DE FALCO, Giuseppe
Nato a Corato (prov. di Bari) il 25 febbr. 1878 da Angelo e Brigida Russo, di famiglia povera. Tipografo, repubblicano nella prima gioventù e poi socialista, fu dirigente del Partito socialista italiano (P.S.I.) nel Barese nel primo decennio del Novecento e infaticabile organizzatore, esule in Svizzera dal 1910 al 1915, pubblicista interventista e mussoliniano fino al 1918, antifascista in seguito.
Tipografo del Corriere delle Puglie di Bari negli anni tra Otto e Novecento, fu fra i dirigenti della locale sezione socialista e redattore del settimanale La Ragione. Lavorò per alcuni mesi a Milano nella tipografia di Edoardo Sonzogno, ma tornò a Bari nel giugno 1903 per assumere la carica di segretario della Camera del lavoro, mantenendo nel P.S.I. una posizione di sinistra rivoluzionaria e in seguito. pur rimanendo nel partito, aderì ai principi del sindacalismo rivoluzionario allorché, nel 1905, avvenne la rottura tra riformisti e intransigenti. Divenne allora direttore del settimanale La Fiumana (dal 1907, sempre sotto la direzione del D., La Conquista) cui impresse una linea di adesione alla lotta dei marittimi e delle leghe bracciantili e con il quale diffuse le idee e gli insegnamenti di Georges Sorel e di Arturo Labriola. Fu per vari anni uno dei più noti militanti della Sinistra barese e segretario della Camera del lavoro di Bari e provincia. Nel settembre 1907 il II congresso socialista per il Mezzogiomo lo designò quale membro del comitato di organizzazione e propaganda per le province meridionali.
Il sindacalismo del D. appare fortemente venato di tematiche meridionaliste e salveminiane, tanto da giustificare l'espressione di Luigi Cortesi che parla al riguardo di "meridionalismo rivoluzionario". Al X congresso del P.S.I. (Firenze, 19-22 sett. 1908), al quale partecipò quale delegato di Bari, oltre a sostenere le posizioni intransigenti e rivoluzionarie, rimproverò al partito il disimpegno e il disinteresse per i problemi del Mezzogiorno e firmò l'ordine del giorno di Gaetano Salvemini per il suffragio universale. In quegli anni fu oggetto di una imputazione per eccitamento allo sciopero dei contadini di Corato e di un'altra per diffamazione a mezzo stampa, per la quale fu condannato in appello ad un anno di reclusione e mille lire di multa (aprile 1906), condanna la cui ratifica, nel 1910, lo convinse all'espatrio.Esule in Svizzera, a Lugano, lavorò all'organizzazione dei lavoratori italiani, sostituì Giacinto Menotti Serrati alla direzione dell'Avvenire del lavoratore e i suoi articoli e la sua personalità giunsero ad avere ampia influenza sul proletariato italiano immigrato. Nel 1910-11, avvicinatosi al gruppo anarchico di Angelo Oliviero Olivetti, collaborò con vari articoli sulla lotta di classe in Puglia al quindicinale Pagine libere di Lugano e nel 1913 pubblicò un opuscolo dal titolo Partito e sindacato: sulla funzione del partito socialista rispetto all'organizzazione operaia, edito dalla Camera del lavoro di Parma, nel quale auspicava una ricucitura, su un terreno classista e complessivamente rivoluzionario, dei vari momenti della lotta politica e sociale (parlamentare, sindacale, ecc.). Partecipò per parte italiana al convegno - rigorosamente neutralista - dei partiti socialisti italiano e svizzero (Lugano, 27 sett. 1914) dal quale emersero le comuni linee pacifiste, ma si avvicinò ben presto a posizioni interventiste, venendo a collaborare a Libera stampa, organo dell'interventismo socialista e democratico italiano in Svizzera.
Già vicino alle posizioni di Mussolini, di cui condivideva l'acceso radicalismo (tanto che nel maggio 194 fu ipotizzata la sua candidatura alla Camera da parte di mussoliniani e salveminiani), in questo periodo va menzionata la sua collaborazione al quindicinale Utopia, diretto dallo stesso Mussolini, dalle cui colonne il D. condusse una vivace polemica antiriformista (esplicita, peraltro, anche in alcuni suoi interventi sull'Avanti!). All'espulsione di Mussolini dal P.S.I. (novembre 1914) si schierò vieppiù su posizioni mussoliniane, rendendo estremamente tesi i suoi rapporti con i socialisti che sottoposero ad inchiesta la cooperativa italiana in cui il D. lavorava.
Allorché, nel gennaio 1915, il carcere gli fu commutato in un mese di confino, tornò in Italia e scontò la pena a Ceglie Massapico. Diresse per un breve periodo l'organo della Camera del lavoro di Cerignola Il Proletario, per trasferirsi a Milano ed assumere, nel marzo 1915, la carica di capo redattore del Popolo d'Italia, quotidiano diretto da Mussolini. Richiamato alle armi, per le posizioni interventiste fu utilizzato per la propaganda verso le truppe al fronte e poté continuare la sua attività giornalistica supplendo Mussolini, anch'egli richiamato, nella direzione del Popolo d'Italia. È di questi anni l'amicizia con Filippo Corridoni e Alceste De Ambris.
Il pur vivace interventismo del D. - e in ciò la differenza di posizione con Mussolini - non andava nella direzione di rompere ogni relazione con i socialisti, bensì si configurava come interventismo democratico (alla cui elaborazione, probabilmente, non dovette essere estranea la sua origine meridionale). Questo dissidio - con l'adesione, pur sofferta, del D. al gruppo autonomo socialista interventista e il sempre più marcato distacco di Mussolini dall'area socialista - portò alla rottura tra i due e all'allontanamento del D. dal quotidiano milanese nel febbraio 1918. Lo stesso D. diede vita a Roma, nell'agosto dello stesso anno, al Giornale del popolo ("quotidiano socialista") che confermava gli orientamenti interventisti e sosteneva "un programma di democrazia sociale e incremento dell'economia nazionale".
Sempre più lontano dal fascismo via via che questo ridefiniva la propria immagine, pubblicò nel 1921 un fortunato opuscolo dal titolo Fascismo milizia di classe, edito dalla Biblioteca di studi sociali diretta da Rodolfo Mondolfo, in cui sottolineava l'origine del movimento nel tradizionale mazzierismo meridionale.
Negli anni successivi, emarginato da ogni attività politica, pur continuando a far professione di socialismo, visse abbastanza miseramente e per un certo periodo collaborò al Mondo. Ai primi degli anni Trenta, ottenuto finalmente il permesso di espatriare, fu corrispondente da Istanbul dell'agenzia di stampa Stefani. Qui rimase anche nell'immediato dopoguerra.
Il D. morì a Roma il 1° apr. 1952.
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