GIROLAMI, Giuseppe
Nato a Foligno da Bartolomeo e da Orsola Innamorati, il 9 ott. 1809, dopo aver completato nella sua città gli studi filosofici e letterari s'iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Perugia. Passato successivamente all'Università di Pisa, ove fu allievo di F. Puccinotti per il quale avrebbe poi serbato una costante devozione, si laureò infine presso l'ateneo romano; subito dopo si recò a perfezionarsi in clinica nell'Università di Bologna, ove conseguì l'abilitazione al pubblico esercizio della professione medica nel 1837. Dopo aver esercitato per un certo tempo l'attività di medico condotto dapprima in Ancona e poi a Civitavecchia, nel 1850, superato il relativo pubblico concorso, assunse la direzione del manicomio di Pesaro, l'ospizio di S. Benedetto. Due anni dopo, per invito della Commissione provinciale, si recò a visitare i più importanti manicomi d'Italia e d'Europa, dagli istituti di Napoli e di Genova a quelli di Francia, Inghilterra, Belgio, Germania.
Aggredito e ferito gravemente da un folle, il G. abbandonò la direzione dell'ospizio pesarese e si trasferì a Roma, ove, per disposizione di monsignor D. Giraud, il 14 sett. 1866 fu nominato vicedirettore del manicomio di S. Maria della Pietà. Divenutone direttore nel 1870, due anni dopo fu anche incaricato del corso clinico di malattie mentali presso l'Università di Roma, il cui insegnamento svolgeva presso il S. Maria della Pietà. Nominato ordinario nel 1874, fu il primo insegnante di psichiatria dell'ateneo romano, ma fu costretto a lasciare il suo ufficio nel 1875 per motivi di salute. Mentre era alla direzione del S. Maria della Pietà venne anche nominato direttore onorario del nuovo manicomio di Macerata, del quale fu invitato a compilare il regolamento.
Affermatosi come una delle figure più rappresentative della psichiatria italiana dell'Ottocento, il G. orientò il suo insegnamento in senso eminentemente clinico, supportato dalle conoscenze e dai progressi in ambito fisiopatologico, etiopatogenetico, anatomopatologico e terapeutico. Seppe ben delineare la complessità della psichiatria in considerazione sia dei suoi riflessi sociali e giuridici, sia dei suoi rapporti con la medicina legale, l'igiene e i principî morali. Aperto alle esperienze dei vari ambienti psichiatrici, partecipò alla riunione di alienisti svoltasi in margine al congresso scientifico di Siena nel 1862 e presiedette il congresso di fondazione della Società freniatrica italiana tenutosi a Roma nel 1873 nell'ambito del congresso degli scienziati italiani: in tale occasione, anzi, sostenne fortemente la proposta formulata da C. Livi di denominare freniatrica la costituenda società, e ciò sia per allontanare dagli psichiatri italiani il sospetto di spiritualismo (considerando la radice fren- nel significato di complesso delle forze dinamiche dell'organismo), sia per contrastare l'allora dominante gruppo degli alienisti milanesi, comprendente tra gli altri S. Biffi e A. Verga, favorevole invece all'adozione della denominazione psichiatrica, già in voga presso varie associazioni europee (psiche, secondo il Livi, avrebbe decisamente evocato il concetto di anima).
Il G. fu uno dei massimi esponenti del pre-positivismo italiano, di quella corrente spiritualista della psichiatria di metà Ottocento fortemente influenzata dal cristianesimo che, pur considerando la patologia mentale una vera affezione organica, mirava a reintrodurre in medicina, e soprattutto in psicopatologia, il concetto di anima. In particolare, egli sosteneva che la trasmissione nervosa avvenisse grazie a un principio imponderabile o etereo e che il cervello, attraverso un'azione arcana dello spirito, fosse il punto di partenza di tutti i sentimenti e gli affetti. Attingendo a filosofia e fisiologia, cedendo in parte ad alcune suggestioni della frenologia, attribuì al progresso economico e civile un carattere psicopatogeno e ritenne possibile causa di malattie mentali i principali vizi dell'uomo: sensualità, orgoglio, avarizia sarebbero in grado, alterando le normali funzioni dei nervi vasomotori, di predisporre gli individui alle affezioni cerebrali, pur restando tuttavia l'eredità e la sventura la causa della maggior parte dei casi di pazzia. Convinto fautore di una psichiatria psicologica, auspicò l'introduzione della psicologia nella formazione universitaria dei medici e degli alienisti ed espresse un atteggiamento critico nei confronti della esasperata ricerca del substrato organico delle singole facoltà mentali e dell'eccessiva importanza attribuita alle ricerche anatomiche e istologiche in campo psichiatrico. Si occupò inoltre di psicopatologia forense, sottolineando le molte analogie esistenti tra pazzi e delinquenti e la frequente identità dei fattori causali e concausali delle loro condizioni, nonché la possibilità che le manifestazioni di vario grado della follia parziale costituissero motivo di esclusione o di riduzione dell'imputabilità dell'autore di un reato.
