GORANI, Giuseppe
Nacque a Milano il 2 febbr. 1740, dal conte Ferdinando e dalla contessa Marianna Belcredi, entrambi di nobili famiglie pavesi i cui membri avevano ricoperto, e ancora ricoprivano, posizioni di rilievo nelle magistrature milanesi. Tra i suoi padrini vi fu lo zio Cesare Gorani, un valoroso generale, alla cui figura si ispirò in gioventù.
La biografia del G. è nota grazie ai celebri Mémoires pour servir à l'histoire de ma vie, che sono stati giudicati "una lettura sempre interessante e talvolta avvincente, una testimonianza storica e umana di prim'ordine" (Capra, 1998, p. XXV). Settimo di otto figli, trascorse un'infanzia turbata da dissidi laceranti in famiglia, culminati con l'interdizione del padre e il suo allontanamento dai territori della Corona asburgica. Entrato all'età di sei anni nell'imperial collegio dei nobili di Milano, eretto nel 1725 dai padri barnabiti accanto alle scuole di S. Alessandro, il G. vi rimase fino al 1757, quando in aperto contrasto con la madre che lo destinava alla carriera ecclesiastica fuggì per arruolarsi nel reggimento d'Andlau, allora di guarnigione a Milano. La guerra dei Sette anni lo portò in Austria, Boemia, Slesia, Sassonia e, dal dicembre 1759, in Prussia come prigioniero di guerra. A Berlino, dove si fermò quasi un anno, ebbe occasione di frequentare assiduamente J.-H.-S. Formey, segretario dell'Accademia, sotto la cui guida si avvicinò con passione a quegli studi dai quali lo aveva allontanato la negativa esperienza con i barnabiti. Trasferito a Magdeburgo, poi a Tilsit e a Königsberg, dove ebbe occasione di incontrare I. Kant, seguì un percorso formativo influenzato dalla cultura giusnaturalistica e cameralistica tedesca e da una visione fortemente critica del cattolicesimo, concepita nell'infanzia e nell'adolescenza e maturata in seguito nel confronto col mondo protestante tedesco. Negli stessi anni fu affiliato alla massoneria.
Nell'estate del 1763 il G. tornò a Milano per un breve soggiorno; quindi, ottenuto il congedo dall'esercito austriaco, visitò Torino e Genova, iniziando quello che fu il periodo più avventuroso della sua vita. Inseguendo un sogno di gloria e di conquista e affascinato dall'azione di Pasquale Paoli, progettò di fondare una monarchia modello comprendente la Corsica, la Sardegna e l'Elba, sulla quale avrebbe governato con fermezza, ma con l'unico scopo della felicità dei sudditi. Visitate la Corsica e la Sardegna, alla ricerca delle risorse necessarie per attuare il velleitario progetto, si imbarcò per Costantinopoli. Viaggiò nei Balcani e, dopo aver fatto tappa a Genova, ripartì nell'ottobre 1764 alla volta della Spagna e del Nordafrica, raggiungendo infine il Portogallo dove, dal dicembre 1765 al marzo 1767, servì alla corte del primo ministro S.J. de Carvalho, futuro marchese di Pombal.
Il fallimento del sogno utopistico che lo aveva spinto a partire, le osservazioni raccolte nelle lunghe peregrinazioni e la delusione verso la politica del primo ministro portoghese - inizialmente ammirato per la sua lotta contro la superstizione e il potere di Roma, poi giudicato crudele e iniquo tiranno - lo indussero, nella primavera del 1767, a rimpatriare. Lo muoveva un progetto nuovo maturato grazie all'esperienza portoghese, quello d'intraprendere una brillante carriera diplomatica al servizio della sua sovrana, Maria Teresa. A Vienna, dove giunse nel mese di aprile, il G. godette di alterne fortune. Ottenuta la nomina desiderata come incaricato diplomatico a Genova, cadde in disgrazia a corte per aver criticato l'amministrazione asburgica in Lombardia e, in particolare, sottolineato gli abusi perpetrati a danno della popolazione locale dai fermieri generali, che a Milano e nella capitale austriaca beneficiavano di elevate protezioni. Fu incaricato invece dal principe di Liechtenstein di una missione diplomatica presso le corti di Monaco, di Stoccarda, del Palatinato e in Olanda. Visitò poi Londra e Parigi, dove ebbe occasione di conoscere gli enciclopedisti. Ma l'accusa di essere l'autore d'una satira in versi circolata a Vienna, che non risparmiava la sovrana, il Kaunitz e il principe di Liechtenstein, provocò la definitiva disgrazia del Gorani.
