BATTISTI, Giuseppe Cesare
Nacque a Trento il 5 febbr. 1875, ultimo di otto figli, da Cesare, agiato commerciante, e da Teresa De Fegolari. Nel 1890 - da poco gli era morto il padre - entrò nel liceo di Trento, dove, in polemica con l'indirizzo di studi che egli considerava conformistico e retrivo, dato che fra l'altro gli insegnamenti di letteratura e di storia si arrestavano all'età napoleonica, dette precoce inizio alla sua attività di agitatore con un foglio, diretto agli studenti e poligrafato in casa, che voleva integrare l'insegnamento scolastico mediante la riproduzione e il commento di brani patriottici di scrittori e poeti italiani. Nel 1893, iscrittosi per mera formalità all'università di Graz, dopo una brevissima permanenza in quella città e a Vienna, raggiunse Firenze, dove divenne allievo dell'Istituto di studi superiori.
Per una singolare coincidenza l'ateneo fiorentino accoglieva, o era in via di accogliere in quegli anni, intorno a docenti di alte qualità politiche e morali, un gruppo di giovani destinati a illustrare la vita culturale e politica del paese, e legati tra loro da vincoli di affettuosa amicizia. Ne facevano parte Gaetano Salvemini, i fratelli Rodolfo e Ugo Guido Mondolfo, Gennaro Mondaini, Assunto Mori, e ad essi si unì il B., che nell'animatrice di quel gruppo, Ernesta Bittanti, trovò la devota compagna della propria vita.
A Firenze il B. ebbe il suo primo incontro con il socialismo, che per l'audacia delle posizioni teoriche e politiche, per l'alone romantico che gli derivava dalla ostilità dei ceti conservatori e dalle persecuzioni dei governi, conquistava in quello scorcio di secolo gli animi dei giovani più vivaci e generosi. In lui l'adesione al socialismo non fu allora, e neanche dopo, accettazione integrale di una dottrina, ma piuttosto scoperta di una fede, nella quale vedeva sintetizzati tutti i valori civili, etici e politici del Risorgimento, che dovevano assumere completezza e concretezza storica per iniziativa di popolo, un popolo inteso forse alla maniera mazziniana più che marxista. Del socialismo, tuttavia, il B. fu milite fervente, e a Torino, dove si trasferì nel 1895, trovò modo di fare le sue prime esperienze politiche dirette, e di interessarsi anche al funzionamento di quella Camera del lavoro, una delle prime sorte in Italia.
Ritornato a Firenze nel 1896, il B. s'impegnò a fondo negli studi, conseguendo l'anno successivo la laurea con una tesi su Il Trentino. Saggio di geografia fisica e di antropogeografia, scritta sotto la guida di un maestro insigne quale Giovanni Marinelli. Il lavoro, edito a Trento nel 1898 (pp. 826, con ill. e carte), fu presentato a un concorso indetto dalla Società degli studenti trentini e premiato da una commissione dell'Istituto di studi superiori di Firenze composta dai professori C. Paoli, A. Coen e G. Marinelli. Il saggio del B., modello di descrizione corografica con esame fisico e antropico della regime, contiene in particolare un accurato capitolo sulla distribuzione ipsometrica della popolazione, nel quale vengono messi in luce i rapporti con la morfologia. Ancora nell'aprile 1898 il B. si distinse al III congresso geografico italiano di Firenze, dove presentò un'apprezzata comunicazione di grande interesse metodologico, Intorno a una raccolta di termini locali attinenti ai fenomeni fisici e antropageografici nelle singole regioni dialettali d'Italia (in Atti del Terzo Congresso..., II [1899], pp. 348-60). La comunicazione era accompagnata da un'appendice di termini fisici e antropici della regione alpina veneto-tridentina, corredata da schizzi. Sull'esempio di questa del B. si ebbero poi raccolte del genere per altre regioni italiane.
Nello stesso Istituto di Firenze il B. ottenne nel 1899 il diploma di perfezionamento con lo studio Appunti d'idrologia sul bacino della Fersina (in Annuario XX della Soc. Alpinisti Tridentini, 1899, pp. 135-69), mentre con G. B. Trener e L. Ricci si occupava rispettivamente dei laghi di Terlago e di Lavarone.
