CUGNONI, Giuseppe
Nacque a Roma il 2 maggio 1824, da Valeriano e Angela Silvi, di un'agiata famiglia romana che sul finire del '700 svolgeva attività mercantile; fu pronipote di Giuseppe Antonio Sala, figura di spicco della Curia sin dai tempi di Pio VII, cardinale nel 1830. Laureatosi nel 1847 in scienze giuridiche presso l'università di Roma, conseguì la seconda laurea in lettere frequentando i corsi di lingua greca ed ebraica, archeologia, filosofia e, in particolare, quelli di eloquenza latina ed italiana e storia romana, riuniti in una sola cattedra tenuta dall'abate piacentino Luigi Maria Rezzi.
Il Rezzi, bibliotecario corsiniano, appassionato classicista, il cui insegnamento si accordava con la tradizione erudita romana e tuttavia poteva essere sentito come espressione di "italianità", sia pure esclusivamente letteraria, aveva riunito attorno a sé un cenacolo - più tardi promosso dai suoi stessi allievi a "scuola", la "scuola romana" - che fu punto di riferimento importante per i giovani nel chiuso ambiente culturale cittadino della prima metà dell'Ottocento. Il C. si distinse ben presto come uno dei suoi allievi più fedeli e affezionati, e rimase vicino al maestro anche quando questi, compromesso negli avvenimenti del '48-'49, fu allontanato dall'insegnamento; alla morte del Rezzi nel 1857, fu nominato esecutore testamentario ed erede delle sue carte.
È probabile che il C. abbia inizialmente svolto attività legale se, dopo il'70, figurava ancora come "procuratore di minor grazia" presso la Cancelleria apostolica; tuttavia, dalla metà degli anni '50 in poi, si orientò decisamente verso l'insegnamento e gli studi eruditi; dal 1856 fu infatti scrittore di latino e greco presso la Biblioteca Vaticana, e nell'anno scolastico 1858-59 ottenne l'incarico di supplente (dal 1867 professore sostituto) per la cattedra di eloquenza latina e italiana e storia romana che era stata del Rezzi. In questo periodo ha inizio anche la sua produzione letteraria che si indirizzò subito nell'ambito della ricerca erudita, con particolare riguardo alla pubblicazione di inediti; curò infatti una traduzione dei Rezzi, Sulle odi di Q. Orazio Flacco d'argomento eroico, morale o umano voltate in versi italiani dal Prof. L. M. Rezzi (Roma 1856), quindi la più significativa e onerosa edizione delle Vite parallele di Plutarco volgarizzate da Marcello Adriani il giovane (Firenze 1859-65). tratte da un codice autografo della Corsiniana. riscontrate col testo greco e annotate insieme con il bibliotecario corsiniano F. Cerroti. In questi anni il C. pubblicò anche una breve Vita di don Giovanni Torlonia (Velletri 1859): il principe Torlonia, morto in giovane età, era stato uno degli animatori della scuola romana, tuttavia il C. non lo avev a conosciuto personalmente e l'incarico di scriverne la biografia gli era stato affidato dalla famiglia su indicazione del padre Carlo Passaglia.
Buon amico del Passaglia, con lui il C. era solito frequentare, a palazzo Spada, il salotto di lady Savile Foljambe, di cui il religioso era ospite, e l'entourage del cardinale D'Andrea, uno dei membri del Sacro Collegio che più si erano compromessi con le avances del governo piemontese dopo gli avvenimenti del '60.
Il C. ci appare inserito in quegli ambienti della società romana, sempre più ampi, che consideravano inevitabile, a lungo o breve termine, un cambiamento politico e si preparavano cautamente ai futuri rivolgimenti. Tuttavia, se i rapporti con il Passaglia fecero si che il C. si trovasse abbastanza attivamente coinvolto nelle vicende dell'amico e del suo "partito", egli seppe però muoversi con estrema cautela, sicché riuscì a mantenere gli incarichi alla Vaticana e all'università e non ebbe a subire che superficiali fastidi da parte delle autorità pontificie. Anzi l'aver il C. accompagnato il Passaglia a Torino, quando questi vi si recò nel febbraio del '61 per incontrare Cavour, fu interpretato come uno dei segni che il governo pontificio, o quanto meno il cardinale Antonelli, erano al corrente della natura e degli.scopi del viaggio.
