CAPRA (de Capra), Giuseppe
Nacque tra il 1530 e il 1542, probabilmente in Piemonte. Secondo la genealogia tracciata da A. Manno fu il sesto dei sette figli di Oliviero priore del collegio dei fisici, e di Francesca Clivati, di origine milanese.
La famiglia, di antica nobiltà, viene ricollegata ai Capra di Rivoli o ai Capra di Novara; ma la diffusione di questo cognome, senza che vi fossero vincoli di agnazione tra le famiglie, rende arduo pronunciarsi in merito. Dalla descrizione delle vicende del suo stemma, contenuta in una patente del 1º genn. 1578, si può arguire una costante ascesa di questo casato, che fu insignito dell'aquila imperiale. Ai titoli da esso posseduti Emanuele Filiberto aggiunse l'arma sabauda, cioè la croce bianca di Savoia, per premiare "la lunga et fidelissima servitù del suo protomedico Marcantonio Capra" e quella dei suoi fratelli "Gio. Batta, Girolamo, Gio. Paulo gentiluomini di nostra bocca, e di Giuseppe nostro secrettario et di nostra canzelleria di Stato de' quali godiamo anche molto la servitù che ci fanno", Come i fratelli anche Paola Capra entrò al servizio ducale, quale governante dell'infanta.
Il C. assai giovane, forse poco più che ventenne, iniziò la sua carriera di funzionario ducale divenendo segretario di cancelleria o degli affari interni, come è altrove denominato, il 1º dic. 1567. La notizia è tratta dai Protocolli di corte che, assieme a quelli camerali, contengono una preziosa documentazione della vita politico-amministrativa del ducato fino a tutto il regno di Emanuele Filiberto. Per la loro stessa natura di minutari, essi contengono talvolta solo rapide annotazioni. È questo il caso del C., la cui patente di nomina non viene riportata. Lo scrivano si limitò ad annotare sul retro della patente di nomina di un altro segretario, il La Creste: "costitutione di secretari di Sua Altezza a Giuseppe Capra e Gio. Francesco de la Creste ambo a un modo e del medesimo giorno", Non è possibile dire fino a che punto si identificassero le carriere di questi due funzionari; ma tutto lascia presumere che quanto si afferma del La Creste sia riferibile al C. e si potrebbe quindi credere che, come risulta per il primo, anche il C. avesse iniziato a servire il suo principe almeno otto anni prima del 1567.
L'ufficio era delicato e si esigevano per rivestirlo doti di fedeltà, segretezza, autorevolezza, solerzia e prudenza, oltre ad una piena dedizione alla persona del duca. I segretari venivano destinati dal duca a mansioni dettate dalla necessità del momento, senza che i loro compiti fossero rigidamente prefissati.
È probabile tuttavia che il C., fin dai primi anni del suo ingresso nella cancelleria ducale, venisse principalmente adibito al servizio delle poste, dal momento che in una patente del 1º maggio 1606 si afferma che egli era stato "per quarantacinque anni in grado di segretario delle poste". La sua entrata in servizio coincise con la riforma del servizio postale che Emanuele Filiberto affidò nel 1561 ad Antonio Scaramuccia creandolo maestro generale delle poste di qua e di là dai monti. Il generale delle poste doveva risiedere e tenere ufficio in una casa fatta costruire dal duca "sulla contrada del ponte di Po". Il C., che nel 1578 era ancora segretario, conseguì tale grado; ma per l'acquisto della carica dovette pagare 6.000 scudi d'oro di Italia. Nel 1589 ricopriva già l'alto ufficio che mantenne per alcuni anni finché, per ragioni che rimangono oscure, venne imputato, forse nel 1595 regnante Carlo Emanuele I, "di aver commesso alcuni delitti in discredito" del sovrano. Su parere del Senato fu sospeso dall'ufficio per qualche anno in pendenza della causa. Riconosciuta poi la sua innocenza con sentenza assolutoria, non potendosi destituire il suo successore, gli venne assegnata una rendita del cinque per cento sui dazi di Vercelli per sé e i suoi eredi, con facoltà di disporne; fu stabilito inoltre che gli fossero rimborsati i 6.000 scudi pagati per l'acquisto della carica (1º febbr. 1603).
La riabilitazione fu accompagnata da moderate parole di elogio e da generiche espressioni di riconoscimento della sua attività di funzionario ducale. Fra i meriti a lui ascritti vi è quello di aver seguito la persona del principe "servendo con affetto" "nelle guerre passate": precisazione che permette di circostanziare meglio il servizio prestato dal C., specie se si tiene conto che il regno di Carlo Emanuele I fu incessantemente agitato dalla guerra.
Dopo questo episodio non restano che poche notizie sporadiche del Capra. Sappiamo ad esempio di una compravendita stipulata con il duca avente per oggetto suoi beni immobili (9 giugno 1605). In una patente del 1º maggio 1606 lo si descrive vecchio e sofferente; ormai non più in grado di svolgere un servizio impegnativo, viene nominato maggiordomo dei forestieri. Questo mandato gli fu rinnovato più volte. Nel 1619 era ancora maggiordomo e conseguiva un'assegnazione sui dazi di Vercelli; inoltre una pensione, forse costituita da un censo sopra Andomo. L'ultima menzione di lui è in una assegnazione fatta tra il 1620 e il 1622. La sua morte va posta probabilmente in questi anni. Sposò Paola, sorella di Marco Antonio Visia, vescovo di Vercelli.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Sezione I, Protocolli di corte, n. 222b, f. 4; n. 232, f. 386v; Ibid., Sezione Camerale, Controllo finanze, reg. 1602-1603, f173; reg. 1603-1604, f. 329; reg. 1604-1606, ff. 65, 73, 150; reg. 1606-1607, ff. 27, 90; reg. 1607-1608, f. 79; reg. 1612-1614, f. 82; reg. 1619, ff. 41, 243; reg. 1619-1620, f. 121; reg. 1622, f. 19; [G Galli della Loggia], Cariche del Piemonte…, Torino 1798, I, p. 408; III, p. 30; B. Trompeo, Dei medici e degli archiatri dei principi della R. Casa di Savoia..., in Atti della R. Accad. medico-chirurgica di Torino, IV(1857), pp. 431 s.; Torino, Biblioteca nazionale, A. Manno, Il patriziato subalpino (datt.), III, p. 315, sub voce Capra.