Geografi illustri, tra i quali, oltre al suo maestro, si può ricordare Arcangelo Ghisleri, repubblicano e al B. assai vicino nella ispirazione ideale, gli avevano preconizzato rapidi e lusinghieri successi accademici, ma l'interesse scientifico era in lui strettamente legato, o addirittura subordinato, alla passione civile e politica, ed egli, dopo aver fondato a Firenze, nel 1899, una rivista, La Cultura geografica, che uscì per dieci numeri, ritornò stabilmente a Trento con la giovane moglie, sposata a Firenze in quell'anno. Gli studi prediletti non furono per questo abbandonati, ma oggetto di essi rimase sempre e solo il Trentino. Pregevolissime guide delle maggiori e minori valli alpine, indagini economiche, statistiche e sociologiche restano a testimonianza di un appassionato amore e di un rigoroso e moderno metodo. Le sue ricerche dovevano culminare nei due scritti, Il Trentino. Cenni geografici, storici, economici, conun'appendice su l'alto Adige, Novara 1915, e Il Trentino. Illustrazione statistica economica, Milano 1915. Nel secondo, soprattutto, la ricerca, condotta con criteri che ancora reggono al tempo, è fatta in vista del futuro sviluppo economico della regione, considerato come subordinato all'inserimento del Trentino nella compagine economica e politica della nazione italiana. L'ultimo suo lavoro fu un atlante della Venezia Giulia, il cui manoscritto, ritrovato nella sua cassetta da campo, fu integrato e pubblicato postumo da Olinto Marinelli (LaVeneziaGiulia: cenni geografico-statistici, Novara 1920).
L'attività dominante del B. rimase sempre quella dell'agitatore politico e del giornalista. Anche durante la permanenza in Italia i suoi contatti con il Trentino e con la battaglia politica che vi si conduceva non si erano mai interrotti, e nel corso dei frequenti ritorni nella sua terra egli aveva continuato a svolgere il filo delle sue iniziative, portandovi le nuove e ricche esperienze che andava facendo nell'ambiente italiano.
Nel 1895 era stato tra i promotori di una Società degli studenti trentini, centro di cultura italiana con forti venature irredentistiche, editrice di un Annuario, di cui fu collaboratore assiduo, e dove trovarono posto, tra le molte cose sue, due saggi dedicati a due letterati patrioti trentini, Giovanni Prati e Antonio Gazzoletti. In quello stesso anno il B. tentò di dare vita a una Rivista popolare trentina, dal programma, come egli stesso ebbe a definirlo, "a base di latte e miele", e tuttavia confiscata fin dal primo numero dalla censura austriaca.
Il lavoro di organizzazione e di agitazione tra gli studenti si univa, già a partire da questo periodo, a una intensa milizia socialista. Motivi sporadici ed episodici di propaganda socialista erano echeggiati in Trentino fin dal 1890, trasmessi dai nuclei del socialismo austriaco. La nascita di un movimento organizzato coincide però con l'impegno del B. e risale anch'essa al 1895. Nel gennaio di quell'anno si era infatti tenuto a Bolzano un piccolo convegno di socialisti italiani e austriaci, e ad esso aveva fatto seguito nel febbraio la costituzione a Vienna di una Società democratico-socialista italiana. Un congresso di socialisti trentini si era riunito quindi nell'agosto del 1895 e aveva deciso di dar vita a un giornale, il cui primo numero apparve a Vienna il 15 novembre, con il titolo L'Avvenire e il sottotitolo Organo per la sezione italiana del partito sociale-democratico in Austria. In questo numero il B. trovò modo di essere presente con tre scritti: La sezione italiana del partito sociale-democratico in Austria; Patria e socialismo; Istruitevi ed istruite.
Il giornale era apparso a Vienna, perché il boicottaggio delle autorità e dei vecchi partiti in Trentino era arrivato fino al punto da imporre alle tipografie locali di non stamparlo. La comparsa del giornale segnò comunque un successo dei socialisti e l'inizio di un sistematico lavoro di predicazione e di organizzazione che, partendo dalla città di Trento, guadagnava le valli. A quest'opera il B. dette un energico impulso, e a distanza di un anno la situazione era già in qualche misura mutata. Le resistenze rimanevano forti e gli attacchi di liberali, clericali, governativi erano sempre duri e astiosi, ma il nuovo partito andava conquistando il diritto di cittadinanza. Ai fischi che lo avevano accolto a Pergine e a Levico il B. rispondeva con un numero unico del 5 sett. 1896, intitolato I nostri fischi, e portava avanti la sfida promuovendo il trasferimento da Vienna a Rovereto del settimanale socialista, e modificando il titolo che diventava L'Avvenire del lavoratore.Il primo numero apparve il 1º ott. 1896, e nel 1899, all'atto del suo definitivo rientro in Trentino, il B. ne assunse personalmente la direzione, che tenne fino al 1905.
