FUSCHINI, Giuseppe
Nacque a Ravenna, il 24 sett. 1883, da Luigi e da Assunta Amadori. Compì i primi studi - compagno di banco di Giovanni Minzoni - nel locale seminario, dove ebbe come maestri il futuro cardinale Pietro Maffi e Giovanni Bosio, giunti a Ravenna al seguito del nuovo arcivescovo A.G. Riboldi, il cui brevissimo governo episcopale nella città romagnola fu segnato da quelle idee di rinnovamento che tanto avrebbero affascinato il F. negli anni a venire.
In quel periodo il F. cominciò ad avvicinarsi alla predicazione e all'insegnamento di Romolo Murri, al quale non esitò a scrivere, ricevendone comprensione e incoraggiamento tali da esserne definitivamente conquistato, in specie nel momento in cui decise di lasciare il seminario e di non proseguire "per l'ardua via del sacerdozio" (Bedeschi, 1967, p. 289). Giovane universitario a Bologna, il F. aderì al movimento democratico cristiano, divenendone propagandista entusiasta e collaborando alla Cultura sociale, nella cui redazione conobbe Maria, sorella minore del Murri, che qualche anno dopo sarebbe divenuta sua moglie.
L'Emilia-Romagna fu la regione dove il murrismo sensibilmente attecchì, con la nascita di numerosi circoli e di vari giornali di tendenza democratico-cristiana, primi fra tutti Il Savio di Cesena, La Giovane Montagna di Parma e Il Risveglio di Ravenna, dietro al quale c'era l'instancabile lavoro del Fuschini.
Il F. fu uno dei principali protagonisti del congresso cattolico di Bologna del 1903 dove, insieme con altri giovani murriani quali E. Cacciaguerra, G. Bertini, L. Stirati e P. Micheli, portò una critica serrata al conservatorismo politico-sociale e al clericalismo confessionale dell'Opera dei congressi. Quando quest'ultima si sciolse - nel luglio dell'anno seguente, in un momento in cui si aprì il problema della riorganizzazione del movimento cattolico e della sua stessa collocazione politica nella concreta situazione dell'Italia giolittiana -, il F. si trovò a essere tra i più convinti sostenitori della necessità di un movimento dichiaratamente aconfessionale, autonomo rispetto alle direttive della gerarchia ecclesiastica e del Vaticano.
L'iniziativa di un consistente gruppo di democratici cristiani, riunitisi a Bologna il 19-20 nov. 1905, portò alla costituzione della Lega democratica nazionale, nata allo scopo - così recitava il suo statuto - "di influire sull'azione pubblica dei cattolici e del proletariato e su tutta, in genere, la vita collettiva del paese perché si svolga in senso democratico" (Giovannini, p. 68). Se Murri fu indiscutibilmente il padre spirituale della nuova organizzazione, proprio il F. ne fu nominato, ad appena ventidue anni, segretario generale. A questa importante responsabilità - alla quale si aggiunse subito quella della direzione dell'organo ufficiale della Lega, L'Azione democratica - il F. dedicò gli anni seguenti della sua vita. Quando, il 28 luglio 1906, Pio X emanava la sua enciclica Pieni l'animo, con la quale sconfessava il movimento e vietava esplicitamente ai sacerdoti di farne parte, fu lui a rispondere al pontefice con una lettera deferente nel tono ma ferma nella difesa dell'atteggiamento dei giovani della Lega, riaffermando la validità di una linea politica autonoma, ispirata ai principî della democrazia e in continuo collegamento con le masse popolari.
D'altra parte se la Lega - ed è questo, forse, l'aspetto più interessante della sua travagliata esistenza, stretta fra l'ostilità delle autorità ecclesiastiche e la diffidenza delle organizzazioni del movimento operaio - fu il primo movimento cattolico a condurre sino in fondo, in campo sindacale, una decisa scelta di classe, questo fu dovuto anche alle posizioni assunte dal F. durante i congressi di Milano (1906) e di Rimini (1908), che lo videro indiscusso protagonista.
