CUNEO, Giuseppe
Nacque verso la metà del sec. XVII a Messina, come si deduce dai suoi Avvenimenti... di Messina, inediti. (conservati a Messina, Biblioteca dei Museo civico, sez. II, B 7-10). unica fonte biografica pervenutaci: non risulta, infatti, che nelle cronache locali sia citato il suo nome. Il C. ricorda di avere studiato nel collegio dei gesuiti dal 1663 al 1674, anno in cui abbandonò gli studi per dare il proprio contributo alla lotta che Messina allora sosteneva, a difesa della sua autonomia cittadina, contro il predominio spagnolo. La vivacità della narrazione e la ricchezza di particolari relativi alla rivolta, profuse nell'opera, documentano la presenza del C. a numerose battaglie combattute in quel tragico periodo.
Nel 1674 il C., nella sua qualità di uomo di Chiesa, fu incaricato dal Senato di Messina di assistere, insieme con altri sacerdoti, i prigionieri spagnoli rinchiusi nei sotterranei dell'ospedale civico. Nell'assolvere tale compito il C. diede prova di grande umanità al punto che quando, nel marzo 1675, i prigionieri furono sottratti a quella lenta agonia, aggravata dalla terribile carestia che si era abbattuta su Messina, fu invitato a seguirli con ogni sicurezza a Milazzo dove erano stanziate le truppe spagnole. Ma il C., non volendo venire meno ai suoi doveri di cittadino e temendo anche per la propria salvezza, preferi rimanere a Messina tra la fame e il timore di una possibile vittoria spagnola.
L'appartenenza del C. a un determinato Ordine regolare o secolare è difficilmente dimostrabile dal momento che egli non privilegia nella narrazione alcun Ordine religioso, riferendo in uguale misura le notizie inerenti ai diversi Ordini. Tuttavia nella parte IV, f. 372 degli Avvenimenti afferma di essere "Procuratore del monasterio di Basilicò": è probabile quindi che il C. fosse un prete non un monaco poiché i procuratori dei monasteri erano scelti tra i sacerdoti, più liberi di svolgere agevolmente gli incarichi a cui erano designati. D'altra parte il C., spesso testimone de visu di tanti avvenimenti accaduti a Messina e fuori, mostra di possedere un'ampia libertà d'azione e movimento. Una prova ulteriore che il C. sia stato prete è fornita dalla dichiarazione (Avvenimenti, parte II. f. 71) di avere al proprio servizio "una schiava negra di età d'anni venticinque"). È poco credibile che un monaco potesse ospitare in convento una schiava. Non si conosce la data in cui il C. ricevette gli ordini sacri.
Il ritorno degli Spagnoli a Messina nel 1678, e la feroce repressione compiuta dal viceré Francesco Benavides, segnarono per la città la fine di antichi privilegi. Il Senato fu abolito e in sua vece furono nominati sei eletti, due spagnoli e quattro messinesi, sottomessi al governatore della città e con poteri assai limitati; fu distrutto perfino il sontuoso palazzo senatorio, ultimo vestigio delle libertà cittadine, e revocate diverse prerogative di carattere economico.
Il C. assistette impotente alle vandaliche espoliazioni perpetrate dal viceré a danno della città vinta. Nemico della fazione che aveva agevolato gli Spagnoli nella memorabile rivoluzione, compilò una Nota delli nomi e cognomi delli Merli... (Avvenimenti, parte I, ff. 78-84), di notevole valore storico, e ricordò nello stesso tempo coloro che, sostenitori del Senato, erano rimasti fedeli alla città nativa, trascrivendo i Nomi e cognomi dei messinesi Malvizzi... (Avvenimenti, parte I, ff. 463-464), partito a cui egli stesso apparteneva. Provenivano generalmente i primi dalle classi meno abbienti, oppresse dalla esosa nobiltà locale, e quindi naturali alleate degli Spagnoli nella lotta contro il prepotere baronale.
L'opera del C., iniziata presumibilmente nel 1695, comprende quattro volumi manoscritti intitolati Avvenimenti della nobile Città di Messina occorsi dalli 15 agosto 1695 nel qual giorno si promulgò la Scala Franca, ma l'autore premette nella parte I la descrizione di episodi che risalgono ai primi del sec. XVII, asserendo di averli appresi dalla testimonianza diretta dei più anziani cittadini messinesi. I volumi seguenti cominciano la narrazione giorno per giorno, ma grande regolarità di diario non si riscontra che nella III e IV parte che vanno dal 1° gennaio al 31dicembre e che descrivono tutti gli avvenimenti degli anni 1701-1702. La seconda metà della parte I e tutta la parte II comprendono avvenimenti dal 1695 a tutto il 1700 con lunghissime digressioni però, che rimandano ad episodi molto anteriori.
