FASULO, Giuseppe
Nacque a Napoli il 26 marzo 1763, da Filippo e da Celidea Vinacci; era fratello di Nicola, Alessio e Margherita. Non si dedicò alla professione forense che aveva permesso alla famiglia, di origine popolana, di raggiungere una condizione sociocconomica rilevante sia nel sedile di S. Lorenzo sia nella vita politica cittadina, bensì a quella militare: dal 21 marzo 1783 fu infatti soldato del reggimento cavalleria "Rossiglione", dal 21 giugno 1790 guardia del corpo. Partecipò alle congiure giacobine del 1794-95 e fu arrestato, col fratello Nicola e altri, nel febbraio 1795. Una volta scarcerato, fu alfiere della milizia dal 12 nov. 1795 fino al 1799.
Coinvolto nella Repubblica del 1799 come capo di legione di fanteria, fu arrestato e chiuso nel castello-carcere di S. Caterina alla Favignana con i due fratelli, subì la confisca dei beni e la condanna a morte, commutata nella detenzione nello stesso luogo. Facendo tuttavia parte di quei condannati per i quali venne ritenuto potessero essere considerati come "compresi nella capitolazione" (De Nicola, p. 293), ottenne l'indulto reale il 1º maggio 1802.
Rimesso in libertà, attese nella capitale al propri interessi fino al 1806 quando intraprese nuovamente la carriera militare, arruolandosi nella milizia: il 29 dic. 1806 fu infatti nominato da Giuseppe Bonaparte caposquadrone della Ia legione della gendarmeria reale.
Aveva intanto recuperato parte dei beni confiscati sì che risultava, insieme col fratello Alessio, tra i più ricchi proprietari di immobili grazie alla grande casa di famiglia e case, "bassi", botteghe e magazzini nel centro della città.Il suo momento di maggiore notorietà lo ebbe nel 1815, militando nel campo opposto a quello dei fratelli e dimenticando completamente i trascorsi giacobini: divenuto il 13 aprile aiutante generale del re borbonico Ferdinando IV, che tentava di riconquistare il Regno con l'aiuto degli Inglesi, fu nominato il 28 aprile comandante della provincia di Molise e il 1º agosto capo di stato maggiore della V divisione militare. Durante la campagna antimurattiana del 1815 fu comandante interino di Calabria Ultra, agli ordini del borbonico generale Vito Nunziante. Essendo stato catturato Gioacchino Murat a Pizzo l'8 ott. 1815 il F. giunse un'ora e mezzo dopo sul posto ma, avvertito dal generale Mattei, vi inviò subito da Monteleone il capitano Stratti del III estero. Fu quindi nominato dal Nunziante fra il 12 e il 13 ottobre presidente della commissione militare che doveva redigere la sentenza di morte di Murat.
La commissione era composta quasi tutta di membri dell'armata napoletana, compreso il F., che insieme col tenente colonnello Gennaro Lanzetta fu tra i giudici più severi.
Negli anni seguenti, sempre in qualità di aiutante generale, fu nominato l'8 ag. 1817 comandante della provincia di Calabria Ultra II, il 24 marzo 1819 colonnello comandante della provincia di Terra di Bari, il 9 ott. 1820 capo di stato maggiore della V divisione militare e il 30 apr. 1821 comandante interino della divisione. Nel 1821 comandava le truppe reali in Monteleone Calabro, sotto gli ordini del generale Minutolo; dopo la sconfitta di Rieti si trovava a Napoli e, munitosi di passaporto per Malta col fratello Alessio, compi il viaggio per Monteleone via mare, passando per Messina, dato lo stato di agitazione delle province.
Il generale Giuseppe Rosaroll, che qui cercava di organizzare le truppe per difendere la costituzione, tentò di ottenere la sua adesione, tramite il fratello Alessio, ad un piano per sollevare le Calabrie, ma inutilmente.
Il 1º ag. 1822 fu nominato colonnello alla IV classe. Già insignito dell'onorificenza di cavaliere dell'Ordine delle Due Sicilie il 14 sett. 1810, aveva avuto quella di cavaliere di diritto dell'Ordine di S. Giorgio il 23 apr. 1819.
Ritiratosi il 30 sett. 1829, il F. morì a Napoli il 25 dic. 1832.
Aveva sposato, probabilmente nei primi anni dopo il 1815, Vincenza dei duchi di Caparelli, molto più giovane di lui, essendo nata a Napoli il 27 febbr. 1798; ebbe cinque figli, un maschio, Filippo (nato a Monteleone l'11 sett. 1819), e quattro femmine, nate tutte a Napoli, Celidea (n. 26 ott. 1824), Margherita (n.25 sett. 1826), Angiola (n.26 apr. 1828), Maria Antonia (n. 25 marzo 1831).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Ministero Guerra, f. 72, inc. 1041; f. 329, inc. 7012; Ibid., Segreteria di Guerra e Marina, registro 18; Ibid., Catasto francese, Napoli, ff. 227, 280; Ibid., Stato civile, Napoli sez. S. Lorenzo, f. 7567; Ibid., Decreti originali, ff. 3, 40, 90, 122, 140 bis, 141, 178; Napoli, Parrocchia di S. Maria dei Vergini, Battesimi, registro XXIII, p. 105; P. Borrelli, Casi memorabili... del Regno di Napoli..., Coblentz 1842, p. 137; C. De Nicola, Diario napoletano dal 1798 al 1825, Napoli 1906, I, p. 293; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1969, III, pp. 46, 49; M. Battaglini, Atti, leggi, proclami ed altre carte della Repubblica napoletana 1798-1799, Napoli 1983, pp. 1661 ss.; M. d'Ayala, Vite degli italiani benemeriti della libertà della patria, uccisi dal carnefice, Roma 1883, p. 270; L. Conforti, Napoli nel 1799, Napoli 1889, p. 288; F. Guardione, Il generale G. Rosaroll nella rivoluzione del 1820-21in Sicilia, Palermo 1900, p. 142; Un decennio di carboneria in Sicilia (1821-1831), a cura di V. Labate, Roma-Milano 1909, I, p. 65; B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1912, p. 351; Id., "I lazzari" negli avvenimenti del 1799, in La Critica, XXII (1934), pp. 463 s.; E. Rota, Le origini del Risorgimento (1700-1800), Milano 1938, II, pp. 889 ss., 944 ss.; A. Valente, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale, Torino 1976, pp. 397, 402 n., 406 n.; Diz. del Risorg. naz., III, p. 44.