BORRI (o Borro), Giuseppe Francesco
Avventuriero. nato a Milano nel 1627, morto a Roma nel 1695. Non ignaro di medicina, che aveva studiata a Roma, condusse vita scapestrata fin verso il 1654, quando cominciò a vantarsi di visioni divine, di allucinazioni, di missioni avute dall'arcangelo S. Michele, di particolari doti alchimistiche, che gli permettevano di spacciare con lucro rimedî maravigliosi. Circondato da una folla di creduloni, che cercava di attrarre in certa sua società a fondo magico-religioso, l'Inquisizione lo fece sloggiare da Roma e poi anche da Milano. Riparato in Germania, seppe estorcere quattrini a varî principi infatuati per l'alchimia e, al momento opportuno, trasferirsi in arie meglio respirabili; passò così, imponendosi alla pubblica curiosità per lo sfarzo del suo equipaggio, da Strasburgo ad Amsterdam, da Amburgo (dove iniziò all'alchimia Cristina di Svezia), a Copenaghen. Qui ebbe gran presa sull'animo credulo del re Federico III, al quale pare che suggerisse l'idea di servirsi di razzi come forza motrice; idea che, allora ritenuta folle, comincia oggi ad avere pratica attuazione. Morto Federico II, la stella del B. cominciò a declinare, più che per le pratiche alchimistiche, comunemente ammesse al suo tempo, per ll velo religioso con il quale amava ammantarle. Arrestato a Vienna, fu consegnato all'Inquisizione. Qui si ritrattò (1672), ma restò prigioniero, fino alla morte, in Castel Sant'Angelo, benché la prigionia gli fosse molto alleggerita negli ultimi anni, per aver avuto la fortuna di suggerire un non inutile rimedio medico all'ambasciatore di Francia.