CATALANI (Catalano), Giuseppe
Nacque a Paola (Cosenza) da Francesco e da Anna Maria Baroni il 14 giugno 1698. Compiuti i primi studi nel collegio dei gesuiti a Cosenza, per completare la propria formazione si recò a Napoli, dove fu ordinato sacerdote nel 1723. Trasferitosi successivamente a Roma, si laureò in utroque iure alla Sapienza il 14 maggio 1725. Il 13 novembre 1730 fu ammesso nella comunità dei dodici cappellani addetti alla chiesa di S. Girolamo della Carità in via Monserrato, e non fu mai "gerolamino", oppure genericamente dell'Oratorio, come molti hanno scritto.
Nel 1733 il C. accolse l'invito di papa Clemente XII che lo destinava al nuovo collegio Corsini, creato per la formazione dei chierici di rito greco-albanese a San Benedetto Ullano, in Calabria. Durante questo soggiorno, con un'opera di cui non si conosce il titolo, si schierò su posizioni antigiurisdizionalistiche per confutare una pubblicazione altrettanto ignota (Concilia, IV, dedica, pp. n. n.). La sua permanenza in Calabria fu tuttavia breve, preferendo il C. ritornarsene a Roma, dove riprese la sua attività scientifica e pastorale. Ricusò la nomina a legato apostolico in Cina, offertagli da Clemente XII in data non precisata, ma presumibilmente verso la fine del 1734, con l'incarico di ristabilire l'armonia fra i missionari, divisi sulla delicata questione dei riti cinesi.
La personalità del C. si distingue per la costanza e la solerzia nel lavoro scientifico. Pressato da necessità culturali o da richieste, si sobbarcava alla simultanea redazione di opere diverse, elaborate nondimeno con grande acribia. Alieno da interessi contingenti e miraggi di carriera, rifiutò sovvenzioni, prebende e onorificenze, in contrasto deliberato con la petulanza diffusa negli ambienti chiesastici della Roma settecentesca. Nel 1744, a riscontro del giudizio dato dal Chiappini ("Talento assai vivace, fervido e socratico. Ha, mesi sono, ricusato benefici che Nostro Signore gli fè esibire... è così non curante, o mostra d'esserlo, che né il primo [volume del Caeremon. Episc.]presentò in persona al papa, ma lo mandò in anticamera, né del secondo farà altrimenti..."), il Muratori, che lo riteneva "dottissimo",commentava: "...il p. Catalani... deve ben passare costì per uomo eteroclito, da che rifiuta benefizi ed è sì sprezzante anche nel resto...". Ciò nonostante, il C. ripetutamente lamentò di essere costretto ad affrontare gravosi sacrifici, rinunziando persino a vitto e indumenti, per poter stampare le sue opere. Rigido assertore della morale tradizionale della Chiesa, lodava il cardinale G. Spinelli e vituperava i teologi lassisti.
Le opere del C. possono dividersi in tre gruppi: opere ascetico-didattiche, opere storico-liturgiche e opere storico-giuridiche. La sollecitudine per la formazione morale e intellettuale del clero portò il C. a detestarne l'indisciplina e il settarismo coltivato nelle inquiete "conventicole",dove si pervertivano i giovani e si conculcava la religione (Concilia, I, p. XI). In tale contesto deve intendersi lo slancio che lo animò nella pubblicazione di opere simboliche, catalogabili nel primo genere: Sancti Hieronymi presbiteri epistulae selectae in tres libros novo ordine distributae...,Romae 1731 (2. ediz., Bassano 1768), in cui, al testo delle lettere denominate familiari del primo libro, aggiunse nel secondo quelle ritenute più importanti, e nel terzo le altre concernenti la biografia di alcuni santi, scritte da s. Girolamo; De vita venerabilis servi Dei Bartholomaei de Quental..., Romae 1734; Beati Humberti De Romanis burgundi, olim Ordinis Praedicatorum...,Romae 1739, che è una riedizione accurata di un prontuario trecentesco di predicazione, con l'aggiunta di note esplicative e con frequenti rimandi al suo Pontificale; Sancti Joannis Chrysostomi De sacerdotio dialogi seu libri sex in varia capita, ac numeros divisi..., Romae 1740, edizione dal C. arricchita di note e commenti; De vita clericorum et sacerdotum epistola Sancti Hieronymi ad Nepotianum...,Romae 1741, con largo apparato di note e commenti, in cui corroborava le affermazioni di s. Girolamo con sentenze di altri padri e con canoni della disciplina antica intorno ai doveri di preti e vescovi (al testo aggiunse [pp. 106-116] Pars epistolae S. Hieronymi ad Heliodorum de morte Nepotiani): viillustrò, inoltre, il ruolo svolto dal centro di S. Girolamo della Carità in Roma.
