MONIGLIA, Giuseppe Gaetano
– Nacque a Firenze il 13 genn. 1689 (1688 more fiorentino) da Niccolò Maria e da Lucrezia Casini. Il M. era fratello di due illustri religiosi, Ferrante, lettore di morale nelle Scuole pie di Firenze, e Tommaso Vincenzo, domenicano e docente presso lo Studio pisano.
Il suo primo ingresso nell’ambiente colto della città è documentato da una lettera dell’11 nov. 1713, da lui inviata ad Anton Francesco Marmi, nella quale lo pregava di trasmettere un suo biglietto di saluto ad Apostolo Zeno. Pochi anni dopo, il M. sostenne un ruolo fondamentale insieme con Niccolò Gualtieri nella fondazione della Società botanica fiorentina, trasformatasi poi in Accademia. Nel 1716, preso in affitto un orto e poi una casa in via Boffo, nei pressi di Porta S. Piero Gattolini (poi giardino Torrigiani), Gualtieri e il M. invitarono Giovanni Sebastiano Franchi e Pier Antonio Micheli a fare parte del sodalizio per convertirlo in una piccola accademia. Il 10 luglio 1717 Franchi fu nominato direttore e il M. segretario della nuova associazione. A Gualtieri toccò la carica di custode, a Micheli quella di provveditore.
Presto però, all’interno del piccolo gruppo, cominciarono le prime discussioni. Franchi e Micheli intendevano allargare la società ai loro amici; il M. insisteva per non ammettere altri se non forestieri parendogli tanto fervore «non meno ridicolo in un orticello di quattro scudi di pigione» (Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo Targioni Tozzetti, 116, c. 4v). Vinsero i primi due con il conseguente e volontario allontanamento di Gualtieri e l’ingresso nella compagnia di personalità di rilievo fra cui i senatori Cerchio de’ Cerchi e Filippo Buonarroti. A loro si unirono presto l’archiatra Bartolomeo Gornia e il canonico Giuseppe Suarez de la Concha. Tanto fu il successo di questo sodalizio che, nel 1718, il granduca Cosimo III decise di affidare all’Accademia l’orto fiorentino fondato da Cosimo I e ormai caduto in stato di abbandono. La Società botanica fiorentina, prima accademia del suo genere in Europa, proseguì la sua attività nel giardino dei semplici di S. Marco. In questi primi anni, sotto la guida attenta di Micheli, la direzione del sodalizio restò in mano a una ristretta cerchia di famiglie aristocratiche fiorentine: Buonarroti, Pandolfini, Strozzi e Capponi. Nel 1729, entrarono a far parte dell’Accademia Antonio Cocchi e Pompeo Neri; nel 1734, Antonfrancesco Marmi e Giovanni Targioni Tozzetti succeduto nel 1737, alla morte di Micheli, nella carica di botanico.
Rimasto in disparte per molti anni per i dissapori insorti poco dopo la sua fondazione, il M. riprese a frequentare l’orto botanico e l’Accademia nel 1733 e, nel 1734, ne assunse la carica di archivista. Parallelamente agli interessi di carattere botanico, il M. coltivò gli studi giuridici, anche se non risulta che abbia mai conseguito il titolo dottorale in utroque iure nello Studio di Pisa. Secondo Prezziner, nel 1719 il M. fu nominato lettore di istituzioni civili presso lo Studio fiorentino e poi, nel 1732, professore di diritto canonico con lo stipendio prima di 40 e poi di 60 scudi. La docenza presso lo Studio rappresentava un posto di prestigio che non prevedeva l’obbligo di insegnamento lasciando ai lettori la possibilità di svolgere questo compito privatamente a casa.
Risale forse a questi anni la pubblicazione di alcune scritture «da esso fatte, come avvocato, nelle quali spicca la sua profonda dottrina nella giurisprudenza, ed anche alcuni poetici componimenti, avendo egli alle seccaggini della legge saputo unire l’amenità dell’umana letteratura» (Zaccaria, pp. 568 s.). Mentre delle prime non restano tracce, si ricorda, invece, un suo sonetto pubblicato negli Applausi poetici per le nozze dell’illustrissimo signor marchese cavalier Vincenzio Maria Riccardi con l’illustriss. sig. marchesa Maria Maddalena Ortensia Gerini (Firenze 1733, sonetto n. 16, pp. nn.).
