato per il collegio di Spoleto. Intanto il 1° ag. 1867 aveva assunto il comando del corpo di stato maggiore che mantenne fino al 4 dic. 1869 quando, con molte esitazioni, accettò di entrare come ministro della Guerra nel gabinetto Lanza.
Il G. aveva accettato solo perché convinto dell'assoluta necessità di sostenere il programma del ministero, anche se questo prevedeva ulteriori riduzioni delle già scarse spese militari. Seguirono quindi mesi di lavoro febbrile reso più convulso da eventi interni (il tentativo di ammutinamento e la fucilazione del caporale P. Barsanti, l'ostilità di gran parte dei quadri militari) ed esterni (il conflitto franco-prussiano). Il lavoro e la tensione, aggravando una malattia preesistente, resero precarie le condizioni psichiche del G. che un durissimo attacco portatogli in Senato dal generale E. Cialdini il 3 ag. 1870 colpì ancor più profondamente. Nonostante ciò mantenne, seppure a fatica, la direzione del ministero e cominciò, anzi, ad allestire il corpo d'esercito che avrebbe occupato Roma. Ma un ulteriore peggioramento del suo stato mentale lo costrinse, il 7 sett. 1870, alle dimissioni.
Pur se nominato membro della Commissione permanente per la difesa dello Stato, il G. non era più in grado di prestare alcun servizio: ritiratosi in famiglia ad Alba, il 7 luglio 1871 lasciò ufficialmente il comando dello stato maggiore che aveva ripreso con le dimissioni da ministro. Ma il 25 genn. 1872 dopo avere eluso la sorveglianza dei familiari pose fine ai suoi giorni con un colpo di pistola.
Fonti e Bibl.: R0ma, Arch. del Museo centr. del Risorgimento, bb. 812, 836 (1-5), 837; Ibid., Arch. dell'Ufficio stor. dello stato maggiore dell'Esercito, Biografie, 34/66 e 93; Fondo G.11 (Brigantaggio), bb. 6, 10, 19, 19 bis, 19 ter; Fondo G.13 (Carteggio confidenziale-Gabinetto del ministro), bb. 3, 7, 8, 17; Fondo G.25 (Studi tecnici), b. 3; Fondo L.3 (Studi particolari), b. 302. Fondamentale per la biografia del G. è il libro del figlio Uberto, Il generale G. G.: frammenti di memorie, Torino 1902, costruito sulla documentazione rimasta in possesso della famiglia. Per quanto riguarda poi gli aspetti più propriamente militari e politici della sua carriera si possono citare: Ufficio storico dello stato maggiore, La guerra del 1859 per l'indipendenza d'Italia, I-II, Roma 1910-12, ad indicem; A. Moscati, I ministri del Regno d'Italia, III, Napoli 1960, pp. 220-237; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, ad indicem; O. Bovio, Storia dell'Esercito italiano (1861-1990), Roma 1996, ad indicem. Qualche spunto interessante è anche offerto da una biografia romanzata di G. Boatti, Cielo nostro, Milano 1997. Due momenti particolarmente significativi della vita del G. hanno formato argomento di due articoli comparsi sulla Nuova Antologia, il primo, redatto da L. Dal Verme, del 16 genn. 1902, Il generale G. a Custoza, il secondo del 16 marzo 1913, L'assedio di Silistria nel 1854 ed il generale G., di I. De Benedetti.