FEGAROTTI, Giuseppe Eugenio
Primogenito di una illustre famiglia di orafi e argentieri, nacque a Catania da Ernesto Fecarotta e Michela Biondi l'11 apr. 1903 (con decreto reale del 1938 il cognome paterno fu trasformato in Fegarotti).
Giunto a Roma per continuare gli studi, frequentò dal 1917 al 1919 il collegio militare. Successivamente si iscrisse, per volere del padre, alla facoltà di economia e commercio senza riuscire però a laurearsi. La sua innata inclinazione artistica lo portò infatti a frequentare con più costanza ed impegno l'Accademia di belle arti e l'istituto artistico industriale, dove divenne allievo di Duilio Cambellotti. Sotto la guida di Cambellotti, il cui studio negli anni Dieci era un luogo d'incontro e di ritrovo di pittori, scultori e di uomini di cultura, il giovane fu introdotto nell'ambiente artistico romano. La sua formazione risentì fortemente delle esperienze del maestro. Accanto a costui, impegnato insieme con il poeta Giovanni Cena e la scrittrice Sibilla Aleramo nell'azione sociale di recupero degli abitanti dell'Agro romano con un programma di alfabetizzazione e con una vasta produzione di pitture e sculture derivate dal mondo dell'Agro (cfr. M. Quesada, Natura e forma: la campagna romana e la palude pontina nell'opera di D. Cambellotti 1876-1960, Roma 1982), il F. poté conoscere la disperata realtà rurale, che diventò suo luogo di ispirazione (soprattutto le rive e le campagne di Terracina).
Nel 1923 incontrò Marianna Vilardi, sposata cinque anni più tardi; da questa unione nacquero Michela (1931) ed Ernesto (1934). La famiglia abitava in via Paolo Frisi 5, nel villino costruito nel 1928 dall'architetto Alfio Fallica (cfr. L. Piccinato, Una casa di A. Fallica, in Domus, 1929, n. 6, pp. 11-16).
Appena ventunenne iniziò la sua attività di illustratore realizzando la copertina e i disegni del "Sillabario" e "Compimento" del corso di lettura per le scuole serali scritto da Giuseppe Ferro, Operai, a scuola!, pubblicato nel 1924 a Catania dall'editore Crescenzio Galatola.
L'opuscolo è stilisticamente affine ai "Fogli di lettura" dei "Sillabario" e del "Compimento" per le scuole dei contadini dell'Agro romano e delle paludi Pontine illustrati da Cambellotti nel 1912. La forma tascabile e le immagini in bianco e nero raffiguranti abitudini e paesaggi della campagna avevano lo scopo di consentire al contadino una migliore identificazione di sé e dei proprio mondo, orientamento seguito appunto dal F., che impostò il suo lavoro su vignette al tratto desunte da oggetti di vita quotidiana che illustrano le lettere dell'alfabeto (cfr. A. Raffaelli, in Cambellotti illustratore..., cat. della mostra, Siena, Galleria di palazzo Patrizi, a cura di M. Quesada, Roma 1991, pp. 64-69).
Nel 1925, in qualità di direttore artistico, collaborò al mensile Sadhana d'arte e di pensiero edito a Catania.
Nello stesso anno il F. fece ingresso nel Gruppo romano incisori artisti (GRIA) sorto nel 1921, all'indomani della prima Biennale romana, con una mostra personale nei locali dello stesso Gruppo, siti in via degli Astalli 3 (Palazzo Venezia; cfr. Gruppo romano incisori e artisti, catal., a cura di M. S. Sconci e G. Bernini Pezzini, Roma 1988).
Nel 1926 partecipò all'Esposizione di belle arti della Società degli amatori e cultori di Roma. Nella "sezione della Sicilia" ordinata dall'architetto Alfio Fallica presentò tre pannelli raffiguranti il melograno, l'ulivo, il granturco, un vaso, disegni e xilografie. L'anno seguente tornò all'Esposizione degli amatori e cultori nella sala riservata al GRIA con due puntesecche: Casa colonica in Sicilia e Cardi. Nello stesso periodo presentò tre incisioni (Cortile, Contadina e A. Zammara) nella "Sala D" riservata al GRIA alla II Esposizione internazionale dell'incisione moderna di Firenze.
