DA ZARA, Giuseppe
Nacque a Padova il 3 febbr. 1855 da Mosè e Carolina Trieste. Apparteneva ad una di quelle ricche famiglie ebraiche che si erano stabilite nel Veneto ed avevano raggiunto una posizione economica e sociale preminente solo dopo la caduta della Repubblica e la conseguente abrogazione del divieto per i membri della comunità israelitica di acquistare beni immobili.
Se il principale punto di forza della famiglia era (e sarebbe restato anche per il D., la proprietà terriera, ciò non significa che esso fosse anche l'unico. Il padre, Mosè, ritenuto uno dei più ricchi redditieri veneti all'inizio degli anni '70, si distinse come uno dei più attivi uomini d'affari. di Padova. Nella città veneta era infatti consigliere della succursale della Banca nazionale, ma al tempo stesso si rese disponibile anche per qualche "avventura" in campo industriale, come dimostra la sua partecipazione alla costituzione della Società veneta per l'industria serica.
Il D. sembrò seguire, idealmente, lo stesso percorso intrapreso dal padre. Riuscì infatti a costruire e a consolidare alcune posizioni di potere economico nell'area veneta, innanzitutto nella gestione delle terre appartenenti alla famiglia (tra il 1890 e l'inizio del '900 aumentò il numero dei poderi tenuti a mezzadria, ottenendo nel contempo una crescita delle rendite) e, più tardi, nel mondo bancario ed assicurativo. Tali posizioni gli servirono poi come trampolino di lancio per il grande balzo a livello nazionale. Certo, talvolta dovette pagare lo scotto di certi passaggi acrobatici in ambito finanziario forse un po' troppo arditi, nei quali si trovò coinvolto non sempre per propria responsabilità. Dai primi anni del, secolo il D. fece comunque parte a pieno titolo del firmamento della finanza italiana, senza tuttavia essere mai in grado di diventare una stella di prima grandezza. La sua abilità nel sapersi muovere con una certa dimestichezza su diversi piani (da quello bancario a quello assicurativo, a quello industriale), unita alla particolare capacità di mettere a contatto fra loro personaggi, ambienti sociali ed economici (si pensi ai suoi legami con il mondo della finanza ebraica) ed aree geografiche altrimenti piuttosto "distanti", se non addirittura incomunicanti, fece di lui un prezioso protagonista della scena economica nazionale tra la fine dell'Ottocento e l'inizio degli anni '20. Il D, si sposò a Milano il 30 marzo 1880 con Ernesta Segrè (dalla quale ebbe una figlia) e qualche anno dopo iniziò la propria carriera nel settore assicurativo. E la cominciò quasi dalla cima, dato che entrò giovanissimo nel consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali, una delle più antiche e prestigiose società del ramo.
L'attività all'interno della compagnia assicurativa, oltre a costituire per il D. una scuola di apprendimento e affinamento di tecniche finanziarie, gli permise inoltre di entrare in rapporti amichevoli con un ristretto gruppo di uomini d'affari veneti, quasi tutti appartenenti alla comunità israelitica (Marco Besso, Nicolò Papadopoli Aldobrandini, Alberto Treves de' Bonfili, ecc.) con i quali avrebbe in seguito diviso buona parte delle proprie esperienze in campo economico-finanziario.
Il D. ricoprì nelle Assicurazioni Generali praticamente tutti i principali incarichi direttivi, seguendo una scala gerarchica che pareva procedere parallelamente alla progressiva crescita di importanza del suo nome nella finanza italiana.