Contemporaneamente, gli sforzi del B. e dei suoi amici erano rivolti a costituire una solida organizzazione operaia, e nel congresso socialista trentino del 1897 egli fu relatore sul tema Organizzazione economica e organizzazione politica, un tema sul quale doveva ritornare in più occasioni, suscitando a un certo punto anche polemiche nell'ambiente socialista, per la sua tendenza ad attribuire alle organizzazioni economiche di classe anche compiti di natura politica. Il congresso costitutivo della Camera del lavoro di Trento aveva luogo circa due anni dopo, nel gennaio del 1899, presenti i delegati di diciannove società già costituite e di quattro in via di formazione. La sfera d'influenza della organizzazione si estendeva fino a comprendere la grande maggioranza dei lavoratori della città di Trento e della vicina Rovereto. Scarsa invece era, e sarebbe rimasta, la penetrazione tra i contadini delle valli, i quali, a partire dal 1907, tenderanno a darsi una organizzazione autonoma, fino a costituirsi nel 1911, in Lega dei contadini, con un proprio programma politico.
Lo sviluppo del movimento operaio, in Trento e dintorni, arrivò comunque rapidamente a un notevole grado di robustezza, in modo da rendere possibile la nascita di un quotidiano socialista trentino, intitolato Il Popolo, uscito il 1º apr. 1900 sotto la direzione del B., che un anno dopo ne divenne anche il proprietario.
La vicenda del socialismo trentino coincide fin qui, nelle linee essenziali di sviluppo, con quella contemporanea del socialismo italiano, e qualcosa di analogo si verifica anche per quanto riguarda l'elaborazione programmatica e l'impostazione dell'azione politica. Nel congresso del 1897 il partito aveva solennemente dichiarato che la campagna per l'autonomia trentina sarebbe stata condotta dai socialisti in assoluta indipendenza dai partiti borghesi. Due anni dopo, per bocca del B., i socialisti trentini affermavano che non avrebbero respinta l'intesa con quelle forze borghesi che avessero accettato di battersi con la stessa energia per le stesse rivendicazioni. È il passaggio dall'intransigentismo alla tattica delle alleanze, che si verifica anche in Italia a opera di Turati e di Bissolati, e che prelude a una svolta ideologica e politica. La stessa ispirazione si ritrova nella parola d'ordine dell'ostruzionismo, che il B. lancia nella sua polemica con la dieta di Innsbruck, mentre in particolare di derivazione salveminiana è il suo interesse per i problemi delle amministrazioni locali, che va dalla lotta contro la corruzione amministrativa alla formulazione del piano di trasformare i comuni in strumenti di lotta antistatale, fino a proporne lo sciopero, che avrebbe paralizzato la vita amministrativa della regione.
Con il contributo del B. il socialismo trentino venne assumendo non il carattere di astratta polemica ideologica, ma di intervento modificatore della realtà, un riformismo gradualistico e aggressivo, economico e politico al tempo stesso, tendente a diventare il pungolo di tutte le forze suscettibili di impegnarsi in una grande battaglia autonomistica e democratica, e a fare, secondo un'espressione del B., da "macchina indietro che spinge il treno della borghesia", in attesa di poter prendere il posto di testa.
La nota originale introdotta dal B. è costituita dall'innesto nella problematica socialista della questione nazionale, che in Italia non esisteva come problema politico, ma veniva generalmente discussa in termini dottrinari, e anche questo assai di rado.
Nel B. l'impostazione dottrinaria della questione è in linea con la tradizione socialista. Da Marx a Bebel, come egli stesso ricordava, l'indipendenza nazionale era stata sempre considerata come una rivendicazione di carattere progressivo, alla cui conquista il proletariato doveva contribuire, pur conservando la propria autonomia e riservandosi di continuare la lotta verso mete più avanzate. Anche in Italia, del resto, tutte le lotte d'indipendenza nazionale, da quella greca a quella cubana, avevano avuto la solidarietà dei socialisti, rappresentati anche qualche volta da volontari sui campi di battaglia. Molti dei superstiti del garibaldinismo erano, anche per questa ragione, confluiti nelle file socialiste, e ciò era avvenuto anche in Trentino. Sulla stessa posizione si era del resto schierata anche la socialdemocrazia austriaca, che nella sua piattaforma programmatica aveva esplicitamente affermato la propria volontà di battersi per la trasformazione dell'impero in una confederazione, a base democratica, di nazionalità autonome.
Tra il fervido patriottismo dei giovanissimi anni e l'adesione al socialismo internazionalista e classista non c'è perciò nel B. contraddizione; si può anzi dire che a spingerlo verso il socialismo ebbe parte rilevante la convinzione che la causa dell'autonomia della minoranza italiana nell'impero non sarebbe mai andata avanti senza il presidio di un maturo e forte movimento popolare, libero dagli egoismi e dalle paure della borghesia. Egli stesso spiegò le ragioni del suo atteggiamento in una serie di scritti, i cui motivi apparvero in sintesi nell'articolo La fisionomia dei partiti politici nel Trentino, pubblicato nella Educazione politica del Ghisleri (nn. 34 e 35 del 1900, pp. 199-202e 235-39), in polemica con il repubblicano irredentista triestino Salvatore Barzilai, che aveva tacciato di austriacantismo i socialisti trentini.