Nel 1926-27 partecipò alla prima Mostra d'arte marinara a Roma presentando Le reti e Il mare. Nel 1927 partecipò alla III Mostra internazionale delle arti decorative di Monza esponendo nella "Sezione romana" Piatti d'argento;presentò due studi in verde dal titolo Fiuggi e una xilografia Contadina alla fonte alla II Mostra d'arte meridionale promossa dalla rivista mensile di belle arti Cimento;alla II Esposizione internazionale di belle arti della città di Fiume fu presente con Campagna di Terracina, Studio di cardo, Casa colonica in Sicilia e infine alla II Mostra d'arte marinara (1927-28) di Roma, promossa dalla Lega navale italiana, con Ora grigia.
Continuò la sua attività di illustratore disegnando la copertina del libro di Salvator Lo Presti I pupi, edito a Catania nel 1927 dallo Studio editoriale moderno, e, nello stesso anno, quella della rivista letteraria Pietre di Genova. Nel 1929 partecipò alla III Mostra d'arte marinara con i bozzetti che concorsero per il manifesto dell'esposizione stessa.
Nel 1930 iniziò una lunga collaborazione con l'Ente nazionale per l'artigianato e le piccole industrie (ENAPI), fondato a Roma nel 1925.
Avvalendosi di un ufficio tecnico, l'Ente si sforzava di promuovere la cooperazione fra artisti e artigiani al fine di dare vita ad uno stile italiano moderno delle arti decorative, conforme alle esigenze del tempo ed alle richieste dei mercati cui era destinata la produzione. Con i numerosi concorsi l'Ente si procurava disegni e modelli che faceva. eseguire e realizzare dagli artigiani e dalle piccole industrie del settore delle arti applicate. Si trattava solitamente di concorsi banditi per materie note e meno note che consentivano agli artigiani il rinnovamento qualificante della produzione (cfr. Frattani-Badas, 1976).
Grazie alla continua collaborazione con l'ENAPI il F. partecipò ininterrottamente dal 1930 al 1960 alla Triennale di Milano nelle sale riservate all'Ente presentando creazioni realizzate in alabastro, cuoio lavorato, ricami, gioielli, cammei, ceramiche.
Oltre a fornire i disegni il F. li eseguiva personalmente recandosi nei centri di produzione. La lunga frequentazione gli permise inoltre di entrare in contatto con personaggi di spicco nel campo dell'architettura, come G. Ponti, A. Lapadula, G. Albini, P. Mollini, e dell'arte, come Afro, G. Capogrossi, B. Lazzari, S. Matta, che avevano anche loro trovato nell'ENAPI il modo originalissimo di mettere al servizio delle capacità artigianali del tempo le proprie invenzioni.
Nel 1930 partecipò con quattro opere (Fiuggi e tre vedute della Val di Non) alla II Mostra del Sindacato fascista di belle arti di Roma, dove è documentato anche nelle rassegne degli anni 1932, 1934, 1937., 1938. Nel 1931 espose Terracina e Paese alla prima Quadriennale romana; fu presente alla prima Mostra internazionale d'arte sacra moderna di Padova con arredi sacri in argento e alla galleria Arbiter di Catania insieme con L. S. Lipinsky, G. Rondini e S. Friscia. Nel 1932 partecipò alla prima Mostra del libro religioso d'arte e d'arte decorativa, dove espose arredi sacri nella "sala dell'ENAPI" (cfr. Arte sacra, II [1932], p. 268).
Risale a questo anno la collaborazione con Maria Gallenga, che nel dopoguerra aveva creato la società di artisti e amatori d'arte, Arte moderna italiana (AMI), con lo scopo di rafforzare il mercato delle arti applicate.
Anche in questo caso l'attività del F. si concentrò nell'ideazione di oggetti d'arte decorativa (disegni per ceramiche, trine e ricami, allestimenti per tavole apparecchiate) da far realizzare ad artigiani specializzati.
Nel 1933 espose alla prima Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti di Firenze (Primavera fiorentina) un dipinto dell'anno precedente dal titolo Terracina. Nel 1934 propose due ricami alla V Mostra del Sindacato belle arti di Sicilia, prima mostra di prodotti di artigianato artistico svoltasi a Palermo. L'anno successivo espose Pellicani, Figura e Uccelli alla Mostra di disegni del Sindacato interprovinciale fascista di belle arti di Roma.
Nel 1936 prese in affitto uno studio al primo piano in via Margutta 48. Nel 1938 decorò il padiglione dell'Autarchia idrotermale italiana alla Mostra del minerale tenutasi a Roma al circo Massimo. Nello stesso anno fu costretto a rinunciare alla cattedra di pittura all'Accademia di belle arti di Roma perché non iscritto al partito fascista. Per lo stesso motivo non ritirò il premio assegnatogli alla III Quadriennale del 1939. Nello stesso anno ottenne l'incarico di realizzare la tarsia marmorea policroma per la decorazione di una parete dei locali del bar interno all'edificio del ristorante dei funzionari dell'E42 progettato dall'architetto E. Rossi a fianco del palazzo della Civiltà del lavoro nell'ambito della mostra dell'E42.
