CUMIA, Giuseppe
Appartenente a una famiglia benestante, nacque probabilmente a Catania intorno al 1531, notizia, questa, che si deduce dalla prefazione all'opera De successione feudalium, pubblicata nel 1563 e che egli asserisce di avere completata, dopo grandi fatiche e periodi di scoramento, all'età di trentadue anni. A Catania trascorse in pratica quasi tutta la sua vita, prima come studente, poi come docente e studioso, e, a tempo perso, come tipografo e stampatore, attività per la quale viene soprattutto ricordato in una vasta letteratura.
Avviato alla carriera forense, sappiamo che era ancora studente nel 1553, anno in cui fece istanza al viceré affinché la casa di sua proprietà in Catania non venisse adibita a posada (alloggio di viaggiatori e truppe) adducendo il privilegio che esonerava i discenti dello Studio catanese da questa prestazione, obbligatoria per gli altri cittadini. Della sua vita privata non abbiamo quasi alcuna notizia, se si eccettuano quelle da lui riportate casualmente nei suoi lavori; la moglie, Agata, anch'essa catanese, sposata nel 1546, morì nel 1559 lasciandogli tre figli, Alessandro, Antonina ed Ettore.
Dai suoi lavori possiamo dedurre che il C., per quanto indubbiamente portato agli studi e all'insegnamento, possedeva nello stesso tempo una vena poetica che peraltro esercitò soltanto negli anni giovanili, componendo un volume di Rime. Ed è anche in questo periodo (siamo poco oltre il 1560) che si dedicò a quella attività così caratteristica per la quale viene ricordato come il primo che introdusse l'arte della stampa in Catania.
Proprio perché in quella città non poté trovare uno stampatore del suo volume di poesie, il C. mise su una tipografia, facendo venire gli uomini e il materiale da Messina, città nella quale l'arte della stampa era in pieno sviluppo. I tipografi però (probabilmente Petruccio Spira con uno dei figli) quasi subito abbandonarono il lavoro, non si sa per quale ragione - ma all'epoca non è un episodio isolato -, così che il C. si vide costretto a continuarlo da sé con il solo aiuto del figlio e dei suoi servi.
La stampa delle Rime fu completata nei primi mesi del 1563, e nello stesso anno il C. riuscì a pubblicare anche, in ben mille esemplari, la sua più importante opera di carattere giuridico, In Regni Sicilie capitulum "Si aliquem" de successione feudalium repetitio.
Sempre con la sua tipografia stampò ancora, nel 1568, la Practica syndicatus, altro lavoro considerato fondamentale per l'argomento di sempre vivo interesse tra i giuristi contemporanei e dei secoli successivi. Contemporaneamente il C. aveva cominciato la sua attività pressoché ininterrotta di lettore presso lo Studio catanese: fuincaricato dell'insegnamento del diritto civile continuativamente dal 1565 al 1587, con i soli intervalli dei bienni in cui esercitò la magistratura. Fu nominato infatti giudice della Gran Corte (supremo tribunale civile e penale del Regno di Sicilia) nel 1577, nel 1583 (anno in cui era stato sorteggiato per la carica di giudice delle appellazioni della città di Catania, ufficio che dovette lasciare dopo pochi mesi per assumere quello alla Gran Corte) e ancora una volta nel 1589.
Tornando alla sua attività di docente, è da notare che proprio come autore d'uno studio che ebbe subito vasta risonanza, quello sulle successioni feudali, nel 1585 fuchiamato a ricoprire anche la cattedra "de usibus feudorum", che, istituita nel 1522 e abolita subito dopo, era stata ripristinata nel 1579. Alternando alle attività di professore e magistrato quella di studioso, il C. aveva ormai perso l'interesse alla tipografia. là vero che ora era un autore noto e probabilmente veniva richiesto dagli editori; vediamo infatti uscire a Venezia, ambedue nel 1578, le prime edizioni della Praxis e dei Commentaria sul "rito" in Gran Corte e nelle curie locali, lavori che senz'altro sono frutto, oltre che della dottrina e dell'acume affinati con l'insegnamento, anche della sua esperienza diretta di magistrato nel tribunale centrale e in quelli locali.
