FERRARELLI, Giuseppe
Nacque a Teramo l'8 genn. 1832 da Carmine, alto magistrato borbonico, e Maria Giuseppa Frangipane dei duchi di Mirabello.
La famiglia, originaria di Mesoraca, un piccolo villaggio vicino Crotone, si era trasferita a Napoli alla fine del XVIII secolo. Nella capitale era riuscita a inserirsi in quella borghesia provinciale che conquistò i più alti incarichi nella magistratura, nell'esercito e nella pubblica amministrazione.
Giovanissimo, il 10 dic. 1842 entrò come allievo nel Collegio militare di Napoli (la Nunziatella) dove tra i suoi maestri ebbe L. Blanch e F. De Sanctis, del quale divenne discepolo prediletto. Durante i tragici avvenimenti del 15 maggio 1848, ancora alunno del Collegio militare, manifestò simpatie liberali e, influenzato dalla lettura di Giovanni Berchet, scrisse versi contro i mercenari svizzeri al servizio della repressione borbonica (De Sanctis leggendoli "non potette lodare altro che la patriottica intenzione": cfr. Croce, 1922, p. 407). Per le sue idee politiche fu sorvegliato dalla polizia, ma con molta discrezione essendo il padre consigliere della Suprema Corte e lo zio Nicola - comandante della Nunziatella dal '56 al '60 - alto ufficiale dell'esercito napoletano.
Nominato ufficiale del genio nel 1850. ebbe subito incarichi di studio e di ricerca.
Direttamente da re Ferdinando II fu incaricato di vigilare alla costruzione della batteria Regina a Gaeta, e sempre dal re, di eseguire alcuni lavori nei quartieri dei Granili e di Pizzofalcone. Fu anche addetto alla costruzione del tronco ferroviario Capua-Pignataro.
Nel 1860 fu tra gli ufficiali che aderirono al progetto unitario senza tentennamenti. Dopo la morte (1859) di Ferdinando II aveva sperato che Francesco Il si unisse al Piemonte nella guerra contro l'Austria. Le scelte assolutiste del re lo fecero optare per i progetti politici del Cavour, e accettare di militare con Garibaldi "perchè - come scrisse - il governo napoletano non volle compiere il dovere chiaro e solenne di essere italiano" (ibid., p. 408). Durante la battaglia del Volturno, presso Caiazzo, conobbe Garibaldi, di cui ammiro il fascino. Partecipò al bombardamento di Capua; ed ebbe la medaglia d'argento al valore per due ricognizioni sulla riva del Volturno sotto il fuoco nemico. Nel '61, ormai nelle file dell'esercito italiano, fece parte dello stato maggiore del generale F. Pinelli e partecipò alla lotta al grande brigantaggio. La iácilità delle condanne e le numerose spesso ingiuste fucilazioni gli fecero rifiutare la repressione regia. L'esperienza di questa, e la crescente sfiducia nella attenzione del nuovo Stato verso i problemi dell'ex Regno, lo spinsero a rivisitare un passato intessuto non solo di sconfitte e ritardi, ma anche di progetti, vicende e istituzioni di grande dignità. Come racconta il Croce (1956) "lo umiliavano le istituzioni, le leggi, i regolamenti militari e non militari, dal Piemonte estesi all'Italia meridionale, quasi come a paese barbaro". Tra il '62 e il '69 comunque fu impegnato in studi per la fortificazione di Monte Cappa a Bologna e per l'ingrandimento del Noviziato di Messina. Restò nel genio fino al 1869, quando, prossimo alla promozione a maggiore, si dimise dal servizio.
All'origine della decisione vi era stata la pubblicazione di due suoi articoli su Italia militare e sulla Rivista militare italiana, XIV (1869). In essi chiedeva che gli ufficiali del genio fossero esonerati dai lavori di manutenzione edilizia per potersi dedicare ad opere di ingegneria militare. La proposta non era stata gradita dagli alti comandi; il F., per sottrarsi ad una sorta di persecuzione nei suoi confronti, preferì ritirarsi a vita privata e dedicarsi con passione allo studio della storia e delle tradizioni della sua terra.
