BIONDI (Blondus, Biondo), Giuseppe
Nacque ad Agrigento il 6 luglio 1537. Entrato nella Compagnia di Gesù a Messina (la data è da collocare verso la fine del 1553 o l'inizio del 1554), vi frequentò il primo corso di studi, distinguendosi specialmente nelle discipline umanistiche. Concluso con successo e fra la considerazione dei superiori tale corso, nell'agosto del 1558 fu inviato con tre compagni (Angelo Pollicino rettore, Tommaso Canicari e Pietro Monserrato coadiutori temporali) a Caltabellotta e incaricato dell'insegnamento della grammatica nell'erigendo collegio di quella città. A Caltabellotta il B. assolse anche compiti di predicazione, e il suo successo in questa veste fu tale che, moltiplicandosi le richieste dei suoi uffici di confessore, il padre Pietro Venusto, rettore del Collegio, nel 1559 chiese al generale la dispensa speciale per farlo ordinare sacerdote, nonostante non avesse ancora raggiunto l'età prescritta. L'ordinazione avvenne a Messina nell'anno 1559.
Dal 1560 in poi le notizie sull'attività del B. sono alquanto frammentarie. Nel 1560 lo troviamo a Palermo, dove inizia gli studi di teologia e al tempo stesso assolve incarichi di insegnamento e di predicazione; nel 1562 è rettore provvisorio del collegio di Bivona; nel 1563 predica la quaresima a Catania. In quello stesso anno una richiesta di coadiutori da parte del Bobadilla per la fondazione di un collegio a Catanzaro ebbe l'effetto di fargli trascorrere un periodo di otto mesi in quella città, dove nel 1564 predicò la quaresima. In questo periodo il B. strinse con il Bobadilla un legame destinato a influire notevolmente sulle vicende della sua vita. Nell'agosto del 1564 egli esprimeva però il desiderio di andare a compiere gli studi di teologia a Roma e il Lainez gli concedeva il permesso di partire. Nel settembre del 1564 il suo nome compare fra gli studenti del corso di teologia del Collegio Romano. All'inizio dell'anno seguente lo troviamo ancora impegnato nell'insegnamento a Catanzaro, dove il Bobadilla cercava di trattenerlo. Il 15 ag. 1566 egli faceva professione di voti semplici nelle mani del generale ed entrava nel numero dei coadiutori spirituali, ma già nel settembre egli lasciava Roma. Secondo il disegno del Borgia, egli avrebbe dovuto assumere l'ufficio di maestro dei novizi e di predicatore in Sicilia, ma la reazione dei Catanzaresi fu così vivace e il loro proposito di trattenere il B. così fermo, che il generale consentì a non allontanarlo dalla città. Ivi lo trovò Cristoforo Rodriguez, in uno dei numerosi soggiorni che questi fece in Calabria per sovrintendere alle operazioni del braccio secolare contro le comunità valdesi della regione e dirigerne la conversione forzata. In questo compito egli ebbe come compagno il B., anch'egli designato dal pontefice, ma non associato alla funzione inquisitoriale del Rodriguez, bensì come organizzatore all'interno della Compagnia. Egli visitò chiese e fondazioni in Campania, in Calabria (Nocera, Salerno, Conza, Potenza, Cosenza) e in Sicilia (dove fu nel 1567 insieme a Giovanni di Moritoia, predicandovi la quaresima). Nel 1567 fu anche a Napoli.
Nel 1568 il B. fu nominato dal Borgia rettore del collegio di Catanzaro, ufficio che egli ricoprì fino al 1576, associandovi anche quello di predicatore stabile della città. A questo periodo (6 ott. 1568) appartiene una lettera pubbl. dal Tacchi Venturi (Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, 1, Roma 1931, p. 368), che mostra il B. impegnato nell'organizzazione dell'insegnamento del catechismo tridentino e consapevole dell'effetto proselitico che lo spettacolo della devozione infantile esercitava sugli adulti. Ma la predicazione rimase sempre uno dei suoi uffici principali. A giudicare dai detti che di lui ci sono rimasti, la sua celebrata eloquenza, che lo fece paragonare a s. Paolo, doveva essere sobria, acuta e sentenziosa, intessuta di concretezza, nutrita di buon senso e di serena pietà.
