GALLIANO, Giuseppe Filippo
Nacque a Vicoforte, presso Mondovì, il 27 sett. 1846 da Giacomo - volontario garibaldino e poi ufficiale dell'esercito egiziano - e da Luigia Boasso. Entrato nel 1858 nel collegio militare di Asti, nel 1864 passò alla Scuola militare di Modena uscendone nel 1866 con il grado di sottotenente e prendendo subito parte alla terza guerra d'indipendenza. Ufficiale di fanteria, quando fu promosso tenente ottenne di passare nel corpo degli alpini, per poi tornare in fanteria non appena conseguito l'avanzamento al grado di capitano.
Poco appagato dalla vita di guarnigione, fu tra i primi a essere inserito nella struttura militare creata a supporto della politica coloniale, e il 16 nov. 1887 partì per i presidi d'Africa al seguito della spedizione che, agli ordini del generale A. Asinari di San Marzano, doveva nelle intenzioni del governo restituire all'Italia il prestigio scosso dalla sconfitta di Dogali. Rimpatriato il 10 maggio 1888, il 2 giugno 1890 tornò in colonia, inquadrato nel reggimento cacciatori del corpo speciale d'Africa: da questo momento in poi la sua presenza in Eritrea fu praticamente ininterrotta, cosa che gli permise di acquisire una buona conoscenza dell'elemento autoctono e in particolare degli ascari.
Sicuramente il nome del G. si può inscrivere nell'elenco di quegli ufficiali italiani che gettarono le basi della prima amministrazione coloniale italiana. Nominato il 19 ott. 1893 comandante del III battaglione fanteria indigena, prese parte al combattimento di Agordat (21 dic. 1893) contro i Dervisci durante il quale, respinto una prima volta, riorganizzò e ricondusse all'attacco i suoi uomini mettendo in fuga l'avversario e guadagnando così la medaglia d'oro al valor militare. Promosso al grado di maggiore l'8 marzo 1894, fu nuovamente decorato, questa volta con la medaglia d'argento, a Coatit (13-14 genn. 1895) dove riuscì a respingere, nonostante l'inferiorità numerica, l'esercito tigrino di ras Mangascià.
La fama del G. resta però legata soprattutto all'impresa di Makallè. Nominato l'8 dic. 1895 dal generale G. Arimondi comandante del forte, non ancora ultimato, di Enda Jesus vicino a Makallè, già il 9 dicembre il G. si trovò assediato e isolato per il taglio della linea telegrafica compiuto dalle avanguardie di ras Makonnen. Il compito delle truppe italiane di Makallè (21 ufficiali, 176 soldati, 1150 ascari e una batteria da montagna composta da 4 cannoni da 75) era di sbarrare il passo all'esercito del negus Menelik II - che con la battaglia dell'Amba Alagi (7 dicembre) si era aperto la via per l'Eritrea - in modo da dare al governatore della colonia O. Baratieri il tempo di riorganizzare ad Adigrat le forze italiane sorprese dall'avanzata abissina.
Per circa una mese le truppe del G. e quelle di Makonnen si fronteggiarono: completate le opere di fortificazione, gli italiani speravano in una colonna di soccorsi, mentre gli abissini attendevano l'arrivo dell'esercito scioano. Il 7 genn. 1896 giunse l'esercito di Menelik e dal giorno successivo la guarnigione italiana fu impossibilitata a raggiungere i pozzi d'acqua. Mentre gli assalti si ripetevano quasi giornalmente, il Baratieri inviò il 18 genn. 1896 un proprio agente, P. Felter, a trattare con Menelik i preliminari della pace tra Italia e Abissinia. La prima condizione riguardò proprio lo sgombero pacifico del forte di Enda Jesus, concordato tra le parti il 19 gennaio, e cioè proprio mentre il G., giunto allo stremo per mancanza d'acqua, era sul punto di far saltare in aria il forte con tutti i suoi occupanti.
Il 21 gennaio il presidio abbandonava il forte e pochi giorni dopo raggiungeva le truppe del Baratieri a Edagà Hamus. La condotta tenuta durante l'assedio valse al G. una medaglia d'argento al valor militare e, soprattutto, la promozione a tenente colonnello per merito di guerra conferitagli il 14 genn. 1896, quando era ancora in corso l'assedio del forte di Enda Jesus. Sempre al comando del III battaglione indigeni, partecipò alla battaglia di Adua (1° marzo 1896), durante la quale occupò le posizioni sul monte Rajo che difese fino alla morte. Il suo corpo non fu mai ritrovato; alla sua memoria fu concessa - caso unico prima della guerra 1915-18 - una seconda medaglia d'oro al valor militare.
Fonti e Bibl.: Arch. dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito, Biografie, b. 33, f. 11; Atti parlamentari, Camera dei deputati, Documenti, legislatura XIX, I sessione (1895), n. XIII, Documenti diplomatici - Agordat-Cassala, docc. 1-5: doc. 5, p. 25; ibid., Halai-Coatit-Senafé, doc. 56, pp. 45-52; ibid., I sessione (1895-96), nn. XXIII-XXIII bis, Documenti diplomatici - Avvenimenti d'Africa(gennaio 1895 - marzo 1896), passim; ibid., n. XXIII quater, Amba Alagi e Macallè, passim; Ministero della Guerra, Comando del corpo di stato maggiore dell'Ufficio storico, Storia militare della Colonia Eritrea, Roma 1936, II, pp. 79-90; Lettere e diari d'Africa 1895-96, a cura di F. Lemmi, Roma 1938, pp. 47-73; V. Mantegazza, L'assedio di Macallè, Firenze 1896, pp. 358-369; F. Paronelli, Amba Alagi e Makallè, Como 1896, pp. 103-112; O. Baratieri, Memorie d'Africa, Torino 1898, pp. 280-291; E. Bellavita, La battaglia di Adua, Genova 1931, ad indicem; C. Catteruccia, L'eroe di Macallè, Roma 1934, pp. 21-27; G. Puglisi, Chi è? dell'Eritrea, Asmara 1952, pp. 137 s.; R. Battaglia, La prima guerra d'Africa, Torino 1958, pp. 679-689; F. Bandini, Gli italiani in Africa. Storia delle guerre coloniali (1882-1943), Milano 1971, pp. 117-135; A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell'impero, Bari 1979, ad indicem; N. Labanca, In marcia verso Adua, Torino 1993, ad indicem.