Costretto a rinunciare alle ambizioni diplomatiche e affascinato dalla fama che circondava i philosophes, egli scelse allora di dedicare le proprie energie agli studi e alle lettere; dopo un soggiorno di quattro mesi a Venezia all'inizio del maggio 1768 giunse a Milano, dove frequentò l'ambiente del Caffè, legandosi in particolare a Cesare Beccaria, suo mentore. Nell'estate del 1768, trascorsa a Lucernate, presso Rho, in compagnia della sorella prediletta, Maria, il G. scrisse Il vero dispotismo, un'opera che mutuò, estremizzandole, le idee dei riformatori milanesi.
"La lotta contro i corpi intermedi e i privilegi di categoria si trasformava in lui nella visione d'un "vero despota"…, d'"una forza formidabile che distrugge ogni altro potere"" (Venturi, 1987, p. 501); superiore alle leggi, essa trae giustificazione da una volontà "ottima e pura" guidata dalla virtù e dalla scienza. La prima, intesa in senso roussoiano, era portatrice di un forte afflato egualitario: radice di tutti i mali è per il G. il diritto di proprietà, "diritto barbaro fatale, che per costituire cento dolenti nell'opulenza ha dovuto formare un milione di miserabili" (Gorani, 1770, I, p. 7). La scienza, i lumi avrebbero guidato il vero despota nella necessaria "totale riforma", "per compiere la quale Gorani riproponeva, con maggior concitazione e calore, le proposte avanzate dagli uomini del "Caffè"" (Venturi, 1987, p. 501), facendosi alfiere di una libertà economica, civile e politica, di parola e di riunione, che vedeva come l'arma più efficace contro privilegi e arbitri.
Nuovi contrasti con la famiglia indussero il G., nella primavera del 1769, ad abbandonare ancora una volta il Milanese. Giunto a Ginevra, dove nel 1769 pubblicò il Vero dispotismo con la falsa indicazione di Londra 1770, vi trovò un ambiente a lui particolarmente congeniale. Ritiratosi a Nyon, nel Cantone di Berna, frequentò Voltaire, Charles Bonnet, George-Louis Lesage e l'economista Georg Ludwig Schmidt d'Avenstein. L'incontro con quest'ultimo fu singolarmente fecondo per il G., che repentinamente si convertì ai principî della fisiocrazia e nel 1771 pubblicò a Ginevra Le imposte secondo l'ordine dellanatura.
Nell'opera "erano esplicitamente ritrattate le critiche al diritto di proprietà mosse nel Vero dispotismo e veniva sviluppata, con scarsa originalità e fedeltà assoluta ai "principi luminosi degli inventori della vera scienza economica", cioè Quesnay e Mirabeau, la teoria dell'imposta unica da prelevare sul prodotto netto, ossia sulla rendita versata dai fittavoli ai proprietari" (Capra, 1989, p. XI). Il ruolo assegnato alla proprietà privata quale unico fondamento possibile di una società organizzata e ai proprietari quali collaboratori e strumenti del potere politico restò alla base delle successive opere del G., che tuttavia non rinnegò la necessità di un potere assoluto e centralizzato in lotta contro i corpi intermedi. Nel 1773 pubblicò il Saggio sulla pubblica educazione, al quale seguirono i Diritti per redimere leregalie (la prima edizione non fu datata, una seconda apparve nel 1783), un Elogio diFrancesco Redi, pubblicato a puntate sul Magazzino toscano tra il 1780 e il 1781 (e ristampato nel 1784 in Elogi didue illustri scopritori italiani insieme con l'Elogio dell'arcidiacono Salustio AntonioBandini) e le Ricerche sulla scienza dei governi, opera in due volumi stampata a Losanna nel 1790, nella quale il G. manifestò un'attenzione ancora viva per la moltitudine dei diseredati, una visione eclettica della società e uno spirito riformatore sempre attivo e polemico.