A questo periodo e a questa particolare situazione si deve l'unica pubblicazione del C. che esuli, almeno in parte, dal campo strettamente erudito, l'opuscolo Che cosa è il Partito Cattolico?, pubblicato anonimo a Perugia nel 1861, nel momento in cui il Passaglia, ormai apertamente compromesso, si decideva ad abbandonare Roma; copie della pubblicazione furono introdotte in città con un sotterfugio e per lungo tempo non se ne conobbe l'autore; il C. subì anche una perquisizione domiciliare che però non dette risultati.
Nell'opuscolo egli mostrava di giudicare sostanzialmente negativo, per la potestà religiosa, l'esercizio del potere temporale, sottolineando la contraddizione in termini presente nella dizione di "partito cattolico", in quanto l'impegno "di parte" di un'associazione politica contrasta con la natura ecumenica del cattolicesimo come confessione religiosa; le argomentazioni addotte, però, sono comunque di stampo erudito, basate sul lessico più che sulla sostanza da "un grammatico saccente e pedante", come del resto lo stesso autore si definisce. Il C. respinse invece la paternità, ripetutamente attribuitagli, di un altro opuscolo anonimo La vertenza tra la corte di Roma e il cardinale D'Andrea. Osservazioni di un cattolico italiano (s. l. 1867)., scritto in difesa dell'alto prelato poco prima della sua morte.
Dopo il 20 settembre, il C. subì un momentaneo allontanamento dall'università; egli allora, volendo dimostrarsi in grado di occupare la cattedra di cui era stato privato, in cinque mesi, dal dicembre 1870 all'aprile '71, stese la Vita di Luigi Maria Rezzi (poi pubblicata ad Imola nel 1879) con cui vinse il primo concorso Rezzi che del resto lo stesso C. aveva contribuito ad istituire, in quanto esecutore testamentario del Rezzi, affidandone in perpetuo la gestione all'Accademia della Crusca.
Nel marzo 1873, dopo una lunga vicenda di ricorsi e richieste al ministero della Pubblica Istruzione, con decreto reale il C. venne reintegrato nell'insegnamento, non però presso la sua vecchia cattedra, ma come titolare di grammatica e lessicografia italiana e latina; lo stesso anno lasciò la Vaticana e divenne bibliotecario del principe Chigi. Da allora, in quanto reputato tra i maestri dell'erudizione pontificia allineatisi senza troppe difficoltà al nuovo corso politico, lo troviamo inserito in tutti gli eventi accademici e culturali significativi della città, mentre apparivano regolarmente i suoi lavori eruditi.
Sul finire del 1876fu tra i soci fondatori della Società romana di storia patria e, in quanto bibliotecario chigiano, chiese ed ottenne dal principe Chigi ospitalità nei locali della biblioteca per la nuova istituzione finché questa non poté dotarsi di una propria sede. Presidente della me desima Società negli anni 1881-83, nel 1884fece parte della commissione che curò i lavori di inventario e riordino della Biblioteca Vallicelliana quando questa passò in gestione appunto alla Società romana di storia patria; fu anche tesoriere della medesima dal 1889al 1895e dal 1898consigliere dell'Istituto storico italiano. Nel 1878aveva dettato l'iscrizione latina per la commemorazione funebre di Vittorio Emanuele II celebrata all'università e nel 1888pronunciò il discorso per l'inaugurazione del nuovo anno accademico., Pro arte dicendi (poi pubblicato, Roma 1889). Sempre nel 1888fu nominato accademico corrispondente della Crusca. Nel 1895successe all'Occioni sulla cattedra di letteratura latina che occupò fino al ritiro dall'insegnamento; dallo stesso anno fu preside della sua facoltà. rettore supplente nel biennio 1896-98 infine rettore per l'anno accademico 1903-1904.
Nel corso di una così lunga carriera pubblicò, come abbiamo già accennato, una nutrita serie di lavori di stampo erudito, principalmente edizioni di testi reperiti nelle grandi biblioteche romane in cui aveva lavorato; ricordiamo fra questi: Prose inedite di Annibal Caro, Imola 1872; Aeneae Silvii Piccolomini senensis, Opera inedita descripta ex codd. Chisianis' Romae 1880, a completamento dei Commentarij del Piccolomini, con aggiunta di altri componimenti minori; Scritti inediti di monsignor Giovanni Della Casa, Roma 1881; dalle carte del Rezzi Rime di D. Alighieri, G. Boccaccio, G. Chiabrera, L. Magalorti, tratte da manoscritti ed annotate da L. M. Rezzi, Imola 1883; in occasione del secondo centenario dell'Arcadia Lettere di Apostolo Zetto a Pietro Metastasio, Roma 1891. Curò inoltre gli inediti danteschi di uno dei massimi esponenti del classicismo romano ottocentesco, Salvatore Betti, e cioè gli Scritti danteschi (Città di Castello 1893) e le Postille alla Divina Commedia (ibid. 1893) in tre volumi, in cui raccolse le note del Betti segnate a margine di una copia della Commedia. Pubblicò anche gli scritti del prozio cardinale Sala, autore tra l'altro di un interessante diario centrato in particolare sul biennio 1798-99, nonché di un piano di riforma presentato a Pio VII che prevedeva una pressoché totale laicizzazione dei pubblici uffici nello Stato romano: Scritti di Giuseppe Antonio Sala, Roma 1882-88, e Piano di riforma umiliato da G. A. Sala a Pio VII per la prima volta integralmente pubblicato, Tolentino 1907; infine, poco prima di morire, Centoventuno epigrammi latini di autori ignoti che illustrano le opere d'arte del palazzo Farnese di Caprarola, Perugia 1908.