Da tempo, in Romagna, il F. si era distinto per le sue battaglie in questo campo - come quella del 1906-07 per la riforma dei patti colonici nel Cesenate, quando l'iniziativa sua, di E. Cacciaguerra e di G. Ravaglia, portò all'iscrizione alla Camera del lavoro dei contadini cattolici, realizzando la prima intesa fra cattolici e socialisti - fermamente convinto che il "moto sindacale" fosse "il nucleo iniziale e trasformatore della società" che avrebbe sviluppato "nelle classi lavoratrici il senso della responsabilità e l'educazione della ragione e della volontà" (Il movimento sindacale in Italia, p. 10). Il F. fu sempre convinto della necessità di un incontro tra lavoratori cattolici e socialisti all'interno di organizzazioni unitarie, contrapponendosi a chi si faceva portatore, al contrario, dell'esigenza di una organizzazione esclusivamente cattolica, sul modello dei sindacati cristiani in Germania.
Quando la crisi modernista e le vicende personali del Murri portarono alla crisi della Lega, manifestatasi in pieno in occasione del congresso di Imola del 1910, il F., pur preoccupato delle sue posizioni sempre più radicali, rimase vicino al Murri, tentando comunque di non tagliare i ponti con la minoranza del Cacciaguerra. Solo un anno dopo, con la "costituente" di Firenze, che segnò l'inizio della fase postmurrina della Lega, il F. aderì con convinzione - era stato lui, all'interno del vecchio consiglio direttivo, ad avviare una sincera autocritica delle posizioni imolesi e a sottolineare il pericolo di un coinvolgimento nella disputa dottrinale avviate dal modernismo - alle posizioni che avrebbero portato alla nascita della Lega democratica cristiana (Bedeschi, 1959, pp. 186-190).
Questa intensa attività non impedì al F. di conseguire la laurea in giurisprudenza, che gli tornò utile nel 1912, quando vinse il concorso di funzionario alla Camera dei deputati. Al momento dello scoppio della guerra, fu richiamato alle armi come ufficiale di artiglieria e combatté sul Tonale, sul Carso e sul Pasubio, seguendo la posizione presa dalla maggioranza degli aderenti alla Lega, convinti della necessità dell'intervento italiano nel conflitto, "non tanto per rivendicazioni territoriali di destra o di sinistra, ma per determinare il distacco netto e definitivo della nostra politica estera dal concerto austro-germanico…" (L'Azione, 7 febbr. 1915). Anche dal fronte il F. trovò modo di continuare la sua attività giornalistica, come corrispondente del Corriere del Ticino di Lugano.
Dopo l'armistizio aderì senza incertezze al partito popolare di Sturzo, anche se questo gli costò un temporaneo contrasto col suo amico fraterno G. Donati - che diede vita al Partito democratico cristiano italiano -, dal quale lo separava la convinzione che la Lega non si dovesse trasformare in partito politico, piuttosto dovendo i suoi soci entrare nel partito popolare "per immettergli un fermento democratico cristiano dall'interno" (Bedeschi, 1959, p. 238). Del partito popolare il F. fu consigliere nazionale dal 1921 al 1923 e candidato in Umbria e nel Lazio alle elezioni politiche del 1921 e del 1924, senza riuscire, però, a essere eletto.
Di fronte al fascismo assunse subito un atteggiamento di intransigenza, prima dalle colonne del periodico Politica nazionale - di cui aveva assunto la direzione nel 1919 - poi da quelle dell'organo ufficiale del partito popolare, Il Popolo, nella cui fondazione il F. ebbe, insieme con il Donati che ne fu il primo direttore, un ruolo notevole. Con il rapido affievolirsi della vita democratica e l'instaurarsi del regime, il F. si ritirò a vita privata, sempre rifiutando di iscriversi al Partito nazionale fascista, scelta che gli bloccò la carriera di funzionario alla Camera.