Gli anni Settanta e Ottanta furono di relativa tranquillità: scomparso il padre nel 1774, il G. tornò a Milano dove, sebbene impegnato in una lunga causa ereditaria con il fratello Cesare, ebbe occasione di frequentare la casa di Giovanni Verri e di partecipare alla vita mondana e intellettuale della città. Il soggiorno nella capitale lombarda, inframmezzato da viaggi a Ginevra, nel Sud della Francia e a Venezia, si protrasse fino al settembre 1787, quando, dichiaratosi disgustato dalla politica di Giuseppe II, che accusò di esercitare la "tyrannie du genre le plus odieux", partì per un viaggio lungo la penisola, nel quale raccolse parte delle osservazioni e delle notizie di cui sono ricchi i Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernemens et des moeurs des principaux étatsd'Italie, pubblicati a Parigi nel 1793.
Lo scoppio della Rivoluzione francese rappresentò per il G. l'inizio d'una nuova epoca e di un'intensa attività politica e letteraria. Stabilitosi nuovamente a Nyon nell'estate del 1788, seguì con grande interesse e crescente partecipazione le notizie che giungevano dalla Francia, fino a quando nell'agosto 1790, insofferente del clima poliziesco che le autorità andavano instaurando nel Cantone di Berna, si trasferì a Parigi, impaziente di osservare in prima persona i progressi di una rivoluzione nella cui forza rigeneratrice riponeva grandi speranze. Nella capitale francese incontrò uomini politici e intellettuali, partecipò alle riunioni dei club più influenti, presentò diverse memorie all'Assemblea costituente, scrisse articoli e opuscoli poi pubblicati anonimi. Conquistato dalla personalità di H.-G. Riqueti, conte di Mirabeau, alla cui scomparsa attribuì poi la svolta estremistica e, a suo giudizio, fallimentare della rivoluzione, svolse per lui alcune missioni nelle province francesi e a Milano, dove nel marzo del 1791 fu raggiunto dalla notizia della di lui morte. Ritornato a Parigi il G. si legò a J.-P. Brissot e ai girondini, dedicandosi alla loro causa con un coinvolgimento crescente, soprattutto a partire dal dicembre 1791, quando fu promulgato un decreto che lo espelleva dagli Stati asburgici. Scrisse opuscoli e articoli, tra i quali le celebri Lettres aux souverains, raccolte in volume nel 1793, la Pétition à la Convention nationale de France, pour les habitants de Francfort, par Joseph Gorani, citoyenfrançais, pubblicata su Le Moniteur il 23 e 24 nov. 1792, e il Projet d'une Constitutionrépublicaine pour le Milanez, sul quale tornò nel 1796 e nel 1798, ma rimasto poi inedito; svolse nuove missioni nei dipartimenti francesi e portò a termine importanti incarichi di natura diplomatica in Inghilterra, Olanda e in alcuni principati tedeschi, con l'obiettivo di dissuaderne i sovrani dall'impegnarsi in un conflitto contro la Francia, dove la rivoluzione era esplosa, a suo giudizio, a causa dei troppi errori commessi da un governo sordo alle esigenze di riforma. Il 26 ag. 1792 gli fu solennemente conferita la cittadinanza francese per aver servito la causa della ragione e della libertà, unico italiano insieme, tra gli altri, con Th. Paine, J. Bentham, J.H. Pestalozzi e G. Washington. Il processo e l'esecuzione del re e l'inasprirsi del regime del Terrore provocarono tuttavia nel G. una progressiva presa di distanza dagli ideali per i quali si era infiammato, che si sarebbe di lì a poco trasformata in una condanna senza appello, alla luce della quale rileggerà poi l'intera parabola rivoluzionaria.
