BROFFERIO, Giuseppe Cesare Angelo
Nacque a Minusio (Locarno) il 9 ag. 1846 e fu battezzato nello stesso giorno nella chiesa parrocchiale del luogo. Era il primo dei quattro figli naturali che lo scrittore e uomo politico piemontese Angelo ebbe dalla milanese Giuseppina Zauner, sua collaboratrice nel lavoro storico e letterario, con la quale, sin dal 1846 circa (anno in cui acquistò la villa della Verbanella sul Lago Maggiore), veniva formando a Minusio una seconda famiglia, risiedendo quella legale a Torino.
Nonostante le varie ricerche fatte dagli storici, non si è potuto stabilire quando e quali dei figli della seconda famiglia del poeta piemontese siano stati da lui legalmente legittimati, essendo stati essi, tutti, registrati al momento del battesimo col cognome della madre Zauner.
Sebbene sia certo che i Brofferio soggiomarono alla Verbanella per circa un ventennio, tuttavia dai registri locali risulta che il B. frequentò soltanto per qualche anno la scuola elementare di Minusio, avendo egli lasciato assai presto il paese natio ed essendosi mantenuto in relazione epistolare con note persone di Locarno, Alfredo Pioda ed Emilia Franzoni, entrambe dedite alle scienze occulte. Si arruolò ventenne fra i volontari garibaldini, distinguendosi per coraggio nella guerra del 1866. Iniziò giovanissimo la carriera di insegnante, che interruppe nel 1868 per recarsi per motivi di studio a Parigi, dove insegnò privatamente fino al 1874; nel 1877 era di nuovo a Milano, dove ricoprì la cattedra di latino e greco al collegio Calchi Taeggi, al collegio militare e successivamente al liceo Manzoni. Intanto veniva allargando sempre più il campo delle sue conoscenze in vari rami del sapere, approfondendo soprattutto le scienze psicologiche.
Nel 1880 la R. Accademia dei Lincei segnalava, in un pubblico concorso, i sei tomi della sua Mitologia psicologica (Torino 1879), giudicati "uno studio amplissimo anzi colossale intorno alle personificazioni mitologiche dello spirito e degli organi suoi", di cui "parti pressoché eccellenti sono i capitoli che versano intorno alle grandiose personificazioni della Voce e al Destino dell'anima" (Finzi, p. XI); si affermava, in conclusione, che "la molta perizia nel campo della filosofia greca e dell'indiana e la molta dimistichezza con alcune categorie di fonti indiane, non mai prima tentate da alcun italiano, basterebbero da sole a far tenere in grandissima estimazione questo concorrente il quale mai ebbe aiuti o conforti se non dalla pertinacia della sua volontà" (ibid.). A esprimere questo lusinghiero giudizio erano stati l'Ascoli insieme con l'Amari, il Comparetti e altri. Tre anni dopo, giudici il Comparetti, il Bodio, il Ferri e il Bonatelli, venne dichiarato vincitore del primo premio del ministero per le scienze filosofiche e sociali, presso la R. Accademia dei Lincei, un lavoro del B., presentato anonimo, la Teorica della conoscenza, poi pubblicato col titolo Le specie dell'esperienza (Milano 1884).
Di salute piuttosto cagionevole, assiduo e molto scrupoloso nell'assolvere il suo compito di professore, il B. fu uomo dottissimo e spettatore attento e non inerte di tutto ciò che accadeva nel mondo della politica e della letteratura del suo tempo. Lavorò in quegli anni, e anche prima, solertemente al suo Manuale di psicologia (Milano 1889), libro che egli scrisse per i giovani, "nato nella scuola e per la scuola", come ebbe a dire di esso A. De Marchi, collega per lungo tempo del Brofferio. Ma dagli studi recenti di psicologia e da quelli più remoti di psicomitologia indiana egli doveva passare, attraverso l'assimilazione delle teorie di C. Du Prel e le costanti ricerche sperimentali sui sogni e l'ipnotismo, all'esperienza dello spiritismo. Nel 1891, così, vedeva la luce la sua opera Per lo spiritismo (Milano 1891), nella quale, attraverso lunghe analisi dei fatti medianici, delle teorie spiritiche e attraverso la narrazione di episodi effettivamente accaduti e testimoniati dalla sua personale esperienza, giungeva all'affermazione che "lo spiritismo è vero" (p. 354) e che "l'ipotesi della comunicazione coi defunti è la meno improbabile" (p. 353). Al 1893 risale la traduzione del lavoro del Du Prel, L'enigma umano (edito a Milano) intorno alle scienze psichiche, corredata da un'introduzione in cui il B. rilevava, non senza una certa soddisfazione, che, nonostante le diffidenze del pubblico ad accogliere le dottrine che ormai si facevano strada, aprendo nuovi orizzonti nel campo della scienza, si continuava ugualmente a procedere innanzi, anche se lentamente, vincendo quella paura che "costringe al silenzio, il quale conserva l'ignoranza, che poi produce il pregiudizio, da cui rinasce la paura" (Finzi, p. XV).
Il B. moriva a Milano nel 1894, alla età di soli 48 anni, interrompendo nella piena maturità lo svolgimento di un'attività che lasciava sperar bene per il futuro.
Legato alle vicende della scuola positiva italiana e studioso acuto e attento di Stuart Mill - del quale principalmente condivide molte idee -, dello Spencer, del Taine, del Wundt e del Galluppi, dell'Ardigò e di molti altri pensatori a lui contemporanei, il B. deve la fama di filosofo alla sua opera Le specie dell'esperienza, in cui prende in esame il problema della "cognizione" e afferma che, per poter dare un'esatta definizione di essa, è necessario stabilire l'esatto rapporto che corre tra il "conoscente e la cosa conosciuta" (p. 6). Attraverso l'esame dell'origine della cognizione, preceduto da una classificazione delle varie specie di esperienza, che vengono, a loro volta, tutte catalogate nelle due classi di presentazioni del singolare o del generale, e attraverso l'analisi di sensazioni, immagini, intuizioni, inferenze (intese come presentazioni immediate di rapporti), egli risale al problema della causa e della sostanza. Il B. conclude affermando, in pieno accordo col Mill, che la sostanza è "l'insieme delle sensazioni possibili" (p. 428), che è, in altri termini, "quell'insieme di fenomeni che si trovano negli individui della stessa specie" (p. 429).
Bibl.: G. Finzi, In memoria, pref. alla 3 ediz. dell'opera del B.,Per lo spiritismo, Torino 1903; G. Gentile, Le origini della filosofia contemp. in Italia, II, I positivisti, Messina 1921, pp. 377-410; E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 1966, p. 1258; G. Mondada, Angelo Brofferio alla Verbanella, in Boll. storico della Svizzera italiana, LXXIX (1967), pp. 125-41.