GIANFRANCESCHI, Giuseppe
Nacque ad Arcevia (Ancona) il 21 febbr. 1875 da Agostino, un falegname benestante, e da Colomba Brugè. Frequentate le scuole del suo paese, studiò al liceo classico di Ancona. S'iscrisse quindi alla facoltà di ingegneria dell'Università di Roma, ma all'inizio del quarto anno interruppe gli studi per entrare, il 12 nov. 1896, nel noviziato della Compagnia di Gesù. Ripresi gli studi nel novembre 1899 presso l'Università Gregoriana, conseguì la laurea in filosofia nel luglio 1901. Laureatosi in seguito anche in matematica e fisica e ordinato prete nel 1909, si dedicò all'insegnamento, dapprima come professore di liceo presso l'istituto Massimiliano Massimo di Roma e poi come professore di astronomia e di fisica all'Università Gregoriana. Nel frattempo completò la sua formazione studiando teologia, in un primo tempo in Olanda a Valkenburg e poi alla Gregoriana, dove conseguì la laurea anche in questa disciplina nel 1910.
Il G. non fu solo uomo di scienza, ma si dedicò anche all'attività pastorale, sia come commissario e poi assistente ecclesiastico generale degli Esploratori cattolici italiani (1918-28), sia tenendo il rettorato della chiesa di S. Ignazio nel 1924.
Negli anni in cui fu assistente presso l'istituto di fisica dell'Università di Roma (1912-19), dove ottenne anche la libera docenza, realizzò alcuni pregevoli lavori sperimentali. Si occupò innanzitutto di acustica, riconfermando sperimentalmente la confutazione della teoria delle vocali di H.L.F. Helmholtz. Di un certo rilievo sono inoltre le sue misurazioni effettuate sul Corista campione dell'Ufficio centrale italiano relativamente alle conseguenze dovute alla variazione della temperatura. Un secondo filone di ricerca fu quello della misura della velocità di rotazione della terra sulla base della deviazione dei gravi in caduta, fenomeno già previsto da Galilei, ma osservato effettivamente solo di recente. Egli volle ripetere quelle misure presso l'istituto Massimiliano Massimo, quasi per fare ammenda delle aspre censure di cui era stato vittima il grande scienziato italiano da parte della Compagnia.
Nel 1919 il G. lasciò l'università statale e nel 1921 fu nominato da papa Benedetto XV presidente della Pontificia Accademia delle scienze "I Nuovi Lincei", incarico che tenne fino alla morte. Iniziava così un periodo in cui egli si dedicò soprattutto al rinnovamento dell'Accademia e alla divulgazione e critica dei nuovi sviluppi della fisica, vale a dire la relatività e la teoria dei quanti. La Pontificia Accademia, che aveva subito una notevole decadenza dopo il 1870 con l'annessione di Roma all'Italia, riprese nuovo vigore sotto la guida del G., favorito dall'attenzione dei papi Benedetto XV e Pio XI. Essa acquisì un'intensa attività di comunicazione scientifica, accogliendo nuovi soci di fama internazionale, fra cui G. Marconi, nonché uomini di fede non cattolica, come T. Levi-Civita. Il rinnovamento fu completato solo nel 1936, dopo la morte del G., ad opera del suo successore Agostino Gemelli, con la fondazione della Pontificia Accademia delle scienze.
Negli stessi anni il G. assumeva un ruolo sempre più significativo all'interno dell'Università Gregoriana insegnandovi chimica-fisica e fisica-matematica nell'anno 1905-06; fu poi professore di astronomia dal 1915 al 1926 e di fisica dal 1921 al 1933, nonché rettore dal 1926 al 1930. Il rettorato del G. è legato soprattutto alla preparazione della nuova sede della Gregoriana, inaugurata il 6 nov. 1930. Pochi giorni dopo, il 25 dello stesso mese, egli lasciò l'incarico, anche perché il 21 settembre dello stesso anno era stato nominato direttore di Radio Vaticana.
Il 1° apr. 1928 il generale Umberto Nobile invitò il G. alla sua seconda spedizione polare (come Nobile stesso dichiarò in un'intervista, la moglie gli consentì di tentare l'impresa solo se un cappellano vi avesse partecipato e così Nobile si rivolse al G. su indicazione di Pio XI). Il G. non prese parte all'ultimo volo del dirigibile "Italia" che sorvolò il polo Nord, durante il quale venne lanciata sul polo la croce benedetta dal papa, sfuggendo in tal modo alla fine tragica di parte dell'equipaggio.
Dopo aver lasciato l'istituto di fisica, l'attività sperimentale del G. ebbe un declino, per cui egli si dedicò soprattutto alla discussione della relatività e della fisica dei quanti. Fu uno dei primi in Italia a capire l'importanza della teoria di A. Einstein, tanto che già nel 1909 tradusse sul Nuovo Cimento il lavoro di H. Minkowski sullo spazio-tempo e nel 1922 pubblicò a Milano un libretto divulgativo dal titolo La teoria della relatività. Volgarizzazione e critica, che ebbe una certa influenza. Egli non si oppose decisamente alla nuova teoria, come fecero altri illustri fisici italiani, anzi la apprezzò come uno dei massimi prodotti della conoscenza umana; tuttavia cercò sempre di darne un'interpretazione realista, conforme all'impostazione tomista del suo pensiero.
