DAVIA, Giuseppe
Nato a Bologna da Francesco e Laura Bentivoglio il 23 genn. del 1710, trascorse l'infanzia a Rimini presso lo zio, il cardinale Giovanni Antonio, e la madre qui relegata dal marito, noto per la sua vita sregolata e stravagante.
A Rimini il D. ebbe fra i propri maestri Antonio Leprotti, chiamato dallo zio per le scuole del seminario, che lo addestrò nella geometria, nella matematica e nella fisica sperimentale; frequentò inoltre la scuola di Giovanni Bianchi (Ianus Plancus). Nel 1727 fu inviato con i fratelli Giovanni Battista e Antonio nel collegio dei nobili a Bologna, diretto dai gesuiti, ove svolse gli studi filosofici (col padre Luigi Marchenti) e giuridici, studiando inoltre architettura militare col modenese Francesco Vandelli. Durante la sua permanenza in collegio sostenne pubblicamente le conclusioni di fisica sul tema De viribus machinarum manifestando un forte interesse per le discipline tecnico-militari. Sospesi gli studi, nel 1730 entrò al servizio del granduca di Toscana militando, in qualità di cadetto, in un reggimento di cavalleria, passando poi al servizio dell'imperatore come capitano del reggimento Granada e successivamente del re di Spagna col grado di tenente colonnello di cavalleria: una brillante carnera interrotta da una grave ferita alla spalla sinistra ricevuta sul campo di battaglia. Durante questa lunga militanza che si protrasse per circa quindici anni, il D. ebbe occasione di affinare la sua esperienza nelle fortificazioni e nella tattica militare di cui aveva continuato a coltivare gli studi, per cui, ritornato alla vita civile, si dedicò all'insegnamento della matematica e alla composizione di un trattato di architettura militare.
Sposatosi, nel 1746, con Maria Filippi, nonostante l'opposizione della famiglia e dello stesso Benedetto XIV, per la modesta condizione sociale della sposa, trascorse alcuni anni peregrinando fra Trento, Velletri, Civitavecchia e Roma, finché, nel 1753, dopo la morte dei padre, rientrò a Bologna per assumere la carica senatoria. Tuttavia la nuova posizione sociale che ne faceva il capo della famiglia e che gli garantiva un ruolo di prestigio nell'ambiente cittadino, non soddisfaceva pienamente le ambizioni del D., che volle ritentare la carriera militare. Egli seppe guadagnarsi la stima del duca di Modena Francesco III che lo nominò colonnello delle artiglierie e gentiluomo di camera e che avallò il suo progetto di fondazione di un'accademia di architettura militare per la formazione tecnica degli ingegneri, degli artiglieri e di ogni altro ufficiale dell'esercito estense.
Il progetto del D., che si ispirava ad analoghe istituzioni già operanti da tempo (ad esempio l'accademia di Parigi), mirava ad una riqualificazione del personale militare già in servizio e, in prospettiva, a trasformare l'iniziativa in una stabile scuola militare. Affidata la direzione ad Alfonso Fontanelli ed alla presidenza dello stesso D., il 29marzo del 1757l'accademia venne aperta in una sala dei palazzo ducale ove continuò a funzionare per alcuni anni organizzata in due corsi, il primo propedeutico e il secondo riservato agli ufficiali di cavalleria: esperienza che costituì l'immediata premessa della futura Scuola militare modenese. Il successo dell'iniziativa convinse Francesco III ad inserire, nel IM, l'insegnamento di architettura militare nello Studio pubblico modenese, affidandone la cattedra al D. che la tenne per circa due anni con successo.
Nel 1763 i contrasti che il D. aveva sempre più frequentemente con personaggi della corte estense e taluni scandali familiari nei quali si trovò coinvolto lo convinsero ad abbandonare Modena. Rientrato a Bologna, nel 1764 venne nominato gonfaloniere di Giustizia, ma dopo pochi mesi abbandonò nuovamente la città per stabilirsi a Venezia ove rimase per circa cinque anni, intento a rivedere le proprie Lezioni di architettura militare, a lavorare intorno ad opere di fisica, di matematica ed a raccogliere il materiale necessario per scrivere una storia di Bologna. Membro di numerose accademie scientifiche e letterarie (usò il nome arcadico di Cleonzio Medontiaco), gli anni veneziani rappresentarono per il D. una pausa relativamente tranquilla che gli consentì di maturare alcune scelte quali la definitiva rinunzia al senatorato bolognese, assunto dal figlio Giacomo. Richiamato temporaneamente a Modena dalla vita sregolata della moglie, il D. tornò nell'orbita di Francesco III che lo nominò generale e ciambellano. Forse grazie allo stesso duca, il D. ottenne l'incarico di ingegnere generale del Tirolo. Abbandonata definitivamente Modena, fra il 1775 e il 1782 si spostò tra Venezia, Trento, Conegliano e Cles per le esigenze del nuovo incarico, che abbandonò poi anche per l'età avanzata.
Rientrato a Bologna, ormai vedovo, visse gli ultimi anni in una progressiva emarginazione; ormai ottantenne si innamorò di una giovane manifestando il suo desiderio di sposarsi nuovamente. La ferma opposizione dei familiari e dello stesso governo cittadino costituirono per il D. un oltraggio insopportabile che lo spinse al suicidio: il 29 ott. del 1791 si avvelenò con una dose di oppio.
Opere edite: De viribus machinaruni theoremata publice propugnanda, Bononiae 1728; L'amante di tutte. Drama musicale, Modena 1762 (pubbl. con il nome arcadico di Clemzio Medontiaco); Dissertazione su la militare architettura recitata e consacrata alle Altezze loro serenissime il Serenissimo Signor Principe e Serenissima Signora Principessa ereditaria di Modena, Modena 1762; Lettera ad un amico intorno alla costruzione del nuovo Teatro da erigersi in Bologna, s.n. t. Manoscritti: Bologna, Bibl. com. dell'Archiginn., ms. B 1445: Lezioni intorno alla militare architettura; ibid., ms. B 1448: Trattato di geom. pratica del march. G. Davia da servire da introd. alle sue lezioni d'architett. militare; Ibid., ms. B 1656: L'architettura militare. Il Campori segnala inoltre numerose dissertazioni accademiche esistenti nell'archivio di famiglia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Cancelleria e particolari, fasc. Giuseppe Davia; Modena, Biblioteca Estense, Autografoteca Campori, Lettore di G. D., 1757-1768; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, coll. autografi, XXIII: Lettere di G. D., nn. 6779-6789; Ibid., Opera pia Davia-Bargellini, Arch. Davia, b. 845: Lettere di G. D.; Ibid. Bibl. univers., ms. 4207: L. Montefani Caprara, Delle famiglie bolognesi, XXIX, c. 175r; Per il solenne ingresso al gonfalonierato di giustizia del senatore G. D. ... il secondo bimestre dell'anno 1764, Bologna 1764; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IX, Bologna 1794, p. 91; G. Campori, Gliartisti ital. e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, pp. 178-81; G. Guidicini, I Riformatori dello Stato di libertà della città di Bologna, II,Bologna 1869, pp. 50 s.; G. Canevazzi, La scuola militare di Modena, 1762-1914, 1, Modena 1914, pp. 61-80; G. P. Brizzi, La formazione della classe dirigente nel Sei-Settecento, Bologna 1976, pp. 180 s., 286.