CUZZI, Giuseppe
Nacque a Nava, oggi frazione del comune di Colle Brianza (como), il 21 apr. 1843 da Angelo, medico-chirurgo, e da Maria Teresa Bettalli. Educato dal padre - che nel 1848 s'era battuto sulle barricate a Milano - agli ideali patriottici, nella guerra del 1859 fuggì da Celana, ove seguiva i corsi di retorica, per arruolarsi fra i Cacciatori delle Alpi. Rinviato a casa per la giovane età, fu iscritto, a secondarne la Vocazione per le armi, nel collegio preparatorio della Reale Accademia militare di Torino; di qui, alla notizia della spedizione che si andava preparando agli ordini di G. Garibaldi per la Sicilia, tentò di raggiungere Genova. Preso in forza, infine, fra i volontari dell'esercito meridionale, raggiunse direttamente Napoli (settembre 1860) e, nel 1° reggimento di fanteria, fu sulla linea del fuoco sotto Santa Maria Capua Vetere, restando ferito ad un piede per lo scoppio di una bomba. A fine campagna, raggiunse la famiglia a Nava. Ripresi gli studi senza successo, si allontanò ancora imbarcandosi per l'Argentina; a Buenos Aires e in altre città, soggiornò tre anni (1865-1867), dedicandosi al commercio. Nel 1870 fu al seguito di Menotti Garibaldi in Francia, militando nella III brigata della Armée des Vosges; a datare dal 10 novembre gli vennero conferite le spalline di ufficiale: sottotenente dei Cacciatori a piedi; nel gennaio seguente ebbe a distinguersi nei sanguinosi combattimenti nell'abitato di Digione; il 7 marzo 1871, a ciclo operativo conchiuso, fu congedato con attestato d'onore.
Elemento attivo del movimento democratico, il C. negli anni 1873-1874 costituì - fra non poche difficoltà e opposizioni, ma con il provvido aiuto della madre - la prima Società di mutuo soccorso fra operai e contadini di Missaglia - ove la famiglia possedeva dei terreni. Poi, in relazione con i comitati insurrezionali slavo-meridionali, nel 1875 entrò nelle formazioni irregolari dell'esercito del Montenegro. Ufficiale della legione del vojvoda Lazar Sočica, combatté contro i Turchi ai passi del Duga e a Muratovica in Erzegovina. Nel 1876, fu a Cetinje ospite del principe Nicola Petrovid-Njegoš, con cui mantenne rapporti epistolari (1877) vagheggiando una confederazione bosniaca - montenegrina - albanese alleata all'Italia; e - come segretario di Roberto Galli, direttore de Il Tempo di Venezia -promosse una campagna di stampa in tal senso. "Mio caro Cuzzi. Saluto commosso in voi un campione della libertà dei popoli ...", gli scriverà - in riconoscimento della sua dedizione alla causa dell'internazionalismo - Garibaldi da Caprera, il 24 marzo 1878 (Scritti politici e militari, raccolti da D. Ciampoli, Roma 1907, p. 821).
Attratto dall'avventura, nel 1879 il C. lasciò ancora una volta l'Italia, per conto della milanese Società d'esplorazione commerciale in Africa che lo aveva nominato suo corappresentante a Massaua. Nella città allora egiziana egli soggiornò più di un anno in compagnia di Enrico Tagliabue; qui incontrò (e fu a lui familiare) il col. Charles G. Gordon (Gordon Pascià) reduce dalla fallita missione diplomatica in Etiopia (dicembre 1879). Nel 1880, dopo un breve rimpatrio, fu a Khartum, capoluogo delle province sudanesi d'Egitto e mercato africano fra i più ragguardevoli, a fare acquisti di gomma, delegato della ditta Francesco Lattuada di Milano. Il successo anche economico dei due negozi gli procurò nei primi mesi del 1881 un nuovo importante incarico: l'apertura e la direzione, a fianco del più esperto Augusto Micheli, di un'agenzia generale per il Sudan della neocostituita Società italiana di commercio coll'Africa. Partito da Milano il 29 ott. 1881 e incontrato il Micheli a Suez, giunse a Khartum il 1° genn. 1882. Qui i due italiani stabilirono l'agenzia e si divisero il campo d'azione; il C. ebbe in