Negli anni di fine secolo, notava il B., la vita politica trentina era diventata poverissima. Unite nel rivendicare l'autonomia dal Tirolo, la cui dieta, con sede a Innsbruck, amministrava con criteri di estrema ingiustizia anche gl'interessi trentini, le formazioni politiche tradizionali non lo erano nella motivazione ideale e quindi neanche nella battaglia politica, e se c'era un tratto comune su questo terreno, esso consisteva nell'inerzia intellettuale e nella passività politica. I socialisti erano stati i primi a dare contenuto nuovo e nuove forme all'agitazione autonomistica, per ragioni politiche e di classe: poiché nel corso della loro lotta essi avevano avuto chiaro il senso dell'esistenza di una duplice oppressione, quella dei padroni e dei "padroni dei loro padroni"; e per ragioni di ordine ideale, perché il socialismo, dottrina di libertà, si batte per tutte le libertà, compresa quella nazionale.
Esempio tipico, nella pratica, di questa impostazione è la lotta, dal B. ispirata e condotta, per la difesa della Val di Fiemme, che il governo tendeva a snazionalizzare, proponendosi tra l'altro di collegarla con una ferrovia a Bolzano per sottrarla all'influsso di Trento. Le classi popolari furono in tale occasione le prime a muoversi e a premere sui comuni, creando un vasto fronte di agitazione, in grado di reggere per anni e con successo nella lotta contro il governo. La prima fase di questa battaglia si svolse in un clima di solidarietà con la socialdemocrazia austriaca e con le altre sezioni socialiste di varie nazionalità che a essa facevano capo.
La causa dell'autonomia esigeva, però, per il B., un impegno diretto del proletariato trentino, ed esso si sarebbe battuto, con tanto maggior vigore quanto più sviluppata fosse la sua coscienza di far parte di un gruppo etnico e linguistico con una propria tradizione, una propria storia, una propria cultura.
La maturazione della coscienza nazionale diventa così per il B. lo scopo principale del momento, ed egli vi si dedica con una passione che prevale a un certo punto su ogni altro interesse. Anche per questo scopo i metodi sono mutuati dalla pratica socialista. Ai cicli di conferenze sull'autonomia, con le quali aveva toccato tutti i paesi delle valli, si accompagnano quelli su Dante, organizzati in collaborazione con la Società degli studenti trentini e indirizzate anch'esse ai ceti popolari, che preludono alla grandiosa manifestazione per l'inaugurazione del monumento a Dante, promossa dai socialisti con l'adesione di qualche gruppo liberale e conclusa dal B. con un discorso nel quale i motivi patriottici e quelli socialisti sono fusi in una sintesi, forse non rigorosa, ma indubbiamente suggestiva.
Nel 1898, per dare un organo di stampa al risveglio culturale, in collaborazione con G. B. Trener il B. aveva fondata una rivista di studi scientifici che doveva intitolarsi Venezia Tridentina e che per intervento della censura ebbe il titolo cambiato in Tridentum, destinata alla "illustrazione storico-fisica del paese", e di fatto valido strumento di riscoperta e rivalutazione della tradizione nazionale e di collegamento con la cultura italiana. Alcuni anni dopo, a partire dal 1º maggio 1903, a essa venne ad affiancarsi una seconda rivista, La Vita trentina, a carattere divulgativo, offerta in dono agli abbonati de Il Popolo, prima mensile e poi settimanale, dove la cronaca politica si univa alla rievocazione storica e letteraria, piana ed efficace nello stile e ricca di illustrazioni.
Ma il B. riteneva che nessun movimento di cultura potesse organicamente svilupparsi mancando di propri centri di ricerca e di attività scientifica: perciò la rivendicazione di una università italiana di lingua e di cultura fu il logico coronamento di tutta l'opera svolta in tal campo.
Fino al 1866 i giovani trentini avevano potuto valersi dell'università di Padova, italiana e in terra italiana. Dopo di allora essi avevano dovuto frequentare le università austriache, e soltanto nell'ultimo decennio del secolo erano state istituite a Innsbruck, a titolo sperimentale, due cattedre parallele, tenute da docenti italiani. Le tattiche poste in opera dagli studenti trentini per ottenere una loro università furono diverse, dal boicottaggio alla presenza in massa, e non tardarono a verificarsi incidenti. I primi ebbero luogo nel 1899 a Innsbruck, presente il B., e gli studenti furono in tale occasione sostenuti dagli operai italiani lì residenti per ragioni di lavoro, che sfidavano così il licenziamento, il carcere e il rimpatrio forzato. I tumulti si rinnovarono, più aspri ed estesi, nel 1901, quando da nazionalisti austriaci, pangermanisti, fu impedita la parola a Francesco Menestrina, venuto a Innsbruck a inaugurare un corso parallelo di procedura civile, preludio, secondo gli impegni del governo, alla istituzione di una facoltà giuridica italiana. Le manifestazioni popolari si seguirono ininterrotte, estendendosi da Trento a Trieste e legando in una azione comune le due città.