Già critico nei confronti della Costituente e della Convenzione (nel primo caso perché aveva eccessivamente limitato le prerogative del sovrano e istituito una sola Camera, nel secondo per l'unione del potere legislativo con il giudiziario), egli era rimasto sostanzialmente fedele all'orientamento politico maturato ed esplicitato negli scritti fin dall'inizio della rivoluzione. "Difesa della proprietà, difesa della religione (depurata degli aspetti superstiziosi), difesa dell'aristocrazia naturale fondata sul censo e sull'educazione" (Capra, 1989, p. XIII), furono i principî del suo pensiero. Il modello ideale di governo era per lui una monarchia costituzionale (sebbene l'adesione al programma girondino suggerisca una sostanziale accettazione dell'ipotesi repubblicana), in cui fosse rispettata la separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Il monarca vi avrebbe conservato ampie ed effettive competenze; vi sarebbero state due Camere, una alta, nobiliare o di nomina regia, e una bassa, elettiva; l'eleggibilità sarebbe stata riservata ai cittadini più abbienti. Molti di questi elementi sono presenti nel già citato Projet d'une Constitution républicainepour le Milanez, una delle opere più interessanti tra quelle che compose nel periodo rivoluzionario. Nata dalla sua collaborazione con i girondini, quando il suo quadro politico di riferimento era l'ordinamento repubblicano, essa è connotata da un complesso e originale radicalismo che si rivela nella trattazione di temi quali le misure per la diffusione della proprietà fondiaria, la larga estensione del suffragio, l'attenzione ai diritti delle donne, l'enfasi posta sull'educazione nazionale, sulla virtù e sui costumi. Accentuato è dunque il carattere liberal-democratico dell'opera che, in contrasto con il vagheggiamento nostalgico per l'ordine teresiano dell'ultimo G., "rientra a pieno titolo in una protostoria del costituzionalismo lombardo che rappresenterà un apporto essenziale all'elaborazione delle correnti di pensiero risorgimentali" (Capra, 1999).
Lo scontro politico in atto a Parigi nella primavera del 1793 fece presagire al G. la caduta della Gironda; temendo per la propria incolumità nell'aprile chiese e ottenne di lasciare la città con un incarico diplomatico per Ginevra, dove, dopo le giornate rivoluzionarie del 30 maggio e 2 giugno, che segnarono la vittoria della Montagna, si compromise definitivamente agli occhi del regime, adoperandosi apertamente per la difesa dell'indipendenza della Repubblica del Lemano contro le mire francesi.
Portate a termine le missioni che gli erano state affidate, il G. si considerò libero da impegni col governo francese e, lasciata Ginevra, si rifugiò nel villaggio di Celigny, enclave della Repubblica ginevrina in territorio svizzero. Messo nuovamente in pericolo da un agente di M. Robespierre, il Soulavie, e da due emissari della regina delle Due Sicilie Maria Carolina d'Austria - decisa a vendicarsi delle rivelazioni offensive contenute nei Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernemens et des moeursdes principauxÉtats d'Italie -, il G. fu costretto per un anno e mezzo a una vita errabonda tra le valli della Svizzera, della quale fornì una viva descrizione nelle memorie autobiografiche. Nel giugno 1795 tornò a Parigi ma, deluso nella speranza di potervi ancora svolgere un ruolo di qualche importanza nel mutato clima politico del Direttorio, lasciò definitivamente la Francia per Ginevra, sua patria elettiva, dove avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni, eccettuati due brevi soggiorni a Milano nel 1806 e nel 1810. A Ginevra condusse una vita ritirata (con l'unica compagnia di due donne, la governante e l'amante), dedicata a comporre o riscrivere alcune opere di grossa mole, tra le quali le già citate Mémoires pour servir à l'histoire de mavie, l'Histoire de Milan, l'Algéographie genevoise, ou Précis historique de la Républiquede Genève, avec les détails de sa réunion à laFrance, il Voyage de madame X dans sonauberge e altre poi distrutte da lui stesso o perdute.
