GUGLIERMINA, Giuseppe Fortunato
Nacque a Borgosesia, nel Vercellese, il 28 ott. 1872 da Giovanni e Caterina Gianna.
Assai scarni sono i dati biografici disponibili. Il G. lavorò per dieci anni a Milano, quindi per cinquantasei anni come segretario generale della Manifattura lane a Borgosesia; figura di spicco dell'alpinismo italiano a cavallo tra Otto e Novecento compì tutte le sue ascensioni in compagnia del fratello minore Battista (così all'anagrafe, abitualmente Giovanni Battista: Borgosesia, 3 ag. 1874 - 17 maggio 1962) il quale per tutta la vita gestì un negozio di tipografia, cartoleria e fotografia nella città natale.
Il loro apprendistato alpinistico iniziò sulle cime della natia Valsesia dove, nel 1896, percorsero il primo nuovo itinerario raggiungendo la punta Grober, di 3497 m, attraverso la cresta sudest. Passarono quindi al vicino versante meridionale del monte Rosa, facendosi condurre dalla guida vallese M. Zurbriggen alla punta Giordani e al colle Vincent. Con N. Schiavi e il portatore N. Motta, nel 1898 tracciarono una nuova via al colle Sesia (4299 m); nello stesso anno, sempre sul monte Rosa e con lo Zurbriggen e C. Imseng, effettuarono la prima traversata da est a ovest del colletto posto tra il Corno Nero e il Ludwigshöhe, a quota 4272 m, cui vollero dare il nome di colle Zurbriggen.
Consapevoli ormai delle loro capacità, a partire dal 1899 si dedicarono all'esplorazione metodica del settore meridionale del monte Bianco, concentrando la loro attenzione sul trittico di creste rocciose di quell'imponente versante: le creste del Brouillard, dell'Innominata, del Peutérey. Del Brouillard realizzarono il primo percorso integrale tra il 18 e il 20 luglio 1901, raggiungendo il netto risalto di quota 4470 m cui diedero il nome di picco Luigi Amedeo di Savoia, in onore del duca degli Abruzzi. Tra 1913 e 1914, quando facevano ormai cordata fissa con il valsesiano Francesco "Cichìn" Ravelli, si dedicarono alla lunga e articolata cresta del Peutérey; il 23-24 ag. 1914 scalarono, quindi, la parete sudovest della Brèche nord des Dames Anglaises per una nuova via, raggiungendo l'inviolata guglia rocciosa sovrastante il ghiacciaio di Freney a 3893 m, che dal Ravelli sarebbe stata chiamata punta Gugliermina. Nel 1921 effettuarono, infine, con Ravelli e il portatore L. Proment, il primo percorso integrale della cresta dell'Innominata, la quale, però, nel 1919 era già stata raggiunta dalle guide cormaioresi Adolph e Henry Rey con S.L. Courtauld, G. Oliver e A. Aufdenblatten, proprio pochi giorni dopo un fallito tentativo della cordata Ravelli-Gugliermina, durante il quale era stato comunque superato il tratto chiave. Nelle ascensioni normalmente il capocordata era Battista, ma una volta iniziato il sodalizio con Ravelli fu poi quasi sempre quest'ultimo, più giovane di una decina d'anni, a condurre la comitiva.
I fratelli Gugliermina formarono una delle più note e indissolubili cordate piemontesi di "senza guida". Proverbiale rimase la meticolosità con cui preparavano le salite raccogliendo informazioni storiche, effettuando ricognizioni sul posto e studi fotografici. Anche durante le ascensioni più impegnative solevano muoversi con una pesante fotocamera al seguito, per fissare su lastra panorami inediti, scorci utili per le imprese successive. Condividevano la passione per la fotografia con Ravelli e il gusto della descrizione narrativa con un altro compagno abituale di salite, il novarese G. Lampugnani, con il quale redassero numerosi articoli su riviste del settore. Una collezione di tali resoconti, corredata di splendide immagini fotografiche, diede forma al volume Vette. Ricordi di esplorazioni e nuove ascensioni sulle Alpi, nei gruppi del monte Rosa, del Cervino e del monte Bianco dal 1896 al 1921 (Ivrea 1927; 2ª ed. Torino 1940), firmato da entrambi insieme con Lampugnani, che divenne un classico della letteratura alpinistica tra le due guerre.
Il G., insieme con A. Bertolini, stese anche due brevi ma complete guide alpinistiche, Gruppo monte Bianco fra il colle del Miage, il col du Midi e il col de la Tour Ronde (Monza 1924) e Gruppo monte Rosa (ibid. 1925), e si dedicò alla ricostruzione storica della conquista e dell'esplorazione del monte Bianco, raccogliendo il materiale per il volume, postumo, Il monte Bianco esplorato 1760-1948 (Bologna 1973). Collaborò, inoltre, con l'Istituto geografico militare e il Touring Club italiano per la redazione di carte topografiche.
