COSSU, Giuseppe
Nacque a Cagliari il 13 ott. 1739 da Giovan Battista, medico sassarese, e da Anna Fulgheri, cagliaritana. Si laureò in legge nell'università di Cagliari proprio negli anni in cui il governo sabaudo cominciò ad intervenire più ampiamente nella situazione economica, amministrativa e culturale dell'isola. In questa nuova ottica il conte Bogino, ministro per la Sardegna di Carlo Emanuele III dal 1759 al 1773, era perciò particolarmente sensibile alle possibilità di collaborazione con i funzionari locali.
Il C., il cui primo interesse era stato per il passato della Sardegna, su cui si conservano suoi appunti di storia sacra e profana - ripresi poi negli altimi anni di vita - si era intanto volto alle discussioni economiche, sollecitato anche dalla carestia del 1764. Come giudice della Reale Udienza ebbe occasione di farsi notare dal primo ministro, il quale cominciò a pensare di utilizzarlo per qualche incarico "dopo aver veduta qualche di lui memoria, da cui potei rilevare aver egli talento e dei lumi, senza che altronde io ne avessi conoscenza, né che alcuno me ne abbia parlato" (Arch. di Stato di Torino, Lettere de' Reggenti, m. 1766-70, lettera 1767).
Nel 1766 il Bogino fece il suo nome per un incarico modesto, ma che lo avrebbe portato ad esercitare una funzione amministrativa nella università, nel cuore stesso, quindi, delle nuove istituzioni che dovevano trasformare la mentalità dell'isola. Ma il viceré Luigi Costa della Trinità e il reggente Arnaud non gli erano favorevoli e si opposero.
La fortuna del C. mutò però dopo pochi mesi, grazie alla stima che riponevano in lui il nuovo viceré Des Hayes e il cavalier Graneri: nel 1767 egli divenne segretario di due giunte di recente costituzione, quella istituita per sorvegliare i conventi e l'altra per amministrare i Monti frumentari. quasi a congiungere, così, nella propria persona, le due fasi e i due aspetti principali - giurisdizionale ed agricolo - delle riforme che si andavano operando in Sardegna.
La giunta sui regolari doveva attuare una campagna, iniziata nel 1763, intesa a riordinare il mondo degli ecclesiastici sardi in modo da ridurre il peso che essi rappresentavano per la società isolana. Essa doveva mantenere un controllo permanente sui conventi sardi, prendendo in considerazione i singoli casi di trasgressione e cercando di risolverli ogni volta con esemplare severità.
Un primo contrasto fra il segretario e il Bogino si verificò quando la giunta arrivò a toccare problemi di costume - quali la abrogazione delle processioni notturne - e questioni economiche di rilievo, come il problema delle manimorte e delle decime.
Nel 1771 il Bogino intervenne per frenare l'attività del C., che era ormai divenuto il principale organizzatore dell'opera riformatrice, perché non intendeva portare fino in fondo questa politica, temendo di acuire i contrasti con la S. Sede.
Ma il ruolo in cui il C. diede il meglio di sé fu quello di potenziatore ed organizzatore dei Monti granatici, nel quale tentò e, in parte, riuscì, di attuare miglioramenti nella produzione agricola in un momento in cui - in tutta Europa - si stava verificando un aumento del prezzo del grano.
Le relazioni del C. al governo sabaudo, ricche di particolari sui problemi agricoli, e, soprattutto, sul ciclo di produzione e vendita del grano, univano ad una conoscenza accurata e precisa della realtà economica della Sardegna una buona conoscenza degli scritti degli economisti italiani e francesi e vennero quindi particolarmente apprezzate dal ministro Bogino, che ne tenne conto al momento di intervenire in questo settore.
Il C. denunciava quali mali maggiori l'usura e le tecniche arcaiche di coltivazione. Entrambi i problemi erano ricollegabili a situazioni più complesse: le restrizioni al commercio dei grani, i rapporti con i feudatari, l'organizzazione comunitaria dei villaggi.
