FURLANI, Giuseppe
Nato a Pola il 10 nov. 1885 da Francesco e Luigia Damiani, si laureò in giurisprudenza nel 1908 e in filosofia nel 1913 all'università di Graz. In seguito soggiornò a lungo a Monaco, Berlino, Parigi e Londra, perfezionando gli studi di filosofia orientale. Durante la prima guerra mondiale fu segretario della commissione governativa italiana a Londra; tale impegno diplomatico non gli impedì di frequentare assiduamente le maggiori biblioteche di quella città, né di ricavarne una gran quantità di materiali contenuti prevalentemente in poco noti manoscritti del Vicino Oriente. Finita la prima guerra mondiale trascorse un anno al Cairo come professore incaricato di lingua inglese e di lingua araba presso il liceo italiano; ebbe così modo di viaggiare ed esplorare l'Egitto, la Palestina e la Siria, tutti luoghi che suscitavano la sua appassionata curiosità di studioso delle civiltà antiche mediorientali.
Avendo ormai concretizzato in circa trenta contributi pubblicati su varie riviste i suoi studi storici e filosofici, il F. nel 1922 conseguì, per titoli, la libera docenza in lingue semitiche presso l'università di Torino, che esercitò in quell'ateneo fino al 1925. Intanto, nel 1924, venne chiamato all'università di Firenze per ricoprirvi, su incarico, l'insegnamento di arabo e civiltà islamica. Dal 1925 divenne, sempre a Firenze, professore non stabile di filologia semitica e civiltà dell'Oriente classico. Di questa stessa materia fu nominato professore stabile nel 1930 e professore ordinario nel 1931, dopo che, fin dal 1926, aveva definitivamente lasciato l'università torinese. Nel 1933 diresse la prima campagna italiana di scavi in Mesopotamia. Quando poi, nel 1940, l'università di Roma istituì la cattedra di assiriologia e archeologia orientale, ne divenne subito titolare, mantenendola fino ai raggiunti limiti di età (1960). Dell'università di Roma diresse pure la scuola orientale e l'istituto di studi orientali, sostenendo, nel contempo, l'insegnamento per l'incarico di ebraico e lingue semitiche comparate.
La vastissima opera del F. (la bibliografia completa dei suoi lavori, escluse le voci enciclopediche, conta 610 titoli) si diffuse in un ampio arco di discipline, inoltrandosi in vasti e diversi settori di ricerca. Nonostante l'evidente difficoltà di stabilire con esattezza una corrispondenza tra successione cronologica delle pubblicazioni e diversificazione degli interessi dell'autore, è tuttavia possibile individuare due grandi fasi nello sviluppo delle sue indagini, avvertendo però che esse, pur susseguendosi nel tempo, non ebbero carattere esclusivo; in quanto l'insorgere della fase più recente non significò l'abbandono degli interessi precedenti.
La prima fase vide il F. impegnato nella disamina dei testi siriaci (in modo particolare) e arabi che meglio si prestavano alla ricostruzione delle dinamiche d'influenza del pensiero greco, specialmente del tardo aristotelismo, sulla filosofia e la patristica dei Siri.
L'ottima preparazione storico-filosofica, e così pure la conoscenza approfondita della patristica in generale, consentirono al F. di orientare i suoi specialistici studi filologici verso l'individuazione delle più minute correnti d'influenza entro le quali produssero le loro opere gli autori siriaci dal II al XIII secolo. Questi lavori, che non vennero mai organizzati in ampie opere di sintesi, furono sempre accompagnati dal desiderio del F. di mettere a disposizione degli studiosi, nel minor tempo possibile, la gran mole di testi inediti che egli andava raccogliendo nelle maggiori biblioteche di tutta Europa, e soprattutto nel British Museum.
Sono di questa fase i numerosi contributi sulla psicologia presso i Siri. Il F. dimostrò come costoro si basassero in primo luogo sulle dottrine dell'anima dei Padri della Chiesa, sia siriaci che greci, i quali a loro volta attingevano prevalentemente da ciò che si poteva ricavare sull'argomento dall'Antico e dal Nuovo Testamento. Di qui i padri presero in prestito soprattutto la terminologia utile per designare le diverse facoltà e potenze dell'anima, e poiché la Sacra Scrittura fece in libri diversi uso di termini diversi per designare la medesima facoltà, ciò provocò, presso i Siri, un'estrema varietà di classificazioni e di terminologie. Tali varietà il F. s'impegnò costantemente a dirimere, corredando le sue edizioni con liste di equivalenze terminologiche siriaco-greche, utili per discernere i diversi parametri di riferimento degli autori via via considerati. Soltanto in secondo luogo, sostenne il F., le opere siriache si sarebbero basate sulle dottrine dei filosofi ellenici, le quali, in ogni caso, giungevano loro filtrate dagli scritti patristici greci.