Dopo la liberazione di Roma fu chiamato da A. De Gasperi a far parte del consiglio nazionale della Democrazia cristiana e a dirigere il settimanale La Nuova Battaglia, organo regionale del partito. Fece parte della Consulta nazionale e il 2 giugno fu eletto deputato alla Costituente, partecipando alla commissione dei diciotto per la carta costituzionale. Membro più volte della direzione nazionale della Democrazia cristiana, dedicò particolare attenzione al settore e ai problemi degli enti locali. Rieletto deputato nel 1948, venne nominato vicepresidente della Camera.
Il F. morì improvvisamente a Roma il 10 luglio 1949.
Tra gli scritti del F. vanno ricordati: I conflitti economici. Lettera collettiva all'episcopato emiliano, Bologna 1907; Il movimento sindacale in Italia, Città di Castello 1909; Il Vaticano e i sindacati cristiani in Germania, in Bilychnis, novembre-dicembre 1912, pp. 584-590; Il sindacalismo confessionale e un'inchiesta ufficiale, Napoli s.d.; Biblioteche popolari, Viareggio 1911; L'ultima rivoluzione polacca e l'Italia, Casale 1916; Profilo di Donati, Roma 1945.
Fonti e Bibl.: F. Magri, La Democrazia cristiana in Italia, Milano 1955, II, pp. 92 s.; G. Gronchi, Un organizzatore democratico cristiano: G. F., in Democrazia cristiana italiana, a cura di G. Quadrotta, Roma 1958, pp. 128-130; B. Brogi, La Lega democratica nazionale, Roma 1959 ad Ind.; L. Bedeschi, I cattolici disubbidienti, Roma-Milano-Napoli 1959, pp. 186-190, 238; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna 1961, ad Ind.; L. Bedeschi, Una lettera inedita di G. F., in L'Avvenire d'Italia, 29 genn. 1965; Id., I pionieri della D.C. Modernismo cattolico 1896-1906, Milano 1966, pp. 211-233; G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Bari 1966; L. Bedeschi, Il modernismo e Romolo Murri in Emilia Romagna, Bologna 1967, ad Ind.; C. Giovannini, Politica e religione nel pensiero della Lega democratica nazionale (1905-1915), Roma 1968, ad Ind.; M. Guasco, Murri e il modernismo, Roma 1968, ad Ind.; Gli atti dei congressi del PPI, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, ad Ind.; L. Bedeschi, La terza pagina de "Il Popolo". 1923-1925 (Cattolici democratici e clerico fascisti), Roma 1973, ad Ind.; G.P. Ricci, Il Movimento cattolico nel Ravennate dal fascismo alla Resistenza, in Cattolici nella Resistenza ravennate, Ravenna 1975, ad Ind.; C.F. Casula, Lo scioglimento della sinistra cristiana, in I cattolici tra fascismo e democrazia, a cura di P. Scoppola - F. Traniello, Bologna 1975, pp. 299-359; Id., Cattolici-comunisti e sinistra cristiana (1938-1945), Bologna 1976, ad Ind.; M.G. Rossi, Le origini del partito cattolico, Roma 1977, ad Ind.; E. Tramontani, Cattolici popolari a Ravenna nel primo novecento, Ravenna 1977, ad Ind.; G. Galli, Storia della Democrazia cristiana, Bari 1978, ad Ind.; A. Zambarbieri, Rassegna di studi sul modernismo, in Cultura e scuola, aprile-giugno 1979, pp. 27-51; G. Taroni, L'impegno dei cattolici nella D.C. ravennate, 1943-1953, Ravenna 1982, ad Ind.; Il Partito popolare in Emilia Romagna(1919-1926), a cura di A. Albertazzi - G. Campanini, Roma 1983, ad Ind.