Da Catanzaro il B. passò a dirigere prima il collegio di Napoli (1576-1579), poi quello di Loreto (1579-1582). Il 16 apr. 1582 fece professione solenne dei quattro voti nelle mani dell'Acquaviva e fu preposto alla provincia di Milano. Allorché il padre Achille Gagliardi venne a Milano, il B. si trovò ad essere suo superiore diretto. Egli fu tra i gesuiti che visitarono con maggiore assiduità l'"illuminata" Isabella Berinzaga, della quale il Gagliardi aveva assunto la direzione spirituale. Quando il generale, a Roma, ricevette i primi avvertimenti e le prime denunce contro la Berinzaga, al B. sarebbe spettato il compito di sorvegliare che le visite in casa della veggente si diradassero, che i visitatori fossero selezionati con maggior cura e che la provincia milanese mantenesse una prudente distanza da una figura che appariva già sospetta. Ma, nonostante gli ammonimenti dell'Acquaviva, il B. fu tanto poco riservato e prudente che il suo nome poté essere associato a quello della Berinzaga e del Gagliardi nella denuncia anonima che provocò l'invio del padre Maggio da Roma e l'apertura di una inchiesta. In quale misura questa solidarietà sia segno di una partecipazione del B. al movimento degli "zelatori", le cui file si stavano annodando in quegli anni intorno al Gagliardi, allo stato attuale della ricerca non è facile dire. Ma l'ipotesi di una sua partecipazione è confermata da diversi elementi, come la sua rimozione dall'ufficio di provinciale, avvenuta nello stesso anno in cui esplose lo scandalo della Berinzaga, e il tenore dei suoi Essercitii spirituali del P. Ignatio (Milano 1587).
Si tratta non già di un contributo a quella raccolta di testimonianze che i generali della Compagnia avevano promosso in vista della compilazione di un direttorio ufficiale, ma del risultato delle esperienze personali che il B. aveva fatto a Napoli e a Loreto come maestro dei novizi, ed è il primo esempio noto di direttorio destinato ai soli gesuiti. Conformemente ai programmi degli zelatori, che volevano riformare la Compagnia nello spirito, il principio ispiratore dell'opera, esposto in quella parte della prefazione pubblicata dall'Iparraguirre (in Directoria exercitiorum spiritualium, in Mon. hist. Soc. Iesu, s. 2, II, Romae 1955, pp. 464-75), è di attenersi allo spirito e non alla lettera degli esercizi ignaziani. Tale principio si dispiega in una notevole libertà di rielaborazione, adattamento e ampliamento del testo originario. Il B. insiste sulla necessità di rispettare le differenze di temperamento e di capacità dei partecipanti e di adattare ad esse gli esercizi, e perciò ne aggiunge molti di nuovi a quelli prescritti da Ignazio, a scopo più esemplificativo che prescrittivo. Il testo ignaziano diventa così un modello che ogni direttore può interpretare ed eventualmente modificare a seconda delle circostanze e delle proprie esperienze. La pubblicazione dell'opera attirò al B. un attacco alquanto aspro, anche se non diretto (il nome del B. infatti non è fatto, forse per riguardo alla sua alta carica). Il padre Iacopo Miró, una delle maggiori autorità in materia di esercizi, che fin dal tempo della congregazione generale del 1558 si era rivelato come un esponente della tendenza conservatrice, puntigliosamente fedele ai testi e ai metodi ignaziani, e che tale si era mantenuto nel suo Directorium exercitiorum spiritualium auctoritate primae congregationis confectum, compilato per incarico del Mercuriano, scrisse contro il testo del B. una Apologia in difesa dell'atteggiamento conservatore (Mon. histor. Soc. Iesu, s. 2, I, Matriti 1918-19, pp. 684-98). Poiché l'esempio del B. aveva fatto scuola, e dopo di lui altri, fra i quali soprattutto il Gagliardi, avevano pubblicato direttori degli esercizi per soli gesuiti ispirati a criteri di grande libertà e fondati sul "principium accomodationis" introdotto dal B., non è escluso che l'attacco fosse diretto, al di là del B., contro una tendenza di cui egli era il rappresentante più autorevole. I timori del Miró non dovettero tuttavia sembrare troppo fondati all'Acquaviva; infatti nel 1593 il B. compare, con altri nove gesuiti, nella commissione da lui nominata per redigere il direttorio ufficiale nella sua forma definitiva.