Delle varie edizioni critiche curate dal F. in questa fase si ricorderà innanzitutto quella della versione siriaca dell'Organon aristotelico, redatta da Giorgio delle Nazioni, pubblicata in una serie successiva di contributi insieme con un ampio commento e una versione italiana (Aristoteles, de interpretatione, 16a, 6-7, nach einen syrisch erhaltenen Kommentar, in Zeitschrift für Semitistik und verwandte Gebiete, I [1922], pp. 34-37; La versione e il commento di Giorgio delle Nazioni all'Organo aristotelico, in Studi italiani di filologia classica, III [1925], pp. 305-333; Le Categorie e gli Ermeneutici di Aristotele nella versione siriaca di Giorgio delle Nazioni, in Mem. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 6, V [1933-36], 1, pp. 1-68; Il primo libro dei Primi Analitici di Aristotele nella versione siriaca di Giorgio delle Nazioni, ibid., 3, pp. 143-230; Il secondo libro dei Primi Analitici di Aristotele nella versione siriaca di Giorgio delle Nazioni, ibid., VI [1937-40], 3, pp. 233-287; Il proemio di Giorgio delle Nazioni al primo libro dei Primi Analitici di Aristotele, in Riv. degli studi orientali, XVIII [1939], pp. 116-130; Sul commento di Giorgio delle Nazioni al primo libro degli Analitici Anteriori di Aristotele, ibid., XX [1942-43], pp. 47-64; Sul commento di Giorgio delle Nazioni al secondo libro degli Analitici Anteriori di Aristotele, ibid., pp. 229-238).
L'altra grande edizione fu quella del Libro delle definizioni e divisioni del nestoriano Michele l'Interprete, altrimenti nominato Bāzūel (Il Libro delle definizioni e divisioni di Michele l'Interprete, in Memorie dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 6, II, [1926], 1, pp. 1-194). Nell'ampio commento, che anche in questo caso correda l'edizione insieme con una traduzione italiana, il F. dimostrò come le definizioni di carattere teologico ivi contenute derivino dall'opera di un altro nestoriano, Teodoro bar Kōnāi, mentre quelle d'argomento logico, antropologico e fisico rimanderebbero al pensiero del monofisita Ahūdhemmēh. Nell'introduzione al saggio il F. fece anche il punto sulla diffusione presso i Siri del genere letterario filosofico delle opere di definizioni e divisioni.
A queste si devono poi aggiungere le edizioni di un trattatello del nestoriano Yohannan bar Zobi (Giovanni bar Zobi, Sulla differenza fra natura e ipostasi e tra persona e faccia, in Studi e materiali di storia delle religioni, II [1926], pp. 230-242); del Manualetto di Giacomo Edessa (ibid., I [1925], pp. 262-292), per il quale il F. indicò il modello nell'operetta Delle sei voci di Porfirio (L'ΕΓΧΕΙΡΙΔΙΟΝ di Giacomo di Edessa nel testo siriaco, in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 6, IV [1928], pp. 222-249); di un breve passo del trattato Sulle categorie di Rēš'ayna, che il F. utilizzò per documentare l'orientamento stoico di un altro siro, Bardesane d'Edessa (Sur le stoïcisme de Bardesane d'Edessa, in Archiv orientální, IX [1932], pp. 347-352); della versione siriaca della porfiriana Introduzione alla logica e sillogistica di Aristotele, redatta dal patriarca giacobita Atanasio di Balad (Una introduzione alla logica aristotelica di Atanasio di Balad, in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 5, XXV [1910], pp. 717-728). Tutte queste edizioni vennero corredate dal F. di un commento e di una traduzione in lingua moderna.