Sull'esempio degli Italiani, studenti appartenenti ad altre minoranze nazionali avanzarono la stessa rivendicazione, e il B., che era stato il promotore del movimento e lo aveva diretto in ogni fase, considerò tali fatti come il banco di prova della vitalità dell'impero austro-ungarico. Il fuoco acceso dal moto studentesco poteva essere "purificatore o devastatore", avrebbe dato vita nel primo caso "a un'Austria non più medioevale" nella quale tutte le nazionalità avrebbero goduto di parità di diritti, o viceversa ne avrebbe scatenato la prepotenza e avrebbe così sancito "il diritto ad una perpetua guerra" dalle conseguenze imprevedibili.
Tra il 1902 e il 1903 dal B. partirono il progetto e l'iniziativa di una libera università italiana a Innsbruck. Collaboratore nell'impresa gli fu per la prima volta un nazionalista, Scipio Sighele, ma il piano non era concepito in termini di sfida propagandistica, di contrapposizione di nazionalismo a nazionalismo. Gli uomini ai quali il B. e sua moglie si rivolsero, con l'aiuto della Società degli studenti trentini, erano i più rappresentativi della cultura italiana: vi erano largamente rappresentati i socialisti, e tra essi Salvemini che si era impegnato a tenere un corso sulla Rivoluzione francese. L'iniziativa, accolta con aperte minacce da parte della stampa tirolese, venne fatta fallire con la forza. Angelo De Gubernatis, che doveva tenere la prolusione, fu accolto da una dimostrazione ostile, capeggiata dal borgomastro di Wilten, e una volta in aula vide arrivare la polizia che gli comunicò il divieto di parlare. I tumulti questa volta durarono due giorni, e vi si impegnarono, solidali con gli italiani, gli studenti di altre minoranze nazionali. A fini di pacificazione il governo intervenne nel 1904, istituendo una facoltà italiana di giurisprudenza presso l'università di Innsbruck, ma il giorno della inaugurazione lo sciovinismo tedesco scatenò un conflitto, che si chiuse con un morto e parecchi feriti e l'arresto di centotrentotto italiani, tra i quali il B., già veterano di avventure carcerarie e giudiziarie. La lotta per l'università italiana non si interruppe, ma la rivendicazione da questo momento fu formulata, su ispirazione del B., in termini diversi: l'università doveva sorgere a Trieste, in un ambiente cioè nel quale fosse possibile stabilire un continuo rapporto di scambio tra la città e gl'istituti scientifici.
I fatti di Innsbruck ebbero probabilmente sul B. una notevole influenza. Da essi era derivata la sua presa di contatto coi nazionalisti, da essi soprattutto il B. aveva tratto conclusioni sconfortanti circa la possibilità di una pacifica, graduale evoluzione del regime imperiale. Tra gli elementi di quel giudizio, una valutazione pessimistica della capacità rivoluzionaria della socialdemocrazia austriaca, la cui solidarietà si era dimostrata inoperante. Le prime e più significative prese di posizione del B. in tal senso sono del 1905.
In quell'anno, a iniziativa di Leonida Bissolati, il partito socialista italiano era entrato in contatto coi socialisti austriaci per un convegno, da tenersi a Trieste, per stabilire un comune solidale atteggiamento di fronte al problema dell'irredentismo. Alla vigilia dell'incontro, che ebbe luogo il 21 maggio 1905, il B., che non vi partecipò, osservava che il giorno in cui i socialisti austriaci si fossero trovati a potere e a volere fare qualche cosa di concreto per la causa della nazionalità, essi sarebbero giunti necessariamente alla conclusione che bisognava "distruggere l'Austria attuale". In quanto ai socialisti trentini, egli aggiungeva che, all'avanguardia nella rivendicazione del programma minimo nazionale, essi sarebbero stati pronti ad adoperarsi per "un programma massimo, se se ne affacciasse la concreta possibilità". Non mancava neanche una nota polemica, nei confronti dei socialisti italiani, ai quali rivolgeva il monito di non portare fino in fondo la lotta antimilitarista, la quale sarebbe stata accettabile integralmente solo se i loro compagni di lingua tedesca avessero potuto avere nell'impero la stessa influenza e lo stesso potere di incidenza politica che gl'italiani avevano nel loro paese.
