GAGGINI, Giuseppe
Nacque a Genova il 25 apr. 1791 da Bernardo e da Geronima Daneri. A dodici anni, scrive nel 1903 il Cervetto, al quale si rimanda per la maggior parte delle notizie sullo scultore, divenne allievo di N. Traverso. Il maestro, che in seguito lo nominò tra i suoi eredi, lo introdusse all'Accademia Ligustica di Genova dove nel 1806, a soli quindici anni, il G. vinse una medaglia d'argento per una copia in gesso dell'Ercole Farnese; mentre nel 1812, con una statua di S. Matteo, conseguì la medaglia d'oro. Nel 1813 ricevette un premio istituito da A. Canova per i giovani scultori (Gazzetta di Genova, 23 giugno 1813). Passato a Milano, studiò all'Accademia di Brera, dove fu allievo di G.M. Monti. Nel 1814 ricevette una medaglia d'oro per il bassorilievo con il quale aveva partecipato al concorso e all'esposizione accademica del 1813 (La morte di Priamo: Milano, Galleria d'arte moderna).
Rientrato a Genova, nel 1815 fu scelto fra i cinque allievi dell'Accademia da inviare a studiare a Roma, dove si stabilì mantenendo stretti contatti con la città natale e con la Ligustica: all'esposizione del 1816 inviò due bassorilievi (L'innocenza che scherza con una serpee un agnello e Alcibiade che ascolta i precetti di Socrate) e, nel 1818, il Ritratto di p. Ottavio Assarotti, destinato alla chiesa dei sordomuti. Nella città papale il G. fu attratto dalle antichità e dall'interpretazione del classico che davano il Canova e B. Thorvaldsen. Da Roma inviò a Genova la sua prima importante opera, gli Angeli collocati nel 1821 sull'altare della cappella Imperiale Lercari del duomo di S. Lorenzo, progettata da C. Barabino; tale commissione fu ottenuta grazie anche al sostegno del marchese Marcello Durazzo.
Le due sculture furono modellate nello studio del Thorvaldsen, al quale il G. era stato presentato dallo stesso Durazzo: secondo Sborgi esse sono avvicinabili ad alcune opere del Canova (in particolare alle figure della Tomba Stuart del 1819 in S. Pietro), sebbene qui il G. metta "in gioco nuove componenti e sensibilità che derivano direttamente dall'influenza" del maestro danese; sempre per Sborgi gli Angeli rappresentano "il primo esempio della penetrazione del neoclassicismo maturo romano nel contesto ligure" (1988, p. 331).
Tornato a Genova il G. trovò protezione presso il Durazzo - al quale si devono i viaggi effettuati in sua compagnia, i soggiorni nella villa genovese dello Zerbino, nonché la realizzazione di alcune sculture per lo stesso mecenate - lavorando anche per altri altolocati committenti.
Per il Durazzo eseguì gli Angeli per le acquasantiere della cappella gentilizia di S. Giovanni Battista, a Serrea, presso Voltri; la Tomba di Clelietta Durazzo, figlia di Marcello, in S. Bartolomeo degli Armeni; il Busto della stessa e di Camilla De Mari Durazzo per la villa dello Zerbino; sovrapporte e decorazioni, comprendenti un Busto di Livia De Mari in Durazzo, per il palazzo della famiglia in via Balbi, oggi corrispondente al numero civico 6 (opere andate probabilmente distrutte in seguito alle trasformazioni operate dal successivo proprietario dello stabile). Inoltre, nel 1823, su richiesta di G.V. Airenti, vescovo di Savona, scolpì il Busto di Pio VII; dopo la morte del Traverso, avvenuta nello stesso anno, ne eseguì il busto ritratto per l'Accademia Ligustica e, su richiesta avanzata dal Durazzo, che dell'Accademia era segretario, realizzò un bozzetto per il cenotafio; nel gennaio 1824, ancora in collaborazione con C. Barabino, eseguì le parti plastiche per il catafalco di Vittorio Emanuele I, collocato nel duomo genovese; allo stesso anno risale la commissione delle due statue raffiguranti S. Anna e S. Gioacchino per il santuario dell'Acquasanta. Nel 1826, per l'ospedale di Pammatone, realizzò la statua seduta del benefattore, Giuseppe Doria, al quale già nel 1822 aveva dedicato un medaglione ritratto destinato alla chiesa di S. Giuseppe.
Nel 1829 realizzò alcuni rilievi e la statua del Genio dell'Armonia per la facciata del teatro Carlo Felice di Genova: la scultura, che presenta "richiami al Thorvaldsen", divenne "prototipo per una analoga serie di figure emblematiche che ricorreranno per decenni nella scultura ligure" (Sborgi, 1988, p. 332). Nello stesso anno fu posta nell'Albergo dei poveri la statua del benefattore Giuseppe Gandolfo eseguita dal Gaggini.
Risalgono a questo periodo anche le decorazioni plastiche per il salone di palazzo Tursi, all'epoca residenza della regina vedova Maria Teresa (Figure di danzatrici eseguite da G. Centanaro su suo disegno); quelle per palazzo Pallavicini in piazza Fontane Marose (poi trasferite alla villa delle Peschiere) e, per palazzo Faraggiana, oggi distrutto, le statue della Nautica e dell'Italia (Genova, coll. privata: ibid., p. 332) che il G. eseguì su progetto di P. Palagi.