Nel 1871 pubblicò a Napoli un volumetto intitolato Schizzi, in cui tratteggiò le vite e le gesta dei più significativi generali napoletani: C. Filangieri, il principe d'Ischitella, L. de Benedictis, G. Ulloa, F. Matarazzo, C. Boldoni. Proprio perché convinto liberale e unitario, il F. avvertiva la necessità di conservare la memoria storica di un passato fatto di cultura, di gloria e di patriottismo.
Questo suo primo saggio di storia militare rispondeva anche al desiderio di riaffermare la dignità storico-politica dell'antico Regno di Napoli. Lettore appassionato di Dante e di Manzoni ed allievo del De Sanctis, dalla scrittura semplice e lineare, il F. conquistò molte simpatie tra gli ex ufficiali borbonici e tra i non pochi nostalgici del trascorso regime, lontanissimo però da ripensamenti e nostalgie, e fedele sempre alla soluzione unitaria.
Nel 1879 pubblicò a Napoli una raccolta di Pensieri politici. Negli anni Ottanta intensificò la collaborazione alla Rivista militare italiana con interessanti studi storici: Ilgenerale Giuseppe D'Ambrosio, XXVII (1882), pp. 459-486 (poi in volumetto, Roma 1882); Ilmarchese Palmieri e le sue riflessioni critiche sull'arte della guerra, XXVIII (1883), pp. 244-266; Ilgenerale Luigi Mezzacapo e i suoi tempi, XXX (1885), pp. 405-444 (poi Roma 1885); IlCollegio militare di Napoli, XXXII (1887), pp. 199-264 (poi Roma 1887). Nel 1883 pubblicava a Napoli un saggio su Tiberio Carafa e la congiura dei Macchia.
Questo suo saggio, ricco di modernità critica, concludeva: "in questa congiura di Macchia è chiaramente visibile una futura ed essenzialissima causa del risorgimento politico italiano: quella nobile propensione, voglio dire, degl'Italiani del Mezzogiorno, a ribellarsi a tutte le tirannidi, tanto nazionali che forestiere; perché senza di essa, l'eroico valore dei Mille che sbarcarono a Marsala, avrebbe avuto una fortuna simile a quella di Tiberio Carafa; e dopo qualche generazione, sarebbe divenuto un valore italiano, noto agli eruditi e ignoto alla nazione". Era salda convinzione del F. che senza l'impegno e la volontà delle popolazioni meridionali il Regno non sarebbe caduto.
L'insoddisfazione del F. per la situazione politica coeva appare nella sua lettera a Maria Testa, vedova di F. De Sanctis, pubblicata sotto forma di prefazione alla raccolta desanctisiana di Scritti politici, apparsa a Napoli nel 1883. Il suo impegno di raccoglitore di memorie e scritti del De Sanctis gli fece stringere un solidissimo rapporto di amicizia con il giovane B. Croce, suo nipote per parte di madre. Collaborò a Napoli nobilissima con due articoli, La piazza Vittoria (lettera a B. Croce), I (1892), pp. 76 ss., e L'ufficio topografico di Napoli e il generale Ferdinando Visconti, V (1896), pp. 125 ss. Antico polemista e collaboratore del Piccolo di R. De Zerbi, nel '97 pubblicò sull'Italia marinara (21 marzo 1897, n. 346) un significativo articolo (Costanza del dovere e diversità di risoluzione) in risposta ad una discussione sollevata da Jack La Bolina (A. V. Vecchi) in merito ai problemi dell'Unità nazionale. Fu il F. a spingere il Croce alla rivalutazione del Blanch e al recupero dei suoi manoscritti; Croce gli dedicherà, nel 1945, l'edizione laterziana degli Scritti dell'illustre militare lucerino. Pubblicò inoltre Ricordi familiari del generale Pianell (Nuova Antologia, 16 sett. 1901, pp. 279 ss.). Nel 1911 furono ripubblicati in volume alcuni studi del F. tratti dalla Rivista militare italiana e dal breve saggio Schizzi;intitolato Memorie militari del Mezzogiorno d'Italia, apparve con prefazione di B. Croce e una premessa del F., che ribadì la sua predilezione per la "piccola patria".