La storia editoriale delle opere del G. e la collocazione dei suoi inediti sono fatti complessi. Quanto alle edizioni: Il vero dispotismo, I-II, London 1770 (ma Genève 1769); Imposte secondol'ordine della natura, s.n.t. (ma Genève 1771); Saggio sulla pubblica educazione, I-II, London (ma probabilmente Genève) 1773; Diritti per redimere le regalie, s.n.t. (ristampato come Saggio intornoaldiritto di redimere le regalie, s.l. 1783); Elogi di due illustri scopritori italiani, Siena 1784; Ricerche sulla scienza dei governi, I-II, Lausanne 1790 (Recherches surla science du gouvernement, Paris 1792); Pétition à la Convention nationale de France pour les Francofortois, par J. Gorani, citoyen français, in Le Moniteur, 23-24 novembre 1792 (e in opuscolo, Paris 1793); Lettres sur la Révolution française par J. Gorani, citoyen français, à son ami CharlesPougens, Paris 1793 (2a ed.: Lettres aux souverainssur la Révolution française, ibid. 1795; 3a ed.: Les prédictions de Jean Gorani, citoyenfrançais, sur la Révolution, London 1797 e Lausanne 1798; trad. italiana: Le predizioni di Giuseppe Gorani cittadino francese sulla rivoluzione di Francia, aggiuntevi altre lettere non inserite inaltre edizioni, Yverdon 1798); Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernemens et desmoeurs des principaux États d'Italie, I-III, Paris 1793 (tre dei sei volumi che compongono i Tableaux philosophiques et critiques des moeurs et des gouvernemens des peuples d'Italie, conservati a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Handschriftensammlung S.N., 5571), rist. London 1794 (ristampe italiane parziali: Ducati di Modena e Reggio, Mirandolae Concordia, Massa e Carrara, Pontedera 1987; Repubblica di Genova, Corsica e Principato diMonaco, ibid. 1988); Lettres aux Françaispar l'auteur des Lettres aux souverains, I-III, London 1794-95; Memorie di giovinezza e diguerra (1740-1763), a cura di A. Casati, Milano 1936; Corti e paesi (1764-1766), a cura di A. Casati, ibid. 1938; Dal dispotismo illuminatoalla Rivoluzione (1767-1791), a cura di A. Casati, ibid. 1942; Letterati, memorialisti e viaggiatoridel Settecento, a cura di E. Bonora, ibid. 1951, pp. 785-826 (scelta antologica); Illuministi italiani, a cura di F. Venturi, III, Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, ibid. 1958, pp. 479-560 (scelta antologica); Lettere ai sovrani d'Europa, Pontedera 1988; Storia di Milano (1700-1796), a cura di A. Tarchetti, presentazione di C. Capra, ibid. 1989 (libro XIV e ultimo della Histoire de Milan depuis sa fondation jusqu'à l'année1796, conservata manoscritta a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Handschriftensammlung S.N., 5805); Dalla Rivoluzione al volontario esilio (1792-1811), a cura di E. Puccinelli, introduzione di C. Capra, ibid. 1998. Lettere pubblicate: a P. Verri, 25 genn. 1777, in Lettere inedite d'illustri italiani che fiorirono dal principio del secolo XVIIIfino ainostri tempi, Milano 1835, pp. 175 s.; Lettera del conte Giuseppe Gorani all'autore delle Osservazioniprecedenti, in Scrittori classici italiani dieconomia politica, a cura di P. Custodi, ibid. 1803, XVII, pp. 313-322 (rist. in P. Verri, Scritti vari, a cura di G. Carcano, I, Firenze 1854, pp. 557-560); F.O. Tencajoli, Otto lettere del conte G. G. al conte G. Visconti di Saliceto, in