sorte il paese tra il Nilo Azzurro e il confine etiopico dove abitò fino al giugno 1883, sposando una schiava dinka di sua proprietà, di nome al-Husna. L'arrivo a Khartum del C. (e del Micheli) aveva coinciso con l'estendersi dei moti antiegiziani nel Sudan, seguiti alla predicazione del Mahdì. Nel giugno 1883 il C. ricevette avviso di portarsi all'agenzia-madre, perché il Micheli, stante l'aggravarsi della situazione e a seguito della liquidazione della Società, voleva far ritorno in Italia. Ma, nel dicembre, anch'egli ritenne più opportuno abbandonare Khartum, ormai investita da tre lati dalle forze degli insorti, e si trasferì a Berber (al-Mikhayrif) con la moglie e la figlia, Maria, nata nel capoluogo sudanese il 29 ottobre 1883. A Berber il C. attese alle consegne ricevute dal Micheli, che nel frattempo aveva rilevato l'agenzia dalla Società italiana di commercio coll'Africa, conservando il ricco bagaglio dell'esploratore Gaetano Casati. Si trovava ancora nella città, quando il 12 febbr. 1884 sbarcò, proveniente'dal Nord, Gordon Pascià, nominato governatore generale del Sudan col preciso mandato di provvedere all'evacuazione dai territori minacciati della popolazione europea e dei presidi egiziani. L'incontro fra i due uomini fu particolarmente cordiale; e, il giorno seguente, Gordon Pascià, vintene le resistenze, associava il C. all'impresa e gli conferiva, con lettere telegrafate al Cairo, le funzioni di suo rappresentante (wakīl), nonché di agente consolare britannico in Berber. Dal 15 febbr. 1884, giorno della partenza di Gordon Pascià, al 25 aprile successivo, il C. fu in Berber al centro degli avvenimenti sudanesi, fungendo da unico tramite fra il governatore generale trincerato in Khartuin e l'agenzia diplomatica britannica del Cairo.
La sicurezza delle comunicazioni con il capoluogo sudanese fu sempre la sua prima preoccupazione: solo in tal modo, infatti, si poteva dar luogo al progetto di evacuazione di cui Gordon Pascià era stato incaricato; e su questo punto, egli ebbe occasione di scontrarsi duramente coll'agente diplomatico Evelyn Baring. La richiesta sempre più pressante che veniva da Khartum dell'invio di un corpo di spedizione britannico o turco, di cui il C. si fece interprete accorato, non poteva d'altro canto essere accolta dal Baring, stante l'ancora differente orientamento del proprio governo in materia. Anche il suggerimento di far presidiare Berber da truppe egiziane fu lasciato cadere. Fino al 27 marzo, grazie all'abnegazione di Gordon Pascià e all'intelligente operosità del C., ben settecentosettantaquattro persone riuscirono a raggiungere con barche Berber da Khartum. Alla fine del mese, le forze degli insorti occuparono saldamente le due rive del Nilo a valle del capoluogo e le comunicazioni, anche telegrafiche; fra le due città restarono interrotte.
Il 26 apr. 1884, su preciso invito dell'autorità locale e con l'autorizzazione del sostituto del Baring, Edwin H. Egerton, il C. abbandonava Berber, ormai stretta d'assedio, dirigendosi verso settentrione, con la moglie, la figlia e pochi servi fedeli. Ma, a Rubāṭāb, il 1° maggio, la carovana era intercettata da un contingente di ribelli e il C. venne fatto prigioniero. La moglie, convalescente di vaiolo, moriva per lo spavento alla cattura; la piccola Maria, strappata alla nutrice, veniva lasciata spegnersi d'inedia. Riconosciuto e additato come il fratello di Gordon Pascià, il C. fu trascinato di villaggio in villaggio, esposto alle ingiurie e agli oltraggi di turbe di armati. Piegato da tante disgrazie, l'uomo cedette alle pressioni di alcuni inviati del Mahdī perché si convertisse. Con la conversione, la sorte del prigioniero mutò: Mubammad Yūsuf - questo il nuovo nome del C. - dopo la presa di Berber (26 maggio), fu ricondotto nella città.