Dopo alcuni anni passati nel consiglio di amministrazione, egli venne nominato revisore nella primavera del 1893, mantenendo tale carica fino al 1901. Dal 1901 al 1909 fu vicedirettore, mentre l'anno seguente entrò finalmente nell'autentica "stanza dei bottoni" della società, la direzione. Rimase direttore fino al 1922, quando venne istituito un nuovo organismo dirigente, il consiglio direttivo, del quale venne peraltro chiamato immediatamente a far parte. Come rappresentante delle Assicurazioni Generali il D. sedeva inoltre, fin dalla fine dell'Ottocento, nei consigli di amministrazione della Società italiana di assicurazione contro gli infortuni e della Società italiana di assicurazione a premio lisso contro la grandine. Attraverso queste due compagnie, entrambe con sede a Milano, il D. e Marco Besso contribuirono a rinsaldare l'alleanza tra gli interessi della grande società assicurativa di Venezia e quelli legati agli ambienti della finanza cattolica lombarda.
La furibonda campagna giornalistica e parlamentare inscenata al momento della presentazione del progetto governativo di istituzione di un monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita - una battaglia che vide in primissimo piano i deputati e la stampa dell'area cattolico-moderata - dimostrò abbastanza bene quanto robusta e ramificata fosse divenuta nel frattempo quell'alleanza.
La consacrazione del D. a personaggio di una certa rilevanza nella geografia della finanza italiana si colloca nel decennio a cavallo tra un secolo e l'altro. Le tappe di avvicinamento a tale traguardo furono più d'una e con non pochi intrecci tra loro.
Verso la metà degli anni '90 il D. era entrato nel consiglio di amministrazione della Società veneta per imprese e costruzioni pubbliche. Tale società era, stata costituita nel 1872 e subito si era distinta per una serie imponente di lavori pubblici a Roma e in altre importanti città italiane. A queste attività, dapprima giuttosto timidamente, poi in maniera più massiccia, aveva affiancato la costruzione di alcune linee ferroviarie nell'area veneto-emiliana. Il nome della Società veneta (ma specialmente quello del suo primo presidente, Vincenzo Stefano Breda) era tuttavia legato anche al settore industriale, in ragione del ruolo fondamentale giocato nella costituzione, nel 1884, della Società degli alti forni, acciaierie e fonderie di Temi. Attorno alla metà dell'ultimo decennio dell'Ottocento la Società veneta e la Temi si trovavano immerse in una profonda crisi finanziaria causata dall'azione congiunta della crisi bancaria e del boom speculativo-edizio della fine degli anni '80. Lo scontro parallelo all'interno delle due società sugli indirizzi tecnico-produttivi e sulle misure finanziarie per uscire dalla grave situazione nella quale versavano portò alla ribalta alcuni personaggi nuovi, tra i quali il Da Zara. Nel 1896 egli fece infatti la prima apparizione in qualità di rappresentante della Veneta all'assemblea generale degli azionisti della Temi. L'anno successivo la Società veneta mise in vendita il proprio pacchetto azionario (quello che le consentiva di dettare legge nella società siderurgica) e si sganciò così dal settore industriale, decidendo di puntare invece con maggiore decisione su quello ferroviario. In tal senso modificò anche la propria ragione sociale che, dal 1899, assunse la denominazione di Società veneta per costruzione ed esercizio di ferrovie'secondarie italiane. Non per questo, però, il D. chiuse la propria esperienza nella Temi, anche perché nel frattempo nuovi impegni, stavolta nel settore bancario, avevano finito anzi per farlo avvicinare ulteriormente all'impresa siderurgica.
Nel panorama bancario di quegli anni, all'interno del quale stavano estendendo e rafforzando le proprie posizioni la Banca commerciale e il Credito italiano, tentava faticosamente di farsi largo un'altra banca, la Società bancaria milanese. Il suo obiettivo era quello di assumere il ruolo di "terzo incomodo" nel sistema creditizio nazionale, per conseguire il quale puntava tutte le proprie chances sulla garanzia assoluta del carattere "italiano" del capitale sociale (in contrapposizione a quello "tedesco", o presunto tale, degli altri due grandi istituti di credito) e sulla disponibilità ad appoggiare finanziariamente tutte le aziende rimaste fuori dall'ombrello protettivo della Commerciale e dei Credito italiano.
