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CAPPELLETTI, Giuseppe

di Paolo Preto - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)
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CAPPELLETTI, Giuseppe

Paolo Preto

Nacque a Venezia nel dicembre del 1802 da Gaetano ed Elisabetta Venturelli. Di famiglia di modeste condizioni, egli venne avviato alla carriera ecclesiastica e si dedicò molto presto a studi e ricerche storiche, senza però avere il sussidio di una vasta cultura e di una adeguata preparazione tecnico-filologica. Esordì traducendo alcuni testi di storia armena (S. Nersetis Clajensis opera in latinumconversa, Venetiis 1833, in due volumi; Eliseo,storico armeno del V secolo, Venezia 1840; Mosè di Korèn,storico armeno del V secolo, ibid. 1841, in cinque volumi), per i quali gli forniva abbondante materiale la ricca biblioteca della Congregazione dei padri mechitaristi di S. Lazzaro, che gli misero a disposizione anche la famosa tipografia. Seguirono altri studi di storia ecclesiastica armena (L'Armenia, Firenze 1841; Storia ecclesiastica armena, ibid. 1842) non privi di una certa originalità, se non altro per la novità del tema e la discreta diligenza della stesura, che compensano in parte l'assenza di un robusto disegno critico. Benché impegnato in questa intensa e disordinata attività di ricerca e di pubblicazione, il C. fu partecipe attivo e appassionato delle vicende politiche dei suoi tempi. Durante gli avvenimenti del 1848 si mostrò deciso fautore dell'annessione di Venezia al Regno sabaudo, sostenendo la linea seguita da Carlo Alberto; il suo atteggiamento in pubblico e i suoi scritti polemici diedero occasione ad un vivace contrasto con il cardinale patriarca di Venezia Iacopo Monico, con cui si riconciliò solo quando quest'ultimo si rifugiò nell'isola degli Armeni dopo che alcune centinaia di patrioti gli avevano assaltato e saccheggiato il palazzo, avendo egli firmato una petizione all'Assemblea perché si trattasse la capitolazione con gli Austriaci (3 ag. 1849). Testimonianza del suo impegno politico è la pubblicazione di due giornali nei mesi agitati della rivoluzione: dal 1º ag. 1848 insieme con il Bandarin stampò la Rivista dei giornali veneziani, che successivamente dal 7 ottobre prese il nome di Formica e si avvalse della collaborazione anche di Francesco Zanotto. Negli anni seguenti il C., pur astenendosi da una diretta partecipazione alle battaglie politiche, fu al centro della vita religiosa veneziana: violente polemiche, sulla chiesa di S. Simone Profeta, sul sinodo provinciale veneto del 1859, sul breve di Pio IX del 3 luglio 1860 in favore del capitolo metropolitano di Venezia, lo videro battagliero protagonista. Fu soprattutto con la sua famosa, seppur contestata e discutibile attività di storico e pubblicista, che il C. ottenne ai suoi tempi una popolarità certo sproporzionata all'effettivo valore dei suoi studi, ma che le feroci stroncature e le sarcastiche denigrazioni di nemici personali e di studiosi contribuirono non poco ad alimentare. Difficile ricordare tutte le pubblicazioni del C., autore fecondissimo e di multiformi interessi (nel 1875 si vantava di una produzione di oltre cinquanta volumi). Anche le sue opere di più vasto respiro denunciavano gravi limiti: spesso frettolosa e superficiale la ricerca archivistica, insufficienti i criteri di utilizzazione di documenti e testi, numerosi e talvolta macroscopici gli errori ed infortuni, per lo più carente lo spirito critico.

Numerose le ricerche da lui dedicate alla storia veneziana, tra cui una Storia della Repubblica di Venezia (Venezia 1850-1855) in tredici volumi, che abbraccia il periodo dalle origini alla pace di Campoformio secondo un ordine rigorosamente cronologico, priva di originalità, ricca di errori e condotta per lo più su precedenti lavori; delle numerose inesattezze fece ammenda lo stesso C. pubblicando pochi anni più tardi un Breve corso di storia di Venezia condotta sino ai nostri giorni a facile istruzione popolare (ibid. 1872) nella cui dedica riconosceva che molte sviste gli erano sfuggite "nello studio precipitoso" e si lamentava che le successive ristampe fossero uscite contro la sua volontà. Come ha osservato il Nani Mocenigo (p. 107), la Storia del C., nonostante i suoi limiti, per alcuni anni incontrò un certo successo, anche per la scarsezza di buone storie veneziane, ma poi fu presto dimenticata quando il pubblico colto ebbe a disposizione la ben più seria e documentata storia del Romanin (1853-1864); essa fu inoltre al centro di vivaci reazioni di ebrei che si ritennero offesi da alcune sue affermazioni.

Nel 1873 il C. scrisse anche una breve Storia delle magistrature venete (Venezia) ed un volume su Igesuiti e la Repubblica di Venezia. Documenti diplomatici ... pubblicati per la prima volta... (ibid.), che gli fruttò l'ostilità della S. Sede (fu messo all'Indice) e costituì uno dei suoi più clamorosi e penosi infortuni, perché il Fulin in una pungente recensione sull'Archivio veneto (VI [1873], pp. 372-374) rivelò che i documenti presentati come inediti erano già stati pubblicati da oltre un secolo e addirittura già segnalati nel notissimo repertorio bibliografico del Cicogna.