I rimedi proposti dal C. andavano dai più radicali - che avrebbero dovuto intaccare sia il sistema feudale sia le restrizioni c ommerciali imposte dal governo sabaudo - a quelli più modesti i quali, pur non producendo effetti molto innovativi, avrebbero potuto accrescere la produttività agricola. Dopo avere scartato, perché troppo pericolose e costose, le altre ipotesi di intervento, il Bogino scelse la via più prudente, cioè il rafforzamento e la riorganizzazione di una istituzione creditizia già esistente, i Monti granatici, al fine di moderare l'usura.
Nel 1766 il C. fu incaricato di redigere un rapporto sulla situazione di questi Monti, introdotti dagli Spagnoli nel 1624 ed in origine amministrati da ecclesiastici. Anche in questa occasione egli dimostrò un'approfondita conoscenza della vita reale della sua isola, presentando un quadro duro e pesante del lavoro quotidiano dei contadini e dei loro conflitti con i "principali", i cavalieri e gli ecclesiastici. Vi aggiunse anche una memoria in cui proponeva un regolamento più rigido del funzionamento dei Monti, che fosse uguale per tutta l'isola. La proposta, sostenuta dal nuovo viceré, Des Hayes, incontrò il favore del primo ministro.
La nuova amministrazione prevedeva due modifiche: veniva assicurata una base economica al Monte, assegnandogli un terreno (della comunità o affittato ai proprietari) esente dai diritti feudali e dalle decime, che doveva essere lavorato dagli abitanti del villaggio con delle roadie (prestazioni volontarie di lavoro). Il grano così prodotto avrebbe costituito un deposito di base e di garanzia.
In secondo luogo, le giunte dei Monti, a cui partecipavano, oltre agli ecclesiastici, anche i ministri di Giustizia, i censori e i sindaci locali, dipendevano tutte da una giunta centrale, residente a Gagliari e diretta da un funzionario fisso, il segretario della giunta sopra i Monti granatici, carica che fu attivamente ricoperta dal C. dal 1767 al 1794. Nella rinnovata istituzione, dunque, ad una virtuale indipendenza economica si accompagnava una organizzazione centralizzata.
Con questo progetto il Bogino e il C. si ripromettevano di assicurare ai coltivatori il grano da semina e si dava così un colpo decisivo all'usura. Il C. si impegnò totalmente nell'opera di sostegno e di stimolo ai Monti, viaggiando da un capo all'altro dell'isola per organizzare, controllare ed eliminare gli abusi.
Le relazioni annuali del C. non nascondono le continue difficoltà: in alcuni paesi scarseggiavano le terre coltivabili, un po' dappertutto i capitali, spesso i magazzini. I risultati di tanto lavoro non tardarono però a manifestarsi: nel 1772 i Monti funzionavano ormai perfettamente in quasi tutte le "ville" della Sardegna e, di conseguenza, ne miglioravano le condizioni generali.
Stando alle relazioni del C., negli anni successivi, se pure con varie oscillazioni, si verificò un aumento della popolazione agricola mentre cresceva costantemente il numero dei gioghi di buoi; di conseguenza il C. registrò un notevole incremento dell'estensione delle terre coltivate, da cui derivava un rilevante aumento nella produzione del grano. I Monti avevano dato buoni frutti e l'usura, secondo il C., era stata quasi totalmente debellata: "Coi soccorsi dati agli agricoltori dai monti, questi non si sono più veduti costretti ad andare di casa in casa, di villa in villa e più sovente di villa in città a cercare con copiosi interessi chi lor somministrasse grano per seminare; hanno ora i Monti fondi a soccorrere i bisognosi..." (Arch. di Stato di Torino, sez. I, Sardegna Politico, cat. 7, M. 3).
