GIANNINI, Giuseppe (Alessandro Giuseppe)
Nacque il 10 febbr. 1774 a Parabiago, presso Milano, in una agiata e numerosa famiglia, da Michele, "cittadino ingegnere" (come egli stesso lo chiamò nella dedica di una sua opera) e da Giuseppa Cazzaniga. Completati i primi studi nel locale collegio Cavalleri, ritenendo di dover assecondare una presunta vocazione al sacerdozio maturata nell'ambiente familiare fortemente permeato di intenso spirito religioso, frequentò dapprima i seminari di Arona, Monza e Gorla Minore (ove fu anche prefetto degli studenti), quindi il seminario maggiore di Milano, in cui avrebbe dovuto concludere gli studi teologici. Tuttavia, indotto a seguire una via del tutto diversa dai nuovi interessi culturali ben presto maturati, si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Pavia, ove si formò alla scuola di illustri maestri (quali A. Scarpa, J.P. Frank, G. Rezia, A. Volta) e si laureò "con distinta lode" nel 1796. Rientrato a Parabiago, dove nel frattempo era stata istituita una condotta medica, iniziò a esercitare la pratica professionale, distinguendosi per la condotta scrupolosa e attenta e acquisendo una non comune esperienza clinica.
Nominato nel 1797 viceprimario presso l'ospedale Maggiore di Milano e primario consulente al Pio Istituto di S. Corona, si dedicò con grande impegno ai compiti assistenziali e organizzativi, provvedendo anche alla sistemazione tecnico-sanitaria dei vari reparti, in specie di quelli riservati ai pazienti affetti da malattie infettive, e divenne membro della commissione per la sperimentazione della inoculazione jenneriana. A Milano, inoltre, trovò l'ambiente ideale per approfondire gli studi e ampliare le sue ricerche: la possibilità di recarsi e di soggiornare frequentemente all'estero e di acquisire una buona conoscenza delle lingue, soprattutto dell'inglese, giovò indubbiamente ad accrescerne il già ricco bagaglio culturale, costantemente aggiornato grazie all'attenta disamina della letteratura medica italiana e straniera e alla fitta corrispondenza con i più rinomati scienziati e medici del suo tempo.
Attento studioso dei fenomeni fisio-patologici e fecondo scrittore di argomenti medico-scientifici, il G. durante la sua permanenza a Milano fu una figura di primo piano nell'ambiente medico dell'epoca.
In quella che è stata definita "medicina dei sistemi", e che ci appare oggi come una vera e propria crisi del sapere medico, differenti speculazioni filosofiche si sforzavano allora di soddisfare l'esigenza di riunire in un insieme teorico, razionale e compiuto, le conoscenze anatomo-funzionali e fisico-chimiche al fine di elaborare principî generali di ordine fisio-patologico e terapeutico. Inserendosi nella questione, il G., in una sorta di verifica basata su obiettive esperienze medico-professionali, formulò una prima critica della "teoria dello stimolo" enunciata da J.B. Brown, della definizione restrittiva delle malattie "asteniche" e dei concetti di "intermittenza", "diatesi", "predisposizione" e "infiammazione", espressa in due scritti con i quali, di fatto, inaugurò la collezione in 4 volumi di complessive 1040 pagine, Memorie di medicina, che egli stesso compilò e pubblicò a Milano tra il 1800 e il 1802: Saggio sulla diagnosi delle malattienervose e infiammatorie, I, 1800, pp. 3-38, 66-106, 189-208; II, 1800, pp. 33-50, 149-198; Lettera del dr. G. Giannini sullo stato attualedel brownianesimo in varie parti d'Europa, I, pp. 52-66. A questi il G. fece poi seguire un ponderoso lavoro di oltre 1000 pagine, in 2 volumi editi a Milano nel 1805 e nel 1809, Della natura delle febbri e del miglior metodo di curarle: in sostanza l'enunciazione di un proprio "sistema", critico e antitetico anche nei confronti della "teoria del controstimolo" di G. Rasori, di una terza via, cioè, che allontanandosi dagli eccessi soprattutto terapeutici fosse in grado di condurre a una pratica medica più ponderata e moderata. Lo studio accurato dei sintomi e la valutazione rigorosa dei fatti osservati con una sorta di metodologia neoippocratica avrebbero dovuto consentire l'individuazione dell'intima natura dei mali e dei mezzi per combatterli: secondo tale concezione, la cura radicale delle febbri, fenomeni di "reazione arteriosa" alla "astenia nervosa" indotta dalle malattie, era rappresentata dall'idroterapia ipotermica, cioè dai bagni freddi in grado di deprimere il sistema vascolare e di stimolare quello nervoso senza nuocere al paziente, pratica terapeutica che il G. per primo impiegò anche nei pazienti affetti da tifo. Il sistema conobbe lusinghiero successo e, divulgato in tutta Europa, fu oggetto di discussioni e di critiche (a quelle formulate dal Rasori il G. replicò prontamente con Risposta ad un articolo degli Annali di scienze e lettere, Milano 1810); la fortuna incontrata dall'opera è documentata dalla tempestiva traduzione francese del primo volume (De la nature des fièvres… traduite de l'italien avec des notes et des addictions par N. Heurteloup…, Paris 1808) e dei capitoli ottavo e nono del secondo volume (De la goutte et durhumatisme… Avec des notes du dr. Marie de Saint Ursin. Extrait de l'ouvrage italien…, ibid. 1810) e dalla pubblicazione a Napoli nel 1817 di una seconda edizione italiana completata da una Appendice sull'erronea divisione delle malattie in astenichee steniche.
