CANESTRINI, Giuseppe
Nacque a Trento il 17 luglio 1807, da modesta famiglia originaria della Val di Non. Dopo aver compiuto le scuole secondarie a Trento, studiò statistica ed economia politica all'università di Vienna, senza conseguirvi la laurea; quindi, per ragioni che restano ignote (egli ne accennava in termini vaghi al Tommaseo in una lettera del 1836 come di un "entusiasmo di passioni solenni unito al bisogno di sapere e di vedere": Firenze, Bibl. nazionale, Carteggio Tommaseo, P. 60.10, n. 1), si trasferì a Parigi fra il 1830 e il 1832, ove visse miseramente con lavori saltuari di copista, di segretario, di ricercatore d'archivio, dapprima per conto di A. Marsand, quindi alla Biblioteca nazionale; ivi si giovò anche degli aiuti e della protezione di N. Tommaseo, di V. Gioberti e di altri, fra cui C. Cantù, e tentò invano di collaborare alla grande impresa di raccolta e di edizione di documenti inediti per la storia francese avviata nel 1833dalla Société de l'histoire de France. Nel 1837divenne segretario del bibliotecario di Versailles e infine, dopo aver svolto per lui qualche minore ricerca d'archivio, fu incaricato ufficialmente da L. A. Thiers di trasferirsi a Firenze (ove giunse il 15 giugno 1838)per raccogliervi e trascrivervi materiale documentario sulla storia fiorentina dalle origini delle arti sino al 1530, con particolare riguardo agli aspetti organizzativi e finanziari dell'amministrazione del Comune: materiale da cui il Thiers avrebbe dovuto trarre una progettata (e mai compiuta) storia della Repubblica fiorentina intesa come modello delle democrazie antiche e moderne.
Fu questa la svolta decisiva della vita del C., non soltanto perché lo liberò da ogni assillo economico; non soltanto perché gli permise di rientrare in Italia e di stabilirsi a Firenze ma, soprattutto, perché la missione affidatagli dal Thiers lo consacrò per sempre ricercatore d'archivio e studioso di storia, circondandolo di una fama, meritata soltanto in parte, che ne avrebbe fatto un attore di primo piano in molte delle vicende, erudite ed intellettuali della cultura italiana del secolo.
Firenze, meglio assai di Milano, di Roma e di Napoli, era allora il centro più attivo della ricerca storica in Italia; ivi G. Capponi aveva iniziato la pubblicazione di importanti raccolte documentarie e, col Vieusseux, veniva preparando l'uscita di quella che sarebbe stata la massima rivista storica italiana; ivi archivisti, bibliotecari, letterati, librai ed editori costituivano un ambiente sufficientemente omogeneo e prevalentemente orientato agli studi storici, ambiente in cui il C. non ebbe difficoltà ad inserirsi, favorito sin dall'inizio sia dalla esperienza europea (viennese e parigina) che poteva vantare, sia dall'esito fortunato delle ricerche condotte a Parigi e a Firenze, sia, infine, dal proprio atteggiamento politico liberale e anticlericale. Date queste premesse, era fatale che il C. (che pure Tommaseo giudicava un topo d'archivio, buono soltanto a cercare e trascrivere documenti) dovesse diventare collaboratore attivo del primo Archivio storico italiano, cui offrì subito la cronaca milanese del Cagnola (pubblicata nel tomo I [1842], 2, pp. 1-215, con prefazione di C. Cantù), e di cui compare fra i compilatori fin dal 1843. Nel 1842egli ottenne che fosse fatto venire a Firenze T. Gar, trentino come lui, per partecipare all'impresa dell'Archivio; ed elaborò, allora e in appresso, un gran numerodi progetti di lavori storici e di edizioni di testi, tanto da preoccupare il Thiers, che lo pregò di conservare a lui, che continuò a stipendiarlo regolarmente sino al dicembre del 1846, l'esclusiva di quanto veniva trovando relativamente alla storia fiorentina. L'attivismo frenetico, accompagnato da scarsa costanza nel lavoro, l'eccessiva prolissità delle introduzioni e delle note ai testi, la frettolosità e a volte la scorrettezza delle trascrizioni, la "fervida immaginazione" (Ciampini, p. 291)e una nebulosità teorica lo rendevano però poco gradito ad alcuni collaboratori della rivista (come a L. F. Polidori) e agli stessi Capponi e Vieusseux, contro i quali, del resto, egli non lesinava critiche, tanto da progettare nel 1844-45, insieme con F. Bonaini, di cui era divenuto amicissimo, una vera e propria secessione, poi abortita; ma probabilmente questi contrasti, che lo opposero allo stato maggiore del primo Archivio, trovavano la loro giustificazione anche nel suo prevalente interesse per la storia amministrativa ed economica, piuttosto che per quella puramente politica (e linguistica) vagheggiata dal Capponi, dal Tommaseo e dal Vieusseux, il quale ultimo non certo per caso bocciò il suo progetto di un saggio sull'evoluzione della lettera di cambio. Intanto, sin dal 1843il C. cominciava a pubblicare nell'Archivio testi ed articoli (fra cui da segnalare quelli sui rapporti tra Firenze e l'Ungheria e tra Firenze e il Portogallo, rispettivamente in Arch. stor. ital., s. 1, II [1843], t. 4, pp. 185-231 e V [1846] t. 3, Appendice, pp. 93-110), per giungere, fra il 1849 e il 1851, all'edizione di due importanti raccolte di documenti, da tempo in gestazione, dedicate l'una alle relazioni fra Avignone e i Comuni italiani nel Trecento e l'altra alla storia militare italiana fra Duecento e Cinquecento.
