VELZI, Giuseppe Carlo Filippo (in religione Giuseppe Maria)
– Nacque l’8 marzo 1767 a Como da Carlo e da Caterina Terrani, e fu battezzato venti giorni più tardi nella parrocchia di S. Giacomo con il nome di Giuseppe Carlo Filippo. La famiglia, facente parte del locale ceto civile, era moderatamente benestante.
Il giovane Velzi si formò prima sotto la supervisione di alcuni istitutori privati, e poi nel locale liceo, manifestando precocemente una particolare inclinazione per gli studi. Nel 1784, non ancora diciassettenne, lasciò la natia Como per trasferirsi a Roma, dove il 4 dicembre entrò nel convento domenicano di S. Maria sopra Minerva e prese il nome di Giuseppe Maria in onore dell’avo paterno. Il 12 dicembre 1785 pronunciò i voti solenni nell’Ordine. A Roma si dedicò agli studi di teologia presso il collegio della Sapienza, che gli garantirono poi il titolo di lettore in teologia a Perugia, a Viterbo entro il 1802, e infine a Lucca. Nel 1804 fece ritorno a Roma, dove divenne sagrestano maggiore del convento della Minerva. La sua fama di eloquente oratore gli guadagnò la possibilità di predicare la quaresima in Vaticano e di pronunciare alcuni sermoni nella cappella pontificia. Fu successivamente nominato maestro degli studi del convento della Minerva nel 1807, e priore dello stesso nel 1808. Mantenne la carica di priore fino al giugno del 1810, quando, dopo l’invasione francese di Roma l’anno precedente e la deportazione di Pio VII, l’amministrazione napoleonica decretò la soppressione degli ordini religiosi. Prima di lasciare Roma, Velzi fu comunque in grado di mettere in salvo numerosi degli oggetti di maggior valore appartenenti al convento della Minerva.
Deposto forzatamente l’abito dell’Ordine domenicano, fece successivamente rientro a Como per la prima volta in ventisei anni, e ivi collaborò con il vescovo Carlo Rovelli, suo confratello. Su incarico di Rovelli rifondò il seminario vescovile cittadino, di cui ottenne dunque la direzione e alla cui rifioritura contribuì in maniera decisiva. Rovelli lo elesse anche suo collaboratore nell’amministrazione della diocesi e lo scelse come suo teologo di fiducia, tanto da portarlo con sé a Parigi nel giugno del 1811, in occasione del concilio dei vescovi imperiali convocato contro il volere di Pio VII da Napoleone Bonaparte con l’intento di provvedere all’istituzione canonica dei vescovi che l’imperatore stesso aveva designato per le sedi rimaste vacanti. Il tentativo napoleonico fallì, e Velzi fece ritorno a Como con Rovelli nel luglio successivo.
Rimase a Como nei primi anni della Restaurazione, anche dopo la morte del suo mentore Rovelli nel 1819. Nel 1821 decise infine di lasciare la direzione del seminario comasco, che aveva tenuto per nove anni, e di tornare a Roma. Di passaggio a Firenze, vestì nuovamente l’abito domenicano dopo il ripristino degli ordini da parte di Pio VII, e si spostò poi a Perugia, dove fu eletto procuratore generale dei domenicani. Nel 1822 fece finalmente rientro a Roma.
Nel settembre del 1823, mentre era in viaggio alla volta di Palermo per una visita canonica presso la provincia di Sicilia, fu nominato vicario generale dell’Ordine domenicano da papa Leone XII a seguito della rinuncia per malattia del padre Pio Maurizio Viviani, e in assenza dei capitoli elettivi dell’Ordine, che non sarebbero stati convocati fino al decennio successivo. Giunto a Palermo nel novembre, svolse la visita con particolare successo, nonostante le iniziali diffidenze del governo napoletano che riuscì a vincere stringendo buoni rapporti con i ministri Luigi de’ Medici e Donato Tommasi e con i principi ereditari Francesco e Isabella. Sulla via del ritorno a Roma, si fermò a Napoli nel marzo del 1824, e fu poi inviato a svolgere una seconda visita canonica in Piemonte e nelle Marche. In qualità di vicario generale dei domenicani si adoperò anche per la restaurazione della provincia lombarda dell’Ordine. Al suo rientro nella capitale papale, Leone XII aggiunse alle sue numerose incombenze anche quella di deputato della visita apostolica straordinaria per le chiese di Roma. In questa qualità, fu visitatore dei conventi romani dei carmelitani dell’antica osservanza, dei minori osservanti, dei conventuali, dei barnabiti e dei cappuccini.