In campo clinico, il G. fu autore di una sistemazione nosografica della pazzia comprendente una forma generale, caratterizzata dalla compromissione delle facoltà sia dell'intelletto sia della volontà e suddivisa nelle tre specie di mania, melancolia o lipemania e demenza; e una forma parziale, caratterizzata dalla compromissione della sola facoltà volitiva, suddivisa nelle due specie di pazzia morale e pazzia intellettuale. Per quanto riguarda il trattamento delle varie forme di follia, il G. fu un convinto assertore della "terapia morale", sostenendo che lavoro, istruzione, pratiche religiose e piacevoli intrattenimenti fossero in grado di stimolare quanto ancora rimaneva di ragionevole nell'alienato. Considerava della massima importanza a tal fine la struttura e l'organizzazione del manicomio, la sua ubicazione, la sua accoglienza, le sue condizioni igieniche: dopo essere stato direttore del S. Benedetto di Pesaro, ospizio razionalmente progettato nel quale aveva realizzato la separazione dei malati cronici dai guaribili e aveva introdotto speciali ginnastiche intese come cura fisico-morale, rimase dolorosamente sorpreso dalle inumane condizioni del manicomio di Roma, per il quale progettò una rifondazione che Pio IX sottopose all'esame di monsignor E. Orfei; divenutone direttore, apportò importanti variazioni organizzative, introducendo lo statuto e il regolamento che fissava tra l'altro gli obblighi statistico-nosografici del direttore. Elaborò un nuovo sistema di registrazione dei dementi e introdusse la cosiddetta modula anamnestica, che doveva fornire un quadro globale dello stato di salute dell'alienato. In terapia si avvaleva di adeguati regimi dietetici, della somministrazione di bevande temperanti e di varie sostanze medicamentose, di bagni a varia temperatura, dell'impiego, in particolari circostanze, di alcuni mezzi coercitivi.
I principali scritti del G. furono raccolti nei sei volumi Opere editi tra il 1865 e il 1878. Il primo volume, edito a Pesaro nel 1865, contiene: Della sistemazione de'manicomi nel Regno d'Italia, pp. 9-251; Intorno ad un viaggio scientifico ai manicomi delle principali nazioni d'Europa…, pp. 253-400 (già pubblicato a Pesaro nel 1854); Programma per la costruzione di un nuovo manicomio in Pesaro, pp. 403-431 (già Milano 1863); Della espiazione penale secondo i moderni sistemi penitenziari e della applicazione della legge criminale. Discorso, pp. 433-488 (già Firenze 1862 e Bologna 1863); Dei confini della pazzia e di alcuni speciali suoi tipi. Ragionamento, pp. 489-565 (già Torino 1863). Il secondo volume (Roma 1873), intitolato I tre capitali vizi (sensualità, orgoglio, avarizia) in rapporto alla folliaed altri scritti di argomento psichiatrico, medico ed igienico, contiene: Della sensualità e de' suoi morbosi effetti in specie nella produzione della pazzia, pp. 11-132 (già in Giornale medico di Roma, V [1869]); L'orgoglio e la pazzia, pp. 133-163 (già Bologna 1857); Della pazzia parziale recente e cronica. Monomanie, monodeliri, fissazioni e allucinazioni diverse follie sistematizzate e stereotipate edin particolare dell'avarizia come elemento etiologico, pp. 164-230; Dell'influenza della civiltà sull'aumento delle malattie mentali e dei mezzi ch'essa possiedeper ripararvi, pp. 231-270 (già Roma 1848); Memoria su Giuseppe Guislain, pubblicata nell'opera Études médico-philosophiques sur Guislain. Gand 1863, pp. 271-282; Importanza dello studio delle umane fisionomie e valore dei principalisegni delle medesime, pp. 283-340 (già in Giornale medico di Roma, IV [1868]); Alcuni pensieri sull'insegnamento della medicina psicologica, pp. 341-370 (già ibid., III [1867]); Alcuni pareri di psichiatria forense, pp. 371-396 (già ibid., V [1869]); L'isterismo in Romaed alcune sue speciali cagioni predisponenti co' relativi mezzi profilattici, pp. 397-455 (già ibid., IV [1868]); Alcune ricerche etiologiche sulla demenza paralitica progressiva…, pp. 457-477 (già Roma 1871); Memorie mediche: dell'elemento storico e filosofico della medicina. Discorso alla Società medico-chirurgica di Bologna… all'adunanza del 23 febbr. 