Arch. stor. lombardo, XXXIX (1912), pp. 481-508; F. Catalano, Alcune lettere ineditedi G. G. sulla Rivoluzione francese, in Il Risorgimento, IV (1952), pp. 143-159; due lettere al Beccaria, in Edizione nazionale delle opere diCesare Beccaria, V, Carteggio, Milano 1996, pp. 244-254, 266-268; P. Campolunghi, Ritrovata la lettera del G. a Giovanni Verri del16genn. 1808, in Annali manzoniani, n.s., III (1999), pp. 305-314; E. Puccinelli, Relazione degli ultimi tumulti di Ginevra cominciati il giorno 26 gennaio 1789. Una lettera inedita di G. G., in Il Risorgimento, LII (2000), 3, pp. 533-570. Tra gli inediti: Projet d'une constitution républicainepour le Milanez, I-III, in Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Handschriftensammlung S.N., 5806; Algéographie genevoise, ou Précis historique de la République de Genève, avec les détails de saréunion àla France, in Ginevra, Bibliothèque publique et universitaire, Mss. fr. 912 (una copia in Ms. fr. 913 e una prima redazione, dal titolo Tableaux historiques et politiques de Genève depuis sonorigine jusqu'à la réunion à la France, in Ms. fr. 914); Voyage de Madame X… dansson auberge, I-II, in Milano, Biblioteca della Soc. storica lombarda, Fondo Dono Casati; una lettera del 30 dic. 1784 in Modena, Biblioteca Estense, Lettere al cav. Girolamo Tiraboschi, t. XXV, ms. ital. 882.AL.852, c. 253; una lettera a Sebastiano Canterzani (3 maggio 1788) in Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 2096, b. IV; due lettere a Pietro Verri (del 18 apr. 1774 e 10 genn. 1781) in Milano, Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico, Archivio Verri, cart. 272, f. 1; tre lettere in Biblioteca Ambrosiana, Fondo Casati, G. G., cart. 3, A/31 (due al dott. J.-M.-L. Favre, del 16 dic. 1771 e 3 ag. 1773, e una, probabilmente ad Antonio Greppi, del 3 luglio 1780); la Bibliothèque publique et universitaire di Ginevra conserva diverse lettere autografe del G. (sei a Charles Bonnet, dal 1771 al 1789, nei Mss. Bonnet, VII/88, IX/15, IX/16, XIII/41, XIV/160, XVII/103; una del 16 maggio 1773 al già citato Favre nella collez. degli Autografi; undici a George-Louis Lesage, dal 1779 al 1795, in Mss. suppl. 513, ff. 149-170; tre a Salomon Reverdil, dal 1774 al 1793, in Mss. suppl. 724, ff. 34-38; dieci a François Tronchin, dal 1783 al 1790, in Arch. Tronchin 181, pièces 2-12 e 188, p. 10); numerose lettere indirizzate a mademoiselle Privat tra il 1784 e il 1789 sono a Ginevra, Archivio di Stato, fondo Archives de la famille Mussard-Privat.
Il G. morì a Ginevra il 13 dic. 1819.
Fonti e Bibl.: Alcune carte della famiglia Gorani sono conservate in Archivio di Stato di Milano, fondi Notarile, cartt. 41019, 46836, e Araldica, p.a., cart. 85. Sulla famiglia Belcredi cfr., Araldica, p.a., cart. 56, e Atti di Governo, Uffici e Tribunaliregi, p.a., cart. 863; per il decreto di espulsione del G. dagli Stati asburgici cfr. ibid., p.a. (Governo,Conferenze, Appuntamenti, cart. 138); testimonianze dell'attività diplomatica del G. durante la Rivoluzione francese sono a Parigi, Archives du Ministère des Affaires étrangères, fondi Correspondance politique (Angleterre suppl., vol. 29; Angleterre, vol. 582; Allemagne, voll. 665 e 667; Genève, vol. 99) e Mémoires et documents (Hollande, vol. 137).
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