Morì nell'ospedale militare di Napoli il 26 genn. 1921.
Fonti e Bibl.: Il F. lasciò tutte le sue opere e i suoi libri a B. Croce che ne fece dono alla Società napoletana di storia patria, dove si conservano attualmente. Sempre a Napoli, nell'Archivio della Fondazione Biblioteca B. Croce, si trovano numerosissime, e interessanti, sue lettere al Croce. Sul F. si vedano: B. M[aresca], Recensione a G. Ferrarelli, Ilgenerale d'Ambrosio, in Arch. stor. delle prov. napol., VII (1882), pp. 827s.; F. Carafa, Al mio amico G. F., Napoli 1883;N. Marselli, Gl'italiani del Mezzogiorno, Roma 1884, passim;B. Croce, Prefazione a G. Ferrarelli, Memorie militari, Bari 1911, pp. V-VIII (poi in Pagine sparse, Napoli 1920, III, pp. 214-217);Id., Comm. di G. F., in Giornale d'Italia, 9 febbr. 1921 (poi in Pagine sparse, II, Bari 1960, pp. 246s.); L. Russo, Rievocazione di G. F., in Mezzogiorno, 6-7febbr. 1921 (poi in Belfagor, XV [1960], 3, pp. 354 ss.);B. Croce, Dal carteggio di un ex-ufficiale dell'esercito napoletano, in Arch. stor. delle prov. napol., n.s., VIII (1922), pp. 388-411 (poi in Uomini e cose della vecchia Italia, II, Bari 1956, pp. 365-392);Id., Storia di tre fotografie, in Aneddoti di varia letteratura, IV, Bari 1954, pp. 192-198;F. Matarrese, Croce e la famiglia Ferrarelli, in Croce e la Calabria, Soveria Mannelli 1984, pp. 41-66; Il centenario del Collegio militare con scritti di B. Croce, Napoli 1987 (il volume raccoglie tutti gli scritti dedicati dal Croce alla figura del F.); T. Iermano, Note su G. F. scrittore napoletano di storia militare, in Rass. stor. del Risorgimento, LXXV (1988), pp. 310-319;Id., Presenze desanctisiane in lettere inedite di B. Croce ad A. Jamalio, in Riscontri, X (1988), 3-4, pp. 61ss. Qualche interessante spunto sul F. in G. Brescia, Croce inedito 1887-1952, Napoli 1984, pp. 35-42;B. Croce-G. Prezzolini, Carteggio, a cura di E. Giammattei, II, Roma 1990, pp. 480e n., 482s. Profili biografici del F. si trovano in E. Canevari-G. Prezzolini, Marte: antologia militare, I, Scrittori italiani, Firenze 1925, ad Indicem. Alle Memorie militari... del F. si rifà in parte il libro di E. Croce, La patria napoletana, Milano 1974, passim. F. Nicolini nel volume Croce, Torino 1962, ricorda il F. tra i più assidui frequentatori del Croce ai tempi di palazzo Arianiello (pp. 189s.). Ulteriori notizie sui legami Croce-F. vedi in F. Nicolini, L'"Editio ne varietur" delle opere di Benedetto Croce, in Arch. stor. del Banco di Napoli, XIV-XVI (1960-61), ad Indicem e in A. Labriola, Lettere a B. Croce, Napoli 1975, pp. 39 e 139.