Questi risultati erano stati ottenuti anche per effetto dei miglioramenti nelle tecniche di coltivazione stimolati dal C. nei suoi giri per l'isola. Secondo il C., il male maggiore era causato dalla pratica di seminare i terreni a "bedustu". Le colture dei cereali, infatti, venivano effettuate in due modi: a "berenili", cioè in terra "ove l'anno andato non vi si seminò frumento" e a "bedustu, vale a dire replicando il seminamento di frumento in terreno seminato in questo genere l'anno precedente, qual operazione è già riconosciuta cotanto pregiudizievole agli agricoltori ed al regno tutto" (ibid., cat. 6, M. 2).
Il C. spiegava perché il metodo apparentemente meno redditizio fosse tuttavia quello più largamente diffuso: il "bedustu", garantendo una produzione annuale, permetteva di pagare i diritti ai baroni e alla chiesa. A mano a mano che si toccavano più da vicino ì problemi delle terre sarde, risultava più chiaro come la resistenza a rinnovare l'arcaica tecnica agricola fosse strettamente collegata con la situazione sociale dell'isola intera. Grande stimolo all'espansione delle colture sarebbe stato, secondo il C., l'aumento del prezzo del grano ottenuto attraverso una maggiore libertà di esportazione. Egli propose quindi, su ispirazione della Inghilterra e della Francia, di riorganizzare il commercio riformando i diritti di sacca che gravavano sulle esportazioni, di aumentare la massa della moneta circolante abbassando così il tasso di interesse.
Su questi problemi il C. continuò a mandare a Torino rapporti e pareri, senza farsi frenare dalla coscienza d'esser "privo di ogni grazia di italiana lingua". Nel 1770 gli giunse il riconoscimento del governo piemontese a tanto zelo: venne nominato censore generale, con poteri allargati fino a farne il vero perno di tutta la struttura dei Monti. Ma non tardarono ad affiorare nuovi problemi con il governo piemontese: il censore generale minacciava di diventare troppo potente e finiva con l'arrogarsi un potere legislativo che non gli competeva. Nel 1771 il C., sotto forma di Istruzioni per gli amministratori dei Monti frumentari, aveva finito col redigere un vero e proprio codice rurale delle leggi agrarie dell'isola, riassumendo e divulgando le passate disposizioni a proposito di proprietà, colture, ecc. Il testo italiano era accompagnato da un versione sarda che lo rendeva più accessibile, ed era preceduto da una breve storia della agricoltura nell'isola.
Anche se le Istruzioni portavano la firma del viceré, accanto a quella del C., il Bogino fece ritirare questo testo e cominciò a nutrire sempre maggiore diffidenza verso il suo autore. Nel 1785 il Supremo Consiglio - l'organo che dirigeva da Torino la politica sarda - esaminò le sue proposte, che furono quasi tutte respinte. Dal sistema delle roadie nacquero però altre iniziative: i Monti di soccorso e l'Azienda delle strade e dei ponti, in cui il C. ebbe un ruolo essenziale. Il C. ebbe una certa influenza sulla nuova generazione isolana, educata nelle rinate università di Cagliari e Sassari. Per un certo periodo fu suo allievo anche G.M. Angioy, destinato a diventare il capo della rivoluzione sarda di fine Settecento, che si interessò all'introduzione di nuove colture, come il cotone e la patata.
Nel 1788 le speranze del C. e del viceré Thaon di Sant'Andrea si volsero soprattutto ai gelsi ed alla seta. A questo scopo il C. scrisse un volume, in italiano ed in sardo, al fine di far capire l'importanza di questa coltivazione: la Moriografia sarda, ossia catechismo gelsario, un dialogo diviso in sette lezioni.
Con l'attacco della flotta francese a Cagliari nel 1792 e il rapido approfondirsi del malcontento contro i Piemontesi, diventò impossibile la continuazione della lenta opera di riforma patrocinata dal Cossu. I contadini cominciarono a rifiutarsi di restituire il grano ai Monti, mentre il C., travolto dalla situazione che si era venuta a creare dopo la cacciata dei Piemontesi in seguito alla rivolta degli Stamenti, venne arrestato nel maggio del 1794 per la sua fedeltà al regime sabaudo. Una volta rilasciato, fu però rimosso dalla carica di censore generale che ricopriva da ventotto anni, nella quale non fu reintegrato neppure dal restaurato governo sabaudo.