Numerosissimi furono pure i testi siriaci che il F. pubblicò in italiano traducendo da sue trascrizioni private o da edizioni curate da altri. Tra questi si ricorderà soltanto un discorso Sulla logica contenuto nel Libro dei dialoghi del giacobita Severo bar Shakko, nel pensiero del quale il F. rivelò accuratamente un'influenza aristotelica mediata dall'opera del mussulmano Kamāladīn Mūsa ibn Yūnus (La logica del Libro dei dialoghi di Severo bar Shakko, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lett. e arti, LXXXVI [1927], 2, pp. 1-194). Particolarmente significativi furono i lavori sulla dottrina psicologica di Berhebreo (noto altrimenti come Gregorio Abū ‛l Farag), primate giacobita, del quale indagò a fondo gli scritti ricercandovi le trame dell'influenza avicenniana e in particolare la trasmissione di una teoria dell'autocoscienza che, secondo il F., sarebbe giunta ad Avicenna da un filologo greco a noi sconosciuto, e molto sarebbe assomigliata al cogito, ergo sum cartesiano (La psicologia di Barhebreo, secondo libro, in Riv. degli studi orientali, XIII [1931], pp. 301-362; Barhebreo sull'anima razionale, in Orientalia, I [1931], pp. 301-362; Avicenna, Barhebreo, Cartesio, in Riv. degli studi orientali, XV [1933], pp. 11-30; Di tre scritti in lingua siriaca di Barhebreo sull'anima, ibid., pp. 284-308).
A questa prima fase di studi va pure attribuita una cospicua serie di ricerche sull'astrologia e la divinazione presso i Siri, cristiani e non cristiani, ricerche concretizzatesi sempre nelle pubblicazioni di versioni italiane commentate, se non proprio di edizioni originali, di testi altrimenti quasi sconosciuti.
Proprio gli interessi per l'astrologia e la divinazione tipiche delle civiltà vicino-orientali portarono il F. a confrontarsi con tradizioni culturali e linguistiche assai più antiche di quelle che aveva abilmente investigato. Venne di qui una tensione all'ampliamento dei campi d'indagine che sembrò peraltro assecondata dalla prospettiva di un'articolazione delle competenze accademiche che, come si è visto, finì per attribuire al F. la prima cattedra di assiriologia dell'università di Roma.
Mosso da tali sollecitazioni, il F., nella prima metà degli anni Venti, approfondì ulteriormente la propria conoscenza delle scritture cuneiformi, avviandosi così a essere, di lì a qualche anno, uno dei più grandi assiriologi della sua epoca. Ebbe così inizio la seconda fase della sua attività scientifica. Al saggio del 1923 su Scongiuri e inni babilonesi (in Riv. trimestrale di studi filosofici e religiosi, IV [1923], pp. 385-410) seguì un primo contatto con i diritti orientali: leggi hittite, leggi assire e documenti giuridici assiro-cappadoci. Poi il raggio si ampliò verso pressoché tutte le materie assiriologiche: letteratura, filologia, diritto, religione.
L'interesse per la cultura siriaca e araba non venne mai meno, ma a partire dal 1927 la produzione assiriologica prese decisamente a prevalere, realizzandosi in illustrazioni di aspetti particolarissimi delle civiltà in oggetto, in traduzioni scientifiche di testi poco noti e, infine, in validissime opere di sintesi. In questa fase i principali orientamenti metodologici furono due: quello derivantegli dalle discipline storico-giuridiche, che faceva leva sul recupero dei diritti degli antichi per ricostruire i modelli sociali di ciascuna civiltà, e quello proprio del comparativismo storico-religioso, che si sviluppò nel F. sotto l'influenza diretta di Raffaele Pettazzoni. Questi due orientamenti vennero spesso coniugati dal F. in un unico atteggiamento analitico. Ciò gli permise, ad esempio, di individuare con acutezza i caratteristici aspetti di taluni istituti ordalici assiri, babilonesi e hittiti, e di porre nel giusto rilievo il carattere ordalico e teologico che presso quei popoli veniva attribuito alla guerra (La sentenza di dio nella religione babilonese e assira, in Mem. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 8, II [1950], pp. 219-279; Le guerre quali giudizi di dio presso i Babilonesi e Assiri, in Miscellanea in onore di G. Galbiati, III, Milano, 1951, pp. 39-47).
Tra le maggiori raccolte di questo periodo si ricorderanno le Leggi dell'Asia anteriore antica (Roma 1929) e i Miti babilonesi e assiri (Firenze 1958). In quest'ultima il F. diede sistemazione e commento a una versione, già edita da lui stesso, dell'Enūmaelīš, o Poema della creazione, insieme con due nuovi testi: l'Epopea di Gilgamesh e la Discesa di Ishtar agli inferi. Nel primo ravvisò un testo tardo e letterario, tutto teso alla personificazione e alla divinizzazione dei fenomeni naturali più straordinari; nel secondo analizzò la figura di Gilgamesh, all'origine della quale sarebbe stata la persona storica di un re di Unung sumera successivamente divinizzato; nell'ultimo ravvisa nella vicenda di Ishtar, che scende agli inferi per ritornarne con l'amante Tammuz, un carattere naturalistico come riferimento alla sequenza mortificazione-rivitalizzazione dei prodotti agricoli.