Lasciato l'ufficio di provinciale di Milano, dopo che l'inchiesta promossa dal generale aveva messo in luce l'innocenza degli accusati, ma anche l'imprudenza della condotta dei gesuiti milanesi, il B. ritornò a quello di visitatore. Per un anno, dal dicembre 1589 al novembre 1590, egli fu visitatore della provincia napoletana; nel 1591 lo troviamo a Frascati. Di qui tornò a visitare la provincia napoletana (1591-93). Nel 1593 fu rettore del collegio di Salerno e partecipò alla quinta congregazione generale quale eletto dalla Provincia napoletana (Roma, 3 nov. 1593-18 genn. 1594). Finalmente, nell'anno 1595, ritornato in Sicilia, assunse l'ufficio di provinciale. Sotto il suo provincialato, nel 1596, fu votata la costituzione dell'università di Messina. Nel 1598, colpito da una malattia gravissima, fu inviato a Napoli e morì nella casa professa di quella città il 25 giugno dello stesso anno.
Opere: Essercitii spirituali del P. Ignatio. Accommodati per huomini di nostra compagnia con altri aggionti conforme alla mente del medesimo, in Milano, per Pacifico Pontio, 1587. Il p. Ignazio Iparraguirre afferma di non aver potuto trovare alcun esemplare dell'opera a stampa, ma pubblica una parte della prefazione (in Directoria, ...cit.) che riguarda le norme generali da seguire nel dirigere gli esercizi, in base a una copia del sec. XVI eseguita sul libro già stampato o sul manoscritto pronto per la stampa (Archivio della provincia di Toledo della Compagnia, 499, 2).
Il Sommervogel (Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Bruxelles-Paris 1890, cc. 1546-47) menziona inoltre: Meditationes ad adiuvandos et promovendos eos qui in spiritu proficere cupiunt (opera probabilmente manoscritta); Relazione della prigionia e morte del Signor Troilo Savelli,barone romano. A proposito di questo opuscolo sull'arte di ben morire, legato al resoconto di una morte esemplare, della quale il B. era stato spettatore, il Mongitore afferma che esso aveva circolato a Roma per molti anni. Non sappiamo se esso sia stato mai pubblicato, ma alla Bibliothèque Nationale di Parigi (Suppl., Fr., n. 2853) ne esiste una trascrizione. Tradotto in francese col titolo Discours pitoyable de la mort du seigneur Troïle Savelle,decapité à Rome en l'âge de dix huit ans,dans le chasteau Sainct-Ange,le samedi XVIIIe d'avril 1592 sur les huict heures et demi du matin, ebbe in questa veste diverse edizioni (quattro a Parigi: due nel 1596 e le altre nel 1600 e nel 1613, una a Douay nel 1599 ed una a Tournon nel 1602). Dello stesso opuscolo esiste anche una traduzione polacca stampata dai gesuiti di Vilna nel 1646.
Fonti e Bibl.: Mon. histor. Soc. Iesu,Epistolae Salmeronis, II-III, Romae 1907-1908,ad Indicem; Borgiae Monumenta, IV-V, Romae 1910-1911,ad Indicem; Lainii Monumenta, III, Romae 1913, p. 405; VIII, ibid. 1917, pp. 148, 155; Bodadillae Monumenta, Romae 1913,ad Indicem; Polanci Complementa, I-II, Romae 1916-1917,ad Indicem; Monumenta Ignatiana, s. 2, II, Romae 1955,ad Indicem; s. 4, III, Romae 1960, pp. 399, 545-50; E. Schinosi,Istoria della Compagnia di Giesù appartenente al Regno di Napoli, I, Napoli 1706, p. 230; A. Mongitore,Bibliotheca Sicula, II, Panormi 1714, p. 43; P. Pirri, II P. Achille Gagliardi,la dama milanese,la riforma dello Spirito e il movimento degli zelatori, in Arch. histor. Soc. Iesu, XIV (1945), pp. 610, 611; M. Scaduto,Tra inquisitori e riformati. Le missioni dei Gesuiti fra Valdest della Calabria e delle Puglie,ibid., XV (1946), p. 16; Id.,Le origini dell'Univ. di Messina,ibid., XVII (1948), p. 129; P. Tacchi Venturi,Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1950, pp. 367 s.; M. Scaduto,Storia della Compagnia di Gesù in Italia, III, Roma 1964, p. 129.