1839, pp. 479-519; Il clima di Civitavecchiaconsiderato dal punto medico, e della igiene pubblica, pp. 521-585 (già Firenze 1842); Sopra Gentile da Foligno medico illustre del secolo XIV. Discorso storico critico, pp. 587-668 (già Napoli 1844); Sulla pellagra nella provincia di Urbino e Pesaro e su i mezzi relativi di igiene pubblica, pp. 669-688 (già Pesaro 1853); La scienza e l'arte agraria nelleloro relazioni con la salute e con la forza fisica e col morale perfezionamento, pp. 689-715 (già Pesaro 1863). Il terzo volume (Roma 1878) è intitolato Dottrina sugli umani temperamenti; il quarto (ibid. 1878) Sullapazzia. Studi psicologici e patologici (lavoro già pubblicato a Livorno nel 1856). Il quinto volume (Roma 1878) contiene: Statistica sul movimento degli alienati nell'ospizio di S. Benedetto in Pesarodall'anno della sua fondazione 1829 a tutto giugno 1852, pp. 1-84 (già Pesaro 1852); Secondo rendiconto statistico dell'ospizio di S. Benedetto in Pesaro dal 1° luglio 1852 a tutto giugno 1858, pp. 85-163 (già Pesaro 1858); Appendice - Storie necroscopiche, pp. 165-212; Terzo rendiconto statistico dell'ospizio di S. Benedetto in Pesaro. Dal 1852 al 1864, pp. 213-423 (già Pesaro 1864). Il sesto volume (Roma 1878), dal titolo Statuto organico e regolamento disciplinare pel nuovo manicomio di Macerata, contiene: Prolusione al corso clinico delle malattie mentali…, pp. 1-22 (già Roma 1872); Alcune idee fisio-psicologiche premesse come fondamento al corso clinico delle malattie mentali, pp. 23-71; Prelezione al secondo corso clinico delle malattie mentali relativa alle congenitedisarmonie ed eccentricità dello spirito, pp. 73-101 (già Roma 1873); Brevi parole nel riassumere il terzo mio corso di clinica psichiatrica, pp. 103-110; Riscontri psichiatrici nell'indole morale di Torquato Tasso. La mania amatoria raffigurata nell'Orlando furioso, pp. 111-132 (già Roma 1873); La mania amatoria raffigurata nell'Orlando furioso, pp. 133-155 (già Roma 1873); Succinti rilievi sopra alcuni quesiti riferentisi agli alienati promossi al ministero dell'Interno dalla Deputazione provinciale in Ravenna e risposta relativa del signor ministro, pp. 157-180; Brevi rilievi intorno alle riforme legislative ed amministrative per gli alienati e pei manicomi proposte dal cav.Cesare Castiglioni, pp. 181-202; Osservazioni sui pazzi a fondo d'imbecillitàcomparabili per molti rapporti agli imbecilli delinquenti, pp. 203-215; Lettera intorno ad una costituzione epidemica osservata in Civitavecchia nella stagione estivo-autunnale dell'anno 1845 e suoi mezzi relativi di polizia sanitaria, pp. 217-229; Statuto organico e regolamento disciplinare pel nuovo manicomio provinciale in Macerata e discorso preliminare, pp. 231-279 (già Macerata 1871); Statuto organico pel manicomio della provincia di Macerata, pp. 281-345.
Il G. morì a Roma il 14 genn. 1878.
Egli fu membro delle accademie mediche di Roma e di Torino, della Società di medicina mentale di Gand, della Società medico-psicologica e di medicina legale di Parigi. Fu insignito dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e di quello della Repubblica di San Marino.
Aveva sposato, quando era medico condotto a Civitavecchia, Sabina Zuccari, dalla quale non ebbe figli. Lasciò all'Università di Roma la sua biblioteca scientifica e la somma di 25.000 lire la cui rendita avrebbe dovuto costituire l'entità di due premi annuali per i migliori lavori scientifici prodotti da studenti in medicina.
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