Al genere di opere storico-liturgiche, che fanno di lui uno dei migliori liturgisti del Settecento, il C. dedicò innanzitutto: De codice Evangelii atque servatis in eius lectione, et usu vario ritibus, libri tres...,Romae 1733, con la ricostruzione storica degli usi e dei riti concernenti la "lectio Evangelii".
Definito, in seguito, "liber rarus et exquisitus" (Hurter), fu questo il primo lavoro che rivelò la seria preparazione filologica di cui era dotato, al punto da interessare i redattori degli Acta eruditorum di Lipsia. Nel lungo articolo dedicatogli, questi manifestarono tuttavia non soltanto dissenso, ma risentimento per talune riserve enunciate dal C., al quale rimproverarono preconcetto e parzialità nelle critiche mosse a Lutero, Melantone e altri, accusati di aver sottratto al Vangelo qualsiasi valore di norma.
Il Pontificale romanum in tres partes distributum... nunc primum prolegomenis et commentariis illustratum...,I-III, Romae 1738-40 (2 ediz., Bruxelles 1753; 3 ediz., Paris 1850; 4 ediz., Augsburg 1878) e ricco di commenti sui principali testi liturgici. Scoperti alcuni codici con varianti nelle biblioteche Vaticana, Angelica, Casanatense e Vallicelliana, il C. ne pubblicò il relativo frammento in appendice al suo commento di ciascun rito.
Il Caerimoniale Episcoporum in duos libros distributum... commentariis illustratum..., I-II,Romae 1744 (2 ed., Paris 1860) gli fu commesso da papa Benedetto XIV.
Seguendo il metodo che gli era abituale, vi riprodusse il testo delle prescrizioni da osservarsi dai vescovi nella sacra liturgia, facendolo seguire dal suo commento erudito, con riferimenti storici, rilievi, giustificazioni e spiegazioni, Ai due libri annunciati nel frontespizio, ne aggiunse un terzo con la costituzione di Benedetto XIV del 15 maggio 1741 riguardante le norme e il criterio delle precedenze a cui dovevano attenersi vescovi, presidi, governatori di province ecclesiastiche, prelati e legati apostolici, per eliminare le infinite controversie che ne nascevano.
I Sacrarum caeremoniarum sive rituum ecclesiasticorum Sanctae Romanae Ecclesiae libri tres...,I-II,Romae 1750-51, sono una riedizione critica del testo che era stato redatto dal cerimoniere pontificio di Sisto IV, poi vescovo di Pienza, Agostino Patrizi Piccolomini e pubblicato da Cristoforo Marcello. Il C. collazionò l'edizione veneta del 1516 non soltanto con l'altra di Colonia del 1557 e con l'ultima, romana, del 1560, ma anche con i numerosi codici esistenti in diverse biblioteche e con i Diari di Paride De Grassis, annotando varianti e correggendo errori. Per il Rituale romanum... perpetuis commentariis exornatum..., I-II,Romae 1757 (2 ediz., Padova 1760), che la comune opinione dei liturgisti considera come il "commentario più autorevole e scientifico" (Löw, in Enc. Catt., X, s. v. Rituale romano), a paragone di altre edizioni, il C. ebbe presenti i commentari di Gerolamo Baruffaldi (Venezia 1731) sui quali rilevò che vi difettassero dottrina patristica e autorità dei sacri canoni, essendosi l'autore limitato a raccogliere esclusivamente le opinioni dei casuisti.
Con questo lavoro il C. volle rendere innanzitutto un servizio a parroci e sacerdoti, che sarebbero stati facilitati nella spiegazione al popolo del valore della liturgia e dei singoli riti sacri. Stabilito il rapporto di precedenza fra la Chiesa di Roma e quelle locali, ne trasse la conclusione di una precedenza rituale della prima sulle seconde. I riferimenti alle polemiche giurisdizionali del sec. XVII ruotanti attorno alle teorie gallicane anche per quanto concerneva i riti sacri gli fornirono lo spunto per condividere le tesi dell'Altaserra contro le teorie del Févret, che nel Traité de l'abus aveva sostenuto la preminenza della normativa rituale dei metropoliti su quella dei suffraganei.
Alla ricerca storico-giuridica il C. dedicò le maggiori fatiche con l'edizione dei Sacrosanta Concilia oecumenica prolegomenis et commentariis illustrata...,I-IV,Romae 1736-49.
Il progetto e la realizzazione di questa imponente opera furono il risultato dell'attività svolta inizialmente nell'Accademia dei Concili generali (sconosciuta al Maylender) istituita dal C. nella propria abitazione e in seguito trasferita in S. Girolamo della Carità, precedendo di alcuni anni l'altra omonima istituita da Benedetto XIV nel 1740.