La prima raccolta (Di alcuni documenti risguardanti le relazioni politiche dei papi di Avignone coi Comuni d'Italia avanti e dopo il tribunato di Cola di Rienzo e la calata di Carlo IV, in Arch. stor. ital., VII [1849], pp. 347-446) consiste nell'edizione o nel regesto di 94 documenti tratti prevalentemente da archivi e biblioteche di Firenze, e serve al C. per impostare in senso nettamente anticlericale il confronto tra gli Stati laici dell'Italia comunale e l'impotente e reazionario dominio temporale della Chiesa. La seconda silloge (Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII secolo al XVI, ibid., XVI [1851], pp. 1-552), nata come un completamento dell'opera famosa di E. Ricotti e preparata per molti anni, comprende settantacinque gruppi di documenti costituiti da lettere, estratti di statuti, condotte, orazioni, fino al carteggio ufficiale di N. Machiavelli relativo alle milizie della Repubblica fiorentina; se l'importanza della raccolta è notevolissima, l'introduzione, pervasa da acceso spirito liberalnazionale, rivela i limiti del C. storico, troppo spesso indotto ad affacciare teorie di carattere generale e a filosofeggiare sugli eventi del passato.
Il biennio 1848-49 rappresentò per il C. un periodo di vivace impegno politico. Già nel 1847 egli aveva pubblicato un opuscolo sulle funzioni della guardia nazionale (La guardia nazionale e il non intervento, Firenze 1847); nel 1848 si iscrisse al Circolo politico di Firenze e tra il febbraio e il maggio del 1849 fu rappresentante ufficiale in quella città del governo repubblicano romano.
Dopo la restaurazione del governo granducale il C., che continuava a rimanere in contatto diretto con il Thiers e che aveva ricevuto fin dal 1847 dal governo francese l'incarico di raccogliere i documenti diplomatici relativi ai rapporti fra la Toscana e la Francia da Carlo VIII a Luigi XIV, si dedicò alla compilazione di nuove, imponenti sillogi documentarie relative alla storia fiorentina, e all'edizione delle opere inedite del Machiavelli e del Guicciardini, costituite rispettivamente dal carteggio ufficiale del primo, conservato nell'Archivio di Stato di Firenze, e dal carteggio e dagli scritti minori del secondo, custoditi dagli eredi nel palazzo di famiglia. Fu questo il periodo più fruttuoso dell'attività erudita del C., ma anche quello i cui cospicui frutti meglio rivelano oggi, al vaglio della critica, i gravi limiti, sul piano sostanziale e formale, della sua preparazione, dovuti al singolare metodo editoriale, alle trascrizioni affidate ad amanuensi poco accurati e mai rivedute, ai tagli e ai rimaneggiamenti imposti ai testi, senza ragione e senza avvertirne i lettori.