Gli strumenti per realizzare tale ambizioso programma consistevano nella moltiplicazione degli sportelli fuori dell'area milanese, nell'assorbimento di piccole banche private e nell'instaurazione di cordiali rapporti di amicizia con centri bancari e finanziari attivi specialmente a livello regionale. Fu attraverso quest'ultima strada che il D., che già da alcuni anni era consigliere della Banca veneta di depositi e conti correnti, entrò nel 1900 nel consiglio di amministrazione della Società bancaria milanese.
Da quel momento aumentarono i suoi impegni in qualità di amministratore di imprese industriali. La sua attività in rappresentanza della Società bancaria non conobbe soste negli anni seguenti, resistendo anche alla crisi e al successivo "salvataggio" di quell'istituto di credito operato nel 1907 con la regia della Banca d'Italia.
Il D. continuò a figurare anche nel consiglio di amministrazione della Temi, fungendo da trait d'union tra la nuova dirigenza della società (il gruppo Odero-Orlando e la Banca commerciale), i vecchi azionisti della Veneta e la Società bancaria. Divenne addirittura vicepresidente dell'impresa siderurgica, ma dovette abbandonare la carica nel 1906 a seguito della bufera che investì il presidente Ferruccio Prina, che aveva trascinato la società sull'orlo della crisi per una serie di spericolate manovre speculative durante il boom borsistico dei primi anni del secolo. Il D. restò comunque sempre un "fedelissimo" del gruppo di comando della Terni tanto che in quegli anni lo si ritrova nei consigli di amministrazione della Vickers-Terni, dell'Elba e dell'Ilva (da quest'ultima società uscì nel 1917, quando il vecchio gruppo dirigente venne rimpiazzato da quello guidato da Max Bondi).
Un altro legame che resistette nel tempo fu quello tra il D. e il nucleo di capitalisti veneti (Treves, Papadopoli, Stucky) che ruotava attorno alla figura di Giuseppe Volpi. I punti di contatto erano più d'uno e andavano dalla Società veneta per costruzione ed esercizio di ferrovie secondarie (di cui il D. era divenuto presidente nel 1903 alla morte del Breda) alla Società veneziana di navigazione a vapore, dalla S.A.D.E. alla Banca veneta di depositi e conti correnti, e così via. Il D. non mancò mai alle principali iniziative dei gruppo. Basti pensare al grandioso programma del porto industriale di Venezia ideato dal Volpi e dai suoi amici nel 1917, e al quale il D. aggiunse, di suo, il progetto di una linea ferroviaria Cividale-Podresca-Canale che avrebbe dovuto collegare la nuova struttura portuale con l'Europa orientale e nordorientale.
Minore fortuna il D. ebbe invece nei contatti con Angelo Pogliani, l'attivissimo amministratore delegato della Banca italiana di sconto. Sul finire della prima guerra mondiale, perseguendo un programma che aveva molto in comune con quello messo a punto senza successo qualche anno prima dalla Società bancaria, la Sconto era riuscita a mettere piede nella Banca veneta di depositi e conti correnti (dopo che gli azionisti di questo istituto di credito avevano respinto, nel 1917, una proposta di fusione nel Credito italiano) e ad assumere una partecipazione nella Società veneta per costruzione ed esercizio di ferrovie secondarie, offrendo in cambio al D. un posto nel proprio consiglio di amministrazione. Il tracollo finanziario delle banca nell'immediato dopoguerra investì direttamente anche il Da Zara. All'inizio del 1922 fu costretto a subire il sequestro dei beni immobili, mentre qualche mese più tardi venne sentito in qualità di imputato nel corso del processo per il fallimento della Sconto, poiché egli figurava nell'organismo dirigente della banca al momento in cui erano stati approvati i bilanci del 1919-22. Nel corso dell'interrogatorio del 22 nov. 1922 il D. ebbe modo di protestare la propria estraneità a tutti i capi di accusa pendenti nei suoi confronti, scaricando tutte le colpe su Pogliani e sul ristrettissimo nucleo dirigente della banca che, a suo dire, aveva tenuto all'oscuro di tutto i membri del consiglio di amministrazione malgrado le ripetute richieste di chiarimenti.
