Di Vittorio, Giuseppe
Politico e organizzatore sindacale (Cerignola 1892-Lecco 1957). Organizzatore di lotte bracciantili in Puglia, sindacalista rivoluzionario, segretario della Camera del Lavoro di Minervino Murge dal 1911, aderì al Partito socialista e, nel 1913, divenne membro del Comitato centrale dell’Unione sindacale italiana. Partecipò alla Prima guerra mondiale come seguace dell’interventismo rivoluzionario. Dopo il conflitto fu attivo protagonista del sindacalismo pugliese a Cerignola e a Bari. Deputato socialista (1921), fu tra gli organizzatori delle formazioni antifasciste degli Arditi del popolo. Nel 1923 aderì al Partito comunista, per il quale fu eletto deputato (1924). Arrestato nel 1925, fu condannato dal Tribunale speciale a dodici anni di carcere ma riuscì a fuggire in Francia, dove rappresentò la Confederazione generale del lavoro italiana nell’ambito dell’Internazionale dei sindacati rossi (Profintern); fu poi organizzatore di brigate internazionali della guerra civile spagnola. Di nuovo in Francia nel 1939, fu arrestato dai tedeschi (1941) e consegnato al governo fascista che lo confinò a Ventotene. Liberato il 2 luglio 1943, s’impegnò nella Resistenza. Nel giugno 1944 fu il principale promotore del patto di unità sindacale fra comunisti, socialisti e cattolici firmato a Roma. Nel 1945 divenne segretario generale della CGIL unitaria, restando a capo dell’organizzazione anche dopo la scissione sindacale del 1948. Deputato per il PCI alla Costituente e nelle due prime legislature, fu sostenitore di un sindacato più attento ai problemi delle riforme economiche e sociali del paese che a un rivendicazionismo puramente salariale. In tale quadro si colloca la proposta lanciata dalla CGIL, di cui egli fu il principale ispiratore, del Piano del lavoro (1949-50). Al terzo Congresso della CGIL (1952), fu lui a formulare la richiesta di uno Statuto dei diritti, della libertà e della dignità dei lavoratori nell’azienda. Dopo la sconfitta della FIOM alle elezioni per le commissioni interne FIAT (1955), D.V. avviò una serrata autocritica, spostando il centro di gravità dell’azione sindacale nelle aziende. Dal 1949 fu inoltre presidente della Federazione sindacale mondiale. In dissenso rispetto alla linea del PCI sui fatti d’Ungheria (1956), logorato dalla frenetica attività, morì subito dopo un’iniziativa sindacale.