In realtà, la iniziale solidarietà della maggioranza tedesca nei confronti dei compagni delle minoranze nazionali, con gli anni era venuta cedendo il posto a un atteggiamento di sempre maggior distacco, via via che il movimento operaio, inserendosi negl'ingranaggi del regime, veniva perdendo di vista i problemi politici generali per indirizzare i propri sforzi verso riforme sociali. È un processo che nel decennio precedente la guerra mondiale toccò, in varia misura, tutti i partiti aderenti alla Seconda internazionale, e che nel caso della Germania e dell'Austria assunse caratteri particolarmente marcati. Gli stessi dirigenti socialisti austriaci, proprio in occasione del convegno del 1905, avanzarono lealmente i loro dubbi, in conversazioni private, circa la capacità del movimento operaio del loro paese di opporsi con mezzi rivoluzionari a eventuali avventure guerresche della casta militarista del loro paese.
Deriva di qui il riemergere, in questo periodo, della nota irredentista nell'azione del B., destinata ad accentuarsi di pari passo con l'appesantirsi del regime interno e lo svilupparsi della tendenza a una politica estera di egemonia e potenzialmente di guerra.
Il Popolo fu la tribuna principale della sua battaglia, e ai motivi ormai tradizionali della polemica autonomistica e socialista il B. altri ne aggiunse, di costante denuncia della politica generale del governo, rivolta, di fatto ad aggravare i conflitti di nazionalità all'interno e ad accendere e moltiplicare focolai di conflitto in tutta la regione balcanica. Note estrernistiche, contenute in divulgazioni soreliane e rievocazioni della Comune di Parigi, apparvero anche nel giornale, nel corso del 1909, a opera di Benito Mussolini. Chiamato a reggere la Camera del lavoro di Trento e la locale sezione socialista dalla direzione viennese del partito, Mussolini divenne anche redattore de L'Avvenire del lavoratore e, nell'agosto, per nomina del B., redattore-capo de Il Popolo. Più volte processato per reati di stampa, egli venne di lì a poco espulso dal Trentino, ma la sua collaborazione al giornale durò ancora alcuni mesi.
Nell'ambito locale la battaglia era sempre rivolta contro clericali e moderati, e qui i successi non mancavano. Nel 1907 Trento mandò al parlamento di Vienna il socialista A. Avancini, sostenuto dal Battisti. Nelle valli intanto cominciava a prender forma un movimento di contadini, che il B. fiancheggiò, vedendo in esso uno strumento per sottrarre i valligiani all'influenza clericale, e che cercò di collegare, non senza qualche risultato, al partito socialista, quando, nel 1911, i contadini si costituirono in Lega autonoma. Nel 1911, per la rinuncia di Avancini, il B. si presentò candidato a Trento e fu eletto in ballottaggio contro il candidato del partito clericale, ottenendo anche una parte dei voti liberali. Alla vigilia della guerra venne eletto anche deputato del Trentino alla dieta del Tirolo, nel corso di una elezione particolarmente vivace la prima in cui per la dieta si votasse con il suffragio universale.
Il primo discorso del B. in parlamento ebbe a oggetto la richiesta dell'università italiana a Trieste. Gli altri interventi furono dedicati all'esame della situazione economica del Trentino, alla politica di reazione poliziesca rivolta con maggior rigore contro le minoranze italiane, alla denuncia del militarismo da lui considerato come il motivo dominante di tutta l'azione del governo, alla politica nei confronti dell'Italia. Nell'ultimo discorso pronunciato alla dieta di Innsbruck il 12 giugno 1914, in occasione della legge relativa all'aumento dei bersaglieri provinciali, che era competenza della dieta ratificare, la rottura del B. con lo Stato di cui era suddito trova la più chiara ed energica motivazione quasi nel presagio della guerra imminente: esso era un atto di accusa contro il governo austriaco, che, alla miseria della popolazione non trovava altro rimedio che il potenziamento del militarismo.
Dopo l'attentato di Sarajevo, per qualche settimana il B. sperò ancora che i movimenti popolari trattenessero il governo austriaco dal precipitarsi in una guerra di cui egli prevedeva le dimensioni, ma le sue speranze andarono deluse. La guerra scoppiò un mese dopo, e l'8 agosto, insieme con Guido Larcher, rappresentante della liberale Lega nazionale, e con Giovanni Pedrotti, della Società alpinisti trentini, il B. stilò un appello al re d'Italia, invocando l'intervento dell'Italia nella guerra contro l'Austria. Il 12 agosto il B. varcò la frontiera.
