FINCO, Giuseppe Francesco (in arte Giuseppe Farinelli)
Nacque a Este (Padova) il 7 maggio 1769. Intraprese gli studi musicali nella città natale, con il maestro di cappella D. Lionelli, e li proseguì a Venezia, con il violoncellista della cappella civica A. Martinelli. Durante il soggiorno veneziano ebbe l'appoggio del castrato C. Broschi, detto Farinello, che lo incoraggiò a completare gli studi a Napoli.
Nel 1785 era a Napoli, dove, grazie all'interessamento del Broschi, fu ammesso al conservatorio della Pietà dei Turchini: fu in segno di gratitudine che assunse allora il nome d'arte del celebre sopranista. A Napoli ebbe maestri G. Barbiello per il canto, L. Fago per l'armonia, N. Sala per il contrappunto e G. Tritto per la composizione.
Ancora studente, nel 1792, compose le musiche della sua prima opera, Il dottorato di Pulcinella, "Burletta con maschere", di G.B. Lorenzi, andata in scena in quell'anno nel teatro del conservatorio. Era l'inizio di una brillante carriera, durata più di vent'anni, durante i quali i principali teatri della penisola accolsero le sue opere quasi sempre con il medesimo entusiasmo.
Tre anni più tardi venne rappresentato al teatro Nuovo il suo primo lavoro destinato al grande pubblico, L'uomo indolente, su libretto di G. Palomba, e nel 1796, ancora al Nuovo, Il nuovo savio della Grecia, su libretto di D. Mantile. Al finire del secolo era sulle scene dei principali teatri d'Italia: nella primavera del 1797 a Roma, al teatro Alibert, con Amore e dovere; nell'autunno, a Venezia, al teatro S. Benedetto, con Seldano, duca degli Svedesi; nel 1798 a Firenze, al teatro della Pallacorda. con Antioco in Egitto; il 29 maggio del 1799 a Milano, al teatro alla Scala, con L'amor sincero.
Il periodo di maggior successo è quello che copre il primo decennio del nuovo secolo, durante il quale il F. compose la gran parte delle sue opere (quarantuno, su un totale di circa una sessantina), ottenendo i più grandi successi, sia con lavori per il teatro serio, come I riti d'Efeso di G. Rossi, rappresentato alla Fenice di Venezia il 26 dic. 1803, e ancora l'anno dopo al Kärtnerthortheater di Vienna, sia, e soprattutto, con opere per il teatro comico, fra le quali si ricordano Bandiera d'ogni vento o L'amante per forza di G. Foppa, andata in scena al S. Benedetto di Venezia nel gennaio del 1800, Teresa e Claudio del Foppa, rappresentata il 9 sett. 1801 al teatro S. Luca di Venezia (entrambe replicate al Regio di Torino l'anno seguente), o ancora Chi la dura la vince del Rossi (da La locandiera di C. Goldoni), andata in scena al Valle di Roma per il carnevale del 1803, Un effetto naturale del Foppa, rappresentata al S. Benedetto di Venezia nel maggio di quell'anno, La contadina bizzarra di L. Romanelli, rappresentata alla Scala di Milano il 16 ag. 1810.
Nel 1810 il F. si trasferì a Torino (dove si sarebbe trattenuto fino al 1817); nel dicembre del 1811 tornavano in scena I riti d'Efeso, in una rappresentazione al teatro Imperiale che vide l'esordio torinese del contralto Isabella Colbran, in quella occasione assai lodata dalla critica insieme al tenore C. Bonoldi e al soprano Marianna Sessi.
