DAMIANI ALMEJDA, Giuseppe
Nacque a Capua (prov. di Caserta) il 13 febbr. 1834 da Felice, originario di Palermo, e da Carolina Almejda, figlia dei gran maestro di caccia di re Ferdinando. Il padre, presidente del Consiglio di guerra, lo iscrisse ad un collegio militare. Nel 1849, abbandonato il collegio e stimolato dal fratello ingegnere, si dedicò agli studi di ingegneria e di architettura. Allievo a Napoli della Scuola di ponti e strade, acquisì una preparazione assai accurata nelle matematiche, ampliata dai contributi dei maestri E. Alvino e A. Cipolla, di formazione lodoliana, e dalla frequentazione delle aree di scavo di Napoli e Pompei. Conseguito nel 1859 il titolo di ingegnere di ponti e strade, il D. fu assegnato alla provincia di Palermo nel ruolo di ingegnere di campagna.
Difficile fu l'inserimento nella nuova città dove era in atto un dibattito architettonico, gravitante intorno alle figure di F. Di Bartolo e G. B. F. Basile, che mal si connetteva con la sua formazione scolastica e con la sua personale interpretazione della pratica progettuale. Questa posizione di isolamento dalla cultura locale venne sempre mantenuta dal D., che fini con il divenire il punto di riferimento dell'opposizione alle tendenze innovative dei Basile.
Abolito nel 1863 il corpo degli ingegneri di ponti e strade ed ottenuta d'ufficio la laurea in architettura ed ingegneria, entrò a far parte dell'Ufficio tecnico comunale di nuova istituzione, come ingegnere mandamentale; con il nuovo incarico seguì un gran numero di interventi di rilevamento del territorio e di restauri. Fra questi si ricorda il piano urbartistico che venne elaborato e presentato dal D. nel 1864 per la creazione di una rete di mercati urbani.
Secondo le previsioni del D. la città doveva essere dotata di quattro mercati, ma di questi soltanto due furono realizzati (1867). Concepiti come una tipologia architettonica ripetibile nel tempo e nello spazio, gli organismi, di stretta concezione funzionale, furono risolti strutturalmente con una gabbia di ferro chiusa da lastre di vetro. Il mercato dei pesce a porta S. Giorgio fu distrutto in un incendio nel 1889 e quello "degli Aragonesi" durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1864 il D. iniziò la sua attività didattica come professore di disegno all'istituto tecnico industriale; nel 1873 divenne professore reggente e nel 1878 professore straordinario di disegno all'università di Palermo. Nel 1880 abbandonò l'insegnamento all'istituto tecnico per poter continuare a ricoprire il ruolo di ingegnere mandamentale, mentre mantenne fino alla morte la cattedra universitaria.
Spunto per dare avvio ad un'attività professionale slegata dagli interventi istituzionali fu l'allestimento dell'apparato funerario per Ruggero Settimo, assegnato al D. per concorso (1861). Questa prima prova fu seguita da un gran numero di interventi in materia di architettura sepolcrale per le più prestigiose famiglie palermitane (fra cui gli Stabile, gli Starrabbino, gli Indici, i Ferrara Ferrante) e di allestimenti funerari, fra i quali l'addobbo della cattedrale e di alcune sale del palazzo di città, per le esequie del sindaco Bonanno (1905).
Nel 1861 era stato presente a Firenze alla I Esposizione italiana di belle arti con un progetto sul tema di un camposanto per città capitale. L'architettura cimiteriale sarà costantemente sviluppata dal D., che elaborò anche un progetto per un cimitero ideale modellato su un'incondizionata adesione ai moduli classici. La grande occasione per intervenire nel dibattito architettonico fu il prestigioso concorso indetto nel 1864 dal comune di Palermo per la costruzione del teatro Massimo.
La giuria, presieduta da Gottfried Semper, assegnò il primo premio a G. B. F. Basile, relegando al quarto posto la proposta del D. che, trovando iniquo il verdetto, non esitò ad intraprendere le vie legali chiedendo un riesame degli atti procedurali (Ricorso al Consiglio comunale di Palermo sull'ingiusto verdetto per il concorso del teatro Massimo, Palermo 1868).
Dalla relazione di corredo al progetto (Memoria relativa al progetto per il concorso del teatro Massimo, Palermo 1867) e dai raffinati reperti grafici superstiti (conservati presso il teatro Massimo), che sono però da riferirsi ad un progetto-riduzione richiesto dalla commissione e presentato dal D. nel 1874 (Nuovo ricorso per il concorso per il teatro Massimo, Palermo 1874), sebbene non, esaurienti per la lacuna della maggior parte, dei disegni, emerge come il D. abbia concentrato la propria attenzione nella definizione funzionale dello spazio e nella creazione di. un organismo di grande compattezza. La pianta di elementare geometria ed i prospetti di gusto rinascimentale sono pertanto per il D. la proiezione pragmatica della sua concezione dell'operazione progettuale che assegnava una importanza preminente alla funzionalità dell'organismo grchitettonico. A questo fine grande attenzione è stata dedicata ai problemi della ventilazione, dell'illuminazione, dell'acustica ed in generale alle componenti tecniche. La copertura è risolta con una, struttura metallica che diviene elemento di sostegno per la grande calotta prevista in vetro per assicurare la luce durante il giorno e staccata dai muri per poter garantire un sufficiente ricambio d'aria.
Il tema della copertura, come elemento qualificante, ritornerà nell' altro grande episodio teatrale palermitano: il Politeama. Nel 1866, superata indenne la terribile epidemia di colera che sterminò la sua famiglia, il D. risultò primo al concorso indetto fra gli ingegneri mandamentali per la costruzione di un grande teatro diurno, che nelle intenzioni politiche voleva essere un simbolo tangibile della volontà di apertura democratica così come il teatro Massimo aveva affermato inequivocabilmente, anche attraverso la sua localizzazione urbana in una zona di grande prestigio, il suo referente aristocratico.