L'ultima sua battaglia politica si svolse in Italia, dove egli prese, posto alla sinistra dello schieramento interventista, su posizioni vicine a quelle di Salvemini e di Bissolati.
Come per loro, e a differenza di quanti vagheggiavano una guerra di conquista, il fine era quello di smembrare l'impero asburgico, liberando le nazionalità oppresse, per spegnere definitivamente in Europa un permanente focolaio di reazione e di guerra. Conformemente a questa impostazione, la frontiera che egli rivendicava per l'Italia doveva comprendere solo i territori abitati da popolazioni italiane Ma a differenza di Bissolati e di Salvemini, che già nel corso della campagna interventista si preoccupavano di stabilire le distanze tra le varie forze che conducevano l'agitazione e di distinguere l'interventismo democratico da quello nazionalistico, il B. tendeva a far cadere l'accento sugli elementi che univano e non su quelli che in prospettiva potevano dividere, e con i nazionalisti stringeva rapporti di stretta collaborazione nell'azione immediata. Il suo mondo ideale, però, non era cambiato. Il suo sogno rimaneva quello di una federazione europea di libere nazionalità, fondata su una risorta internazionale socialista fatta di partiti a base nazionale. Ai socialisti si rivolgeva con particolare fervore, portando avanti la polemica, ma evitando ogni accento astioso, cercando di non approfondire il solco per non rendere impossibili, o comunque difficili, collaborazioni future.
Entrata l'Italia in guerra, il B. si arruolò volontario negli Alpini. I suoi rapporti di collaborazione con lo Stato Maggiore italiano erano già iniziati qualche anno prima, con la compilazione di guide militari dei confini italiani. Alla sua competenza si fece ancora ricorso nei primi mesi del 1916, ed egli tracciò un piano di sette monografie relative alla zona di guerra e stese i testi di due di esse. Ma la vita di retrovia gli pesava, ed egli ottenne di tornare al fronte con il grado di tenente, al comando di una compagnia del battaglione Vicenza. La metà di maggio 1916 vide scatenarsi sul fronte degli altipiani una violenta offensiva austriaca, contenuta dalle truppe italiane, che passavano al contrattacco. In questa fase della vicenda militare al B. fu dato l'ordine di conquistare una cima di notevole importanza, il monte Corno. L'attacco, non sostenuto dai rinforzi previsti, fu sanguinoso e sfortunato.
Il 10 luglio 1916, dopo una notte di combattimenti, con la compagnia decimata, il B. fu fatto prigioniero insieme con un giovane istriano di nascita, Fabio Filzi. L'11, incatenati su due carrette, percossi e oltraggiati lungo il cammino, i due prigionieri furono condotti a Trento e sottoposti a una corte marziale, che li giudicò colpevoli di alto tradimento, condannandoli all'impiccagione. La sentenza fu eseguita il 12 luglio nella fossa del Castello del Buon Consiglio in Trento.
Gli scritti del B. sono in gran parte raccolti nei due voll. dell'edizione nazionale a cura della vedova Ernesta Bittanti (C. B., Scritti geografici e Scritti politici, Firenze 1923). In appendice al secondo volume (pp. 377-424) è la bibliografia completa degli scritti.
Degli scritti geografici, oltre quelli già ricordati, i principali sono: Appunti di cartografia trentina ossia catalogo ragionato di carte geografiche, piante e prospetti di città ecc. riguardanti la regione trentina, in Annuario degli studenti trentini, IV(1897-1898), pp. 171-213; Il "Tarom" o "Gain". Il gergo dei calderai della Valle di Sole nel Trentino, in Tridentum, IX(1906), pp. 49-62.
Degli scritti politici, oltre a quelli citati, i più importanti sono: Relazione dell'attività sociale della Società studenti trentini nel suo Terzo Congresso (Trento 13 sett.1896), in Annuario degli studenti trentini, III (1896-1897); Il suffragio universale al Comune, Supplemento al n. 29 del 16 giugno 1899 de L'Avvenire del Lavoratore, n. 1 della "Biblioteca Popolare", Trento 1899; Il partito socialista e l'autonomia del Trentino (1895-1901), Trento 1901; Discorso elettorale pronunciato nel Teatro Verdi il 14 febbraio 1908, Trento 1908; La legge elettorale in Austria, Trento 1911; Che cosa hanno fatto i deputati dei vari partiti, Trento 1911; Al Parlamento austriaco e al popolo italiano: discorsi, Milano 1915.