Il C. si scusa con il lettore per il ritardo con cui decise di scrivere gli avvenimenti determinanti nella storia di Messina e solamente nella prefazione della parte III rivendica la veridicità di quanto scrive, conforTandosi sempre alla "realtà e verità dell'attione puramente e semplicemente senza altro fine". La fondatezza delle notizie riferite dovrà apparire ancora più evidente al lettore "perché ... scrive de fatto e come testimonio de visu, non liavendo trascurato diligenza di vedere e sapere le cose che noto..." (Avvenimenti, parte III, f 1).
La stona si riduce per il C. alla semplice registrazione degli eventi, lontana da ogni compiacimento stilistico come dal compito di istruire attraverso la presentazione di modelli ed exempla particolarmente significativi. Nella prosa degli Avvertimenti ricorrono frequenti forme dialettali e solecismi di vario genere, non attribuendo il C. alla storia attributi formali di eleganza. Piuttosto il C. insiste sulla fedeltà e veridicità del racconto storico in sé e per sé, indipendentemente dal carattere lodevole o disdicevole dell'argomento trattato. Religioso onesto non esita infatti a narrare le truffe, gli omicidi e le azioni disoneste commesse dai monaci e frati dei suoi tempi, prorompendo nell'amara constatazione "che non succede liel Mondo caso enorme et inaudito che sia, che. non vi sia mischiato il frate o il monaco..." (Avvenimenti, parte IV, f. 89).
Tuttavia la presunta obiettività della narrazione non impedisce al C. di mostrare apertamente il proprio punto di vista al lettore nella parte che concerne la gloriosa "guerra" di Messina contro la Spagna. Gli antecedenti della rivoluzione sono infatti descritti in chiave dichiaratamente antispagnola, riconoscendo nel diabolico don Luis del Hoyo, con la sua abilità demagogica di aizzare la plebe contro la nobiltà, uno dei principali artefici della sanguinosa sommossa che aggiunse ai danni della guerra le conseguenze particolarmente dolorose della divisione in opposte fazioni dei cittadini messinesi. Per tutta l'opera trapela vivissimo l'odio per i Merli "inimici di Messina loro Patria e Madre" (Avvenimenti, parte IV., f. 78) e l'attesa impaziente dell'indulto reale che consentirebbe ai dispersi esuli Malvizzi di rivedere l'amata città.
Dopo la concessione da parte di Carlo II della scala franca (cioè porto franco: 15 ag. 1695), privilegio in base al quale tutte le merci in entrata erano esenti dai dazi, l'atteggiamento del C. verso gli Spagnoli appare più benevolo e facilmente diposto ad apprezzare i loro sforzi per restituire alla città l'antico benessere, gravemente compromesso dal lungo periodo di guerra. Ma il C. non dimenticò l'aiuto offerto dalla Francia a Messina, durante la rivoluzione e caldeggiò l'elezione di Filippo V, nipote di Luigi XIV, al trono spagnolo, sperando in una più rapida concessione dell'indulto che fu accordato dal sovrano il 13 maggio 1702 e reso noto a Messina, con alcuni mesi di ritardo, il 14 luglio 1702. Il C. descrive minuziosamente la superba cavalcata con la quale fu festeggiata a Messina (8 marzo 1701) l'acclamazione del nuovo sovrano, indicando i nomi dei titolati, cavalieri e nobili, che sfilarono, sfarzosamente vestiti, per le vie principali della città. Volentieri il C. riferisce nella sua opera tradizioni secolari e costumi della città natale, fornendo particolari inediti sulla vita e società dell'epoca. Le maliziose burle dei monelli messinesi, i "bastaselli", agli schiavi negri documentano, ad esempio, l'esistenza, non indicata in fonti coeve, di una regolare confraternita degli schiavi negri nella chiesa di S. Marco.
L'opera incompleta si interrompe alla fine della parte IV dove il C. prometteva di descrivere gli avvenimenti dell'anno 1703.Manca ogni indizio per ricostruire approssimativamente la data della sua morte.
Bibl.: L. Perroni Grande, Per alcuni manoscritti di storia messinese, in Rivista abruzzese, X (1900), pp. 468-474; G. La Corte Cailler, Burle del sec. XVII agli schiavi in Messina. in Archivio Per lo studio delle tradizioni Popolari, XX (1901), 2, pp. 202-208; Id., Burle, facezie e motti dei monelli a Messina, ibid., XX (1901), 3, pp. 365-386; Id., G. C. e i suoi manoscritti di storia patria, Messina 1901; L. Perroni Grande, Per una celebre avvelenatrice siciliana del sec. XVII e pe' mss. del p. G. C., in Arch. stor. messinese, II (1903), pp. 133-139; E. Mauceri, Messina nel Settecento, Milano-Napoli-Palermo 1924, passim; L. Perroni Grande, A proposito dell'antica fiera di mezz'agosto a Messina, in Da manoscritti e libri rari, Reggio Calabria 1935, pp. 132-134.