L'opera, ancora in sito, rappresenta una natura morta con riferimento al luogo per cui era stata concepita: un tavolino su cui poggia un vaso di fiori, un vassoio con posate, bottiglie e sullo sfondo una veduta dell'EUR e un finto tendaggio sostenuto da amorini.
Sempre nel 1939 realizzò il mosaico parietale con un soggetto naturalistico per l'hotel Bristol in piazza Barberini (tuttora in loco) e gli affreschi nel salone della casa del fascio di Pomezia, in collaborazione col pittore P. Piccolo.
I soggetti ricordati nel contratto rappresentavano la cerimonia del 24 apr. 1938 riguardante la posa della prima pietra di Pomezia, con a lato i trofei della potenza romana e fascista nell'ambito della bonifica integrale della palude attuata dall'Opera nazionale combattenti, il fervore del lavoro al sorgere della nuova città, la vita serena dei campi di Pomezia.Nel 1940 il F. si trasferì con la famiglia a Terracina. Due anni più tardi espose alla galleria P. Grande di Milano 29 opere insieme con lo scultore Eugenio Russo.
Lunga nel tempo fu la collaborazione con la ditta Myricae di Elvezio e Teresa Massetti in via Frattina, probabilmente iniziata durante la seconda guerra mondiale.
Per la ditta Myricae il F. fino agli anni Sessanta progettò e incise matrici e xilografie per essere esclusivamente impresse su tessuto, a mano e industrialmente. Tali tessuti, oltre a riscuotere consensi sia da parte del pubblico sia degli arredatori e architetti, furono esposti alle Triennali di Milano, alle fiere di Monaco, Dortmund, Firenze, e nelle prestigiose sedi di Myricae a via Montenapoleone a Milano, a Firenze e naturalmente a via Frattina e a via del Babuino a Roma.
Risale al 1945 il contratto con lo studio di Villa Giulia ideato e diretto da Enrico Galassi. La collaborazione prevedeva l'impegno a fornire la "sua produzione nel campo dell'arte applicata e più particolarmente in quella dei ricami, delle ceramiche, delle lacche...". Lo studio dal canto suo si impegnava ad "acquistare mensilmente L. 12.000 (dodicirnila) della sua produzione, sia essa commessa dallo Studio o sia offerta di sua iniziativa ..." (cfr. Roma..., 1994).
L'anno successivo presso lo studio d'arte Palma fu organizzata la Mostra dei capidopera dello studio di Villa Giulia che comprendeva mosaici, ceramiche, sbalzi, tarsie, tavoli, ricami, oreficerie, ideati, tra gli altri, da Afro, U. Blasi, G. Capogrossì, C. Carrà, P. Consagra, G. De Chirico, Leoncillo, G. Manzù, A. Savinio, G. Severini oltre che, naturalmente, dallo stesso F. (cfr. Emporium, CIII[1946], p. 250).
Nel 1946 il F. riprese nell'ambito dell'ENAPI la sua attività di assistenza a favore degli artigiani, interrotta negli anni della guerra, prendendo parte alla Mostra di prodotti artistici dell'artigianato. Con l'esposizione, che non poteva dirsi completa, l'Ente aveva voluto raccogliere alcune tra le migliori forze superstiti per dimostrare lo spirito di ripresa.
Nel 1950 dipinse la sala Dighe e porti nella Mostra della ricostruzione che si tenne a palazzo delle Esposizioni; l'anno seguente espose Composizione n. 5 alla VI Quadriennale e partecipò alla XX Promotrice d'arte di Catania. Nel 1952 presentò un tessuto alla IV Mostra nazionale selettiva dell'artigianato artistico svoltasi all'Angelicum di Milano e dipinse il padiglione Africa alla Mostra dell'Oltremare di Napoli.
Nel 1953 decorò a mosaico le pareti esterne della villa di Gaetano Russo a Terracina con elementi marini, come ancore e pesci; espose tre dipinti (Africa, Strumenti musicali africani, Natura morta con la sedia), un tavolo a mosaico oltre a tessuti, merletti e ricami alla romana Mostra dell'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia; decorò infine il padiglione della Regione Sicilia alla Mostra dell'agricoltura all'EUR.
Risale al 1955 la realizzazione del labaro universitario commissionato dall'architetto M. Piacentini che si conserva nell'aula magna del rettorato dell'università degli studi "La Sapienza" di Roma. Anche in questo caso il F. progettò l'opera e ne sovrintese l'esecuzione (cfr. Momento sera, 10 nov. 1955).