Fra il giugno e il settembre, è latore di più messaggi per Gordon Pascià invitanti alla resa. Il governatore generale rifiuta sempre di riceverlo; e, raccolte le insinuazioni di un rinnegato greco, lo indica come il responsabile della caduta di Berber, dando ordine a tutte le autorità egiziane del Sudan di ricercarlo e trattarlo come traditore. L'accusa infamante passa nei Journals di Gordon Pascià, che sono pubblicati a Londra nel 1885. Il 26 genn. 1885, Khartum veniva presa d'assalto, mentre la spedizione di soccorso tanto a lungo invocata dal C. era alle porte della città. Il 22 giugno, il Mahdi moriva; a lui succedeva il Khalifah. Su suo ordine, i prigionieri europei ed egiziani della vasta conquista vennero progressivamente concentrati ad Umm Durman, sobborgo di Khartum eletto a nuova capitale. Ancora nel novembre del 1886, il C. era in Berber, da dove scriveva al col. Giacomo Bartolomeo Messedaglia a Korosko dando notizia di sé. Nella città - stando ad un rapporto dell'agente consolare italiano a Sawakin, Callisto Legnani, in data 8 marzo 1887 - possedeva un giardino e viveva vendendo i prodotti di questo. Probabilmente, la sua deportazione ad Umm Durman avvenne nell'ottobre 1887, per prevenirne tentatiVi di fuga. Nel 1895, quando ormai la prigionia durava da undici anni, il C. fu ricordato in Italia per iniziativa del nipote Adolfo Bettalli, in un articolo del Corriere della sera del 19-20 aprile. A seguito di ciò, il ministero degli Affari Esteri fu interessato alla vicenda e l'agenzia diplomatica d'Italia al Cairo assunse informazioni. Shaykh Mubammad Yùsuf, dopo un breve soggiorno presso la colonia dei prigionieri europei, viveva ad Umm Durman in dimora propria, con una giovane turca, di nome Zaynab al-Kurdi, sposata nella primavera del 1894 (che gli darà una figlia).
Il 2 sett. 1898, con l'ingresso in Umin Durman del corpo di spedizione del gen. Horatio H. Kitchener, gli europei Il concentrati riacquistarono la libertà. All'addetto militare italiano, il C. dichiarava l'intenzione di restare nel Sudan per aprirvi una casa di commercio; ma, pochi giorni dopo, in applicazione della legislazione eccezionale concernente i prigionieri dei inalidisti nelle province liberate, soggiaceva all'ordine di portarsi al Cairo. All'arrivo nella capitale (settembre 1898), egli seppe dell'accusa di tradimento lanciata da Gordon Pascià; anzi, il segretario-reggente dell'agenzia diplomatica d'Italia, Giacomo De Martino, gli si mostrò apertamente ostile. Le cose mutarono, nell'ottobre, con l'arrivo del titolare, il ministro Salvatore Tugini, che prese a proteggere il connazionale. A lui il C., nel corso di un colloquio, cercò di dimostrare la rettitudine della propria condotta, ritorcendo la trista denunzia contro l'amministrazione britannica in Egitto, e confermò il desiderio di stabilirsi a Khartum. Ma i buoni uffici presso il gen. Kitchener non dettero gli esiti sperati; e al C. non restò che indirizzare al diplomatico due memorie (in data 16 ott. e 10 nov. 1898), in cui, dopo aver rievocato gli avvenimenti di cui era stato protagonista, sulla scorta di documenti e appunti salvati al momento della cattura, precisava alcune richieste di indennizzo.
Fin dal 1891, agiva al Cairo, in qualità di negotiorum gestor del C., l'avv. Tito Figari, il quale aveva promosso azione avverso il governo egiziano. Il reclamo, portato dinnanzi al Tribunale di prima istanza della capitale, era stato respinto per perenzione dei termini, con sentenza del 12 apr. 1892, confermata dalla corte d'appello di Alessandria il 4 marzo 1896. A seguito di opposizione per sopravvenuta nuova normativa, la causa giaceva in giudizio ancora alla data della liberazione del Cuzzi. Questi, facendo propria l'istanza del Figari, domandava ora il risarcimento dei danni subiti nel corso .dell'insurrezione (e valutati in circa 75.000 piastre) e la liquidazione delle mensilità di stipendio maturate quale pubblico funzionario, in servizio nel Sudan per ventidue anni.