I lavori più importanti di questa fase sono dedicati dal F. alla sintesi storico-religiosa. Nella Religione babilonese e assira (I-II, Bologna 1928-29) - volendo sgombrare il campo da un "pregiudizio biblistico" (p. 68) che non riusciva a interpretare la documentazione assiro-babilonese se non in funzione di quella veterotestamentaria e da una lettura "uniformemente e unilateralmente astrale" della divinità (p. 75) - egli investigò tutte le fonti allora note, ed esaminò una a una tutte le entità del mondo divino, l'intero corpo mitologico e tutte le tradizioni concernenti la vita religiosa, rielaborando interpretazioni e teorie già emerse in lavori precedenti e inserendone di nuove, per cercare di ricavare l'originalità e lo sviluppo storico dei singoli fenomeni senza ricorrere a categorie esegetiche estranee alle culture in oggetto. Anche nella Religione degli Hittiti (Bologna 1936) seppe aggiornare gli studi - superando felicemente l'interpretazione fino ad allora dominante di William Mitchell Ramsay, incentrata sulla figura della Magna Mater anatolica - riuscendo a mettere bene in evidenza che presso gli Hittiti il rapporto tra dei e uomini era "giuridicamente" analogo a quello tra padroni e servi.
Alla seconda fase di studi vanno attribuiti pure i lavori su Yezidi e Mandei. Ai primi il F. dedicò in particolare una traduzione e commento di testi arabi e curdi (Religione dei Yezidi. Testi religiosi dei Yezidi, Bologna 1930). Vi ribadì, innanzitutto, il carattere sincretistico islamico-cristiano, e non soltanto musulmano, della setta. In secondo luogo tenne a evidenziare l'errore di coloro che consideravano gli adoratori del diavolo sulla base della demonologia cristiana, tutta negativa, e non in base ai parametri interni dell'ideologia religiosa yezidi, secondo la quale il diavolo (Pavone o Iblis) non è malvagio, ma un angelo che dopo aver peccato ed essersi pentito ha ottenuto il perdono divino. Alla figura del grande profeta yezidi Sheikh 'Adī il F. attribuì un valore leggendario cristallizzatosi intorno alla vita e agli scritti di un mistico musulmano del XII secolo. Ai Mandei, entrati nell'orbita delle sue ricerche negli ultimi anni della sua attività, il F. dedicò studi di carattere analitico riprendendo temi già trattati in relazione alle altre religioni investigate: peccati e peccatori, diritto, buon odore e cattivo odore, classi di demoni, ecc. (I pianeti e lo zodiaco nella religione dei Mandei, in Mem. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze mor., stor. e filol., s. 8, II [1948], pp. 119-187; Il giudizio dell'anima presso i Mandei, in Studi e materiali di storia delle religioni, XXII [1950], pp. 56-88; Il Pavone nella religione dei Mandei, in Rend. dell'Ist. lombardo di scienze e lett., classe di lettere, LXXXIX [1956], pp. 79-99). Al campo specifico della storia delle religioni appartengono, infine, le precise e accurate esposizioni della religione dei Cananei, Aramei, Hittiti (nella Storia delle religioni, a cura di P. Tacchi Venturi, Torino 1934-36) e le brevi pagine di presentazione della religione dei Sumeri, Elamiti, Babilonesi-Assiri, Biainei (Urartei) Hurriti, Hittiti, Cananei, Fenici, Aramei, nel manuale di N. Turchi, Le religioni del mondo (Roma 1951). Collaborò pure con numerose voci alle maggiori opere enciclopediche italiane.
La risonanza che l'opera scientifica del F. ebbe in Italia e all'estero è documentata dai premi e dalle decorazioni ricevute e dal numero di accademie e società che lo ebbero membro stimato e attivo. Fu tra l'altro socio costituente dell'Accademia dei Lincei e dell'Istituto lombardo di scienze e lettere.
Il F. morì a Roma il 17 dic. 1962.
Fonti e Bibl.: G. Levi Della Vida, in Scritti in onore di G. F., in Riv. degli studi orientali, XXXII (1957), pp. V-IX (segue una Bibliografia degli scritti di G. F. dal 1914 a tutto il 1956, a cura di S. Furlani, pp. XIII-XXXVII); G.R. Castellino, Necrologio: G. F., in Riv. degli studi orientali, XXXVIII (1963), pp. 67-71 (con aggiorn. della bibl. dal 1957 al 1962).