Fino al 1589, anno del suo ultimo incarico come giudice della Gran Corte, il C. dovette lavorare molto intensamente, msegnando alternativamente, come si è ricordato, il diritto civile e il diritto feudale, e curando forse personalmente la ristampa delle sue opere, ma non elaborò lavori nuovi, anzi, a partire da quest'epoca, si ritirò da ogni incarico impegnativo. Probabilmente era anziano e stanco. Compare ancora una volta sola tra i lettori dello Studio nel 1593, anno in cui viene chiamato a sostituire nell'insegnamento del diritto civile un collega, Nicola Costarelli, deceduto improvvisamente.
È da supporre che il C. non sia sopravvissuto molto a questa data.
Delle opere del C. ricordiamo: Rime, stampate a Catania da P. Spira nel 1562e dal C. stesso nel 1563; In Regni Siciliae capitulum "Si aliquem" de successione feudalium repetitio, Catinae, idem author impressit, 1563 (altra ed., Panormi, apud Erasmum de Simeone, 1609; visarebbe ancora un'altra edizione a Catania, del 1579, ma è notizia non confermata); Practica syndicatus cum theorica, Catinae, apud cundeni authorem, 1568 (altre edd. Venetiis, apud Fr. Guerracum, 1574, 1575, 1578e 1582); In ritus magnae Regiae Curiae Regni Siciliae praxis, Venetiis, apud Fr. Guerraeum, 1578 (altre edd. Panormi, apud Io. Fr. Carrara, 1588, e apud Fr. Ciottum,1617); In ritus magnae Regiae Curiae ac totius Regni Siciliae curiarum commentaria, Venetiis, apud Fr. Guerraeum et Io. Bapt. Fratrem, 1578 (altre edd. Panormi, apud Io. Fr. Carrara, 1588e apud Fr. Ciottum, 1618).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Palermo, R. Cancelleria, reg. 454, c. 69; Protonotaro del Regno, reg. 382, c.19; Tribunale Real Patrimonio, Lettere viceregie, reg. 562, c. 271; 598, c. 1v; 617, c. 433v; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, I, Panormi 1708, pp. 377 s.; R. Pirri, Sicilia sacra, I, Panormi 1733, p. 581; F. Tornabene, Storia critica della tipografia sicil. dal 1471 al 1536, Catania 1839, p. 148; S. Tosto, Notizia su la esistenza di una tipografia in Catania, Catania 1839, pp. 7 ss.; D. Orlando, Biblioteca di antica giurisprudenza sicil., Palermo 1851, pp. 33, 120 s.; G. M. Mira, Bibliografia sicil., I, Palermo 1875, p. 285; F. Evola, Storia bibliografico-letteraria del sec. XVI in Sicilia, Palermo 1878, p. 66, 340 s.; V. La Mantia, Notizie e docum. sulle consuetudini delle città di Sicilia, in Arch. stor. ital., s. 4, VII (1881), p. 325; P. Castorina, I tipografi e le tipografie esistenti in Catania, in Il Bibliofilo, XI (1890), pp. 128 ss.; G. Oliva, Di alcune edizioni siciliane del sec. XVI, in Arch. stor. sicil., XXIII (1898), p. 464; A. Marinuzzi, Diritto antico di Sicilia. Notizia di una raccolta di libri di antico diritto siciliano donata alla biblioteca del Senato del Regno, Palermo 1911, pp. 46, 86; G. Oliva, L'arte della stampa in Sicilia nei secc. XV e XVI, in Arch. stor. per la Sicilia orient., VIII (1911), p. 366; A. Boselli, Cenni di storia tipografica della Sicilia, in Atti del primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Roma 1931, III, p. 190; G. Boemi, G. C. e la prima stamperia in Catania (1562), in Riv. dei Comune di Catania, III (1931), 4, pp. 17-23; M. Catalano, L'Università di Catania nel Rinascimento, in Storia dell'università di Catania dalle origini ai giorni nostri, Catania 1934, pp. 34 s., 61, 65, 69, 95; Biblioteca centrale della Regione siciliana, Mostra bibliografica sull'introduzione della stampa, Palermo 1978, nn. 66, 67, 70; G. F. Villari, Catania e la stampa. Origini, Catania 1983.