L'esposizione chiara e metodica, priva di ampollosità, l'estesa indagine storica con riferimenti a fonti talvolta sconosciute, i commenti eruditi conferiscono a questa raccolta un carattere di singolarità. Rivendicando originalità e completezza alla sua opera, la confrontava alle raccolte di S. Bini, del Longo, di J. Cabassut e di Cristiano Lupus, facendo notare come, nonostante l'accurata narrazione storica, costoro non avessero pubblicato il testo integrale di tutti i concili ecumenici, ma soltanto alcuni canoni di essi con annotazioni. Proprio mentre fervevano le dispute teologico-giuridiche sul rapporto fra papa e vescovi, nei prolegomeni del primo volume il C. condivise l'opinione di quanti sostenevano che il potere di ogni vescovo sulla Chiesa universale (nei concili) deriva dalla consacrazione episcopale ed è distinto e indipendente dalla giurisdizione diocesana conferita dal papa.
Opere di erudizione storica sono: De Magistro Sacri Palatii Apostolici...,Romae 1751; e De Secretario Sacrae Congregationis Indicis libri duo, Romae 1751. Nell'edizione degli Annali d'Italia del Muratori, Roma 1752-54, dodici tomi inventiquattro vol. (2 ed., Monaco [ma Roma] 1762-64; 3 ediz., Roma 1786-88), pubbl. "non sine oraculo" di Benedetto XIV, aggiunse la cronaca ulteriore, aggiornandola per le varie edizioni da lui curate, premettendo ad ogni volume la sua "prefazione critica".
Del Muratori, "...diu... familiaritate coniunctus" (Annali, I, 1, p. IV) come scrisse, si sentiva in dovere di tutelare la memoria rendendosi "...fidelis Muratorii defuncti voluntatis exequutor" (ibid., p. V).In realtà, la spinta alla riedizione dell'opera era determinata dalla necessità di emendare e annotare quei passi "quae non parum temporalis Romanorum Pontificum dominii laesiva visa sunt multis" (ibid.), ed egli giustificò l'intervento con la famosa lettera inviata dal Muratori al papa (16 sett. 1748: ibid.,p. XII;testo a p. XIII; ancora in III, 1, p. XXV). Interpretandola, il C. fu convinto di realizzare il progetto che l'autore aveva in animo di eseguire se non ne fosse stato prevenuto dalla morte: "Muratori... meritava che uno dei suoi amici eseguisse la sua volontà, giacché la morte non diede tempo a lui di mandarla ad effetto" (ibid., I, 1, p. XV).Riprodusse integralmente, in ogni volume, le acri e forti critiche del Cenni, aggiungendovi alcune osservazioni sue "senza entrare nella mente dell'Autore, la quale, come apparisce dalla sua Vita e dalle tante sue opere, fu certamente fornita di una somma pietà e di una immensa dottrina" (ibid.,p. XVI).Ma il C. volle anche sottolineare come il Muratori "non dogmatice, sed historice Annales suos scripsisse" (ibid.,p. VI)e che pertanto occorresse attenuare la grave accusa del Cenni, che li aveva definiti "uno de' libri più fatali al Principato romano" (ibid., p. X).A tale accusa aveva replicato il Muratori stesso, del quale non si doveva disattendere la giustificazione con gli argomenti forniti nella conclusione del dodicesimo libro (ibid., p. VI), che il C. mostra di condividere.
L'ultima fatica il C. la dedicò alla Collectio maxima Conciliorum omnium Hispaniae et novi Orbis...,I-VI,Romae 1753-55, seconda edizione della raccolta curata dal benedettino José Saenz de Aguirre (1693-1694).
Il C. tralasciò di includervi alcune note già approntate "...ne maleferiati homines in pravuni sensum, quae scriberem torquerent..." (I, p. VI). Vi annotò quanto avevano rilevato alcuni eruditi e soprattutto il Mansi nelle aggiunte ai Sacrosancta concilia del Labbé, integrò i testi incompleti dell'Aguirre, distribuì diversamente la materia pur seguendo l'ordine della edizione originale e nel primo volume fece precedere il testo dagli elogi che dell'autore e dell'opera avevano manifestato alcune insigni personalità. Le sue dissertazioni riguardano prevalentemente problemi di cronologia e di riferimenti storici.
Dai biografi gli sono state attribuite altre opere, di cui alcune annunziate da lui medesimo nei suoi scritti, ma in realtà mai date alle stampe: Canonici iuris institutiones (Concilia, II, dedica); De viris illustribus Congregationis Oratorii S. Hieronymi de Charitate (De vita clericorum, dedica; Collectio, II, p. IV); Conciliorum Italiae collectio (Concilia, IV, dedica; Sacr. Caeremon., dedica); Vita SS. Pontificum et Cardinalium ex Ordine Praedicatorum assumptorum (Zavarrone, Aliquò); De scriptoribus calabris (Morelli, Minieri Riccio); De Commissario S. Officii (Morelli, Minieri Riccio); Nova philosophia (Morelli, Minieri Riccio).
Il C. morì a Roma il 10 ag. 1764.
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