Uscito indenne dal processo, il D. dovette subire qualche pesante contraccolpo sui piano fisico e morale; morì infatti per un attacco improvviso di angina pectoris il 28 luglio 1923 a Padova.
Fonti e Bibl.: Le date di nascita e di morte e quella dei matrimonio del D. ci sono state indicate dal rabbino capo della Comunità israelitica di Padova, mentre un'ulteriore conferma per le.prime due ci è stata fornita dall'Amministrazione Marco Da Zara. Brevi necrol. contenenti alcune notizie sonirnarie sulla vita dei D. vennero pubblicati da La Provincia di Padova il28-29 luglio 1923 e da IlVeneto il30-31 luglio 1923. Qualche informazione sul D. proprietario terriero in G. Monteleone, Industria eagricoltura nel padovano durante l'età giolittiana, Venezia 1973, p. 119. Sulla sua attiv. all'interno delle Assicur. Generali vedi Assicurazioni Generali Venezia, Bollettino mensile, n. 5, luglio 1893; Il Dizionario industriale ital. 1923, Roma 1923, p. 165; Il centenario delle Assicurazioni Generali 1831-1931, Novara 1931, ad nomen; M. G. Rossi, Le origini del Partito cattolico. Movim. cattolico e lotta di classe nell'Italia liberale, Roma 1977, p. 351. Per il periodo durante il quale fu a capo della Società veneta per costruzione ed esercizio di ferrovie secondarie cfr. I cento anni della "Veneta", Padova 1972, pp. 38-48. Sui suoi impegni nella Terni e nelle società ad essa collegate cfr. Ilva, Altiforni e acciaierie d'Italia 1897-1947, Bergamo 1947, pp. 277-287; F. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino 1975, pp. 49, 70, 76, 87; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1894-1906, III, L'esperienza della Banca commerciale ital., Milano 1975, pp. 283, 304, 326, 402; Id., Banca e ind. in Italia dalla crisi del 1907all'agosto 1914, II, Crisi e sviluppo nell'industria italiana, Milano 1982, pp. 53 s., 193 Sulla presenza e il ruolo dei D. nella Società bancaria cfr. F. Bonelli, La crisi del 1907. Una tappa dello sviluppo industriale in Italia, Torino 1971, pp. 31, 36, 193, 215, 224; V. Zamagni, Industrializz. e squilibri regionali in Italia. Bilancio dell'età giolittiana, Bologna 1978, p. 250; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907 all'agosto 1914, 1, Il sistema bancario in una economia di transizione, Milano 1982, p. 17. Per le cariche di amministratore di società ricoperte dal D: si rimanda ai volumi del 1912, 1916, 1918, 1920 di Credito italiano, Notizie statiit. sulle Principali società ital. Per azioni, passim, e ad Associazione fra le società per azioni, Roma, Società ital. per azioni. Notizie statistiche, 1922, Roma (s. d.), Passim. Sulle iniziative intraprese dal D. durante la prima guerra mondiale a fianco dei gruppo di capitalisti veneti guidato da Giuseppe Volpi cfr. S. Peli, Le concentrazioni finanziarie industr. nell'economia di il caso di Porto Marghera, in Studi stor., XVI (1975), pp. 187 s., 196, 198 e F. Piva, Lotte contadine e origini del fascismo, Padova 1977, pp. 80, 93 (in particolare per la partecipazione al progetto del porto industriale di Venezia) e Archivio centrale dello Stato, Comando Supremo, Segretariato generale per gli affari civili, b. 544 (per il programma ferroviario della Veneta in relazione alla costruzione del porto). Il verbale delrinterrogatorio del D. al processo per il fallimento della Banca italiana di sconto è conservato presso" l'Arch. dei Senato della Repubblica, n. 234, cartella 16 (278), affoliazione 85-90. Un rapido accenno al coinvolgimento dei D. in quel processo anche in L. Einaudi, Cronache economiche e Politiche di un trentennio (1893-1925), VI (1921-1922), Torino 1966, p. 56.