Al Cairo il C. viveva modestamente, a spese dei suo avvocato, Giuseppe Ferrante, successo al Figari, morto nel 1897. Nell'aprile 1899 egli aderì, quindi, all'invito dell'allora redattore-capo dello Aegyptischer Kurier, Hans Resener, di dettare i propri ricordi di prigionia. Il grosso manoscritto sarà pubblicato solo nel marzo 1900, dall'editore Philipp Reclam iunior di Lipsia, alcuni mesi dopo la scomparsa del Resener, con intenti scopertamente antibritannici ed evidenti riferimenti alla guerra sudafricana. Il volume, dal titolo Fünfzehn Jahre Gefangener des falschen Propheten. Nach den Mitteilungen Giuseppe Cuzzis ehemaligen englischen Konsular-Agenten bearbeitet von Hans Resener, è, d'altronde, su molti punti oscuro o contraddetto dagli stessi documenti allegati in copia alle due memorie o da altre fonti attendibili.
Il C., poi, amareggiato per l'ingiusta accusa di tradimento, volle inserirsi nella polemica. Sin dal suo arrivo al Cairo, egli ebbe a rilasciare interviste dai contenuti vivacemente antibritannici ai corrispondenti di giornali francesi e tedeschi - che furono riprese dalla stampa italiana d'opposizione. Poi, nell'aprile 1899, poco dopo l'incontro col Resener, partì per l'Europa, ove (a Vienna, a Basilea e in altre città) si esibì in una compagnia di guitti, rappresentando secondo il gusto dell'epoca le sue avventure. Nel maggio, anche l'avv. Ferrante dette il proprio contributo, aprendo una sottoscrizione in favore dell'assistito, le schedule della quale furono fatte circolare a bella posta in Italia e in Francia. Nel 1900 dal Ferrante era pubblicato al Cairo un libello (Note sommaire en fait de la cause de Cuzzi Joseph ancien foridé de pouvoirs de Gordon Pacha à Berber contre le Gouvernement égyptien), in cui si riprendeva la tesi dell'abbandono del valoroso governatore generale da parte delle autorità britanniche.
Sul finire del 1899, il C., conclusa senza gli sperati guadagni la tournée, faceva ritorno in Italia, stabilendosi a Lambrate, nell'abitazione del curato Gaetano Bettalli, suo parente. L'eco dei fatti sudanesi non ancora spenta, il passato glorioso del garibaldino, crearono prestamente attorno a lui una vasta popolarità; l'epopea montenegrina, soprattutto, gli valse altissime protezioni. La regina Margherita si interessò di persona alla figlia (nata ad Umm. Durman il 15 nov. 1894)., che fu battezzata coi nomi di Margherita e Umberto. Il C. cercò di sfruttare appieno il momento e nel marzo 1900 fece domanda alla Commissione speciale del Sudan istituita presso la Cassa del debito pubblico egiziano, per una compensazione amministrativa.
Nel marzo 1901 il C. faceva ritorno ad Alessandria, per presenziare al dibattimento della causa. Con sentenza del 12 giugno, la corte d'appello accoglieva la sua istanza, riconoscendogli la cessata qualifica di mu'āwin (commissario governativo) in Berber, ma - conformi le leggi in materia - condannava l'erario egiziano al pagamento di una semplice indennità di licenziamento, pari a Lst. 127 e 10 sh.; nel luglio, a liquidazione avvenuta, il C. rimpatriava - questa volta definitivamente. A Milano egli si adattò a fare l'interprete per guadagnarsi da vivere. È dell'ottobre 1901 una sua istanza al ministero degli Affari Esteri per essere inviato nella colonia Eritrea come agente. Nel 1902, il giornalista Annibale Francisci dichiarava di curarne le memorie per l'editore Carlo Aliprandi di Milano; e nel settembre venne presa ancora una volta in esame la possibilità di un'assunzione presso l'Ufficio coloniale. Ma il plauso e la commiserazione venivano a poco a poco meno; e per il C. si troverà soltanto un posto di impiegato nell'amministrazione dell'Albergo popolare di Milano (di cui sarà, infine, vicedirettore).
Il C. morì a Milano il 13 ott. 1923.