Negli anni Venti pubblicò una serie di lavori che cercavano di riprodurre una spiegazione della materia e della radiazione nei termini della teoria dell'etere, che tuttavia non hanno trovato alcuna conferma sperimentale.
Più decisa fu la sua opposizione alla teoria dei quanti, sia nella forma più vecchia di N. Bohr, sia in quella nuova della meccanica ondulatoria. Il G. prese parte al celebre congresso di fisica che si tenne a Como nel 1927, durante il quale Bohr presentò il nuovo concetto di complementarità. Dalle sue osservazioni in questo contesto si evincono i principî generali della sua riflessione epistemologica: "La teoria dei quanti, tanto nella sua prima forma, quanto in questa di meccanica ondulatoria, non può essere accettata come teoria fisica. Una teoria fisica è un modello capace di dar ragione di ciò che di fatto riscontriamo nei fenomeni e nei corpi, e deve appunto servire come guida della ricerca della vera natura delle cose" (Il significato fisico della teoria dei quanti, in Atti del Congresso internazionale dei fisici, … 1927, II, Bologna 1928, pp. 561 s.). Dunque la fisica è innanzitutto conoscenza della realtà. Tale conoscenza, tuttavia, non si basa solo sui fatti, ma anche su alcuni inderogabili principî generali: "Non basta tener conto delle leggi fisiche ma bisogna altresì, e anzi prima ancora delle leggi fisiche, tener conto di quei principî più generali della logica e della metafisica che sono dedotti dalla natura stessa delle cose" (ibid., p. 562). Per cui, tomisticamente, esiste una scienza prima precedente alla fisica, che è regolativa per le teorie fisiche. Ne segue che, se da un lato la teoria dei quanti nella sua prima forma parte da postulati che non si accordano con i concetti fisici della natura e della variazione dell'energia, dall'altro la meccanica ondulatoria si oppone "a principî ben più fondamentali, come alla distinzione fra sostanza e proprietà o tra l'azione di un corpo e il corpo stesso" (ibid.). Traspare da queste pagine la fedeltà del G. alla teoria aristotelico-tomistica delle categorie. Ma se la meccanica quantistica non è una teoria fisica adeguata, allora egli si chiede come mai ha ricevuto tante conferme sperimentali. La risposta a tale quesito esemplifica chiaramente come nel G. convergano la tradizione teologico-filosofica e quella della scienza moderna. La quantizzazione che ritroviamo sperimentalmente è provocata dal concetto di elettrone che noi stessi abbiamo posto per spiegare la struttura della materia (ibid., p. 563). L'opera più matura della sua riflessione sulla nuova fisica è senz'altro Capitoli di fisica contemporanea (Roma 1932), dove, pur sottolineando l'innegabile esistenza di fenomeni non inquadrabili nello schema classico, egli manifesta l'opinione che tali fenomeni non abbiano ancora trovato una spiegazione teorica adeguata. Questa critica della teoria dei quanti, che il G. ha riproposto in numerosi altri interventi, nonostante i suoi evidenti limiti, è senz'altro una delle parti più attuali del suo pensiero.
Nel 1929 papa Pio XI affidò a G. Marconi l'incarico di impiantare una emittente radio nella Città del Vaticano, la cui direzione egli affidò al G. il 21 settembre dell'anno successivo. Il 12 febbr. 1931 essa fu inaugurata con la trasmissione di un messaggio del papa in tutto il mondo. Lo stesso Marconi dichiarò di aver ottenuto prestazioni eccezionali per quel tempo. Iniziò così un'amicizia e collaborazione fra Marconi e il G., che culminò nella realizzazione del primo ponte radio stabile a onde corte del mondo, installato fra Castelgandolfo e il Vaticano nel 1933. Il 19 apr. 1931 il G. inaugurò una trasmissione scientifica in lingua latina che si chiamava "Scientiarum nuncius radiophonicus", in cui egli comunicava alcuni recenti risultati scientifici nonché i resoconti delle sue ricerche sperimentali sulle onde radio eseguite insieme con Marconi.
Gli ultimi anni della vita del G. furono quindi dedicati alla promozione della stazione radio vaticana e al rinnovamento dell'Accademia Pontificia delle scienze, nonché alla divulgazione di nuove idee della fisica.
Nel pieno di queste attività lo colse la malattia che lo condusse alla morte il 9 luglio 1934 a Roma, presso la casa generalizia della Compagnia di Gesù.
Fonti e Bibl.: L. Lombardi, In memoria di p. G. G., in Acta Pontificiae Academiae scientiarum, LXXXVII (1934), pp. 506-514; Elenco delle pubblicazioni del rev. prof. G. G., ibid., pp. 518-524; C. Anselmi Medici, Padre G. G., Arcevia 1935; F. Selvaggi, Il p. G. G. nel primo centenario della sua nascita, in Gregorianum, LVII (1976), pp. 565-572; Raccolta di atti e documenti a ricordo di p. G. G. arceviese nel cinquantenario dalla morte, a cura di E. Girolimini - F. Discepoli, Arcevia 1984; S. Maffeo, Padre G. G. e G. Marconi. A cinquant'anni dall'inaugurazione del primo ponte radio, in La Civiltà cattolica, 1985, n. 1, pp. 62-67; V. Fano, La riflessione degli scienziati sulla meccanica quantistica in Italia fra le due guerre, in I fondamenti della meccanica quantistica. Analisi storica e problemi aperti, a cura di G. Cattaneo - A. Rossi, Commenda di Rende 1991, pp. 109 s.