Si tratta di un gonfalone di grandi dimensioni (circa m 2,60 × 1,30), completamente ricamato a rilievo in seta ed oro secondo la tecnica quattrocentesca recuperata da Gina Assirelli, direttrice di un laboratorio di tessitura e ricamo in piazza del Popolo. Entro una delicata composizione di foglie sono posti i simboli delle varie facoltà; al centro si staglia la raffigurazione di Minerva con in basso l'emblema dello Studium Urbis.
Nel 1955 partecipò con Paese verde alla VII Quadriennale; realizzò il grande fregio in ceramica sulla facciata dell'hotel Excelsior di Catania, in piazza Verga.
La decorazione articolata su una fascia interrotta dalla porta d'ingresso sotto il portico è la rappresentazione allegorica della Sicilia. Sullo sfondo in terracotta si snodano i soggetti lavorati a bassorilievo smaltati in bianco e nero. Si tratta dei simboli delle città e della Trinacria, della raffigurazione dei templi di Agrigento, Segesta, Selinunte, del carretto siciliano, dei paladini ecc.
Nel 1962 realizzò i cartoni per i mosaici e la grande vetrata della tomba di don Luigi Sturzo a Caltagirone, progettata nella cripta della chiesa settecentesca del Ss. Salvatore dall'architetto Ugo Tarchi.
La vetrata istoriata rievoca simbolicamente l'attività di don Sturzo: il campanile, il palazzo del Comune con lo scudo crociato, lo stemma di Caltagirone, il popolo, la bandiera nazionale. Sull'arco che divide a metà la cripta sono ubicati i diciannove medaglioni a mosaico raffiguranti i diciannove simboli delle litanie lauretane mentre il pannello musivo collocato a destra dell'ingresso raffigura una fiamma simbolo della Fede, il monogramma Christus e una croce.
Dal 1966 al 1973 abbandonò definitivamente il settore delle arti applicate per dedicarsi alla pittura; lavorò soprattutto a Terracina che continuò a ritrarre nelle vedute e nei paesaggi dei suoi ultimi dipinti.
Morì a Roma il 20 apr. 1973.
Fonti e Bibl.: Fondo personale presso gli eredi Fegarotti, Roma; cfr. inoltre Gli adornatori del libro in Italia, a cura di C. Ratta, VIII, Bologna 1928, p. 122; IX, ibid., p. 129b; U. Ortona, I mobili di E. F., in La Casa bella, 1929, n. 4, pp. 14 ss.; R. Leone, F., Friscia, Lipinsky, Rondini, alla "Galleria Arbiter", in IlPopolo di Sicilia (Catania), 31 maggio 1931; Ceramiche vetri ricami "Il Faro", in Domus, 1932, n. 56, p. 498; M. Poggi, F. e Russo alla Galleria Grande, in Il Popolo di Sicilia, 29 marzo 1942; Broderies et dentelles italiennes, Bergamo 1957, pp. 29 s., 41, 53 ss., 58; International products. Handicrafis of Italy, Milano s.d., pp. 12 a sinistra, 25, 29, 55, 58, 61, 65 a sinistra, 66, 71, 117, 124, 133; Whos who in Italy, 1957-1958, p. 389; Catalogo di artigianato sacro, a cura dell'ENAPI, Tivoli 1960, pp. n.n.; Ilsepolcro monumentale di Caltagirone, in Il Popolo, 1º giugno 1962, p. 3; Tradizione e attualità nella legatoria d'arte (cat. della mostra), a cura dell'ENAPI, Roma s.d. (ma 1972), p. 43; P. Frattani-R. Badas, Ente naz. artigianato piccole industrie 50 anni di arte decorativa e artigianato in Italia - L'ENAPI dal 1925 al 1976, Roma 1976, pp. 90, 158, 161, 165, 168, 215, 223, 263 s.; C. Mazzenga, in E42. Utopia e scenario del regime (catal. della mostra, Roma), Venezia 1987, II, pp. 492 s.; I. Chierici, Quando l'Italia era moderna. Alla V Triennale di Milano, nel 1933..., in AD/Anteprima, Suppl. a AD. Le più belle case del mondo, XI (1991) 117, p. 90; I. De Guttry-C. Flori, Ilvillino a Roma, Roma 1993, pp. 81-89; Roma sotto le stelle del '44. Storia, arte, cultura dalla guerra alla liberazione (catal. della mostra, Roma), Follonica 1994, pp.162 s. e passim;A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1971, II, p. 1180.