I ricordi di prigionia dei C. raccolti da H. Resener, sopra menzionati, sono stati tradotti in lingua inglese: Fifteen YearsPrisoner of the False Propher, a cura di H. Sharma, University of Khartoum 1968, ciclostilato. Memorie autografe sono in possesso (con numerosi altri documenti) della figlia Margherita, al presente residente a Como.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1898 (Pelloux), fasc. 249; Roma, Ministero degli Affari Esteri, Arch. stor. del soppresso ministero dell'Africa Italiana, Sudan, posizioni 90/3-39 (originali, copie e minute del carteggio intrattenuto dal C. con l'Agenzia diplomatica d'Italia in Egitto) e 90/3-43; Trieste, Museo civico, Carte Popovich: G. Vojnovich a E. Popovich (Castelnuovo 27 maggio 1876). Per le fonti archivistiche britanniche e iugoslave, si rinvia a C. Zaghi, L'Europa, e M. Deambrosis, più oltre citati. Fra le fonti edite - dopo quelle già segnalate - e gli studi critici, si ricordano: L'Esploratore. Giornale di viaggi e geografia commerciale, IV (1880) - VIII (1884) e XI (1887) (articoli e corrispondenze dal Sudan, non firmati, ma del C.); La Nigrizia. Boll. della Missione cattolica dell'Africa Centrale, V (1887), p. 168; The Journals of Major-Gen. Ch. G. Gordon, C. B., ar Kartoum, a cura di A. E. Hake, London 1885, pp. 8 s., 11, 15, 21-24, 35, 57 s., 140, 164, 210, 409, 524; D. Gozzi, Note alla buona sugli avvenimenti di Egitto e Sudan dal 1882 al 1885, Firenze 1890, p. 324 (ove si dà notizia di altro incarico demandato al C. dall'amministrazione egiziana nel Sudan: quello di ispettore del servizio per la repressione della tratta degli schiavi); J. Ohrwalder, Aufstand und Reich des Mahdi im Sudan und meine zehmjährige Gefangenschaft dortselbst, Innsbruck 1892, pp. 84 s., 88; R. von Slatin, Feuer und Schwert im Sudan. Meine Kdmpfe mit den Derwischen, meine Gefangenschaft und Flucht (1879-1895), Leipzig 1896, pp. 287, 536; P. Rosignoli, I miei dodici anni di Prigionia in mezzo ai Dervisci del Sudan, Mondovì 1898, p. 108; L. A. Balboni, Gl'Italiani nella civiltà egiz. del sec. XIX, II, Alessandria d'Egitto 1906, pp. 369-407; A. Canestrini, I Prigionieri del Mahdi, Rovereto 1933, pp. 29-46, 133 s.; L. Messedaglia, Uomini d'Africa. Messedaglia Bey e gli altri collaboratori ital. di Gordon Pascià, Bologna 1935. p. 303; C. Zaghi, Vita di R. Gessi, Milano 1939, pp. 306, 378; J. Delebecque- C. Giardini, Gordon e il dramma di Khartum (1884-1885), Milano 1940, pp. 163, 167, 176, 187; C. Zaghi, Gordon, Gessi e la riconquista del Sudan (1874-1881). Firenze 1947, pp. 35, 37, 43, 433, 435, 509; E. de Leone, Le prime ricerche di una colonia e la esplor. geografica politica ed econ., Roma 1955, p. 121; V. Lucati, G. C. da Nava, in Brianzoli con i Mille da Quarto al Volturno, Erba 1960, pp. 49-58 (ove si riportano alcuni passi delle Memorie inedite del C.); Id., Pagine del Cinquantanove e del Sessanta. Como e Comaschi per l'Unità d'Italia, Como 1961, pp. 115 ss.; P. L. Cadioli, Missaglia attraverso i secoli, Sesto San Giovanni 1964, pp. 105-108; M. Deambrosis, La partec. dei garibaldini e degli internazionalisti ital. all'insurrezione di Bosnia ed Erzegovina del 1875-1876e alla guerra di Serbia, in Studi garib. e altri saggi, Mantova 1967, p. 45; R. Hill, A biogr. Dict. of the Sudan, London 1967, pp. 107, 399; C. Zaghi, L'Europa davanti all'Africa, I, La via del Nilo, Napoli 1971. pp. 378-432 (alla cui bibliografia si rinvia ad integrazione della presente); A. Milanini Kemény, La Società d'esplor. commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, pp. 118 s., 206, 208; L. Bano, Mezzo secolo di storia sudanese(1842-1898).Dall'Archivio parrocchiale di Khartum, Bologna 1976, pp. 211, 213; S. Zavatti, L'attività in Africa Orientale di G. C., in Misc. di storia delle esplor., II (1977), pp. 197-203; G. Vantini, II Central Records Office del Sudan, in Africa, XXXV (1980). p. 539. La voce G. C. compare inoltre in alcune enciclopedie, ad es.: Diz. enc. ital., III, p. 713; Lessico univ. ital., V, p. 743.