Il 17 maggio 1830 il G. fu nominato accademico di merito e direttore della scuola di scultura dell'Accademia Ligustica, incarico mantenuto fino al trasferimento a Torino. In questo periodo il G. stava lavorando alla Ligustica al Trionfo di Marcello, impegnativo fregio, composto da 71 figure, voluto e finanziato da M. Durazzo ed eseguito su disegno del G. dal suo allievo Santo Varni. L'opera, terminata nel 1835 e andata distrutta dopo il 1900, ricevette numerosi elogi: in corso d'opera, nel 1831, fu apprezzata da re Carlo Alberto, che in tale occasione conobbe il G.; l'anno seguente fu ammirata dal Thorvaldsen, in visita all'Accademia. Sempre nel 1831 lo scultore realizzò la statua per i funerali genovesi di Carlo Felice.
A partire dalla metà degli anni Trenta il G. fu attivissimo in Piemonte al servizio di Carlo Alberto, dal quale ricevette numerose commissioni per le decorazioni di diverse residenze sabaude. Secondo Sborgi (1988, p. 333), il contatto a Torino con altri artisti, in particolare con E. Melano e P. Palagi, contribuì a indirizzare il G. "verso un classicismo più morbido" talora aperto "a suggestioni romantiche, sia in senso medievalista… che, soprattutto, storicista".
Il G. lavorò nelle residenze di Pollenzo (Statue dei dodici apostoli) e Racconigi, dove realizzò, tra l'altro, una statua in marmo raffigurante la Dea Pomona, per la sala da pranzo; due bassorilievi in scagliola con Gesta di Alessandro il Macedone e Trionfo di Paolo Emilio (che non furono però collocati, come previsto, nella sala del Trono); le statue di S. Ignazio e S. Francesco, per la cappella di S. Alberto; una statua dell'Immacolata, per l'arco gotico; l'altare per la cappella reale di Nostra Signora delle Grazie; riproduzione in scala ridotta dei suoi Angeli nel duomo genovese, opere tutte destinate al parco.
Nel 1841 fu nominato professore dell'Accademia Albertina di Torino (incarico che mantenne sino al 1856) e scultore di Sua Maestà; nel 1842 divenne anche accademico di merito della stessa Accademia torinese; da Carlo Alberto ottenne, inoltre, la nomina a cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Nel 1844, anno in cui fu nominato membro onorario dell'Accademia di belle arti di Milano, venne inaugurata la parrocchiale di Torre Pellice, con altare realizzato su suo disegno. Lavorò anche alle decorazioni del palazzo reale di Torino, per il quale eseguì la statua di Diana cacciatrice (per lo scalone) e l'erma di Corrado di Monferrato (per la rotonda, oggi al Museo del Risorgimento di Torino). Durante la sua permanenza nella capitale realizzò anche ritratti e monumenti, quali quello al Principe Tommaso, eseguito nel 1849 su commissione di Carlo Alberto per la cappella della Ss. Sindone, e a Vittorio Emanuele I che, inizialmente destinato a Genova, venne collocato solo nel 1869 a Torino, nella piazza della Gran Madre, dove si trova. Per il cimitero torinese realizzò i monumenti funerari della famiglia Solei e del marchese Felice di San Tommaso.
Negli anni del soggiorno piemontese mantenne importanti relazioni con Genova: partecipò, ad esempio, alla realizzazione del Monumento a Cristoforo Colombo (1845-62) - suoi sono il bassorilievo con la Disputa di Salamanca e la figura della Scienza - e lasciò opere funerarie nel cimitero di Staglieno: si ricordano il Monumento a Sebastiano Balduino (1853) e alcune altre tombe di minore importanza (Ricchini, Conte, Nicora, Montanaro Villa, Gamba e Carlo Balduino, terminata nel 1870 da G. Dini e D. Fabbri).
Realizzò anche opere destinate a committenti stranieri: il monumento funerario per Ignazio Fletes a Tepic, in Messico, recensito nel 1842; una fontana per L'Avana (citata da Cervetto, 1903); l'Apollo, eseguito per la galleria Liechtenstein di Vienna e oggi fra le opere provenienti dalla stessa collezione conservate presso il Metropolitan Museum di New York (nel volume Liechtenstein. The princely collections, New York 1985, p. 28 n. 18, l'opera è erroneamente attribuita a un omonimo del XVII-XVIII secolo).
Il G. morì a Genova il 2 maggio 1867.
Tra gli allievi del G. presso l'Accademia Ligustica di belle arti vi fu anche suo nipote Bernardo, nato a Genova il 2 ag. 1814 dal fratello Giacomo e da Rosa Danero (o Daneri, stesso cognome della madre del G., alla quale il nipote fu quindi probabilmente legato da doppia parentela). Bernardo compare, in verità, fra gli allievi dell'istituto premiati per opere di architettura: nel 1835, infatti, ricevette la "lode" per tre disegni, tra cui uno della facciata del Pantheon. Nel 1837 fu nuovamente premiato per disegni d'architettura. Dalla documentazione d'archivio si apprende che, almeno dagli anni Cinquanta, il G. viveva con lui e con la numerosa famiglia (comprendente sei figli) e si ricava che la sua attività sarebbe stata più orientata al commercio dei marmi che non a una vera e propria produzione artistica. Sono forse ascrivibili a Bernardo le tombe Pietro Gaggini (1855), Giovanni Orsini e Angela Revello del cimitero di Staglieno.
Bernardo morì a Genova il 17 dic. 1864.
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