Gli Scritti inediti di N. Machiavelli risguardanti la storia e la milizia (1499-1512), editi a Firenze nel 1857, consistono in una raccolta di lettere ufficiali del Machiavelli estratte dai registri della Segreteria dei dieci (spogliati integralmente nell'arco delle date suddette), scelte dal C. e riunite sotto diverse rubriche ordinate per argomento; nell'introduzione il C. si limitava ad offrire notizie sugli ordinamenti militari fiorentini. Due anni dopo, a cura di A. Desjardins, veniva inoltre pubblicata a Parigi la silloge dei documenti diplomatici raccolti dal C. per incarico del governo francese e quindi riveduti e trascelti dallo studioso francese (Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane..., I, Paris 1859); nella premessa il C. veniva indicato come il miglior conoscitore vivente degli archivi toscani e come storico di fama. Ma l'opera cui egli dedicò il massimo impegno per parecchi anni (e certamente la sua maggiore in senso assoluto) fu costituita dalla monumentale edizione delle Opere inedite di Francesco Guicciardini, pubblicata in dieci volumi a Firenze fra il 1857 ed il 1867 sotto la supervisione dei conti Luigi e Piero Guicciardini; essa comprende sia i carteggi ufficiali relativi agli incarichi pubblici ricoperti dal Guicciardini fra il 1512 ed il 1534 (voll. IV-IX), sia le opere storico-politiche, e cioè le Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli, i Ricordi e i Discorsi politici (vol. I), il Reggimento di Firenze (vol. II), la Storia fiorentina (vol. III), i Ricordi autobiografici e scritti vari (vol. X), e per alcuni testi minori non è stata ancora sostituita da edizioni critiche moderne. Posto di fronte ai gravi problemi critici che la trasmissione dei testi guicciardiniani inediti, spesso tramandati in più recensioni d'autore, offriva, il C. rivelò una totale mancanza di ogni esperienza propriamente filologica. Per quanto riguarda il Reggimento di Firenze (vol. II) egli riprodusse una sola delle tre prefazioni lasciate dal Guicciardini e contaminò arbitrariamente due diversi testimoni del testo; per le Storie fiorentino fuse e rimaneggiò arbitrariamente i capitoli dell'opera; per i carteggi fuse più lettere in una, omise i passi cifrati, mutò datazioni e destinatari; per i Ricordi (e fu forse il guasto più grave) riunì in una serie unica, arbitrariamente ordinata, due serie differenti di pensieri, che rappresentavano fasi diverse di elaborazione del testo; inoltre molto spesso modificò l'ortografia, eliminò brani interi senza avvertire il lettore, commise o lasciò commettere ai suoi collaboratori gravi errori di trascrizione. Ma il maggiore impegno personale il C. lo pose certamente nell'elaborazione delle lunghe introduzioni premesse ai volumi I, II, III, VI, VII, VIII e X della raccolta, nelle quali, prendendo occasione dai testi che veniva pubblicando, trovò modo di enunciare le sue teorie di storia delle dottrine politiche e di esprimere i suoi sentimenti liberali e anticlericali. La prefazione al I volume, in particolare, rappresenta un'aperta rottura con la tradizione erudita dell'Archivio storico italiano, e un'esplicita polemica contro "le voluminose pubblicazioni di sterili documenti... con pedantesca servilità riprodotti", contro "l'erudito trastullo" e le "storiche peregrine minuzie" (p. XIV). Rifacendosi ai nomi del Balbo, del Troya, di Thiers, di Gioberti e dello stesso Capponi, il C. rivendicava qui la validità di una storia del pensiero politico italiano del Medioevo comunale e del Rinascimento, anzi di quella che egli chiamava la "scuola degli statisti italiani", di cui nella prefazione al II volume, con evidente forzatura interpretativa, identificava i "principii generali" nei concetti di nazionalità, indipendenza, libertà, costituzione democratica (ma di tipo veneziano), separazione fra Stato e Chiesa (p. XXI); cui, nella prefazione al III volume, aggiungeva ancora la tendenza naturale alla ricerca dell'equilibrio statuale e perciò all'ideale federativo (pp. XV-XVII); al contrario, le introduzioni ai volumi VI-VIII sono tutte dedicate a durissimi attacchi contro il dominio temporale della Chiesa e quella dell'ultimo volume a un ritratto, piuttosto convenzionale ed astratto, del Guicciardini.