Nell'ambito dell'attività di curatore ed editore un cenno a parte meritano le edizioni del Leopardi, per cui il C., da buon classicista, nutriva una particolare attenzione; in questo campo, ma probabilmente anche in rapporto all'intera sua produzione, la pubblicazione più significativa fu quella delle Opere inedite (Halle 1878-80), dagli autografi recanatesi, che riguardano alcune opere filologiche del giovane Leopardi e, in particolare, tre lavori eruditi, la Storia dell'astronomia, Esichio Milesio e i Retori (cioè Commentarii de vita et scriptis rhetorum quorundam qui Il p. Ch. saec. vel primo declinante vixerunt) e due traduzioni, di Frontone, con un discorso introduttivo, e di Dionigi, accompagnata da una Lettera a Pietro Giordani, quest'ultima tratta da un manoscritto conservato a Firenze.
Fu questo un lavoro di indubbia e obiettiva utilità, anche se il C. si dimostrò non eccellente editore limitandosi al riscontro dei manoscritti recanatesi e trascurando quelli affidati dal poeta al de Sinner, con correzioni e aggiunte dello stesso Leopardi, così come non si preoccupo di emendare il testo dai troppi errori commessi da tipografi che non conoscevano l'italiano.
Tuttavia maggior fama portarono al C., benché tutta o quasi negativa, altri autografi leopardiani da lui pubblicati che lo misero al centro di una vera e propria "questione", che ebbe anche unappendice giudiziaria. Infatti, in data 15 apr. 1884, il C. aveva pubblicato sulla Nuova Antologia alcuni inediti del poeta propostigli da un giovane, presentatosi come G. B. Ubaldini. Gli scritti avevano suscitato l'immediata reazione di alcuni nomi celebri della critica leopardiana quali G. Chiarini e G. Piergili, cui si affiancarono in seguito anche il Carducci, il D'Ancona e lo Gnoli, che avevano contestato l'attribuzione. Infine, sulla Tribuna del 22 ag. '85 l'Ubaldini si era rivelato per tale Ilario Tacchi, autore degli scritti "leopardiani" per amore di pubblicità.
Quattordici anni dopo la pubblicazione di altri inediti del Leopardi scoperti alla Vaticana da G. Cozza Luzi, tra cui figuravano alcuni dei testi della Nuova Antologia, sembrò dar ragione al C. il quale accusò il Tacchi di essere non un imitatore bensì un vero e proprio plagiario, accusa che portò ad un processo di querela contro il C. che tuttavia fu assolto. Al di là dell'estemporanea polemica e del pettegolezzo accademico (il C. imputò sempre a questo "scandalo" il suo fallimento alle elezioni dell'88 e il fatto che in seguito gli fosse negata la cattedra di letteratura italiana cui aspirava) l'episodio è invece interessante come specchio dello scontro fra i due ambienti e le due culture rappresentate dal C. e dal Chiarini, romano, cattolico ed esponente della vecchia erudizione pontificia il primo, non romano, anticlericale, storicista il secondo, ambedue tuttavia appartenenti ad uno stesso mondo accademico e al medesimo indirizzo classicista. L'annosa questione fu comunque motivo per il C. di alcune pubblicazioni fra cui: Dopoquattordici anni commedia e controcommedia; Questione leopardiana (ambedue Roma 1898); Per Cugnoni prof. Giuseppe querelato, Autodifesa (ibid. 1899).