Così scriveva il 12 genn. 1812 il critico del Courrier de Turin a conferma del fatto che la fama del F. era giunta al suo apice: "La musique de Farinelli est jugée depuis long tems. Les rites d'Ephèse sont regardés comme son chef d'oeuvre: le finale du premier acte suffirait seul pour sanctionner ce jugement aux yeux d'un public éclairé. Ce morceau d'ensemble est admirable; le feu du génie brille dans cette belle composition; rien de plus élévé et de plus majesteux que ces motifs: di terrore ingombro il core palpitando oppresso sta. Tous les autres morceaux sont parfaitemente écrits" (cit. in Basso, p. 138).Ma già nel febbraio (o fine gennaio) 1813 assai minor successo il F. riscosse, e proprio per la parte musicale, con Lauso e Lidia, su testo di L. Andrioli all'Imperiale; tre anni più tardi, nel gennaio del 1815, l'ultima sua apparizione a Torino, ancora al Regio (ex Imperiale), con Scipione in Cartagine dell'Andrioli, doveva seguire di pochi giorni l'applauditissima rappresentazione nello stesso teatro del Tancredi di G. Rossini.
Lasciata Torino nella primavera del 1817, all'indomani del nuovo insuccesso subito in quell'anno con La donna di Bessarabia del Foppa al S. Moisè di Venezia, il F. maturò la decisione di abbandonare il teatro per dedicarsi all'incarico di maestro concertatore, che lo attendeva a Trieste, e alla musica sacra.
Con l'avvento di Rossini, alla musica del quale egli rimase costantemente estraneo, era in effetti diminuito progressivamente il consenso del pubblico, né migliore fu il giudizio della critica, che non gli aveva mai perdonato la troppa stretta adesione al modello di D. Cimarosa (non a caso per lungo tempo è stato attribuito al Cimarosa il suo duetto "No, non credo a quel che dite", inserito ne Il matrimonio segreto).
L'abbandono del teatro fu così "un gesto sintomatico, una rinuncia insomma, dovuta alla coscienza che ormai qualcosa di definito era maturato nel mondo della musica, e che in questa nuova situazione la propria voce non poteva risuonare più autentica e viva". Da questo punto di vista il F. può essere considerato "un rappresentante esemplare, appunto perché consapevole, di quell'età di transizione, d'interregno quasi, che si apre nella storia dell'opera italiana negli anni in cui la vicenda della scuola napoletana s'è ormai praticamente conclusa, e non è ancora sorto l'astro rossiniano" (Di Benedetto, Un'opera, p. 67).
A Trieste, dove visse fino alla morte, tenne dal 1817 l'incarico di maestro al cembalo al teatro Grande, succedendo al maestro D. Rampini, e dal 1819 quello di maestro di cappella e organista per la cattedrale di S. Giusto. Nel febbraio del 1820, per la stagione al teatro Grande di Trieste, venivano eseguite, su iniziativa dell'impresario A. Bassi, sue musiche accanto a quelle di G. Pacini, Rossini, S. Mayr, F. Paér e S. Pavesi.
Il F. morì a Trieste il 12 dic. 1836.
Fonti e Bibl.: C. Bottura, Storia aneddotica documentata del teatro Comunale di Trieste, Trieste 1885, pp. 57 s., 84, 88, 93 ss., 102; A. Boccardi, Mem. triestine: figure della vita e dell'arte, Trieste 1922, pp. 41, 65, 76, 82, 86 s.; A. Della Corte, G. Farinelli, in Die Musik in Geschichte u. Gegenwart, III, Kassel-Basel 1954, coll.1832 ss. (con elenco completo delle composizioni); R. Di Benedetto, Il dottorato di Pulcinella, in Realtà del Mezzogiorno, VIII (1968), 2-3, pp. 171-174; Id., Un'opera di F., in Rass. musicale Curci, XIII (1969), 2, pp. 67 s.; Storia del teatro Regio di Torino, II, A. Basso, Il teatro della città, Torino 1976, pp. 86, 138, 141 s., 145, 151, 164, 167, 186; R. Zanetti, La musica ital. nel Settecento, III, Busto Arsizio 1978, pp. 1498 s. e n.; G. Carli Ballola, G. Farinelli, in The New Grove Dict. of music and musicians, VI, London 1980, pp. 398 s.; Id., G. Farinelli, in The New Grove Dict. of opera, II, London 1992, pp. 122 s.; Enc. dello spett., V, coll. 29 s. (sub voce Farinelli); Diz. enc. univ. della musica e dei musicisti, Le biograf. II, pp. 703 s.; U. Manferrari, Diz. univers. delle opere melodrammatiche, I, pp. 365-368.