FINOCCHIARO, Giuseppe
Nato a Catania il 27 maggio 1895, da Francesco Paolo, avvocato, e da Giuseppina Romeo, si laureò in giurisprudenza presso l'università di Catania il 26 marzo 1917. Chiamato alle anni, prestò servizio, tra il 1917 e il 1918, sul fronte macedone. Congedato, superato il concorso di consigliere aggiunto presso l'amministrazione degli Interni, fu nominato con d. m. del 21 ag. 1920 e destinato alla sottoprefettura di Urbino, dove prestò servizio sino al 20 ag. 1922.
Dal 21 ag. 1922, vinto un concorso per uditore giudiziario, iniziò a svolgere questa funzione presso il tribunale di Catania. Da lì, negli anni successivi, era destinato a varie altre sedi: Genova, Scigliano (Cosenza), Portomaggiore (Ferrara). Nel 1924 venne prescelto dalla commissione per il personale dell'avvocatura dello Stato a transitare (come era possibile secondo la normativa del tempo) dall'ordine giudiziario al ruolo degli avvocati dello Stato, ma egli rifiutò. Nel marzo 1926 fu posto a disposizione del ministero delle Colonie e inviato in servizio in Libia, come giudice del tribunale di Tripoli. Nell'ottobre di quell'anno, dopo aver felicemente arbitrato il contrasto tra due tribù, venne trasferito al tribunale di Misurata. Nel luglio 1934 tornò a Tripoli, donde, nell'aprile 1936 fu nominato presso il tribunale di Palermo.
Nell'agosto 1937, richiesto dai capi della corte d'appello di Tripoli, tornò in Libia come presidente del tribunale di Bengasi.
Dal giugno 1940, entrata in guerra l'Italia, la Cirenaica si trovò in prima linea nello scontro contro le truppe inglesi. Il F., pur fra mille difficoltà, riuscì ad assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari di Bengasi, di Derna e di El-Mari (Barce). In particolare, nel corso della prima occupazione di Bengasi da parte delle truppe britanniche (6 febbraio, 3 apr. 1941), il F. restò in sede, tenendo un comportamento dignitoso nei confronti del comando inglese e, sfidando il rischio di esser deportato, rifiutò di eseguire quelle disposizioni che riteneva essere contrarie al suo dovere.
Dopo la riconquista italiana della Cirenaica il F. rimasto a Bengasi prima con altri due magistrati, poi da solo, dovette provvedere a far funzionare, oltre al tribunale di Bengasi, le sezioni di Derna e di Barce, lavorando anche durante gli allarmi e i bombardamenti aerei. Allontanatosi anche il rappresentante del pubblico ministero, egli dovette occuparsi degli affari urgenti della procura. In tale movimentato periodo, dall'aprile al 14 dic. 1941, il F. aveva pubblicato 40 sentenze civili, 31 ordinanze, concluso 240 conciliazioni e pubblicato 220 sentenze penali.
Durante la seconda controffensiva britannica (18novembre-30 dic. 1941) il F. ricevette l'ordine di ripiegare su Tripoli, ove fece portare gli atti di ufficio, compreso l'archivio notarile. In seguito alla nuova offensiva delle truppe italo-tedesche comandate da E. Rommel (21 gennaio-10 febbr. 1942) il F. rientrava in Bengasi, per riorganizzare l'ufficio cui era preposto; lasciava quella sede solo dopo la battaglia di El Alamein e il definitivo abbandono della Cirenaica da parte dell'amministrazione italiana (novembre 1942).
Tornato in Italia, venne nominato, dal luglio 1943, presidente del tribunale di Viterbo. Nel luglio 1952, nominato consigliere di cassazione, fu trasferito presso la Corte suprema.
Attribuita all'Italia l'amministrazione fiduciaria della Somalia (1950), nel febbraio 1955 il F. fu designato presidente della Corte di giustizia (la quale avrebbe dovuto svolgere le funzioni che in Italia erano affidate alla Corte suprema di cassazione e al Consiglio di Stato, nonché, attraverso una sua sezione speciale, quelle proprie della Corte dei conti), che era da organizzare nella ex colonia.