Dopo aver visitato i piú significativi teatri diurni italiani (Pisa, Livorno Firenze e Napoli), il D. definì il progetto che passò immediatamente all'esecuzione. Compositivamente vicino ai modelli della tradizione classica, il risultato architettonico è affidato all'intelligente accostamento dei materiali e ad una raffinata tecnologia costruttiva. La, complessa struttura proposta per la copertura del Politeama, che può considerarsi un'ulteriore evoluzione di quanto elaborato sul medesimo tema per il teatro Massimo, sollevò in, ambito locale molte critiche: ancora nel 1875, dopo un anno dall'inaugurazione del teatro, un'apposita commissione vagliava i calcoli, e le forme del progetto Damiani.
Noto per la competenza in campo teatrale, nel 1878 fu chiamato dal municipio di Siracusa per esprimere un parere sul teatro locale: nel 1887 ricevette l'incarico per il completamento dell'edificio, al quale lavorò fino al 1889.
Con i progetti teatrali il D. acquisì gran parte della sua notorietà e prestigio: nel 1867 con sette tavole del Politeama fu presente all'Esposizione universale di Torino; nel 18793 a Napoli, al congresso degli ingegneri e degli architetti, venne premiato per il progetto del Massimo e per la copertura del Politeama; nel 1908 fu presente con gli elaborati del Politeama all'Esposizione teatrale di Parigi come rappresentante, insieme con il Basile, della città di Palermo. Due riconoscimenti furono assegnati al D. per il progetto e la realizzazione dello stabilimento termale di Termini Imerese all'Esposizione nazionale di Palermo del 1891 (cfr. E. Alfano, Il piccolo libro d'oro. Guida speciale della città ... e della Esposizione naz. ..., Palermo 1891, pp. 68 s.; A. Lo Forte Randi, in Natura e arte, I [189-92] p. 698) e all'Esposizione internazionale di igiene svoltasi a Parigi nel 1904.
Fra gli episodi di edilizia privata si ricordano la realizzazione della propria casa nel 1868 (in via Polacchi, nel giardino Salaritano), sollecitata dal matrimonio avvenuto nello stesso anno con Eleonora Mancinelli, figlia del suo maestro di pittura nel suo primo periodo napoletano (realizzerà ancora una casa per la sua. famiglia nel 1893, in viale Principe di Piemonte) ed il villino Florio a Favignana commissionato nel 1875 e concluso nel 1878: l'esecuzione dei progetti e la cura del cantiere fu affidata dal D. ad un suo allievo, Francesco La Porta. Il D., entrato in rapporto con la famiglia Florio fin dal 1867 come curatore degli interessi della famiglia nella disputa con il comune di Palermo in merito agli interventi al porto, sarà poi incaricato nel 1893 della progettazione del monumento civile a Ignazio Florio, (realizzato nel 1896 nella piazza omonima a Palermo).
Parallelamente alla pratica professionale ed all'attività didattica, il D. sviluppò un'interessante attività pubblicistica: assai vasto il curriculum dei suoi scritti, molti dei quali nati come testi per conferenze.
Grande attenzione è dedicata ai problemi della didattica e dello studio delle discipline afferenti all'architettura quali: L'insegnamento dell'ingegneria, dell'architettura e del disegno in Italia (Palermo 1879). Sull'importanza di una Scuola di belle arti a Palermo (ibid. 1882), o Il riordinamento degli studi architettonici in Italia (Torino 1890). Parzialmente inedito rimane lo studio al quale più a lungo il D. si era dedicato; infatti, dei due volumi previsti, fu pubblicato solo il primo, Istituzioni ornamentali sull'antico e sul vero (Torino-Palermo, 1890), mentre per ragioni economiche le sessanta tavoleche formavano la seconda parte, dal titolo Istituzioni architettoniche, non vennero mai pubblicate (sono conservate nell'Arch. Damiani a Palermo). Frutto di una meticolosa applicazione e una scrupolosa ricerca che lo portò prima in Grecia e poi in Francia ed in Inghilterra, l'opera, costruita su istanze eminentemente pedagogiche, si inseriva nell'alveo della tradizione manualistica ottocentesca, rivisitando con un'accurata catalogazione le architetture del passato.
Tra gli altri scritti del D., si ricordano: Ilcolore, le ombre, la luce (Palermo 1873); Il fulmine e il parafulmine (ibid. 1874); Re-soconto dell'Assemblea generale degli ingegneri e architetti italiani a Roma (ibid. 1871); Applicazioni della, geometria elementare allo studio del disegno (I-II, ibid. 1878); G. Barozzi da Vignola ed il suo Libro dei cinque ordini di architettura (ibid. 1878); Lettera al comm. Ardy sull'Esposizione nazionale di Torino (ibid. 1881); L'Esposizione nazionale di Torino (ibid. 1884); Il vero e l'antico nelle arti e nelle scienze moderne (ibid. 1890); L'arte nova, ricerca dell'arte dell'avvenire e dell'arte nazionale italiana (ibid. 1893); B. Civiletti (ibid. 1900); Le gemme, i gioielli, le pietre dure (ibid. 1906). Scritti e disegni sono conservati presso l'Arch. Damiani a Palermo.
Fu membro onorario dell'Accademia di belle arti di Napoli, socio corrispondente della Società delle scienze naturali ed economiche di Palermo e socio attivo nell'Accademia di, scienze, lettere e belle arti di Palermo.
Il D. morì a Palermo il 31 genn. 1911.
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