Nel 1859, intanto, con la costituzione del governo provvisorio toscano, la situazione del C. mutò in meglio; il 23 settembre di quell'anno fu affidato a lui, a L. Passerini e al vecchio collega e rivale dell'Archivio L. F. Polidori l'incarico (mai assolto) di curare un'edizione completa delle opere del Machiavelli; il 9 gennaio dell'anno seguente al solo C. fu commissionata ufficialmente la redazione di una storia economica ed amministrativa di Firenze, prevista in 6 volumi. Si trattava di un vecchio progetto del C., che aveva raccolto molto materiale sull'argomento per conto del Thiers; ma gli impegni dell'edizione guicciardiniana e quelli pubblici gli impedirono di andare oltre un primo volume edito nel 1862, sotto il titolo di La scienza e l'arte di stato desunta dagli atti ufficiali della Repubblica fiorentina e dei Medici, I, L'imposta sulla ricchezza mobile e immobile, Firenze 1862, che costituì il primo, importante contributo allo studio degli ordinamenti finanziari di Firenze e, per analogia, dei Comuni italiani in genere; in quest'opera il C., sulla base di una larga documentazione, avviava concretamente il discorso, da lui sempre vagheggiato e mai direttamente affrontato in precedenza, sulle strutture amministrative ed economiche del Comune medievale e sulla scienza politica italiana del Rinascimento, fornendo un saggio di notevole novità e valore, anche se a volte indebolito da ingiustificate generalizzazioni, come quella relativa al presunto valore costante del rapporto fra cifra d'estimo e capitale, che fu invece mutevolissimo nel tempo.
Nel 1860 il C. fu eletto deputato della VII legislatura per il collegio di Montepulciano, e rieletto per il medesimo collegio nelle successive elezioni del 1861.
Il 15 luglio 1862 fu fatto direttore della nuova grande Bibl. nazionale di Firenze, succedendo all'amico A. Vannucci; in tale qualità nel 1869 fece parte della commissione di nomina ministeriale che sconsigliò la creazione in Italia di un'unica, grande Biblioteca nazionale. Morì a Firenze il 28 nov. 1870, due mesi appena dopo la definitiva caduta di quel dominio temporale della Chiesa contro il quale aveva tanto lungamente lottato.
Fonti e Bibl.: Lettere del C. sono nella Biblioteca nazionale di Firenze, Carteggio Tommaseo P. 60.10; Carteggio Vannucci III.69; Carteggio Capponi II 75; cfr. inoltre N. Tommaseo-G. Capponi, Carteggio inedito…, a cura di I. Del Lungo-P. Prunas, III, Bologna 1920, p. 269. Si vedano inoltre: M. Tabarrini, G. C., in Arch. stor. ital., s. 3, XIII (1871), pp. 155-59; G. Capponi, Storia della Rep. di Firenze, I, Firenze 1875, p. VI; E. Benvenuti, Di G. C. e delle sue opere, in Arch. trentino, XXIV (1909), pp. 5-53; B. Baldasseroni, Il primo ventennio dell'Arch. stor. ital., in L'Arch. stor. ital. e l'opera cinquantenaria della R. Deputazione toscana di storia patria, Bologna 1916, pp. 127, 132, 151; G. Maugain, Thiers et son histoire de la République de Florence, in Annales de l'Université de Grenoble, XXX (1918), pp. 241-294; B. Barbadoro, Le finanze della Repubblica fiorentina, Firenze 1929, pp. VII, 76 ss., 91, 129, 146 s., 157, 394, 403; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 350-353; Id., Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1932, pp. 285-291; Id., Scritti politici e ricordi, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1933, pp. 340, 343, 368 s.; Id., Scritti autobiografici e vari, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1936, pp. 337-370; Carteggi di Francesco Guicciardini, a cura di R. Palmarocchi, I, Bologna 1938, pp. XI-XIII; M. Barbi, La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da Dante a Manzoni, Firenze 1938, pp. 125-160; E. Sestan, Lo stato maggiore del primo Archivio storico italiano (1841-1846), in Arch. stor. ital., CIII-CIV(1945-46), pp. 38-43, 51 s., 62, 65-68, 74, 78; R. Ciampini, Gian Pietro Vieusseux. I suoi viaggi,i suoi giornali,i suoi amici, Torino 1953, ad Indicem;A.D'Addario, Le "Consulte" dell'Archivio storico italiano, in Arch. stor. ital., CXXI (1963), pp. 483-573; C. Rotondi, La Biblioteca naz. centrale di Firenze dal 1861 al 1870, Firenze 1967, passim;M. Rosi, Dizionario del Risorgimento nazionale, II, p. 514; Enc. Ital., VIII, p. 724.