DE NITTIS, Giuseppe
Pittore, nato il 25 febbraio 1846 in Barletta, morto il 21 agosto 1884 a Saint-Germain-en-Laye. Studiò pittura con G.B. Calò, col Dattoli e, per pochi mesi, con Gabriele Smargiassi nell'Accademia di Napoli, donde (giugno 1863) fu espulso per ragioni disciplinari. Ma sua unica maestra fu la natura, e anche nel periodo più glorioso della sua celebrità egli riconfermava il suo incrollabile credo realistico. I primi saggi che egli espose a venti anni erano già pervasi da un promettente e schietto senso naturalistico e dal 1863 al 1865 egli (che insieme con Federico Rossano, Marco De Gregorio, Raffaele Belliazzi e altri aveva formato quel gruppo di liberi e schietti pittori di scene della natura che Domenico Morelli chiamava la repubblica di Portici) non fece che ritrarre angoli di paesaggio, effetti di luce, partiti di nuvole. Alla fine del 1866 il De N. si recò a Firenze, ma non si può dire che i macchiaioli, con quella loro predilezione per gli orizzonti bassi e ristretti, abbiano avuto molta influenza sulla sua arte. Un anno dopo era a Parigi, dove, sedotto dalla pittura meticolosa del Meissonnier e dal successo ottenuto da Mariano Fortuny col Matrimonio alla Vicaria, cominciò col dipingere le leziose e teatrali rievocazioni della società galante degli ultimi re di Francia (Una visita all'antiquario; la Visita mattutina). Ma fu per poco; rimpatriato nel novembre 1870 e tornato a Parigi nel 1872, nello studio dei complessi problemi della luce e della trasparenza atmosferica si accostava, quasi inconsapevolmente, all'impressionismo, mentre con quella sua pittura precisa, documentaria, aneddotica, fulminea come un'istantanea nel rendere l'impreveduto, ritraeva le eleganze del Bois de Boulogne, de l'Opéra, di Longchamp, di Auteuil, dei salotti, popolando le scene di minute figurette colte in movimento. Nell'aprile del 1874 il De N. si recò per la prima volta a Londra, di cui così intensamente sentì il fascino severo e grandioso, che da quel momento vi ritornò ogni anno per uno o due mesi, dipingendovi alcuni fra i suoi quadri più belli (Piccadilly, Trafalgar Square, Charing Cross, Canon Bridge, ecc.).
Osservatore acutissimo della vita cittadina, il De N. che aveva meritato da J. Claretie la lode di aver compreso Parigi meglio di ogni altro pittore parigino, si sentì dire dal Leighton che non aveva mai visto un quadro più profondamente inglese della sua Domenica a Londra. Se nell'esattezza, nella grazia, nella leggiadria di pittore di eleganze e di mode può essere avvicinato allo Stevens e al Heilbuth, entrambi egli superò nella definizione dei tipi e per il fascino di quei suoi cieli profondi che avvolgono uomini e cose nella serrata unità della luce.
Bibl.: J. Claretie, L'art des artistes français contemporains, Parigi 1876; A. Rondani, Saggi di critiche d'arte, Firenze 1880; E. e J. de Goncourt, Notes et souvenirs du peintre Joseph De Nittis, in Journal, IV, Parigi 1881-92; A. Cecioni, Scritti e ricordi, Firenze 1905; V. Pica, G. De N., Milano 1914; A. Colosanti, Catalogo della galleria naz. di arte moderna, Roma-Milano s.a.; U. Ojetti, Ritratti d'artisti italiani, II, Milano 1923, pp. 67-80; M. Filograsso, G. De N. e la moderna pittura pugliese, Barletta 1923; L. Bénédite, De N., Parigi 1926; E. Somarè, Storia dei pittori ital. dell''800, Milano 1928, pp. 464-73 (bibl. a pp. 498-99); U. Ojetti, La pittura italiana dell'ottocento, Milano-Roma 1929; E. Piceni, G. De N., Roma 1930.