Tra gli altri scritti del C. vanno ricordate le numerose ricerche biografiche, condotte anche queste con minuzioso spirito, erudito: alle vite del Torlonia e del Rezzi, già citate, si aggiunsero fra l'altro le pubblicazioni su Agostino Chigi (Agostinò Chigi il Magnifico, Roma 1878, e gli articoli dedicati al medesimo personaggio sull'Archivio della Società romana di storia patria dal 1879 all' 83) e le Memorie della vita e degli scritti del cardinale G. A. Sala, Roma 1880. Come sussidio alla sua attività didattica e comperidio del suo credo purista e classicista il C. scrisse Appunti di letteratura, Roma 1897 e Manuale dell'arte del dire, Arpino 1907, tratto dagli autori latini e ordinato per materia. Artico li, saggi ed edizioni di argomento vario il C. pubblicò infine su vari periodici quali il già citato Archivio della R. Società romana di storia patria, La Cultura e soprattutto La Scuola romana, che uscì dal novembre 1882 all'ottobre 1887, di cui il C. fu fondatore e direttore insieme con P. E. Castagnola, con l'intento di ricordare e in qualche caso rivendicare i principî e gli uomini che l'ambiente culturale romano della sua giovinezza aveva ispirato e prodotto.
Di questo ambiente il C. fu del resto tipico e quasi emblematico rappresentante. Educato alla scuola del Rezzi fondata sullo studio e l'imitazione formale dei classici, antiromantico, antimanzoniano, cultore dei grandi nomi della nostra letteratura, in particolare del '300 e 2500, oltreché del Leopardi, il C. possedeva una buona preparazione erudita ma difettava di cultura filologica né era capace di dare inquadramento e dimensione storica alle notizie raccolte; la sua erudizione si riduceva quindi il più delle volte a puro e semplice coacervo di dati, senza grande capacità di distinguere quelli significanti dalla zavorra.
In questo quadro anche l'edizione e il commento di testi talvolta interessanti si risolveva nell'esibizione di un'ampia messe di riferimenti storico-antiquari, corredati da un pignolesco esame della grammatica e del lessico. Lo stile infine contribuiva ad appesantire ulteriormente i suoi lavori per l'uso di termini desueti e arcaizzanti che parvero eccessivì persino agli accademici della Crusca quando, nell'attribuirgli il premio Rezzi, gli rimproverarono "alcune voci e locuzioni inusitate che l'Accademia non saprebbe approvare". Né maggior credito può essergli concesso come latinista se di lui scriveva paradossalmente il Romagnoli "un altro latinista della sua forza ancora non l'ho trovato" (Romagnoli, p. 172).
Il C. può quindi essere considerato espressione di un'erudizione del vecchio stampo umanistico-gesuitico, assai comune in Italia e particolarmente tipica di una certa cultura romana, anche se fu sicuramente "insegnante scrupoloso, bibliotecario desideroso di giovare alle lettere e ai letterati" e "se non un luminare un decoro" dell'università in cui aveva insegnato per circa cinquant'anni (Mazzoni, p. 29).
Il C.. morì a Roma il 25 ag. 1908.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Direz. gen. Istruzione sup., II serie, Fascicoli personale insegnante, ad nomen; ibid., Matricole, b. 20; necrol. in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXXI (1908), pp. 491 s.; in Accad. della Crusca, Rapporto dell'a. accad. 1907-908, Firenze 1909, pp. 26-29; in Univ. d. studi di Roma, Annuario dell'a. scol. 1908-909, Roma 1909, pp. 229-32; in Giornale arcadico, s. 6, IV (1909), 5, pp. 256-74; R. De Cesare, Roma e lo Stato del Papa, Roma 1907, II, pp. 17, 21 s., 103, 108, 116 s., 145 s., 236; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1915, ad Indicem; F. Picco, Luigi Maria Rezzi maestro della "Scuola Romana", Piacenza 1917, ad Indicem; E. Romagnoli, Ricordi romani Milano 1936, pp. 172 s.; P. Molajoni, Famiglie patriarcali dell'Ottocento, in Strenna dei Romanisti, I (1940), p. 66; S. Timpanaro, La filologia di G. Leopardi, Firenze 1955, ad Ind.; A. Lodolini, Cento annifa: il 1861 a Roma, in Strenna dei Romanisti, XXII (1961), p. 9; Plutarco, Racconti di storia greca e romana, a cura di V. Fiorini-S. Ferrari, Firenze s. d. (ma 1961), p. IX (present. di E. Gabba); P. Treves, L'idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX, Milano-Napoli, 1962, pp. 208 s.; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, ad Indicem; Catalogo degli Accademici della Crusca, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, ad Indicem; A. De Gubernatis, Dict. intern. des écrivains du monde latin, Rome-Florence 1905, sub voce; Enciclopedia Ital., XII, sub voce.