Il F. giungeva in Somalia nell'agosto 1955 e vi avrebbe operato sino al marzo 1959. Il disegno di giustizia nutrito dal F. per la Somalia fu da lui esposto nella lezione di apertura dell'anno accadernico 1955-1956 dell'Istituto superiore di Mogadiscio sul Fondamento della repressione penale.
Svolgendo tale tema, il F., fra l'altro, insisteva sul principio della coesistenza della sanzione pubblicistica con il risarcimento del danno. Una conseguenza dell'ufficialità dell'azione penale, ignorata, come abbiamo accennato, dal tradizionale ordinamento somalo, per il quale qualsiasi delitto era esente da pena tutte le volte in cui fra le parti fosse stata concordata la misura del risarcimento del danno (il cosiddetto prezzo del sangue). Questa impostazione di politica giudiziaria del F. si sarebbe scontrata con il generale andamento impresso dall'amministrazione fiduciaria, non impostato secondo univoci indirizzi amministrativi.
Sbarcando a Mogadiscio, il F. trovò in corso di elaborazione il nuovo ordinamento giudiziario, del quale non mancò di rilevare una serie di incongruenze: l'attribuzione della giurisdizione su "fatti non costituenti reato" ai cadi, che tuttavia, secondo la legge islamica, potevano pronunciare sanzioni in violazione del principio nullum crimen, nulla poena sine praevia lege; l'attribuzione della presidenza dell'anzidetta sezione speciale della Corte al magistrato addetto ai conti, privo del requisito della estraneità nei confronti degli atti da lui stesso vistati. Peraltro, il F. riuscì a ottenere la formalizzazione del principio del contraddittorio, facendo introdurre apposite norme per una valida chiamata in giudizio, nonché un'efficace disciplina dell'esecuzione forzata.
Prima che l'ordinamento giudiziario entrasse in vigore (28 maggio 1956) il F. provvide a trasmettere a tutti i cadì un elenco particolareggiato dei reati rientranti nella loro competenza, accompagnato da un breve commento esplicativo e con specificazione delle pene da irrogare e della necessità o non della querela di parte.
Sotto la presidenza del F., la Corte di giustizia, oltre allo svolgimento dell'attività giurisdizionale ad essa assegnata, in materia sciaraitica, civile, penale e amministrativa, era coinvolta nell'attività legislativa. In tale materia la Corte ebbe a redigere quattro regolamenti, emanati con altrettanti decreti dell'amministratore, riguardanti: il regolamento di procedura davanti alla Corte, in tutte le materie di sua competenza; il regolamento sull'introduzione del giudizio di primo grado; il regolamento sul processo di esecuzione; il regolamento del casellario giudiziario. Inoltre, la Corte formulò tre progetti di codice: penale (di 514 articoli); procedura penale (di 675 articoli); procedura civile (di 557 articoli), nonché il progetto del titolo IV ("Magistratura") e della parte IV ("Garanzie costituzionali") della costituzione somala.
Nel 1959 la Corte di giustizia pubblicava a Mogadiscio un Massimario di giurisprudenza (1956-1958), in materia civile, penale e amministrativa.
Istituiti dalla legge somala 19 febbr. 1958, n. 9, gli uffici dei giudici distrettuali, il F. compilava un Manuale di diritto e procedura penale per i giudici distrettuali.
Il F., inoltre, superando vari ostacoli, provvide a istituire altrettante corti d'assise presso ogni giudice regionale, in modo da snellire il lavoro della corte d'assise di Mogadiscio.
Rientrato in Italia nel 1959, concluse la sua attività di magistrato come presidente della corte d'appello di Cagliari, funzione che lasciò nel maggio 1965 per il sopraggiungere dei limiti di età.
Il F. morì a Viterbo il 21 marzo 1988.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Tempo, 22 marzo 1988. Oltre a La mia terza esperienza africana: La Presidenza della Corte, dall'agosto 1955 al marzo 1959, Mogadiscio s.a. (ma 1959), relazione presentata dal F. al primo presidente della Corte suprema di cassazione, si veda: Roma, Archivio del ministero di Grazia e Giustizia, fasc. pers. n. 84848; Che cosa hanno fatto gli Inglesi in Cirenaica, a cura del Ministero della Cultura popolare, Roma 1941, passim; G. Scalfaro, Cinquantaseigiorni di civiltà inglese a Bengasi, Roma 1941, passim.