I Gugliermina sono considerati tra gli ultimi esponenti dell'alpinismo classico per le finalità esplorative che contraddistinsero la loro attività, improntata a una visione idealistica dell'alpinismo e connotata dall'ammirazione per la grandiosità dell'ambiente naturale quale emerge dai resoconti e dalle fotografie. Era loro sconosciuta l'ossessione per la progressione veloce della cordata, tipica dell'alpinismo sportivo, ed erano, infatti, famosi per i numerosi bivacchi, a quota elevata e con il solo conforto di qualche coperta.
Il fitto epistolario con Ravelli - oggi riordinato e conservato presso il fondo manoscritti della Biblioteca nazionale del Club alpino italiano (CAI) di Torino - ne restituisce tuttavia un'immagine più articolata e meno ingenua: erano molto attenti a non far conoscere i loro programmi, anche solo di allenamento, mentre continue erano le richieste di informazioni per scoprire i movimenti delle cordate di punta dell'epoca; minuziosa era poi la preparazione del materiale per le salite, dai rifornimenti ai materiali tecnici più aggiornati.
Tralasciando le salite sul Cervino, nell'Oberland bernese e sulle cime della Valsesia, in trent'anni di attività, condensata nelle sue ferie estive, effettuarono numerose, importanti prime ascensioni: nel gruppo del monte Bianco la prima ascensione e traversata da est a ovest del col Emile Rey (26 ag. 1899), la prima traversata del colle dell'Aiguille Verte (25-26 luglio 1901), una nuova via sulla parete ovest dell'Aiguille Verte (26-31 luglio 1901) e la prima ascensione per il canale sudest al col Maudit (26 luglio 1921). Nel gruppo del monte Rosa realizzarono una via nuova alla punta Parrot per il crestone sudest (18 luglio 1906) e la prima salita al Lyskamm orientale per la costola sudovest (8 ag. 1919). Infine la prima traversata completa da nord a sud dei gemelli della Valtournenche (2-4 sett. 1906) e la cresta est del Fletschhorn (19-20 luglio 1900).
Battista, nel 1904, fu tra i fondatori del Club alpino accademico italiano, e ottantenne, nel 1954, volle festeggiare i quarantacinque anni della via nuova alla punta Giordani sul monte Rosa con un altro primo itinerario, da sud alla stessa cima, accompagnato da Ravelli. Entrambi i fratelli furono membri onorari del CAI, dell'Alpine Club inglese e del Groupe haute montagne del Club alpin français dalla sua fondazione. Al loro nome è dedicata una capanna posta sul versante valsesiano del monte Rosa, a 3212 m, di cui propugnarono, nel 1902, la costruzione.
Il G. si spense a Genova Pegli il 2 maggio 1960.
Fonti e Bibl.: Torino, Biblioteca naz. del Club alpino italiano, Fondo manoscritti, Epistolario Ravelli; necr. in Riv. del Club alpino italiano, 1960, p. 244; 1962, p. 175; Alpine Journal, LXVII (1962), 304, pp. 202 s. (per il G.); LXVIII (1963), 306, pp. 167-170 (per Battista); G. Bertoglio, G. e G.B. Gugliermina soci onorari del CAI, in Riv. del Club alpino italiano, 1954, pp. 161 s.; Id., Les frères Gugliermina, in Les alpinistes célèbres, Paris 1956, pp. 158 s.; I. Affentranger - A. Balliano, Picchi colli e ghiacciai, Torino 1961, pp. 270 s.; M. Mila, Cento anni di alpinismo italiano, in 1863-1963 I cento anni del Club alpino italiano, Milano 1964, pp. 42 s.; A. Biancardi, Venticinque alpinisti-scrittori, Torino 1989, pp. 67-70; G. Buscaini, Monte Rosa e Mischabel, Milano 1991, pp. 61, 114, 396, 409 s.; Id., Monte Bianco, I, Milano 1994, pp. 47, 221, 234, 263; G.P. Motti - E. Camanni, La storia dell'alpinismo, I, Torino 1994, pp. 224-226; Il laboratorio dell'alpinismo. F. Ravelli e la fotografia di montagna (catal. della mostra), a cura di G. Garimoldi - A. Ravelli, Torino 2001, pp. 31-33; La montagna. Grande Enciclopedia illustrata, V, Novara 1976, pp. 80 s.; Catalogo Bolaffi dei grandi alpinisti piemontesi e valdostani, Torino 2002, p. 52.