CALUCCI (Caluci), Giuseppe
Nato a Venezia il 12 marzo 1809 da Spiridione e dalla nobile Adriana Triffoni, fu avviato dal padre, avvocato di una certa fama, agli studi giuridici. Conseguita precocemente la laurea presso l'università di Padova, si dedicò all'avvocatura senza per questo trascurare gli studi di filosofia politica e giuridica che, insieme con la poesia, aveva coltivato fin dalla prima giovinezza. Entrato a far parte nel 1831 dell'Ateneo veneto di scienze, lettere ed arti, partecipò intensamente alla vita di quell'importante istituzione culturale che accoglieva tanta parte dell'intellettualità liberale veneziana e nel cui seno maturò quella domanda di riforme economiche, giuridiche e politiche che fu, in definitiva, all'origine dei successivi avvenimenti politici.
Scoppiata la rivoluzione del marzo 1848, il C. accettò l'incarico conferitogli dal governo provvisorio (14 aprile) di inviato straordinario presso quello lombardo. Trasferitosi a Milano, vi rimase fino al giugno quando, in seguito alla fusione della Lombardia con il Regno di Sardegna, ritenne esaurita la sua missione e seguì a Torino il Paleocapa e il Reali, latori dell'atto di fusione col Piemonte votato a sua volta dall'Assemblea veneziana il 3 luglio. Rientrato a Venezia dopo qualche tempo, fu tra gli eletti della seconda Assemblea, divenendone presidente in sostituzione del Tommaseo che aveva declinato tale incarico (16 febbr. 1849). Lasciata la carica probabilmente in seguito alla sua nomina a ministro dell'Interno e Giustizia del gabinetto Manin (7 marzo), tenne quel dicastero fino alla caduta della Repubblica. Venutasi a profilare la crisi della disperata resistenza veneziana, nel maggio-giugno 1849 fu incaricato di condurre, insieme con G. Foscolo prima e L. Pasini poi, i negoziati col ministro austriaco del Commercio De Bruck, il quale si era fatto promotore di una iniziativa conciliatrice. Fallito questo tentativo, non rimaneva che la resa, alla cui sottoscrizione (26 agosto) pure il C. partecipò.
Col ritorno dell'Austria a Venezia, il C., a differenza di altri patrioti costretti all'esilio e al bando, poté non soltanto riprendere l'esercizio della professione legale, ma pure i contatti con il prediletto Ateneo veneto, di cui anzi nel 1853 diveniva vicepresidente (e dal 1869 al 1872 presidente). In seguito, costretto da una infermità a ritirarsi dall'avvocatura, poté dedicarsi nuovamente agli studi e all'attività pubblicistica con memorie, recensioni e contributi originali (nel 1866 aveva dato alle stampe la sua monografia sul diritto di punizione). Socio dal 1871 dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, fu pure presidente dell'ordine degli avvocati. Morì a Venezia il 18 marzo 1883.
Bibl.: M. Diena, Commem. dell'avv. comm. G. C. …, in Atti dell'Ateneo veneto, s. 7, 11 (1883), pp. 14-38; L'Ateneo veneto nel suo primo cent. (1812-1912), Venezia 1912, passim;V.Marchesi, Storia documentata della rivoluz. e della difesa di Venezia…, Venezia 1916, passim; A.Monti, Un italiano: F. Restelli, Milano 1933, App., pp. 275, 278, 280, 305, 315, 346; P. Rigobon, Gli eletti delle assemblee venez. del 1848-49, Venezia 1950, p. 57; C. Spellanzon-E. Di Nolfo Storia del Risorg. e dell'unità d'Italia, VI, Milano 1959, pp. 523, 546, 548, 588.