Bibl.: L'elenco completo degli scritti italiani sul B. è in Ernesta Battisti Bittanti, C. B. nel pensiero degli Italiani, Trento 1934, con aggiornamenti editi col medesimo titolo a Trento nel 1938 e nel 1955. Si v. inoltre L. Bissolati-A. Groppali-E. Sacchi, Alla memoria e alla gloria di C. B., Discorsi, Cremona 1916; J. Hazon de Saint-Firmin, C. B. et la fin de l'Autriche, Paris 1917; A. Zerboglio, Martirio di C. B. patriotta socialista, Milano 1917. Sul processo, cfr. Atti dei processi di B.-Filzi-Chiesa, a cura dell'Archivio di Stato di Trento e della Società di Studi per la Venezia Tridentina, Trento 1934. Tra le biografie si v. P. Maranini, C. B., Piacenza 1922; E. Fabietti, C. B. L'anima. La vita, Firenze 1928; L. Filippi, C. B., Milano 1929; A. Tosti, Il martire di Trento, Roma 1935; A. Bollati, C. B., Milano 1937; O. Ferrari, Per l'Italia immortale. C. B., la sua terra e la sua gente, Trento 1942. Sul movimento operaio trentino cfr. G. Barni, Tradimenti e traditori. Una pagina di storia del social. trentino (1909-1911), Trento 1911; G. Raffaelli, Il movim. oper. nel Trentino dal mutualismo alle prime Camere del Lavoro (1844-1900), in Movim. operaio, VII (1955), pp. 230-251. Sui rapporti tra il B. e Mussolini vedi specialmente S. Cappai, Mussolini, Battisti e il loro tempo, in Trentino, XVIII (1942), pp. 67-70; H. Kramer, Benito Mussolini in Trient und die österreichischen Behörden im Jahre 1909. Nach neu gefundenen Akten, in Südostforschungen, XIV, (1955), pp. 186-204; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, v. Indice; B. Mussolini, Il Trentino visto da un socialista, in Opera Omnia, XXXIII, pp. 148-213. Sull'ambiente politico trentino si v. H. Kramer, Die Italiener unter der österreichisch-ungarischen Monarchie, Wien-München 1954, pp. 46, 60, 62, 75, 117-20 e note 16, 25 e 35a; E. Bezzi, Irredentismo e interventismo nelle lettere agli amici 1903-1920, a cura di T. Grandi e B. Rizzi, Trento 1963, vedi Indice; La società "Dante Alighieri" e l'attività nazionale nel Trentino (1896-1916). (Dai carteggi di Pasquale Villari), documenti inediti a cura di R. Monteleone, Trento 1963, pp. 16 s., 18 nota 3, 98, 126, 140, 141. In particolare sull'atteggiamento verso i clericali si veda della stessa Ernesta Battisti, Italianità di De Gasperi, Firenze 1957. Sulla campagna interventista del B. si v. Ernesta Battisti, Con C. B. attraverso l'Italia, agosto 1914-maggio 1915, Milano 1945; C. Battisti, Documenti della vigilia (1914-15). Carteggio segreto con C. B., in Bollett. del Museo del Risorgimento di Trento, n. 2 (1959), pp. 7-25 (lettere di G. Peterlongo); L. Ambrosoli, Né aderire né sabotare, Milano 1961, pp. 40-42, 43 nota 34, 44, 58, 70 nota 31, 153; L. Valiani, La dissoluzione dell'Austria-Ungheria. II, L'Esordio della politica delle nazionalità (1914-15), in Riv. stor. ital., LXXIV (1962), pp. 82 s., 85, 89 n. 109; Id., Il Partito socialista italiano nel periodo della neutralità, Milano 1963, pp. 26. 48-54, 76, 115-117. La bibliografia completa degli scritti di Ernesta Battisti sul B. nonché molti elementi biografici del B. e della moglie sono in Ernesta Battisti Bittanti. Brescia 1871-Trento 1957. In memoria. Scritti suoi ed a lei dedicati, Trento 1962. Sull'attività del B. per conto del Servizio informazioni militari dell'esercito italiano dal 1913 vedi T. Marchetti, Luci nel buio. Trentino sconosciuto 1872-1915, Trento 1934, pp. 259-281 e passim; T. Marchetti, Ventotto anni nel Servizio Informazioni Militari (Esercito), Trento 1960, pp. 51 s., 60, 86, 144 ss., 174 s., 196. Sul B.geografo si v. L. F. De Magistris, C. B. geografo trentino, martire italiano, in La Geografia, IV(1916), pp. 305-316 (con bibl.); A. Mori, C. B., in Riv. geografica ital., XXIII (1916), pp. 295-303; M. Baratta, C. B., in Bollett. d. Soc. geografica ital., s. 5, VI (1917), pp. 247-269; F. Musoni, C. B. geografo, ibid., s. 5, IX (1920), pp. 144-159; vedi inoltre Carteggio di A. Ghisleri e di C. B., a cura di G. Macchia, in Boll. d. Domus Mazziniana, X (1964), pp. 7-38.