In questa composizione di carattere occasionale, pur nel suo conformismo stilistico, il M., presentato nella titolazione come «signore abate e professore di Istituzioni civili nell’università fiorentina», mostrava di possedere una buona padronanza nella composizione poetica e una certa fantasia nel presentare una Venere molto in ansia perché il figlio Amore era stato fatto schiavo da una bellissima fanciulla. Più che al componimento del M. occorre guardare all’insieme di questi Applausi poetici – che si aprono con una dedicatoria di Lami – e, soprattutto, ai nomi degli altri autori, molti dei quali accademici della Crusca e Apatisti oppure lettori dello Studio fiorentino. Fra questi si ricordano l’abate Henri Pariet Despars, Girolamo Giuntini, Anton Francesco Gori, Bindo Simone Peruzzi e Tommaso Crudeli.
Molto attento alla formazione dei giovani, il M. ebbe fra i suoi allievi Giuseppe Maria Buondelmonti. Seguì anche l’educazione giuridica di Folco Rinuccini, figlio di della marchesa Maddalena Vittoria Guicciardini e di Carlo Rinuccini, primo segretario di guerra e consigliere di Stato degli ultimi due granduchi di casa Medici. Il M. per alcuni anni fu titolare della carica di lettore di istituzioni civili e poi di cavalleria presso l’Accademia dei Nobili, istituita nel 1688 come spazio d’incontro fra la nobiltà fiorentina e quella internazionale e luogo di apprendimento del maneggio delle armi e delle tecniche amministrative. Fu inoltre accademico del Disegno – dal 1° ott. 1724 – dove ricoprì, fra il 1738 e il 1741, anche la carica di segretario. Svolse il medesimo ruolo anche nell’Accademia degli Apatisti, dove la sua solerzia non fu bene accolta dato il clima un po’ soffocante e molto controllato delle accademie di vecchia concezione.
Nel settembre del 1738, il M. era stato, infatti, accusato di trattenere impropriamente nella sua abitazione le patenti e il «rame» dell’impresa Apatista. Di carattere mite e accomodante, il M. si dichiarò subito pronto a restituire quanto richiesto e a dimettersi dall’incarico non essendo giusto, a suo parere, «che di tanto suo affetto, incommodo e fastidio per l’Accademia degli Apatisti, non abbia a riportarne altro che il barbaro premio di più dispiaceri» (Firenze, Biblioteca nazionale, Autografi Gonnelli, cass. 25, n. 348: Lettera di G.G. Moniglia al marchese Abate Gabriello Riccardi, referente dell’Accademia, 7 sett. 1738).
Il 30 marzo del 1743, il M. fu ammesso fra gli accademici della Crusca, ultima tappa di una lunga e non sempre facile ascesa all’interno degli ambienti più esclusivi della cultura fiorentina.
Il M., che alcuni anni prima aveva preso i voti sacerdotali, morì a Firenze nell’ottobre del 1749.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registro dei battezzati al fonte di S. Giovanni, dal 25 marzo 1688 al 24 marzo 1690, reg. 67, c. 97; Ibid., Biblioteca nazionale, Fondo Targioni Tozzetti, 116: Scritture appartenenti alla Società botanica fiorentina, cc. 1-4v; Magl., VIII.975, lett. 29: Lettera di G.G. Moniglia al sig. Anton Francesco Marmi, 11 nov. 1713; F.A. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, II, Venezia 1751, pp. 568 s.; G. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, II, Brescia 1763, p. 1949; R. Soprani - C. G. Ratti, Delle vite de’ pittori, scultori e architetti genovesi, II, Genova 1769, p. 268; G. Prezziner, Storia del Pubblico Studio e delle società scientifiche e letterarie di Firenze, Firenze 1810, II, pp. 115 s.; C. Lucchesini, Della storia letteraria del ducato lucchese…, X, Lucca 1831, p. 362; G. Targioni Tozzetti, Notizie della vita e delle opere di Pier’Antonio Micheli, botanico fiorentino, Firenze 1858, p. 86; O. Pinto, Nuptialia. Saggio di bibliografia di scritti italiani pubblicati per nozze dal 1484 al 1799, Firenze 1971, ad vocem; F. Diaz, Buondelmonti, Giuseppe Maria, in Diz. biogr. degli Italiani, XV, Roma 1972, p. 213; S. Parodi, Catalogo degli Accademici della Crusca, Firenze 1983, p. 203; E. Maugini, La Società botanica italiana: vicende storiche, in 100 anni di ricerche botaniche in Italia, 1888-1988, a cura di F. Pedrotti, Firenze 1988, II, pp. 1- 3; T. Arrigoni, Per una storia delle istituzioni scientifiche nella Toscana del Settecento, in Atti e memorie dell'Accademia Toscana di scienze e lettere La Colombaria, LIII (1988), pp. 166-183; M.A. Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze, 1715–1766): lo stampatore, gli amici, le loro esperienze culturali e massoniche, Roma 1996, p. 67; L. Zangheri, Accademici del Disegno, Firenze 2000, pp. 221 s.