BIAMONTI, Giuseppe
Nato a S. Biagio, presso Ventimiglia, nel 1772, morto in una villa presso Milano, il 13 ottobre 1824. Mediocre poeta, fu per qualche tempo fra gli ossianeggianti, ma per lo più classicheggiò, seguendo le orme del Parini e degli altri maggiori del tempo suo, in una poesia storico-allegorica, Camillo, che non finì, in due tragedie (Ifigenia e Sofonisba) e in liriche varie. Dotto di ebraico, di greco e di latino, insegnò in varie case private, fu direttore di musei e biblioteche e coprì la cattedra di eloquenza, prima nell'università di Bologna, poi in quella di Torino (dal 1815 in avanti). Ebbe fama per le orazioni, per certi trattatelli Della locuzione oratoria e Dell'arte poetica e anche per testi scolastici (antologie, grammatica italiana) e per traduzioni in prosa di testi poetici greci (Iliade, Pindaro, tragici), ma è ricordato soprattutto per le tre Lettere di Panfilo a Polifilo (Firenze 1821) con le quali confutò le idee sulla lingua, esposte da Giulio Perticari nella Apologia del libro della Volgare eloquenza di Dante. Per il B. la lingua è toscana, perché dal toscano la trassero gli scrittori delle altre parti d'Italia. Ciò gli attirò le ire di Vincenzo Monti, al quale tuttavia egli non volle rispondere. Le Opere del B. furono raccolte in tre volumi (Parma 1841).
Bibl.: M. Sartorio, nelle Biografie degli Italiani illustri del De Tipaldo, IX, Venezia 1844; C. Giambelli, Di G. B.: cenni biogr. e critici, in Mem. della R. Accad. dei Lincei, Classe di sc. mor., stor. e filol., s. 5ª, X (1903).