Gli ultimi anni della sua vita preferì trascorrerli quasi sempre lontano da Cagliari; si recò in Piemonte e poi a Genova, Roma e Firenze, a studiare e concludere le sue lunghe ricerche sull'isola, riprendendo i temi storici prediletti in gioventù.
Già nel 1778 aveva visto pubblicata a Perugia, nell'opera diretta da Cesare Orlando Delle città d'Italia, una sua storia e descrizione di Cagliari che, ripresa ed allargata, era divenuta nel 1780 il libro Della città di Cagliari. Notizie compendiose sacre e profane. Tre anni dopo compilò un volumetto simile per Sassari. Lavorando negli archivi torinesi riuscì a portare a termine, nel 1799, un suo Saggio della geografia della Sardegna e, contemporaneamente, veniva pubblicato il Saggio del commercio della Sardegna con cui cercava, ancora una volta, di far conoscere meglio i problemi della sua terra.
Tornato in Sardegna, gli furono conferite dal governo viceregio alcune cariche, soprattutto di carattere onorifico. Nel corso degli anni, erastato nominato cavaliere, decorato delle insegne militari dell'Ordine Mauriziano ed era socio di varie accademie italiane.
Morì a Cagliari il 10 dic. 1811.
Delle opere del C. ricordiamo: I quadrupedi in Sardegna, Sassari 1774; Pensieri per resistere ai funesti effetti dell'abbondanza e della carestia, Cagliari 1774-1775; Cagliari, città capitale dell'isola e del regno di Sardegna, in C. Orlandi, Delle città d'Italia e sue isole adiacenti compendiose notizie, Perugia 1778; Della città di Cagliari (Not. compendiose sacre e profane), Cagliari 1780; Della città di Sassari (Notizie compendiose sacre e profane), ibid. 1783; Discorso georgico indicante i vantaggi che si possono ricavare dalle pecore sarde, ibid. 1787; Coltivazione dei gelsi e propagazione de' filugelli in Sardegna, ibid. 1788-89; Istruzione olearia ad uso dei vassalli del duca di S. Pietro, Torino 1789; Seriografia sarda, ossia catechismo del filugello, Cagliari 1789; Moriografia sarda, ossia catechismo gelsario, ibid. 1788-89; Istruzione sulla coltivazione delle cotoniere, ibid. 1790; Pensieri sulla moneta papiracea, Torino 1798; Saggio della geografia della Sardegna, Genova 1799; Saggio del commercio della Sardegna, ibid. 1799; Metodo per distruggere le cavallette o siano locuste, Cagliari 1799; Istruzioni po sa cultura e po s'usu de is potatos in Sardegna, ibid. 1805; Istruzioni po coltivai su cotoni, ibid. 1806.
Fonti e Bibl.: Per la biografia del C. vedi la voce a lui dedicata in P. Tola, Dizionario biogr. degli uomini illustri di Sardegna, Torino 1837, I, pp. 233 ss. Inoltre: G. Manno, Storia moderna di Sardegna dall'anno 1773 al 1799, Torino 1842, I, p. 175; G, Siotto Pintor, Storia letter. diSardegna, Cagliari 1843, I, pp. 258 ss.; C. Sole, Un economista sardo del '700 prescursore dei "Piani di rinascita": G. C., in Ichnusa, X (1959), 1, pp. 3 ss.; F. Venturi, Il conte Bogino, il dottor C. e i Monti frumentari. Episodio di storia sardo-piemontese dei sec. XVIII, in Riv. stor. ital., LXXVI (1964), 2, pp. 470-506 (al quale si rimanda per le fonti manoscritte); Id., G. C., in Illuministi ital., VII, Milano 1965, pp. 849 ss.; La Sardegna di Carlo Felice e il problema della terra, a cura di C. Sole, Cagliari 1966, pp. 18 ss.