Grande impegno il G. dedicò anche allo studio del vaiolo (Breve notizia sulvajuolo vaccino, in Memorie di medicina, II, pp. 29-33; Notizie di alcune opere estere pubblicate sul vajuolo vaccino, ibid., III, 1800, pp. 177-213; Sul vajuolo vaccino, ibid., pp. 241-268) e alla divulgazione della pratica della vaccinazione jenneriana, di cui Milano fu uno dei principali centri propulsori in Europa: in tale contesto egli sollecitò presso le autorità l'istituzione di un apposito comitato composto da tre medici e da un chirurgo per ottenere da Parigi o da Ginevra "una certa quantità di materia recente del vajuolo vaccino" per innesti a fanciulli degli orfanotrofi milanesi onde ricavarne abbondante "materia" e "spedirla e diramarla ne' differenti paesi della Repubblica" (Memoriedel dott. G. G. al Comitato governativo della Repubblica Cisalpina, sulla necessità di propagare tra noi il vajuolo vaccino, ibid., pp. 5-25). Costituitasi la commissione, furono poi resi pubblici i resoconti del lavoro svolto che conseguirono il risultato di "mantenere in Milano una fonte perenne di umor vaccino atto agli innesti" con cui rifornire i medici di altre città (Risultati diosservazioni e sperienze sull'inoculazione del vajuolo vaccino instituite nello Spedal Maggiore di Milano dalla commissione medico-chirurgica delegata aquesto oggetto, ibid., IV, 1802, pp. 118-154).
Traduzioni, corrispondenze scientifiche, note originali, commenti e recensioni costituiscono gli argomenti di una quarantina di lavori pubblicati nei 4 volumi delle Memorie di medicina, tra i quali si ricordano, per esempio: Dello spasmo.Dissertazione del dottor Giacomo Steuart, dal latino voltata in italiano (I, pp. 149-189, 226-236); Caso curioso, medico-legale, di una mania sospetta di simulazione, osservato dal prof. G.B. Monteggia e comunicato al dott. G. G. (II, pp. 137-149); Sui profumi nitrici. Del dott. G. G. (IV, pp. 193-202); Ricerche fisiologiche sulla vita e sulla morte; del cittadino Saverio Bichat prof.di anatomia e fisiologia (II, pp. 241-255); Osservazioni del dott. G. G. sulla farmacopea di Brugnatelli (IV, pp. 237-246).
Dopo il ritiro dall'attività professionale il G. raccolse, secondo i suoi biografi, numerosi capitoli conclusi e varie note sparse in un manoscritto incompiuto intitolato Elementi dimedicina fondati sopra nuove viste di fisiologia di anatomia e di materia medica, che rimase inedito e risulta ora irreperibile.
Figura nota di filantropo e patriota, oltre che stimato studioso, il G. fu personaggio di spicco nella società milanese: medico di corte presso il viceré Eugenio di Beauharnais, amico di P. Moscati e di G.B. Monteggia, fu membro di vari istituti e accademie scientifiche. Rimase celibe.
Nel 1811, a causa delle cattive condizioni di salute, si dimise dalle cariche ufficiali e il 18 dic. 1818 morì a Milano di tubercolosi polmonare.
Fonti e Bibl.: F.E. Acerbi, In morte di G. G. professore di medicina, Milano 1819; P. Sangiorgio, Cenni storici sulle due Università di Pavia e di Milano, Milano 1831, pp. 407-413; Dizionario classico di medicina interna ed esterna, III, Venezia 1835, pp. 315-317; XXX, ibid. 1836, pp. 707-733; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, ad indicem; A. Giulini, Di G. G. medico parabiaghese 1774-1818, Milano 1904; L. Guerra-Coppioli, Il bagno freddo come antitermico e l'opera di G. G. (Ricordi storici), in L'Idrologia, la climatologia e la terapia fisica, XX (1909), pp. 126-132; L. Belloni, Storia della medicina a Milano, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, pp. 963, 982; F.R. Clara, G. G. (1774-1818). Le traité "Della natura dellefebbri e dei metodi di curarle", in Zürcher Medizinhist. Abhandlungen, n.s., n. 102, 1974; M. Ceriani, G. G. da Parabiago, insigne clinico. 1774-1818. Nel bicentenariodella nascita, Legnano 1975; G. Cosmacini, Teorie e prassi mediche tra Rivoluzionee Restaurazione: dall'ideologia giacobina all'ideologia del primato, in Storiad'Italia (Einaudi). Annali 7. Malattia e medicina, Torino 1984, pp. 194-196; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, II, p. 739.