A partire dal suo rientro a Roma nel 1822, Velzi aveva anche iniziato a rivestire incarichi nella Curia papale. Il 20 maggio 1822 era stato nominato consultore dell’Indice, e il 7 febbraio 1824 fu nominato consultore del S. Uffizio. Nel 1826 fu infine scelto per il posto di maestro del Sacro Palazzo apostolico, cioè teologo ufficiale del papa – ruolo tradizionalmente riservato a membri dell’Ordine domenicano. Su suggerimento dello stesso Leone XII, scelse come proprio collaboratore il confratello Domenico Buttaoni, che lo aveva accompagnato nelle visite canoniche in Sicilia, Piemonte e Marche, e che gli sarebbe poi succeduto nell’incarico di maestro del Sacro Palazzo nel 1832. Nel 1828, oberato dalle responsabilità curiali, che peraltro si erano andate moltiplicando negli anni con l’accumularsi di nuovi incarichi di consultore, decise di rinunciare alla carica di vicario generale dell’Ordine.
Gregorio XVI, che nutriva per Velzi amicizia e stima, decise infine di premiarne lo spirito di servizio e nel concistoro del 2 luglio 1832 lo preconizzò vescovo di Montefiascone e Corneto e cardinale con il titolo della chiesa di S. Maria sopra Minerva. Ricevette la consacrazione episcopale il 15 luglio dal cardinale Bartolomeo Pacca. La sua nomina cardinalizia e il suo insediamento sulla cattedra di Montefiascone e Corneto furono celebrati da vari autori in due volumetti di Applausi poetici (Roma 1832 e Montefiascone 1832). Come cardinale fu membro delle congregazioni del S. Uffizio, dei Vescovi e regolari, dell’Indice e della Disciplina dei regolari. Fu anche attivo pastore della sua diocesi, in cui si adoperò particolarmente a vantaggio del locale seminario, che aveva attraversato un lungo periodo di declino, e riformò i Regolamenti disciplinari per la pia casa di penitenza di Corneto (Roma 1833). Si conserva a stampa il testo di una Epistola pastoralis ad clerum et populum Phaliscodunensis et Cornetanae dioecesis (Romae 1832), con cui si presentò ai fedeli della sua diocesi.
Dopo aver rivisto la natia Como nella primavera del 1834, fece rientro nella sua diocesi, dove iniziò a soffrire di alcuni problemi di salute che lo costrinsero a ritirarsi per qualche tempo a Viterbo. Il 20 maggio 1835 si recò a Civitavecchia in occasione della visita di Gregorio XVI, e ne ricevette poi la visita a Corneto il successivo 22 maggio. In questa occasione, il papa lo condusse con sé a visitare le saline di Corneto a bordo della nave a vapore Il Mediterraneo.
Rientrato infine a Montefiascone, morì nella villa episcopale all’età di sessantanove anni il 23 novembre 1836, colpito da un improvviso male al fegato. Ricevette solenni onoranze funebri nella cattedrale cittadina, e il suo corpo fu poi tumulato a Viterbo, secondo quanto egli stesso aveva disposto, nella cappella di S. Domenico della chiesa domenicana di S. Maria della Quercia. Il suo cuore fu invece inumato nella chiesa del seminario maggiore di Como, che egli aveva diretto per nove anni. Un Elogio funebre (Genova 1837) in suo onore fu pronunciato dal confratello Tommaso Giuseppe Ramella nella chiesa dei domenicani ad Alassio e dato alle stampe.
Fonti e Bibl.: F.A. Cianelli, Ragguaglio delle geste e dei miracoli di Santa Zita Vergine dedicato al reverendissimo p. maestro f. Giuseppe Maria V., Lucca 1826, pp. 5-10; Gazzetta della provincia di Como, 17 novembre 1838, p. 144; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XVII, Venezia 1842, p. 152, XC, Venezia 1858, pp. 119-121; D. Rossi, Notizie sulla vita e gli scritti di Giambattista Berardi canonico teologo della cattedrale di Bergamo, Bergamo 1845, pp. 16-24, 50 s., che pubblica estratti di alcune lettere di Velzi; B. Bernasconi, Il cardinale Velzi. Cenni biografici, Como 1892; P. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la Curie Romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, p. 481.