BUONO (Bono, Boni), Giuseppe
Appartenente a una famiglia di origine campionese, figlio del più celebre Carlo Antonio, fu, come il padre, scultore e decoratore in stucco. Le scarse notizie che si hanno su di lui lo presentano sicuramente attivo a Milano, nel cantiere della Fabbrica del duomo (dove entra come aiuto nella bottega del padre intorno all'anno 1610) e in altre chiese della città. Gli inizi della sua attività avvengono in un periodo di particolare difficoltà nell'amministrazione della Fabbrica, costretta a interrompere i lavori di scultura nel 1671 (ripresi poi a ritmo ridotto nel 1673). Dopo un periodo di collaborazione con il padre (insieme essi presentano un modello per un Santo martire e portano a termine, nel 1670, la statua di uno dei Quattro santi coronati), solo nel 1681 esegue una statua tutta di sua mano, ancora uno dei Quattro santi coronati. Insieme con Carlo Simonetta e Stefano Rusnati rimane uno dei tre scultori al servizio della Fabbrica del duomo, dopo la drastica riduzione del loro numero a causa delle suaccennate vicende amministrative. Nel 1681 fu decisa l'erezione di un apparato scenografico, rappresentante la facciata del duomo ornata di otto statue degli arcivescovi di Milano, in onore del nuovoarcivescovo Federico Visconti: dai documenti si apprende che una fu eseguita dal Buono.
Tra il 1682 e il 1693 il B. alterna la sua attività tra l'Austria e Milano: il 3 nov. 1682, insieme con G. B. Colombo, si impegna con David Fuhrmann, preposto del monastero di S. Floriano (presso Linz), a erigere l'altar maggiore, lavoro al quale un anno più tardi sarebbero stati chiamati a collaborare anche altri scultori e stuccatori italiani; nel contratto è specificato che il B. ("Werkmeister" mentre il Colombo è qualificato "Oberwerkmeister") doveva eseguire di sua mano le statue e gli Angeli dell'altare. Nel 1689 i due venivano pagati per l'altare già compiuto (in marmo rosso di Salisburgo); ma poiché fu A. Daria a ultimarlo e a metterlo in opera, è da ritenere che il B. e il Colombo avessero presto lasciato S. Floriano. Peraltro le statue del B. sono di qualità piuttosto modesta. Nel contratto per l'altar maggiore il B. si era anche impegnato a consegnare nel 1683, per la nuova casa d'estate del monastero di S. Floriano, le statue delle Quattro stagioni in gesso e stemmi in marmo.
Il Giuseppe Angelo Bon attivo a St. Lambrecht dal 1718 al 1721 potrebbe essere lo stesso B.; tuttavia è nominato soltanto per lavori di pochissimo conto nella chiesa e nel convento.
La Fabbrica del duomo diMilano, intanto, incaricava, il 10 marzo 1693, il B. ("ora reduce dalla Germania") di scolpire in marmo la Morte di s. Giovanni il Buono per la cappella dedicata al santo, bassorilievo che veniva stimato nel 1703 (Annali, VI, pp.37, 40, 51, 59). Nel 1709 eseguiva (l'ultimo pagamento è del 1714) un doccione per la parte superiore della stessa cappella con una figura che regge un serpente (ibid., pp. 74, 76, 82).
Nelle poche opere finora identificate, il B., più che accostarsi alle forme barocche di stampo berniniano accettate dal padre nelle sue ultime opere e diffuse in Milano dal Bussola e dal Mellone, sembra continuare il filone veristico della tradizione lombarda, portandolo anzi a note di un vivo espressionismo che lascerebbe intendere un rapporto profondo con il clima figurativo del barocco tedesco, i cui influssi sulla scultura lombarda sono ancora da individuare e da chiarire a fondo.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio stor. della Fabbrica del duomo, cartt. 140, 141; Annali della Fabbrica del duomo, V, Milano 1883, pp. 308, 316, 320; VI, ibid. 1885, pp. 1, 5, 37, 40, 48, 51, 59, 68, 74, 76, 82; Appendice II, ibid. 1885, pp. 227 s.; A. Czerny, Kunst und Kunstgewerbe im Stifte St. Florian…, Linz 1886, pp. 165 ss.; U. Nebbia, La scultura del duomo di Milano, Milano 1908, pp. 217, 262; Österreichische Kunsttopographie, XXXI, Wien 1951, pp. 254 s.; Dehio Handbuch Oberösterreich, Wien 1958, p. 266; G. Nicodemi, La scultura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 541, 546; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 292(sub voce Boni G.).