Di scarso valore anche la sua Storia di Padova dalla sua originesino al presente (Padova 1874-75) che scrisse a settant'anni, confessando egli stesso di lavorare su un terreno non suo, e che fu attaccata con estrema violenza dal Pasqualigo-Sacchi, che in 359 pagine di minutissima e impietosa polemica ne rilevò la mancanza di ricerca originaria, i numerosissimi errori di interpretazione, le errate grafie, lo stile sciatto ed incolore, giungendo ad affermare che per l'abate veneziano meglio sarebbe stato "d'imparar la storia prima di scriverla" (p. 4). Secondo lo stesso Pasqualigo-Sacchi anche l'opera maggiore del C., Le Chiese d'Italia dalla loro origine ai nostri giorni (Venezia 1844-1870), conterrebbe più errori che parole; è in realtà giudizio troppo severo anche se effettivamente questa monumentale ricerca, per l'eccessiva fretta e superficialità con cui fu scritta, non ha retto all'usura del tempo. Dedicata a Carlo Alberto, riprendeva il disegno dell'Italia sacra dell'Ughelli e mirava ad offrire una storia religiosa e nello stesso tempo "patria" dell'Italia il cui maggior pregio consisteva, secondo il C., nell'avere la residenza del papa. Benché l'autore asserisse di aver condotto ampie ricerche originali, il suo lavoro, come ha osservato il Lanzoni (p. 24), si risolse in una silloge di quanto già studi precedenti avevano accertato, senza un apprezzabile sforzo di rigore critico; conserva oggi qualche interesse più che altro per i numerosi documenti pubblicati. Forse la migliore delle sue fatiche di storico resta la Storia della Chiesa di Venezia dalla sua fondazionesino ai nostrigiorni (Venezia 1849-1853, in sei volumi), in cui si proponeva di ampliare il panorama della storia ecclesiastica veneziana presentato nelle Chiese d'Italia; orgoglioso della sua origine veneziana (si definisce "veneziano di nascita, di domicilio, di cuore, di ecclesiastica appartenenza"), il C. disegna un quadro articolato delle istituzioni ecclesiastiche e delle vicende storiche antiche e recenti della Chiesa veneziana, inserendo molte notizie erudite talvolta di un certo interesse e comunque vagliate con una cura che raramente si riscontra nelle altre sue opere.

Gli ultimi anni di vita del C. furono infelici: dimenticato dal gran pubblico, travagliato da difficoltà economiche, si ridusse a vivere dei sussidi della Congregazione della carità. Anche la sua personalità risentì dei disagi materiali; subì infatti un'involuzione pessimistica evidente soprattutto nell'opuscolo Sulla fine del mondo. Studi biblici (Verona 1860), in cui esponeva tragiche considerazioni sulle condizioni del mondo contemporaneo ormai preda dell'incredulità e dell'irreligione, dominato da "indifferentismo" e "sfrontato libertinaggio" e caratterizzato da un "raffreddamento" quasi universale della carità. Morì a Venezia il 2 febbr. 1876.

Fonti e Bibl.: Venezia, Arch. della Curia patriarcale, Patriarcato e governo 1848-1849. Atti del governo provvisorio, busta 1, nn. CCLVI, CCLXXXIX; R. Fulin, G. C., in Arch. veneto, XI (1876), pp. 225 s.; G. Pasqualigo-Sacchi, Antistoria padovana o guazzabuglio di spropositi dettati dal cav. pr. G. C. veneziano, Padova 1879; F. Nani Mocenigo, Della letter. veneziana del sec. XIX. Notizie ed appunti, Venezia 1916, pp. 106-110; F. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII (an. 604), I, Faenza 1927, pp. 23 s.; P. Rigobon, Gli eletti delle Assemblee veneziane del 1848-1849, Venezia 1950, p. 249; B. Bertoli, Le origini del movim. catt. a Venezia, Brescia 1965, pp. 19, 85 ss., 95, 109-112; L. Briguglio, Correnti polit. nel Veneto dopo Villafranca (1859-1866), Roma 1965, pp. 150 s.; Encicl. eccles., I, p. 596; Encicl. catt., III, p. 171.

Vedi anche
Bernardino López de Carvajal Carvajal, Bernardino López de. - Cardinale (Plasencia, Estremadura, 1456 - Roma 1523); ottenne la porpora nel 1493 da Alessandro VI; inimicatosi con Giulio II, per la pace da questo conclusa con Venezia contro la Francia, riunì a Pisa un concilio scismatico (1511), che votò la destituzione di Giulio ... Lamberto Dell'Antélla Dell'Antélla, Lamberto. - Nobile fiorentino (sec. 15º); favorevole dapprima ai Medici, ebbe a soffrire prigione ed esilio per causa loro dopo l'espulsione di Piero figlio del Magnifico (1494); trattato da lui con ingratitudine, ritornò a Firenze insieme col fratello Alessandro, intendendo vendicarsi ... Alessandro Vincenzo Ludovico Reminiac marchese d' Angennes Angennes ‹ãˇʃèn›, Alessandro Vincenzo Ludovico Reminiac marchese d'. - Prelato (Torino 1781 - Vercelli 1869), di famiglia d'origine francese. Vescovo di Alessandria (1818-32), poi arcivescovo di Vercelli, sciolse nel 1848 i dubbî di Carlo Alberto, restìo a concedere lo Statuto per non venir meno al giuramento ... Carlo Bellisòmi Bellisòmi ‹-ʃ-›, Carlo. - Prelato e diplomatico (Pavia 1736 - Cesena 1808), nunzio a Colonia (1775), ebbe parte notevole nelle polemiche contro il febronianismo, fu poi nunzio a Lisbona (1786). Creato cardinale nel 1785, ma riservato in pectore, e pubblicato nel 1794, fu considerato tra i papabili e ...
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cappellétto
cappelletto cappellétto s. m. [dim. di cappello]. – 1. Piccolo cappello, cappellino. In partic., in passato, nome di alcuni tipi di copricapi militari, da cui, per estens.: compagnia del c., compagnia di ventura trecentesca caratterizzata...
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